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do ero bambina e venivo a chiedere un poco di lievito a Chiara Zanche, la madre del padrone morto: un giorno piangevo perchè ero venuta per domandare un cero per mio padre moribondo, e Chiara Zanche mi prese per mano, mi fece inginocchiare qui; io guardai il santo con questi occhi che allora erano perle e mi parve di vederlo sorridere. Tornai a casa; mio padre campò altri vent’anni. E Bakis Zanche urlava quando, più tardi, entrata io qui al suo servizio, lasciavo mancare l’olio alla lampada; e diceva: così verrà meno il tuo senno. La sera della disgrazia lo vidi inginocchiato qui a piangere come un bambino. A te, sì, colomba mia, lo posso dire: una volta sola egli si lamentò con me, quando tornò dall’accompagnare Andrea al camposanto: aveva già la morte negli occhi e mi disse: Sirena, l’uomo forte non deve mai piegare nè a dritta nè a manca, ma forse avrei fatto bene per mio figlio Andrea a dare ascolto al nostro piccolo Santo, quella sera; sì, il nostro piccolo Santo mi consigliava di perdonare. — Hai inteso, Vittoria? Non lasciare andare tuo marito Mikali in America.
Vittoria trasalì e le afferrò il braccio volgendosi a lei tutta ansante.
— Voi pure sapete?
— Io pure so! Mikali è venuto poco fa da me, prima che tu rientrassi, per domandarmi in prestito i denari del viaggio. Gli dissi di sì, ma non glieli darò perchè tu non lo lascerai partire.