La virtù indiana/Atto terzo

Atto terzo

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Atto secondo
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ATTO TERZO

Scena Prima
Amet-Schah, ed Osnam


Osnam Pronto adempìi quanto imponesti, omai
Liberata è Delly da l’armi ostili
490A noi la sorte arride, il fallo suo
Poichè Nizam mirò di ferri cinto
Conobbe, ed emendò lo stuol ribelle,
A l’amico il nemico unito, e misto
Mal potè far difesa, ovunque in preda
495A pavido timor trafitto cadde
De’ Maratti lo stuolo, insiem confuso
Delle fedeli schiere, e delle ostili
Scorre tra queste mura il nero sangue.
Esulta il popol tutto, abborre ognuno
500L’iniquo traditor; di labbro in labbro
Già vola il nome tuo; solo fra tanta
Gioja confuso, e mesto infra l’oscure
Spaventose tenebre in carcer nero
Geme d’aspre catene avvolto, e stretto

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L’empio ribelle ad ora ad or sul1 suolo505

Lo sguardo affissa, e nel ritrae di sdegno
Acceso il cuor tra le focose vampe
D’indomito furor; la terra, il cielo
Malvagio accusa, e la nemica sorte
510Maledicendo irrita, al volto, al crine
E danni arreca, ed onte, e brama ognora
Fuggir se stesso, e ove fuggir non trova.
Amet-Schah Del delitto fatal, mio fido, è questo
Non insolito effetto, i rei sopporta
515Felici un tempo il ciel, ma orrenda piomba
Sul colpevole alfin vendetta atroce.
De’ malvagi la speme infida, e vana
Qual nembo si dilegua, e qual procella
A lo spirar d’amico vento, o quale
520Candida neve suole allor che sparge
Pel liquido sereno i raggi suoi
L’eccelso astro del dì; non grida invano
L’oppressa alma virtude, o la violata
Sincera fè, de le lor voci il suono

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Al ciel s’innalza, e su l’iniquo capo525

Piomba orribile alfin l’ira divina.
Del delitto fatal vendetta atroce
Ella ritrar saprà. Si parta intanto,
L’opra si compia omai, Surate, ed Agra
530Gemon per anco a l’inimico in preda
Forse potrìan del fuggitivo stuolo
Farsi amico ricetto; al regno, al trono
Periglioso ciò fora; i stanchi io vado
Guerrieri a radunar, se a le mie cure
535Fausto arride il destin de’ fidi acciari
Al balenar d’ostili turme or ora
Scevro il Mogol vedrai. [Parte]


Scena Seconda
Ibraimo, ed Osnam


Ibraimo  (Numi, pietade
Che incontro è questo mai!)
Osnam   T’avvanza, il passo

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Perchè confuso arresti?

Ibraimo   (Oh Dei! soccorso540
Aita, oh cieli.)
Osnam   E qual ti tinge il volto
Insolito pallor? quello non sei
Che con tranquillo aspetto e sangue, e morti
Mirar potesti, a cui de’ regi il fato
545Ombra mai di pietà, d’orror, di tema
Destar non seppe in cuor? quell’alma invitta
Qual turbamento opprime?
Ibraimo   Osnam, deh taci,
Non rammentarmi il mio delitto, ah basti
Violata aver la fé, Nizam tradito;
Omai...
Osnam  Che parli, infido? ah nò, de’ sacri550
Augusti nomi d’onestà, di fede
Non abusar così; quello tradii,
Che il suo Signor tradì di fé mancai
A chi del Rege suo violò la fede.
555Rammenta il tuo delitto; i falli tuoi

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In pria conosci, e quindi il mio condanna.

Ibraimo Ah taci, Osnam non più, confuso io sono,
La mia colpa conosco, aprirsi io miro
A’ piedi miei d’iniquità d’orrore
560Funesto abbisso, al tuo parlare io cedo
Che risponder non sò, di quanto oprai
L’empietade m’è nota, ah nel tuo petto
Si celi il mio fallir, l’ascoso arcano
Non palesar se a cruda morte in preda
565Un misero non brami, a’ piedi tuoi
Supplice io son, [s’inginocchia] se de’ miei pianti il suono
Commuoverti non sà ti muova almeno
La pietà la virtù...
Osnam  Sorgi, Ibraimo,
Mal conosci il mio cuor, fido il mio petto
570L’arcano serberà finchè fedele
Al tuo Signor sarai, la spada ultrice
Nunzia del giorno estremo agli occhi tuoi

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Balenerà, se al tuo Signor malvagio,

Iniquo traditor farti ardirai
De la giurata fé. [Parte]


Scena Terza
Ibraimo solo


 Misero! ah dove575
Tenti fuggir, dove involarti al nero
Spaventevole orror, che d’ogn’intorno
Ti circonda, t’opprime? ah questo cuore
Più riposo non ha, dopo il mio fallo
580Pace più non ritrovo, a’ sguardi altrui
Ascondermi vorrei, vorrei celarmi
A’ Numi, al cielo, a questa terra istessa,
In cui l’odiate io bevo aure di vita,
In cui d’ingrata luce i sensi miei
585L’astro del dì rischiara, ondeggia incerta
Quest’alma mia tra mille affetti; ascolto
Chieder vendetta il nero spettro orrendo

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De l’estinto monarca; il volto io miro

Di squallido pallor coperto, il sangue
590Veggio grondar da lo squarciato petto,
Brandir la destra ignita spada, orrendo
L’acceso sguardo sfavillare... ah ferma...
T’arresta ombra fatale, il pianto mio
Se a placarti non val, del mio delitto
595Questo mio cuor saprà ritrar vendetta.
Ei de la colpa la funesta immago
Farà presente ognora a gli occhi miei;
Ei di morte l’orror, de’ Numi l’ira
Ritrar saprà ne la smarrita mente
600Ei lacerar co’ barbari rimorsi
A se stessa in orror l’alma infelice....
Implacabil destin!... Misero Prence!...
Sventurato Ibraimo!... Andiam si fugga
Da queste mura, e me raccolga amico
605L’adusto Caffro, o la deserta arena
Del Libico confine, o la sassosa
Araba terra, o per lioni orrenda

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La Numidica piaggia... Oh Numi ah dove

Dove fuggir me stesso?... ah tronchi alfine
610Morte fatal così funesti giorni; [trae la spada]
Voi quest’alma accogliete, ultrici larve, [in atto di ferirsi]
E voi d’Averno orrende, atre tenebre...
Oh ciel!... qualcun s’appressa ah questo ancora
A compir vi volea le mie sventure. [Ripone la spada]


Scena Quarta
Zarak, e detto


Zarak Più non si tema, amico, a un colpo istesso615
Cadde abbattuto il gemino periglio;
Langue da’ lacci stretto in carcer nero
Di Golconda il tiranno; in fuga volto
Lo stuol nemico al non temuto assalto
620Ver Satarah s’invìa2. D’Amet al brando
Tutto ceder mirò Delly superba;

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Per di lui man piagato estinto cadde

De la sconfitta avversa turba il duce,
Egli al Mogol salute, al popol tutto
625La bramata arrecò salvezza amica,
Ei de lo scosso trono egli del regno
Sovrano a un tempo, e difensor si fece;
Nulla a temer ci resta. Agra, e Surate
Obblìa lo stuol fuggente, i passi suoi
630Seguir guerrieri eletti, e a noi recaro
Così grata novella alfin si mostra
A noi propizio il ciel.
Ibraimo  Stupido io sono
Qual novo ordin di cose a un tratto io miro
Cangiar del regno il deplorando aspetto!
635Dal feroce Persian domato, e vinto
Il capo ei piega, e d’Ispahan sopporta
Il duro giogo; a le ruine insulta
Il Maratto guerrier del regno oppresso,
E qual torrente impetuoso atterra
640Quanto a lui si fa innanzi, il regno intero

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Cede al furore ostil, Delly superba

Apre a’ nemici il varco, armato cerca
Lo stuol ribelle il suo sovrano a morte
Cinto è il regal palagio, e mentre il tutto
645Contro il Mogol congiura, un colpo solo
Rende al Regno la pace, il rege al trono.
Zarak Ibraimo, non più, l’unico germe
De la stirpe regal sul trono avito
Oggi innalzar convien; vanne s’aduni
650Or de’ Raja lo stuol tra queste mura
Ciò brama, e chiede il popol tutto.
Ibraimo  Io corro
Suoi voti a secondar sarà fra poco
Pago per la mia cura il suo desìo.
(Quanto costi al mio cuor cura nemica!) [Parte]


Scena Quinta
Zarak solo


Tutto è compiuto alfin per l’armi istesse,655

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Che il suo braccio impugnò vinto pur giacque

L’infido traditor dai lacci stretto
Ei gema in preda al cupo orror, che inspira
Del delitto l’immago; ei, che pur ora
660In sua mano vedea del regno intero
La sorte, ed il destin, sconfitto or giace
Al mesto affanno, ed al terrore in braccio.
Da l’oscure tenebre ove sepolto
L’infelice riman le glorie ei vegga
665D’un odioso nemico, e il fren, che resse
Già la sua mano un dì reggere ei veda
Con augurio miglior colui, che un giorno
A sue frodi cedè l’ingiusta palma.
Se tanto a le mie cure il ciel concede
670Fia compiuto il trionfo; Amet s’appressa,
Al desìato fin tutto s’impieghi,
Cada l’orgoglio alter, veda il nemico
In oltraggiato cuor l’ira, e lo sdegno
Quanto possa a’ suoi danni, e voi porgete
675Or l’adjutrice destra, eterni Numi,

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A sì giusto desìo.

Scena Sesta
Amet-Schah, e detto


Zarak  Quanto imponesti
Pur or Prence eseguii, pronto a’ tuoi cenni.
D’Ibraim per le cure or or vedrai
L’augusto stuol de’ Raja, il popol tutto
680Ciò richiede, e desìa, ciascuno esulta
De’ suoi regi in mirar l’unico germe.
Fra la gioja comun sol geme afflitto
Di Golconda infelice il popol mesto,
Egli per man del traditor crudele
685D’argento spoglio, e d’oro in preda a l’empio3,
Inimico furor scorrer già vide
Per le sue messi il sanguinoso acciaro
Del Maratto guerrier, l’edaci fiamme
Golconda incenerir, le patrie mura
690Distruggere, atterrar sul lungo solco
De l’arator la speme...
Amet-Schah  Or vanne adunque

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Tu regger sappi di Golconda il freno

Tu ricondurre al popolo smarrito
La sospirata pace; il suo conforto
695Ei riconosca in te; dalle ruine
Sorga l’arsa cittade, al campo incolto
Ritorni l’arator, torni il guerriero
A l’armi abbandonate, in ogni ciglio
Tergasi il pianto alfin, cessi sul labbro
700Il dolente sospir, dai mesti petti
Fugga l’affanno, e il duol...


Scena Settima
Osnam, e detti


Osnam  T’affretta, o Prence,
Del regno i voti a secondar, ciascuno
Te sul trono desìa, cinto è d’intorno
Quest’albergo regal d’ansiose turme,
705De’ tuoi fidi4 lo stuol tra queste mura
Già raccolto t’attende, ogni ritardo
Fora al popolo odioso.
Amet-Schah  Amici, al trono

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Ecco io m’invìo, me scorgerà fra poco

Sommo Prence, e Signor l’Asia guerriera:
Deh voi lieve rendete, eterni Numi710
D’una corona a questa fronte il peso. [Partono]


Scena Ottava
Gran sala riccamente adobbata con Trono in fondo, e seggi intorno: avanti a questi i Raja in piedi. Amet-Schah si asside sul trono, intorno a cui si schierano le guardie. Raja siedono: tra di essi Ibraimo, Osnam, e Zarak


Amet-Schah Anime eccelse, a sostenere elette
L’onor del regno, del sovran, del trono,
Della patria custodi, ecco il fatale
715Funesto giorno, in cui cader distrutta
Dovea Delly per man ribelle al suolo
Io la serbai, dagl’inimici acciari
Salvo torna il Rè vostro, io rendo a voi
De la stirpe regal l’unico germe;

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Trovar da insidie, e tradimenti stretto720

Altro scampo io non sò, spira per anco
Chi ribelle, e infedel me brama estinto.
Nel periglio fatal rifugio io cerco
Sol tra’ sudditi miei, se fidi in petto.
725La fè serbate ad un sovran dovuta
Soccorso, aita al vostro Rè porgete.
Ibraimo Felice regna, o prence, avrai quest’alme
Ognora a te fedeli, in nostra mano
Sol lampeggiar vedrassi il fido acciaro
730De’ tuoi dritti in difesa, e mai non fia
Scossa la fè, che con sincere voci
Tutti al tuo scettro, al soglio tuo giuriamo.
Amet-Schah Ed io lo giuro al ciel, che m’ode; ognora
A me sacri saran del regno i dritti,
735Dell’orfano infelice, e del pupillo
Farmi padre io saprò, difesa, e scudo
De l’oppresso innocente, e a l’uopo il freno
Costringere allentar. [Alle guardie] Si guidi intanto

Note

  1. Il manoscritto riporta «sul» con una correzione sulla «l».
  2. Sul manoscritto «iṽìa» con tilde ad indicare abbreviatura per palatale «n».
  3. Sul manoscritto «l'empio» è in corpo piccolo, possibile aggiunta in rilettura dopo bella copia.
  4. Sul manoscritto, dopo «fidi» segue «l’acci» eraso