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— Siedi lì, Vittoria, ho da dirti una cosa.
— Anche voi? — ella disse inquieta. — Che c’è dunque stasera?
— Vittoria, — egli cominciò, immobile sulla panca, con le mani entro le maniche e il viso chino illuminato dal chiarore della fiamma, — ciò che devo dirti è grave, e Marianna Zanche può ascoltare poichè ella è in mezzo a voi come il nocciolo dentro il frutto. Sedete lì anche voi, zia Marià, e ascoltate.
La donna sedette per terra, col gomito su una mano e il viso sull’altra; il suo viso pareva di cera, ma gli occhi avevano come un bagliore lontano, che colpì Vittoria.
— È inutile ricordare il passato, — riprese il fraticello. — Esso vive in voi, ed anzi quello che sto per dirvi è l’epilogo di tutto questo passato di errori, dei quali forse ho colpa anch’io... Sì, donne mie: e solo per questo mi sono preso l’incarico di parlare con voi stasera: Mikali mi ha detto che vuol partire per l’America...
— Per l’America? Perchè? — disse Vittoria senza troppa meraviglia. Ma ciò che la sorprendeva era il contegno della suocera. — Voi sapete qualche cosa, madre?
Marianna Zanche le accennò di dar retta al frate.
— Perchè? Per lavorare e guadagnare, dice lui; per far penitenza, dico io. Il Signore lo inspira. Mikali capisce che stando qui, la sua vita sarà sempre oziosa, che i vizi continueranno a incatenarlo come un prigioniero; e vuole andare. Lasciatelo. Uno, due, cinque