La madre (Deledda)/Capitolo 17

Capitolo 17

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Paulo era di nuovo davanti alla mensa, nella quieta saletta da pranzo, servito dalla madre. Meno male, si aveva di che parlare: si parlava della fuga del Re Nicodemo. Antioco, deposto il vaso, il sacco e la cappa, era corso di nuovo giù a informarsi; la prima volta tornò con notizie strane; il vecchio era scomparso e si diceva che l’avessero portato via certi suoi parenti che volevano impossessarsi del suo tesoro. Qualche burlone scherzava:

— Si dice che siano scesi giù il suo cane e la sua aquila e lo abbiano portato via loro.

— Al cane non ci credo, ma con l’aquila non c’è da ridere: quando ero bambino io, ricordo, portò via dal nostro cortile un montone pesante.

Ma poi Antioco tornò ancora con la notizia che il malato era stato raggiunto per strada mentre se ne tornava a morire [p. 115 modifica]sull’altipiano. La febbre dell’agonia lo spingeva: camminava come un sonnambulo, e, per non irritarlo e fargli del male, i parenti lo avevano riaccompagnato nella sua capanna.

— Siediti lì e mangia, — disse il prete al ragazzo.

E Antioco riprese posto alla mensa, non senza prima aver osservato che viso faceva la madre del prete.

La madre del prete gli sorrise e gli accennò di obbedire; ed egli provò l’impressione di essere diventato come uno di famiglia.

E non si accorgeva, l’innocente, che quei due, finito di parlare della fuga del vecchio, avevano paura a star soli: la madre ogni tanto vedeva gli occhi vaganti e inquieti del figlio fermarsi, diventar duri e opachi come di pietra, ottenebrati dalla notte interna: ed egli a sua volta si scuoteva accorgendosi che ella lo osservava e che indovinava la sua pena.

Finito di servire, ella non entrò più nella stanzetta. [p. 116 modifica]

Col meriggio sereno ritornava il vento, ma un vento tenue e armonioso di ponente che dava appena un tremolio dolce e luminoso agli alberi del ciglione: tutta la stanzetta era rallegrata dal riflesso agitato delle foglie ridenti, dalla luce cangiante del cielo alto sopra il finestrino, attraversato da fili argentei di nuvolette sottili coi quali pareva che il vento suonasse la sua musica lieve.

D’improvviso qualcuno picchiò alla porta e ruppe l’incanto. Antioco corse ad aprire. Una vedova giovane, pallida e coi grandi occhi neri spaventati, chiedeva di parlare al prete, mentre una ragazzina ch’ella teneva forte per la mano la tirava indietro torcendosi tutta, coi capelli neri disfatti sotto il fazzoletto rosso, e nel viso livido gli occhi verdi sfolgoranti come quelli di un gatto selvatico.

— È malata, — disse la vedova, — voglio vedere il prete perchè legga gli Evangeli e scongiuri lo spirito del male dal quale questa creatura è invasa.

Antioco, con la porta solo aperta a [p. 117 modifica]metà, stava un poco incerto e spaurito. Non era l’ora di molestare il prete, per quelle cose: d’altronde la ragazzina, che non cessava di torcersi tutta da un lato e non potendo fuggire tentava di morsicare la mano della madre, destava pena e spavento.

— È ossessa, ecco! — mormorò la madre, arrossendo di vergogna.

Allora senz’altro Antioco le fece entrare, anzi aiutò la vedova a spingere dentro la ragazzina, che s’era aggrappata allo stipite della porta.

Sentito di che si trattava, e che era già il terzo giorno in cui la piccola malata si agitava così, sempre cercando di fuggire, muta e sorda ad ogni esortazione, il prete la fece accostare a sé, la prese per gli omeri, le esaminò gli occhi e la bocca.

— È stata molto al sole? — domandò.

— Non è questo, — disse la madre sottovoce: — io credo sia posseduta dallo spirito maligno. No, — aggiunse singhiozzando, — la mia creatura non è più sola.

Egli si alzò per andare a prendere nella [p. 118 modifica]sua camera il libro degli Evangeli; ma fece un passo indietro e mandò Antioco.

Il libro fu aperto sulla tavola, ed egli, con la mano sulla testa calda della ragazzina tenuta forte dalla madre inginocchiata, lesse.

«.... E navigarono alla contrada dei Garadeni, che è riscontro alla Galilea.

«E quando egli fu smontato in terra gli venne incontro un uomo di quella città, il quale già da lungo tempo aveva i demoni, e non era vestito d’alcun vestimento; e non dimorava in casa alcuna, ma dentro i monumenti. E quando ebbe veduto Gesù diede un gran grido e gli si gettò ai piedi e disse con gran voce: Gesù, Figliuolo di Dio altissimo, che vi è egli fra te e me? Io ti prego a non tormentarmi.»

Antioco voltava la pagina del libro e guardava la mano del prete posata sulla tavola: arrivati alle parole «che vi è egli fra te e me?» vide la mano tremare lievemente: sollevò rapido gli occhi e si accorse che gli occhi di lui erano pieni di lagrime. [p. 119 modifica]

Allora, piegato da una commozione violenta, s’inginocchiò accanto alla vedova, senza tuttavia smettere di toccare il libro. Pensava:

— L’uomo più buono del mondo è lui: eccolo che piange perchè legge la parola di Dio: — e non osava più sollevare gli occhi per guardarlo, ma con la mano libera tirava per la gonna la ragazzina, non senza trepidazione e anche col segreto timore che i demoni, uscendo dal corpo di lei, potessero entrare nel suo.

La piccola ossessa non si agitava più; anzi s’irrigidiva e pareva s’allungasse, col collo bruno tirato, il mento sporgente sopra il nodo del fazzoletto, gli occhi fissi sul viso del prete. A poco a poco la bocca si apriva: pareva che le parole del Vangelo, il susurro del vento, il fruscio degli alberi del ciglione, tutto la incantasse. D’improvviso, a uno strappo più forte della mano di Antioco, si piegò anche lei e s’inginocchiò. La mano che il prete le teneva sulla testa rimase sospesa per aria: la voce di lui si fece tremula. [p. 120 modifica]

«.... Or quell’uomo, del quale erano usciti i demoni, lo pregava di poter stare con lui. Ma Gesù lo licenziò dicendo:

«Ritorna a casa tua e racconta quante gran cose Iddio ti ha fatte....»

Poi tacque e ritirò la mano. La ragazzina, completamente calmata, aveva un poco rivolto il viso a guardare Antioco; nel silenzio si udiva più forte il susurro degli alberi e, più lontano, il picchio del tagliapietre.

Paulo soffriva. Neppure per un attimo avea creduto alla superstizione della vedova, che cioè la fanciulla fosse posseduta dal demonio: gli pareva dunque di aver letto senza fede il Vangelo: era il demonio suo interno quello che solo esisteva, e questo no, non se ne andava. Eppure egli s’era a un tratto sentito più vicino a Dio: «Che v’è egli fra me e te?» E gli pareva che quei tre fedeli, e la madre sua stessa inginocchiata dietro l’uscio della cucina, fossero piegati, non davanti alla sua potenza, ma davanti alla sua miseria.

Ma quando la vedova si abbassò, fino [p. 121 modifica]a baciargli il piede, egli si ritrasse vivamente: pensava a sua madre, che sapeva tutto, ed ebbe paura ch’ella lo giudicasse male.

Il movimento della vedova, nel sollevarsi, fu così pieno di mortificazione, che i due ragazzi si misero a ridere. Allora anche lui sentì sciogliersi il suo dolore.

— Bene, alzatevi, — disse. — Ecco fatto.

Tutti si alzarono: e Antioco corse ad aprire la porta perchè qualcuno picchiava di nuovo.

Era la guardia campestre ed urbana col suo cane al guinzaglio.

Antioco gli disse subito, col viso raggiante di gioia:

— È accaduto adesso un miracolo. Egli ha cacciato via i demoni dal corpo di Nina Masia.

La guardia però non credeva ai miracoli: si scostò un poco dalla porta e disse:

— E allora lasciamoli uscire.

— Entreranno nel corpo del vostro cane. [p. 122 modifica]

— Non possono entrarvi; ce li ha già!

Scherzava, ma senza perder nulla della sua gravità. Sull’uscio della stanza da pranzo fece il saluto militare, rivolto al prete, senza neppure degnarsi di guardare le donne.

— Ho bisogno di parlare a lei solo.

Le donne si ritrassero in cucina, e Antioco andò a riporre il libro. Quando ridiscese, sebbene ancora tutto commosso del miracolo, si fermò a origliare quel che diceva la guardia. Diceva:

— Le domando scusa se ho portato dentro questa bestia: è pulita, e non darà noia perchè capisce dov’è. (Il cane infatti stava immobile, a occhi bassi, con la coda penzoloni.) Si tratta del vecchio Nicodemo Pania, noto Re Nicodemo. È stato raggiunto nella sua capanna, ed ha espresso il desiderio di rivedere lei e ricevere l’estrema unzione. Secondo il mio debole parere....

— Santo Dio! — disse il prete con impazienza; tosto però si rallegrò infantilmente al pensiero di andare sull’altipiano, [p. 123 modifica]e strapazzare così, bene o male, il suo miserabile affanno.

— Sì, sì, — aggiunse subito. — Bisogna cercare un cavallo. La strada, com’è?

— Penserò io al cavallo e alla strada: è mio dovere.

Il prete offrì da bere. La guardia per principio non accettava mai nulla da nessuno, neppure un bicchiere di vino; ma in quel momento sentiva talmente fuso il suo dovere civile al dovere religioso del prete che accettò l’invito: bevette, versò le ultime gocce per terra, — poichè la terra vuole la sua parte in tutte le cose che l’uomo consuma, — e ringraziò facendo il saluto militare. Allora Paulo vide il cane scuotere la coda e sollevare gli occhi a guardarlo con espressione d’amicizia.

Antioco fu pronto a riaprire la porta, poi sì ripresentò nella stanza da pranzo sull’attenti anche lui. Gli dispiaceva che sua madre, là nella retrobottega ripulita per l’occasione, col vassoio pronto per l’invito, aspettasse invano quel giorno la visita del prete: ma il dovere anzi tutto. [p. 124 modifica]

— Cosa devo preparare? — domandò imitando l’accento grave della guardia. — Dobbiamo portare anche l’ombrello?

— Oh, ma ti pare? Si va a cavallo. Tu non dovresti venire: però posso prenderti in groppa al cavallo.

— Io vado a piedi. Io non mi stanco mai.

Infatti pochi minuti dopo era pronto, con una cassettina in mano e la sua cappa rossa ripiegata sul braccio: per conto suo avrebbe preso anche l’ombrello, ma bisognava obbedire agli ordini superiori.

Mentre aspettava il prete davanti alla chiesa, tutti ì ragazzi cenciosi dei quali lo spiazzo era il solito campo di battaglia, lo circondarono curiosi, senza però osare di avvicinarsi troppo, guardando la cassettina con religione non scevra di terrore.

— Noi verremo appresso, — disse uno.

— Voi starete lontani mille metri; altrimenti vi sguinzaglio addosso il cane della guardia.

— Il cane della guardia? Uh, ci starai [p. 125 modifica]lontano tu mille metri dal cane della guardia!

— Io? — egli disse con un sorriso superbo.

— Già, tu adesso ti credi Dio in persona perchè hai il vero Dio in mano.

— Io, — disse uno spregiudicato, — se fossi in te scapperei con la cassettina e farei tante malìe con l’olio santo.

— Vattene, mosca cavallina! Il demonio uscito dal corpo di Nina Masia è entrato nel tuo.

— Che cosa? Il demonio?

— Sì, — disse Antioco gravemente, — oggi dopo mezzogiorno egli fatto uscire il demonio dal corpo di Nina Masia. Eccola che viene.

La vedova, con la ragazzina per mano, usciva dalla casa parrocchiale; i ragazzi le si slanciarono incontro, e in un attimo la notizia del miracolo si propagò per il paesetto. Allora fu veduto uno spettacolo che ricordava quasi quello dell’arrivo del prete: tutta la gente si radunò nella piazza, e Nina Masia fu dalla madre collocata [p. 126 modifica]sopra i gradini della porta della chiesa: lassù, bruna, legnosa, coi suoi occhi verdi e il suo fazzoletto rosso, parve per un momento l’idolo primitivo di tutta quella semplice gente di fede.

Le donne piangevano e volevano toccarla. Intanto era arrivata la guardia coi cane; e il prete a cavallo attraversava la piazza. La folla gli andò appresso in processione, mormorando: egli faceva qualche cenno con la mano, volgendosi qua e là per ringraziare, ma più che addolorato si sentiva annoiato di quanto accadeva: giunto al principio della strada in pendìo fermò il cavallo e parve voler dire qualche cosa, poi spronò la bestia e s’allontanò rapido. Un istinto disperato gli faceva desiderare una corsa, una fuga giù per la valle, uno smarrimento e una dispersione di tutto il suo essere nello spazio selvaggio che gli si offriva davanti.

Il vento soffiava più forte; nel meriggio luminoso tutte le macchie e i cespugli vibravano e luccicavano: il fiume rifletteva l’azzurro del cielo, e la ruota del [p. 127 modifica]molino pareva frantumasse dei diamanti. La guardia col cane e Antioco con la cassettina venivano giù austeri, compresi del loro dovere: e anche lui riprese la strada più tranquillo. Dopo il fiume la strada si cambiava in sentiero e risaliva verso l’altipiano: pietre e muricce, alberi storti e rovi l’accompagnavano: il vento di ponente dava una dolcezza calda all’aria, e portava profumi densi, come strappasse e spandesse con sè il fiore del timo e le rose selvatiche.

Si saliva sempre: quando il paese sparve, allo svolto del sentiero, tutto fu vento, pietre, vapori che all’orizzonte fondevano la terra col cielo.

Di tanto in tanto il cane abbaiava, e pareva che altri cani feroci gli rispondessero: era l’eco.

A metà strada il prete propose ad Antioco di montare in groppa al cavallo; ma il ragazzo si rifiutò, cedendo solo e malvolentieri la cassettina.

E solo allora si permise di attaccare discorso con la guardia: tentativo vano, [p. 128 modifica]d’altronde, poichè la guardia non cessava un momento di credersi investita di alti poteri e ogni tanto si fermava corrugando la fronte; e tirandosi la visiera del berretto sugli occhi, volgeva lo sguardo di qua e di là come se tutte le terre intorno fossero sue e qualche pericolo le minacciasse. Allora anche il cane si fermava sulle quattro zampe, fiutando il vento, con un tremito che gli scoteva il collo e le orecchie.

Fortunatamente tutto era sereno nel pomeriggio ventoso: solo, in quel deserto di pietre e di macchie, sulle cime dei macigni apparivano le capre snelle, nere sullo sfondo delle nuvole rosa.

Ed ecco una china coperta di massi granitici: una vera cascata di pietre che si posavano le une sulle altre con leggerezza miracolosa.

Antioco riconobbe il luogo dove era stato una volta con suo padre; e mentre il prete faceva un lungo giro per non lasciare il sentiero, e la guardia lo seguiva fedele alla sua consegna, egli si [p. 129 modifica]arrampicò di pietra in pietra e arrivò primo alla capanna del vecchio cacciatore.

Era una capannuccia di frasche circondata di un recinto di macigni contro i quali il vecchio solitario, per completare quella sua specie di fortezza preistorica, aveva accumulato altre pietre.

Il sole vi batteva di sbieco come dentro un pozzo: l’orizzonte per tre parti chiuso si apriva solo a destra, fra una roccia e l’altra, con una lontananza azzurra e una striscia d’argento in fondo: il mare.

Il nipote del vecchio sporse dall’apertura della capanna la testa nera ricciuta.

— Vengono — annunziò Antioco.

— Ma chi?

— Il prete e la guardia.

L’uomo balzò fuori, agile e peloso come le sue capre, imprecando contro la guardia che s’immischiava continuamente nei fatti altrui.

— Adesso gli rompo le costole — minacciò; ma quando vide il cane si scostò, mentre anche il cane del vecchio si [p. 130 modifica]faceva incontro all’altro ed entrambi si annusavano per salutarsi.

Antioco riprese la cassettina e sedette su una pietra, dì fronte all’apertura azzurra del recinto: di là vedeva una infinità di pelli di cinghiale rigate di grigio e di nero, e pelli di martora macchiate d’oro, stese sulle rocce ad asciugare: e nell’interno della capanna il corpo nero del vecchio disteso su altre pelli, e il suo viso scuro circondato di una raggerà di barba e di capelli bianchi che aveva già la compostezza della morte.

Il prete si piegava ad interrogare il moribondo; ma questi non rispondeva, con gli occhi chiusi, le labbra violette e una gocciolina di sangue all’angolo della bocca.

Più in là la guardia, seduta anch’essa su una pietra, col cane sdraiato ai piedi, fissava l’interno della capanna, sdegnandosi perchè il moribondo disubbidiva alla legge, cioè non pronunciava le sue ultime volontà; e Antioco volgeva gli occhi sornioni da quella parte pensando con [p. 131 modifica]malizia che la guardia avrebbe volentieri aizzato il cane contro il vecchio testardo come contro un ladro.