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mando che non gli rassomigli. Mikali mi ha tradita con le serve e con le ostesse, e mi ha abbandonato anche nel parto. Ma sia fatta la vostra volontà, o Signore. Castigatemi pure, castigate me e il mio compagno di colpa, ma che la nostra colpa non ricada su mio figlio come le colpe altrui sono ricadute su noi. Signore, Signore, prendetevi tutta la mia vita, sfogliatela giorno per giorno come un fiore, pestatela come sale nel mortaio, ma che mio figlio sia felice. Amen.
S’alzò confortata e riprese la via. Il sole tramontava e la metà del suo disco fermo sopra la linea del monte le parve un arco aperto su un mondo luminoso, mentre le ombre verdognole della sera coprivano d’umido e di tristezza la terra. Per via la raggiunse la gobbina.
— Ah, da tua madre non sei venuta, ma con le donne ti sei fermata a chiacchierare! E il bambino lo hanno accarezzato, ma la lingua poi l’hanno adoperata, come il coltello sul pane. E dicevano che sei felice, adesso, che non ti manca nulla, dopo che hai corso la cavallina con questo e con quello e hai fatto morire un uomo... E dicevano che adesso Marianna Zanche è contenta, nella casa dond’era stata cacciata; contenta come la volpe che si annida nella tana della lepre dopo che se l’è mangiata viva. Sì, tutte felici, siete, e il prossimo per questo vi odia. Anche Mikali è fortunato; sì, dove trovava una moglie più compiacente di te? Taci?... che pensi? Ecco, questo mi fa rabbia,