La gelosia di Lindoro/Nota storica
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NOTA STORICA
La trilogia di Arlecchino e di Camilla uscì di getto dalla mente dell’autore nella feconda estate del 1763, e i tre scenari furono stesi in brevissimo tempo, forse nei primi giorni di settembre, come apparisce da una lettera del 12 di quel mese a S. Ecc. Vendramin (Mantovani, C G. e il teatro di S. Luca a Venezia, Milano, 1885, pp. 196-7). Subito dopo la recita della seconda parte, il Goldoni scriveva all’amico fedele Cornet, a Venezia: "La Gelosia d’Arlecchino, continuazione delle Avventure di Arlecchino e di Cammilla, ha raddoppiato il piacere al pubblico ed a me ha raddoppiato il contento. Questa secondogenita contrasta arditamente il merito, che si è acquistato la sorella maggiore. Hanno tutte due i loro parziali.... L’incontro è stato pienissimo" (Masi, Lettere di C. G., Bologna, 1880, p. 227; v. anche lettera all’Albergati 10 dic. ’63, Spinelli, Fogli sparsi del Goldoni, Milano, 1885, pp. 60-61 e lettera 10 gennaio ’64, Masi, l. c, p. 233). Del lieto esito così in fatti parlava il Mercure de France nel dicembre di quell’anno: "Avec quelqu’ éloge que nous ayons parlé précédemment des Amours d’Arlequin et de Camille, peut être encore moins que n’en merite cette Pièce de M. Goldoni; le Public, dont nous ne sommes que l’écho, nous force d’en ajouter encore pour celle des Jalousies d’Arlequin, Pièce Italienne du même Auteur et suite de la premiere. On en attendoit une troisième suite, ce qui formera en tout neuf Actes du même sujet. Cette singularité blesse d’abord nos préjugés d'habitude. Trois dénouements! Toujours les mêmes personnages! Toujours les mêmes intérêts! On ne contracteroit pas ces préjugés si l’on pensoit que la Comedie n’etant cu plutôt ne devant être qu’un tableau fidèle de la vie et des actions familieres des Particuliers, rien ne s’oppose à ce que les époques ou divers incidens de leurs avantures ne produisent des dénouements suffisans. Ce que je dis ici, est pour les Lecteurs qui n’auront pas vu ces Pièces; les autres n’ont besoin pour perdre ces préventions que du plaisir et de la surprise continuels que donne cette fecondité du plus rare génie, qui dispose des incidens si nécessaires, si propres d’ailleurs a intriguer, qu’ il est impossible que les Personnages ne se trouvent pas dans les situations comiques, souvent intéressantes, et toujours vives où l’Auteur les présente".
Fin da principio il Goldoni aveva pensato, se l’esito fosse stato buono, di ricavare da questi scenari tre commedie scritte, per il teatro di S. Luca, "legate come le tre Persiane" (lett. 11 ott. ’63 al Vendramin, in Mantovani, l. c, 204. - È poco probabile che il suggerimento gli venisse a caso da una signora, come racconta nei Mémoires. P. III, ch. 11). Poi si era disanimato, per la difficoltà di assegnare la parte adatta a ciascun attore (lett. 17 genn. 64: V. Nota storica della commedia precedente). Finalmente la Gelosia di Lindoro giunse a Venezia nell’autunno del 1764 e Stefano Sciugliaga, l’amico di Goldoni e suo incaricato presso il teatro di S. Luca, ne dava l’annuncio al Vendramin: "Ecco la seconda Commedia: l’ho letta e ne sono contento " (lett. 4 nov.: Mantovani, p. 217). L’autore sperava, dopo l’esito "languido" della prima, che "nella seconda e nella terza la signora Bresciani, facendo da donna maritata" dovesse riuscire egregiamente (così Sciugliaga al Vendramin, in data 17 dic.: Mantovani, p. 229). Ma pur troppo la cosa andò altrimenti, il fiasco dovette essere completo. Non ne abbiamo una vera relazione, non sappiamo nemmeno il giorno preciso della recita, ma a questo insuccesso credo alluda lo Sciugliaga nella lettera 5 gennaio "65 al Vendramin: "....Non avrebbe egli ragione di dolersi il Goldoni di tutto il male detto dalli Comici, per discreditare le Commedie prima di rappresentarle? e di sciegliere male il tempo per esporle?.... Eravi egli il tempo per Commedia ragionata? È ella caduta per essere cattiva, o biasimata? No. Tutti ne dicono bene; ma è caduta perchè la gente era occupata o nella curiosità, o nello spettacolo, o nell’opere" (Mantovani, p. 231). Pur troppo non c’era a Venezia, sulle scene di S. Salvador, un altro Carlino; non c’era la brava, l’unica, "la gran Camilla" come la chiamava il Goldoni.
Eppure questa volta la commedia si avvantaggia grandemente sullo scenario, quale ci è conservato dal Desboulmiers. Non più il mondo delle avventure e delle disgrazie, ma il dramma della gelosia: Arlecchino, Pantalone, tutta la famiglia delle maschere è qui un po’ a disagio, un po’ straniera. Ritorniamo nella vita, nella società del Settecento. Qui la mente del Goldoni, nello stendere il dialogo sulle scene indicate dal canovaccio, come faceva prima del ’43, allorchè da giovane lavorava per la compagnia Imer del teatro di S. Samuele, crea di nuovo, a quando a quando, con quella facilità e con quella inconsapevolezza dell’artista originale e spontaneo che fa ricordare tante volte, a chi ammira le commedie del Veneziano, i vecchi maestri della pittura italiana. La gelosia di Lindoro può prendere il posto fra le belle commedie goldoniane, che ancora sopravvivono, dopo la grande serie dei capolavori.
Nel secolo decimosettimo la gelosia non era meno famosa in Italia che in Spagna: nel Settecento sembra scomparire nella nostra penisola per cedere il luogo alla galanteria più licenziosa. Ma non bisogna credere che la moda francese e i più liberi costumi sociali venuti dal Tamigi potessero soffocare ad un tratto nel cuore dell’uomo l’istinto segreto: sì che il tipo del geloso non geloso, del geloso disinvolto, del geloso di se stesso, del geloso confuso, del geloso disingannato doveva essere più frequente fra noi che altrove, e fu spesso ridicolo soggetto da commedia, in Italia e fuori (v. vol. VI della presente edizione, p. 101 e Toldo, L’oeuvre de Molière, Torino, 1910, pp. 264 e 568). E lo stesso Goldoni lo trattò in una delle famose sedici commedie, intitolata la Dama prudente (1750), che avrebbe potuto anche chiamarsi il Marito geloso, come osserva l’autore nella prefazione (vol. VI cit., p. 15). La gelosia, come era naturale, occupa molta parte nel teatro goldoniano, nè vi troviamo soltanto quella che diremmo comica, come per esempio nelle Donne gelose (vol. VIII), nelle Donne curiose (vol. VIII), nel Geloso avaro (vol. X), nei Morbinosi (vol. XVI) ecc., ma anche la gelosia furente, la gelosia tragica, come nella Donna forte (vol. XVI), come nella Pamela maritata (vol. XVII). Che il dottor veneziano nell’immaginare la seconda parte della trilogia di Zelinda e Lindoro abbia pensato, pur senza volere, alla seconda Pamela, parmi evidente: anche agli amori, diciamo così, di milord Bonfil succedono, dopo il matrimonio, le gelosie. Questa vaga affinità fra le Zelinde e le Pamele, resa più appariscente ai lettori perchè gli Amori di Z. e L. uscirono la prima volta a stampa nel primo tomo dell’edizione Zatta (1788), in coda alla Pamela nubile e alla Pamela maritata, fu avvertita già da tempo. Così la Gazzetta Privilegiata di Venezia nell’annunciare nel sett. 1818 la nuova raccolta del Teatro moderno italiano, si permetteva di dare qualche consiglio e scriveva: “Si premetta alla Zelinda la più antica e la più classica sua compagna Pamela, anzi che darci di sì bell’originale una copia infelice nella Teresa [del Greppi]”.
Ma quanti altri gelosi abbiamo già incontrato nei volumi precedenti di questa nostra edizione I (v. anche R. Schmidbauer, Das Komische bei Goldoni, München, 1906, pp. 70-74). È inutile cercare le fonti nel grande teatro di Molière, nel Dispetto amoroso, come suggerì prima Alcibiade Moretti (Commedie scelte di G. B. Molière, trad. it. di A. Moretti, pref. t. I, Milano, 1880, p. XX), poi Pietro Toldo (l. c, p. 390); o nello Sganarello (le Cocu imaginaire), come vorrebbe F. C. L. van Steenderen (appendice al Goldoni di H. C. Chatfield- Taylor, New York, 1913); o nella Scuola delle mogli, o in Don Garzia, o nel Misantropo stesso: inutile cercare altrove, in altri autori e in altri paesi, consultando per giunta i dizionari teatrali. O a che servirebbero gli informi abbozzi dei vecchi zibaldoni? (le Doppie gelosie, le Gelosie di Scaramuccia, l’Amante gelosa, il Geloso non amante e l’amante non geloso, il Truffaldino geloso ecc. - Solo ricorderò lo scenario delle Gelosie dei maritati, recitate sul Teatro Italiano a Parigi nel 1717, e la commedia del Riccoboni, la Moglie gelosa, 1716, tradotta in franc., e di nuovo rappr. nel 1726; nè tacerò le Gelosie fortunate del principe Don Rodrigo, 1654, di Giacinto Andrea Cicognini che servirono, pare, al Molière per il Don Garzia e che il Riccoboni ridusse nel Principe geloso. Non so poi dire che fosse mai quel Pantalone marito geloso, recitato a Venezia nel carnovale del 1765: Gradenigo, Notatorj, 4 febbraio). Il Goldoni, come tante volte ho ripetuto, è specialmente l’imitatore di se stesso. Chi pensi alle sue ultime commedie, vedrà i vari effetti della gelosia serpeggiare fra gli Innamorati (vol. XVII), insinuarsi nelle Villeggiature (vol. XIX) e in Una delle ultime sere di carnovale (vol. XX), tumultuare nelle Baruffe chiozzotte (vol. XX), aggirarsi nel Ventaglio (vol. XX). L’ufficio che compie il famoso ventaglio di Candida, non lo compie nell’azione della presente commedia la lettera di don Flaminio? E di queste lettere fatali, che sono cagione di tanti errori e furori, anche senza ricorrere al teatro dell’arte o al teatro spagnolo e francese, non ne abbiamo trovate più indietro? Ma non è la scoperta di una lettera segreta di Pamela a milord Artur, pure alla fine del primo atto, che provoca i maggiori sospetti di Bonfil? E le pere portate in dono a Zelinda, che Lindoro getta contro Mingone a rischio di colpire don Roberto, non sono le stesse offerte dal marchese Ernesto alla Dama prudente, con cui il marito geloso colpisce l’amico? (vol. VI, pp. 53 e 55). E anche qui non vuol partire Lindoro e condursi via la virtuosa moglie, come don Roberto vuol andarsene con donna Eularia a Castelbuono, e Bonfil con Pamela nella contea di Lincoln?
Ci pare opportuno di riferire a questo proposito alcune osservazioni di Maria Ortiz (Commedie esotiche del Goldoni, Napoli, 1905, pp. 21-23 e 53): “in molte commedie il G. ha dipinta la gelosia, perchè essa tra le passioni è delle più frequenti, come quella che raramente si scompagna dall’amore... Essa produce il curioso effetto d’ingrandire smisuratamente gli avvenimenti più insignificanti, e perciò è di natura comica di per se stessa... Il G. si è compiaciuto di dipingere questa passione in tutte le sue manifestazioni... Alcune volte è priva di ogni fondamento, perfino del fondamento dell’amore, come nel Geloso avaro; altre volte - e questo e il caso preferito - si fonda sopra un cumulo di combinazioni disgraziate che riescono a produrre l’apparenza della colpa: è la gelosia per equivoco, che troviamo nella Gelosia di Lindoro, nella Pamela maritata e in moltissime altre. Era il caso preferito, perchè si prestava a infinite scene comiche, ad equivoci arguti, e menava infallibilmente all’innocenza conosciuta e premiata... Vi è poi il caso della gelosia più che ragionevole" come nella Moglie saggia, o come nell’Uomo prudente "in cui le parti sono invertite"; e qui "la gelosia poco si manifesta". "Nelle commedie a seguito del G." come la Putta onorata e la Buona moglie, la trilogia Persiana, le due Pamele, la trilogia della Villeggiatura e quella di Zelinda e Lindoro, "la gelosia ha gran parte, ed è naturale che sia così"; dopo la prima commedia, che finiva di solito con un matrimonio, bisognava turbare un pochino la felicità dei due innamorati. Per la trilogia persiana "il caso è diverso": ma anche qui, specie nella terza parte, la gelosia "è adoperata con tutti i piccoli equivoci e stratagemmi d’una commedia d’intrigo".
Il Goldoni dunque, senza inventar nulla di nuovo, tenta un’altra volta la commedia della gelosia, e riesce con più fortuna. Le varie scene tra Zelinda e Lindoro, come la Ia e la Va del I° atto, e così la VIa alla presenza di don Roberto, e la IVa del III° atto, sono vere, vivaci, commoventi; nella XVa e nella XVIa dell’atto II° il furore di Lindoro va crescendo e la sua gelosia diventa più comica, al punto da destare il dispetto e l’ironia di Zelinda. Perfino certe scenette minori, come la Va dell’atto II, in cui Zelinda cerca affannosamente la lettera e scopre a don Roberto la sua agitazione, offrono a una intelligente attrice agevole modo di manifestare la propria arte: e così pure a un bravo Lindoro quella che chiude l’atto mirabilmente. La riconciliazione dei due sposini, in fine della commedia, ci richiama per un istante a quella di Titta Nane e Lucietta nelle Baruffe chiozzotte, ma il Goldoni è unico nel saper variare, con delicate sfumature, caratteri e situazioni a prima vista somiglianti.
Sarebbe facile d’altro canto mostrare tutti i difetti di questa commedia il cui intreccio si svolge sopra un stupida promessa di Zelinda a Fabrizio: ma a tali cose badano piuttosto i critici che non il pubblico dei teatri. Bene osserva tuttavia Nunzio Vaccalluzzo, ricordando il Vero amico (vol. V): "Il Goldoni del sospetto ha fatto uno de’ suoi mezzi comici più preferiti e ripetuti, per cavarne la sospensione; ma qui è una sospensione a freddo, senza interesse, perchè il lettore conosce già la futile causa dell’equivoco e il forzato ridicolo della situazione. E quel che succede nella Gelosia di Lindoro, che pure è un capolavoro, la cui azione cammina sul filo di un rasoio; perchè non par naturale che una moglie savia - come è Zelinda - si ostini a tenersi in corpo un segreto insignificante, senza volerlo comunicare al marito col rischio di perder la pace, il marito e la propria riputazione. Siamo fuori dal vero comico goldoniano, ch’è fatto di naturalezza e semplicità" (prefazione alle Commedie scelte di C. G., Messina, 1916, p. 60).
Debole è quasi tutto il terzo atto: quella cantante Barbara riesce ancora più sbiadita e più falsa che negli Amori, quel don Filiberto cicisbeo riesce ancora più inutile e freddo, quel don Flaminio ancora più assurdo, quel Mingone non è un vero contadino, la stessa donna Eleonora non fa più ridere con le sue bizze, e rivive solo alle ultime parole: "Perchè volete ch’io pianga? Non piangerei nemmeno...". Don Roberto conserva qua e là il bonario sorriso del vecchio Pantalone goldoniano. Ma Lindoro e Zelinda trionfano veramente per tutta la commedia con la loro giovinezza, con il loro amore, con la loro gelosia; da soli riempiono il palcoscenico: appena vediamo comparire il berrettino piumato della sposina o sedere al suo tavolino il giovane segretario, ecco tornano per noi il Settecento, l’arte, la vita.
Nel giugno del 1755, discorrendo il Fréron nell’Année littéraire (t. III, pag. 342 e sgg.) del Geloso, commedia di 5 atti in versi del signor Bret, dove si rappresentano le strane gelosie di certo Varville che tormenta la povera Orfisa per la memoria di un Lindoro, morto per lei d’amore (soggetto attinto al romanzo di Zaida della signora di La Fayette) così concludeva: "Il est fait mention dans l’histoire dramatique de dix Comédies du Jaloux avant celle de M. Bret. De toutes ces Pièces, le Jaloux desabusé [1709] de Campistron est la meilleure. Restée seule au Théâtre, elle reussit beaucoup toutes les fois qu’on la joue" (p. 355). Quasi trent’anni dopo, annunciando la recita di un altro Jaloux, di Rochon de Chabannes, Jac. Enrico Meister nella Correspondance littéraire, philos. et critique di Grimm (aprile I 784) ricordava i precedenti tentativi di Bret, Baron, Campistron, Dufresny, Imbert e osservava come nessuno avesse avuto un successo pienamente felice. "...La jalousie est plutôt un malheur qu’un travers, et, sous quelque point qu’on essaye d’envisager cette passion, on la trouvera bien moins susceptible de ridicule que de haine ou de pitié. Il n’y a que les jaloux qu’on à voir dupes dont on puisse rire"; e per questo i tutori, gelosi delle pupille, riuscirono meglio sul teatro (t. XIII ed. Letourneur, p. 515). Tuttavia il Goldoni ebbe a lodare nelle sue Memorie (P. III, ch. XXIX) la Moglie gelosa di Desforges, recitata e stampata nel 1785, che non solamente nel titolo ha delle affinità con una commedia di Coiman (Londra, 1763), tradotta in francese dalla signora Riccoboni (v. Meister, Correspondance, marzo 1785). Ma qui siamo in pieno dramma in versi. Certamente fra i tutori gelosi Meister ricordava bene il deluso Bartolo del Barbiere di Siviglia (1772, rec. 1775), dov’è pure fra i personaggi un finto Lindoro (il conte di Almaviva) che fa battere il cuore di Rosina. Quando Beaumarchais volle dare un seguito alla sua fortunata commedia, pensò anche all’esempio di Goldoni? È probabilissimo. Tanto più che anche nel Matrimonio di Figaro (1778, rec. 1784) la gelosia ricompare e gioca qualche scherzo: ma l’anima goldoniana è sparita, e l’insolente Figaro guarda avanzare la Rivoluzione.
Delle moltissime recite in tutta Italia della Gelosia di Lindoro darò qui non un elenco, ma almeno un saggio:
1803 5 novembre Venezia, S. Luca, comp. Battistini e Scovazzo (Giornale dei teatri ecc. di Velli e Menegatti).
1817 20 maggio Venezia, S. Luca, comp. Marchionni (Gazzetta Privilegiata di Ven. - Gran lodi a Carlotta Marchionni, "leggiadra giovanetta" che di appena quattro lustri, tocca già "il più elevato fastigio").
1819 9 dicembre Venezia, S. Benedetto, comp. Vestri e Venier (Gazz. Privilegiata).
1820 22 aprile Roma, teatro Valle, comp. Vestri e Venier (Giornale delli Teatri comici, in Bibl. teatrale ital. e straniera).
» 6 maggio Milano, teatro Re, comp. Marchionni (c. s.).
» 16 ottobre Roma, Argentina, comp. Vestri e Venier (c. s.: co! titolo Zelinda, ovvero la gelosia di Lindoro).
» 25 ottobre Torino, teatro D’Angennes, comp. Mascherpa e Velli (c. s.).
1821 6 marzo Venezia, S. Luca, comp. Favre e Piomarta (Gazzetta di Venezia).
» 30 ottobre Venezia, S. Benedetto, comp. Modena (c. s. - Col titolo le Gelosie di Zelinda e Lindoro).
1822 e seguenti, Torino, comp. Reale Sarda (Costetti, La Comp. R. Sarda, Milano, 1893, p. 20).
» 14 gennaio Venezia, S. Luca, comp. Marchionni (Gazz. di Ven.).
1823 6 ottobre Venezia, S. Luca, comp. Raftopulo (c. s.).
1824 1 agosto Venezia, S. Benedetto, comp. Fini (c. s.).
» 5 settembre Trieste, teatro Grande (A. Gentille, Divagazione Goldoniana, in Strenna Educatorio Rachitici pel 1907, Venezia, p. 75. L’autore racconta un grazioso episodio: "Tra il pubblico sedeva Augusto von Platen che allora scendeva la prima volta in Italia; tenendo memoria, nel suo diario, di questa recita, esclama: Negli attori la sola Zelinda era passabile. Come sarei stato contento, se almeno si fosse data una commedia del Goldoni!").
1825 16 giugno e 9 luglio Venezia, S. Luca, comp. Società Toscana (Gazzetta cit.).
» 23 ottobre Venezia, S. Benedetto, comp. Mascherpa (c. s. - Prima donna la Pelzet).
1828 carnovale Milano, Canobbiana, comp. Vidari (I Teatri, giorn. drammatico, p. 699).
» estate Venezia, S. Benedetto, comp. Modena (Gazz.)
» autunno Milano, teatro Re, comp. Raftopulo (I Teatri t. II, p. 515. - Col titolo Le gelosie di Z. e L.).
1829 Milano, teatro Re, comp. Raftopulo (c. s., t. II, pp. 694 e 815. Lodi a Maddalena Pelzet "la stella polare del pubblico". Ella unisce "tutte le doti richieste ad un’ottima attrice: belle forme, begli occhi, gioventù, bella voce, e soprattutto una vera attitudine all’arte". - Tolgo dal t. III dei Teatri, p. 321, un cenno curioso di un signor A. C.: "Mi ricordo molt’anni fa che in una accreditata platea della nostra Milano venne sonoramente fischiata la Zelinda e Lindoro, di cui erano protagonisti un Lombardi e la Vidari, e che fu per sette sere consecutive replicata a generale richiesta la Bianca e Fernando".
» aprile Milano, teatro Re, comp. Modena e soci (Il Censore Universale dei teatri, 1829, n. 34. - Luigi Prividali loda Carlotta Polvaro, e poi aggiunge: "Il giovine Modena, ch’era il suo Lindoro, mi si presentò in questa per la prima volta, non posso quindi di lui formarmi una piena idea. Di scoprire in esso mi parve molte buone disposizioni, mischiate però ad un certo genere di agire troppo studiato e manierato, che minaccia di passare al caricato").
1829 estate Bologna, Arena del Sole, comp. Modena (Gazz. di Bologna, n. 69, 29 agosto. " Come rinvenire maggior brio, disinvoltura, nobile ilarità, niuna ricercatezza nella commedia che nella signora Carolina Polvaro? Di ciò facciano fede coloro che intervennero alle False confidenze, alle Gelosie di Z. e L., agl’Innamorati e ad altre commedie di simil sorta, in cui essa diede a conoscere la sua rara maestria nell’arte. Che cosa è poi a dirsi del signor Gustavo Modena? Questo solo diremo, che accoppia tante e tali egregie prerogative, che ne ritorna alla mente il valore de sommi artisti italiani. Che se sorpassa moltissimi nel rappresentare parti puramente comiche, crediamo che sia veramente primo di tutti nella declamazione).
» autunno Oderzo, Teatro Sociale, comp. Vidari e Duse (C. Musatti, Il Teatro Sociale di Oderzo, Venezia, 1914, p. 9).
1830 10 marzo Venezia, S. Luca, comp. Modena e Soci (Gazzetta).
» 15 maggio Milano, teatro Re, compagnia Internari (I Teatri, t. III, p. 365).
1832 Cremona, comp. Rosa (Il Censore Univ. dei Teatri, 1832, n. 58. Lodi a Giovannina Rosa e a Ventura).
» estate Bologna, Arena del Sole, comp. Pelzet e Domeniconi (Cosentino, L’Arena del Sole, Bologna, 1903, p. 55).
» 18 ottobre Venezia, S. Benedetto, comp. Rosa (Gazzetta cit.).
1833 primavera Cremona, comp. Vergnano (Il Barbiere di Siviglia, anno I, n. 15).
» Milano, Teatro Re, comp. Vergnano (Il Barbiere cit., n. 28).
» dicembre Roma, teatro Valle, comp. Mascherpa (Il Censore cit., 1834, n. 21: "Nella sera del 26 dicembre il poco incontro del Pirata fu quindi risarcito dall’incontro glorioso delle Gelosie di Lindoro, ove la Gherardi soprattutto, Colomberti e L. Gattinelli celebrarono un gran trionfo").
» dicembre Bologna, teatro Badini, comp. Vergnano (Il Censore cit., 1834, n. 24: "....Mancò quasi affatto della pubblica approvazione").
1834 Milano, teatro Re, comp. Rosa (Il Censore cit., 1834, n. 34. Giovannina Rosa, di appena 17 anni, già "capocomica").
1837 Zara, comp. Bonmartini (Il Dalmata, 27 febbr. 1907).
» 3 marzo Milano, Accademia dei Filodrammatici (Martinazzi, Acc.ia de’ Filodrammatici di Milano, Milano, 1879).
1840 Lucca, teatro del Giglio, comp Domeniconi (Il Ricoglitore di notizie teatrali, Firenze, 4 luglio ’40, dal Messaggero Lucchese’: "La commedia era bella, era del Goldoni. Zelinda era la Internari, Lindoro il Modena. La Internari è brava, il Modena bravissimo: ma il G. ci diè quelle Gelosie come fiori di primavera; noi le vedemmo converse in frutto di autunno. Nondimeno la sala echeggiò d’applausi frequenti e rumorosi").
1843 autunno Oderzo, teatro Sociale, comp. Benvenuti (Musatti, l. c, p. 11).
1844 Zara, comp. Nancini (Il Dalmata cit.).
1846 luglio Firenze, Arena Goldoni, comp. Costantini e Velli. (In occasione di questa recita scrive Romolo Subbi nella Rivista di Firenze. 21 luglio: "...Io non posso consentire con coloro i quali stimano le Pamele e le Zelinde essere i capolavori del Goldoni. Di gran lunga io preferisco alle commedie drammatiche dello scrittore veneziano le sue inimitabili commedie d’intreccio" fra le quali mette insieme la Bottega del caffè, i Pettegolezzi, il Ventaglio e la Casa nova).
1847 Zara, comp. Capodaglio (Il Dalmata cit.).
» autunno Zara, comp. Manzin (c. s.).
» 6 dicembre Modena, teatro Comunale (Modena a C. G., Modena, 1907 p. 241).
» 11 dicembre Firenze, teatro del Cocomero, comp. Petrocchi (beneficiata dell’attrice Falchetti-Brighenti: v. Repertorio del teatro del Cocomero dal 1847 al 1858, ms. della Marucelliana [D. 30]: notizia favoritami, come tutte le altre che riguardano i teatri di Toscana e di Napoli, da Edgardo Maddalena).
1851 10 maggio Modena, teatro Comunale (Mod. a C. G., cit.).
1852 5 gennaio e 22 febbraio Firenze, teatro del Cocomero, comp. Sadowski e Astolfi (La Speranza, Firenze, 8 genn. 52 e Repertorio c. s. - Elogi al Monti nella parte di Lindoro).
1853 29 giugno Modena, teatro Comunale (Mod. a C. G., cit.).
» estate Firenze, teatro degli Intrepidi (Nuovo Esperimento dei Concordi per il monumento a Goldoni da erigersi qui: v. Il Genio, Firenze, 9 sett.).
1854 Napoli, teatro dei Fiorentini (col titolo Le Gelosie di Z. e L., comm. in 4 atti di C. G. - v. Polimazia di famiglia, Firenze, 14 luglio, dov’è riportato il seguente cenno dal giornale Verità e bugie: "Non ho mai intesa una più brutta commedia in quattro atti di C. G. Brutta perchè il titolo ti dà come geloso non solo Lindoro, ma anche la povera Zelinda, la quale nella commedia non fa che soffrire delle stranezze e delle pazzie del marito, senza, non dico esser gelosa, ma nemmeno sognarlo; brutta perchè il terzo atto non è composto che di due sole scene: brutta perchè non solo Lindoro è geloso ma pazzo, credendo un ricco presente di don Flaminio un ventaglio, che appena può costare due soldi. Ma è questa la commedia che ha scritto Goldoni? - Niente affatto. Il povero veneziano l’ha intitolata le Gelosie di Lindoro, come si può vedere in tutte le edizioni del mondo, la divideva solo in tre atti e non in quattro, e se fosse stato vivo, avrebbe oltre la commedia regalato all’impresa un ventaglio non ricchissimo che valesse due zecchini, come egli stesso diceva, ma che almeno non ti facesse interamente perder l’illusione. Dunque dateci pure le commedie del Goldoni, e ci farete piacere, e noi non potremo che lodarvi, ma sieno com’egli le ha scritte. Quanto all’esecuzione vi prendevano parte Taddei, la Sadowski e Majeroni. E certo non potevamo nè avere, nè sperarci di meglio ".
» 13 gennaio Firenze, teatro del Cocomero, comp. Sadowski e Astolfi (Repertorio cit.).
» 8 agosto Firenze, teatro Cocomero (interpreti principali la Ristori, Ernesto Rossi, Gattinelli: v. Repertorio cit.).
» IO novembre Modena, teatro Comunale (Mod. a C. G. cit.).
1855 16 gennaio Firenze, teatro del Cocomero, comp. Astolfi diretta da G. Pieri (Repertorio cit.).
1856 4 gennaio Firenze, teatro del Cocomero, comp. Dodini (beneficiata di Cesare Dondini: Repertorio cit. - Gennaro Marini scrive in proposito nello Scaramuccia, Giornale omnibus, Firenze, 4 gennaio: "A che scopo parlare delle Gelosie di Z. e L. di Goldoni? Forse per ripetere quello che abbiamo detto tante volte, cioè che le nostre compagnie ci fanno un poco troppo desiderare le commedie goldoniane, questi capilavori d’arte, di naturalezza e di spirito, dinanzi ai quali si direbbe che il pubblico respira più liberamente e resta sempre colpito dalle tante bellezze, sparse con mirabile profusione in tutti i lavori del poeta veneziano?»).
» ottobre Napoli, teatro Fiorentini, comp. Sadoswki (Il Teatro, Napoli, 9 ottobre: "Venerdì nelle Gelosie di Z. e L. recitarono con molt’anima la Sadowski, Majeroni, Taddei, non che Vestri. La Sadowski ebbe uno de’ suoi momenti felici nella scena in cui s’adira contro il marito").
» 9 ottobre Firenze, teatro del Cocomero, comp. Dondini (Repertorio cit.).
1857 marzo, luglio e ottobre Napoli, Fiorentini, comp. Sadowski (Il Teatro cit.).
» 19 ottobre Modena, teatro Comunale (Modena a C. e G. cit.).
1858 11 febbraio Napoli, Fiorentini, comp. Sadowski (l. c).
1860 autunno Zara, comp. Massa (Il Dalmata cit.).
» 16 dicembre Modena, Comunale (l. c).
1863 30 aprile Modena, Comunale (l. c.).
1864 Livorno, interpreti Anna Pedretti e il marito Diligenti (C. Goldoni, giornale, Firenze, 23 ottobre).
1866 11 marzo Modena, Comunale (l. c.).
» 21 ottobre Oderzo, Sociale (Musatti, l. c).
1867 26 gennaio Firenze, teatro Nuovo (serata De Martini-Peracchi: v. Avviso teatrale in Catalogo generale d. Raccolta dramm.ca it.a di L. Rasi, Firenze, 1912; v. pure Corriere di Firenze, 3 febbraio: Applausi alla seratante sig.na Celestina De Martini "pel modo egregio col quale mimò la graziosa parte di Zelinda. Peracchi al solito fu un eccellente Lindoro e Codermann un buon Don Roberto").
» 18 marzo Modena, Comunale (l. c.).
» maggio Firenze, teatro Niccolini (Scrive G. Arbib nel Corriere di Firenze, 1 maggio: "Ci era stato detto che i coniugi Aliprandi recitavano assai bene le Gelosie di L. e andammo a sentirle. Dal lato dell’esecuzione trovammo del buono assai e non solo in essi, ma anche nel Dondini Ettore. Dove trovammo un male che ci rincrebbe si fu in alcune aggiunte che moglie e marito si permisero di fare, dimenticando forse che se è dovere di dire ciò che ha scritto l’autore, questo dovere diviene maggiore quando si tratta di commedie del Goldoni. Eppoi far parlare a Lindoro della California e a Zelinda del lanternino per raccattar le cicche, l’è grossa davvero e potrebbe far supporre cosa che non è, mancanza di coltura nel signore e nella signora Aliprandi. Lascino essi queste aggiunte e non temano che ciò che Goldoni fa dire a quei due personaggi è più che bastevole perchè non siavi bisogno di rincarar la dose").
» giugno Firenze, Arena Goldoni, comp. di Alessandro Monti (Corriere di Firenze, 23 giugno, articolo firmato B. - Lodasi " Quella splendida gemma del nostro teatro nazionale che è la Gelosia di L., battezzata a torto dai comici Le gelosie di Z. e L. E, non si potrà dunque mai ottenere un po’ di rispetto al nostro grande maestro C. G. ed al buon senso?... Virginia Marini fu vispa, affettuosa, bizzosa come Zelinda nel capolavoro del G. Anche A. Monti fu un eccellente Lindoro, M. Vedova un grazioso Don Fulgenzio [sic] ").
1867 23 ottobre Modena, Comunale (l. c. Sempre col titolo Le gelosie di Z. e L.).
1868 22 dicembre Modena, Comunale (l. c.). E così 8 marzo 1872, 29 settembre ’74; 10 dicembre ’75.
1897 estate Bologna, Arena del Sole, comp. Ermete Zacconi (Cosentino, l. c.).
1907 25 febbraio Milano, teatro Manzoni, comp. Gramatica-Ruggen (per festeggiare il secondo centenario della nascita di C. Goldoni. Così commentò la serata G. Pozza nel Corriere della sera, 26 febbraio: "Non voglio discutere sulla scelta. Si cercò evidentemente fra le centocinquanta lasciate dal fecondissimo scrittore, una bella commedia da parecchio tempo non rappresentata». E Le gelosie di L. sono infatti una bella commedia. Ma non delle più tipiche... Ma, scelte Le gelosie di L., bisognava allestirle con cura particolare e recitarle con studio diligente. Ora nè l’apparato scenico, nè la recitazione della commedia furono ieri sera differenti dal solito. Furono, anzi, del solito meno lodevoli. Non parliamo dell’apparato scenico... Parliamo invece del modo col quale Le gelosie di L. furono recitate. Il pubblico rise e applaudi frequentemente tutti gli attori. E infatti, alla recitazione non mancò la vis comica. Tutt’altro! La commedia fu anzi recitata come una farsa; e questo è stato il difetto in cui sono caduti ieri sera tutti gli attori. - Goldoni non è un commediografo profondo, ma è fine e arguto... Fare d’ogni suo personaggio un personaggio buffo, sia nel pianto, sia nelle smanie, sia nell’amore, sia nel riso, è alterarne il carattere distintivo, distruggerne in parte il pregio artistico. Poichè l’arte di C. G. è arte di verità e di semplicità, i suoi interpreti sulla scena siano veri e spontanei quanto è possibile; non affettatamente ilari e provocatori di risate, come lo furono ieri sera". - Anche la Maschera, III, n. 9, p. 10, si lagna che la comp. Gramatica-Ruggeri "ha ecceduto con un gestire soverchiamente colorito e con un troppo rumoroso gioco di scene: ma si è fatta apprezzare per la sveltezza del dialogo e l’accordo fra gli interpreti").
» aprile Napoli, Sannazzaro. comp. Gramatica-Ruggeri (La Maschera, III, n. 16, p. 13).
» novembre Roma, Valle, comp. Baldanello (La Maschera, III, n. 32, p. 12).
» dicembre Bologna, teatro Duse, comp. Baldanello (La Maschera, n. 33,
1909 giugno Milano (per beneficenza, nel palazzo del co. Giuseppe Visconti di Modrone. Nella cronaca del Corriere della sera, 14 giugno, così si legge: "Si rappresentò La gelosia di Lindoro e il delizioso lavoro di G. non avrebbe potuto desiderare una cornice più festosa e più aggraziata e, anche, un’interpretazione più accurata e più coscienziosa da parte d’una schiera di dilettanti. La contessa Carla Visconti di Modrone ] [Zelinda] recitò con una sicurezza, un calore e una varietà d’atteggiamenti veramente ammirevoli. Il co. Eman. Castelbarco e la contessa Lina Castelbarco furono un don Roberto e una donna Eleonora comicamente gustosi e li co. Gius. Visconti di Modrone rivisse con effetto le smanie, le ire e i sospetti di Lindoro. Bene fecero pure tutti gli altri: la marchesa Javotte Bocconi Villahermosa, la march. Anna Villahermosa, e i signori Orazio Sanjust, Luigi Ricordi, Innoc. Pini e Giusto Stefani. - Così il lavoro goldoniano, sì fresco e vivo e divertente, fu assai gustato e gli interpreti ebbero applausi interminabili ad ogni fine d atto ").
1911 Roma, teatro Metastasio, comp. drammatica del teatro Minimo (Giornale d’Italia, 21, 22, 28 febbraio).
1922 14-16 febbraio Torino, teatro Alfieri, comp. dramm. Emma Gramatica. Della prima serata, in onore dell’attore Corrado Racca, così parlò Domenico Lanza nella Gazzetta del Popolo (15 febbraio); "Questa pagina dove G. nella sua più matura età ha profuso tanta parte della sua comicità inesauribile, della sua vivacità, della sua fantasia inventiva ebbe ieri sera nella sala dell’Alfieri accoglienze festose e clamorose di applausi". Le gelosie di Lindoro hanno ancora "in sè una forza mirabile. Gli uditori di ieri sera, avvezzi a così diformi generi moderni di teatro comico, l’hanno seguita con attenzione, con una simpatia, con un gradimento che non ebbe momenti di stanchezza, di attenuazione, di peso. L’interpretazione, ancorchè non tutta buona e lodevole, ha contribuito ne’ suoi elementi maggiori a rendere più felice, più attraente, più festeggiato questo ritorno della vecchia e cara commedia goldoniana. A tratti, a tratti, quando Goldoni improvvisamente, con la semplicità sovrana che deriva soltanto dalla realtà e dalla umanità, crea dal nulla, da particolari insignificanti, i motivi della rinnovantesi gelosia di Lindoro, e la reazione di Zelinda, la sala del teatro si animò di risate sonore, profonde, sincere... Emma Gramatica è Zelinda, Corrado Racca Lindoro. I due interpreti hanno sostenuto con amore, con slancio, con buon effetto le loro parti. Zelinda ha talora nella voce della G. un’intonazione un po’ uniforme, aspra e lacrimosa, ma che anima di interprete sottile, abile, ricca di particolari trova nondimeno nella intelligente attrice!... Il Simoneschi nella parte del vecchio Roberto, la Merighi in quella della servetta Tognina apparvero le più notevoli tra le figure di sfondo".
Più a lungo si diffuse gi.mi., Gigi Michelotti, nella Stampa (15 febbr.). Dopo un riassunto della commedia, osserva giustamente: "Goldoni non è Shakspeare e Lindoro non è Otello. Non è Otello, ma non soffre meno del moro e come lui è cieco e pronto ad allarmarsi e ad accendersi per un nonnulla, a prestar fede a tutto quanto può alimentare e acutizzare il suo tormento. E come lui si dibatte, smania, impreca, maledice e minaccia, e se non alza la mano su Zelinda, se non provoca una tragedia, è anche perchè non ha al fianco, come Otello, un tristo, come Jago, che l’anima gli avveleni. Lindoro è lasciato dal Goldoni, con quella sua arte sottile che lo faceva riguardoso di non oltrepassare i limiti dei generi, a combattere con le sue ombre, e nello indagare e nell’inquisire è sempre solo. Tra quanti lo circondano non vi è chi
l’aizzi: tutti cercano di sgombrare dalla sua anima i sospetti, di fargli palese l’inconsistenza dei suoi dubbi. Non solo non lo armano, ma lo disarmano. E quanta bontà tradisce il suo tormento, quanto amore rivela la sua cecità e la sua ostinazione. - Zelinda, in questo secondo episodio della trilogia, non è disegnata compiutamente. Per la necessità di rafforzare i contrasti di Lindoro, G. ha trascurato Zelinda. La figura non ha la grazia che ha nel primo episodio, quando tutta presa d’amore per Lindoro deve dibattersi contro le avversità e sfuggire alle insidie che le tendono Flaminio e Fabrizio, che mostrano d’amarla non meno del suo preferito. Per ritrovarla nella sua interezza, bisogna cercarla nel terzo episodio, ove acquista veramente una personalità singolare, quando, cioè, disarmata la gelosia di Lindoro, si sente presa dal medesimo male e non più tormenta il marito, ma se stessa, creandosi delle rivali immaginarie, tentando persuadersi che Lindoro non l’ama più... Flaminio, Fabrizio, donna Eleonora, donna Barbara, don Filiberto, lo stesso don Roberto, che pure ha una sua linea in quella sua profonda bontà che fa si che tutto comprenda e tutto scusi, non rappresentano nel mondo goldoniano che dei complementi. Li vediamo passare nelle commedie del grande comico dall’una all’altra indifferentemente, portandovi con uno spontaneo movimento comico il loro cicaleccio garbato. Passano anche in questa senza lasciarvi un particolare segno. - Lindoro e Zelinda sono apparsi ieri sera non come riflessi di un tempo che fu... ma come creature d’oggi, tanto sono realizzate con semplicità e sono umane nelle loro sofferenze, nei loro crucci, nelle loro ire, nei loro dispetti, in quella che è l’essenza e la manifestazione del loro amore... Il pubblico si lasciò travolgere dalla limpida cristallina gaiezza da cui tutta la commedia è pervasa... L’onesta moglie di Lindoro ebbe nella sua personificazione degli accenti di deliziosa comicità e fu tutta grazia e sottigliezza, tutta fresca ingenuità e commosso candore. Il pubblico parve non stancarsi di applaudirla... Il Racca fu un Lindoro di irrompente passione. Un ottimo don Roberto il Simoneschi... Più vivo e completo non poteva essere il successo per questa esumazione ".
1922 23 maggio Roma, teatro Valle, comp. dramm. Emma Gramatica. Della serata in onore del primo attore Camillo Pilotto scrisse il Giornale d’Italia (24 maggio): "La commedia, divertentissima e piena di freschezza e di brio, fu recitata con una biricchineria ed una spigliatezza ammirevoli." La Gramatica "fu una Zelinda smorfiosetta, aggraziata e ciarliera", il Pilotto suscitò "un’ilarità irresistibile" e "fu festeggiatissimo ". Il critico dell’Epoca non crede che le G. di L. siano fra le commedie goldoniane "una delle più fresche e vive" o una "delle più destramente e agilmente congegnate. La vicenda non rileva il suo interesse che nel disegno dei due caratteri di L. e di Z." Tuttavia l’interpretazione fu mirabile. Non così parve a Silvio D’Amico, nell’Idea Nazionale (24 maggio): "Il merito d’essersi saputa serbare lieve, festevole, incantevole di facile grazia; di non essersi mai indugiata, prendendole troppo sul serio, sulle tirate moralistiche...; di aver dato a tutti i suoi accenti, seri o lagrimosi o sorridenti, un tono rapido, scorrevole; d’aver composto ogni scena con un’agevolezza nativa...: questo merito è stato, ancora una volta" di Emma Gramatica. "Invece Lindoro, Camillo Pilotto, calcò, caricò, esagerò, dette dentro, ad ogni scena, quasi ad ogni battuta. Non dev’essere difficile ai nemici di Goldoni trovare in queste Gelosie, che del resto son la riduzione d’un primissimo scenario arlecchinesco, più d’un pretesto a dimostrare come Goldoni abbia dipinto la gelosia, qui e altrove, soltanto come un’irragionevole irritazione di temperamenti isterici, più che come un sentimento profondamente umano, tormento dell’intimo. L’interpretazione di P. deve aver aiutato i censori per cotesta via: tanto egli fu fanciullescamente e burattinescamente smanioso e stizzoso, varcando spesso i limiti della decenza scenica, arrivando a permettersi col padrone confidenze inammissibili, aggiungendo talvolta qualcuno dei deplorevoli e deplorati soggetti dell’arte. E pur troppo Simoneschi ch’era Don Roberto, ne seguì l’esempio facendo del vecchio, ingenuo, debole e buono Don Roberto, una macchietta ridicola per voce, atteggiamenti e smancerie da farsa di vecchio stile. Migliori, fra gli altri, la Chellini ch’era Barbara, e la Marchiò che era la cameriera Tognina". Ben diversamente il cronista e critico del Mondo, Adriano Tilgher, ebbe a concludere: "Della macchietta goldoniana Pilotto diede una interpretazione di una parossistica violenza che, deformando marionettisticamente il personaggio di L., lo rese accettabile e grato al nostro gusto moderno".
1922 8 giugno Bologna, Arena del Sole, comp. dramm. Emma Gramatica. Qualche giorno dopo, a proposito di questa recita, in un articolo intitolato "Zelinda e E. Gramatica" (Resto del Carlino, 14 giugno), Riccardo Bacchelli avvertiva come il Goldoni "artista raffinatissimo e consumato" si divertisse in questa sua trilogia di Zelinda e Lindoro "a tenerci sempre presente l’esistenza, nel fondo della sua fantasia, del primitivo scenario... Perciò l’imprigionamento di Lindoro, vecchia situazione buffa, prende quel carattere tutto incidentale e che pure, coi soldati, il Ticino, la miseria e la persecuzione dà una così viva sensazione d’ambiente e dell’abbandono dei due amanti. Perciò un mezzuccio frusto fino alla corda come quello del baule serve volutamente alle due scene capitali e più umane; perciò un lieve episodio, luogo comune di vetuste buffonate, come quello di Don Roberto che tira fuor di scena Zelinda mentre vuol ricuperare la lettera, e tanti altri simili, son li proprio per necessità intima di questo stile". Per fortuna la Gramatica mostra "di avere pienamente penetrate tutte le sottigliezze di quel testo comico del quale ella rispetta anche quelle ingenue preziosità e quei francesismi che sono altrettante grazie e caratteristiche espressive. Nelle scene maggiori non è difficile, per un’artista della sua eccellenza, di farsi ammirare. L’interpretazione è, per dir così, dettata dalla luminosa chiarezza del testo. Ma serbare la misura e trovare il tono di quelle deliziose e fuggevoli scene minori dove il Goldoni scopre ambiguo e sorridente il suo giuoco di stile, questo è arduo segno. E la Gramatica, per es., nell’uscita citata con Don Roberto lo raggiunge con un’agevolezza studiata e un felice studio che la fanno oggi un’attrice ideale di queste opere aristocratiche e imperiture. E chi voglia vederla in tutta la sua intelligente virtuosità necessaria a rendere questa poesia piena di sottintesi e di sfumature, guardi fra le sue entrate così numerose in questa commedia, e tutte varie, tutte spiritose e graziose, quella in casa di Barbara. A chi non conosca il precedente della passione di Don Flaminio per Zelinda, e in genere Gli amori di Z. e di L., le prime battute di questa scena, lo sdegno di Barbara e l’imbarazzo di Zelinda riescono incomprensibili. Eppure questo laborioso precedente di tatto e di psicologia è reso tutto sensibile in un alto impercettibile, in un’espressione misurata ma vasta, onde l’attrice eminente arresta quasi a mezzaria l’impeto della sua entrata ".
Fra le interpreti di Zelinda troviamo dunque in gara, come nella Pamela, come nella Locandiera, le più grandi attrici italiane: la Pellandi (Costetti, Il teatro italiano nel 1800, Rocca S. Casciano, 1901, p. 37), la Vidari (Rasi, I comici italiani cit., vol. II, p. 665), la Marchionni (Rasi, II 78), la Pelzet, la Ristori (Ricordi e La Lettura, giugno 1909), la Marini, la Pezzana (Il Dalmata l. c, e Rasi, II, 270, 272) ecc.; e nel personaggio di Lindoro ebbero applausi nell’età giovanile gli attori più illustri: De Marini (Costetti, Il Teatro ecc., pag. 39), Gustavo Modena, Alamanno Morelli (Rasi, II, 115), Ernesto Rossi (Studi, n. 32 e Rasi, II, 430), Ermete Novelli, Ermete Zacconi. Nel numero delle Zelinde ormai dimenticate notiamo pure Natalina Andolfati e la Erminia Gherardi (Rasi, I, 49 e 1014). - Non voglio qui tacere un ameno ricordo di G. Costetti nelle Confessioni di un autore drammatico (Bologna, Zanichelli, 1883, p. 151), là dove rievoca una sua visita al capocomico Alamanno Morelli: "Il Morelli disponeva che si tenesse pronta ad ogni buon fine Le gelosie di Zelinda e Lindoro (sic), commedia goldoniana tradizionalmente destinata a surrogare le novità che non vanno in fondo".
Quasi tutti i vecchi biografi e critici di Goldoni sogliono accomunare in un unico giudizio le tre parti della trilogia di Zelinda e Lindoro. Luigi Carrer, dopo di aver ricordato come "non ebbero la menoma fortuna" nel teatro di S. Salvador, appena mandate dalla Francia, aggiunge: "E si vanno annoverate tra le commedie di G. ove maggiormente ei si mostra quanto era nell’arte" (Vita di C. G., Venezia, 1824, t. I, p. 160). Ne fa menzione anche più tardi, confondendole tutte insieme col Burbero, col Curioso accidente e col Matrimonio per concorso (t. III, p. 108). - Il Meneghezzi loda fra le commedie scritte a Parigi "quelle tre belle commedie delle vicende di Zelinda e Lindoro" (Della vita e delle opere di C. G., Milano, 1827, p. 133). - Ignazio Ciampi ricorda fra le più splendide gemme goldoniane "le tre commedie di Zelinda e Lindoro" (La vita artistica di C. G., Roma, 1860, p. 89). - Anche F. Galanti scrive: "Sono fra le sue migliori, se togli il difetto che coll’averne fatto una trilogia, vi diede una tinta troppo monotona " (C. G., Padova, 1880, p. 443). - Ernesto Masi dice questa trilogia "viva ancora nel teatro moderno" (prefazione alle Lettere di C. G. cit., p. 90) e, molti anni dopo, aggiunge che, "v’è tale un’analisi psicologica della passione amorosa e uno studio così accurato di caratteri, che non ha da far nulla colla Commedia dell’arte, e ci riconduce agli Innamorati e insomma al tipo più schietto della commedia di carattere del Goldoni" (Scelta di comm. di C. G., Firenze, 1897, vol. II, 460: v. pure 459 e 462. - A p. 526 la mette al di sopra del Burbero. Anche Alberto Nota, nella pref. alle Risoluzioni in amore, ricorda le Zelinde accanto agli Innamorati: v. Teatro comico, Torino, 1842, vol. V, p. 75). È da notare il richiamo che fa Vernon Lee: "Nelle tre commedie che portano il nome di Zelinda e di Lindoro, ci dispiega gli amori e le gelosie di un povero segretario e di una cameriera, con tanta simpatia, con tale tenera ammirazione da ricordarci vivo il quadro di Beaumarchais degli amori di Figaro e di Susanna" (Il Settecento in Italia, ed. it., Milano 1882, vol. II, p. 271. Errata è la nota che si legge a p. 286). - Cesare Levi afferma che queste commedie "conservano ancora la freschezza e la spontanea giovialità del loro tempo" (Letteratura drammatica, Milano, 1900, p. 164). - "Fra le più belle commedie del Goldoni" le ritiene Maria Ortiz (e così G. B. Pellizzaro, La vita e le opere di C. G., Livorno, 1914, p. 64): "L’essere state in origine commedia a soggetto non nocque punto loro" (Il canone principale della poetica goldoniana, Napoli, 1903, p. 51). - Fra i "capolavori" le pone V. Brocchi (C. G. e Venezia nel sec. XVIII, Bologna, 1907, p. 32). - Ma all’incontro Giulio Caprin osserva che "la trilogia di Zelinda e Lindoro e gli Amanti timidi sono indeboliti da una certa pretesa di sentimentalismo a cui il G. indulse qualche volta per compiacenza verso il nuovo genere larmoyant, ma a cui la sua arte era assolutamente negata" (C. G., Milano, 1907, p. 292). - E il vecchio De Gubernatis brontolava che l’autore "diluiva così, in una trilogia, l’azione e i caratteri della commedia Gl’Innamorati" (C. G., Firenze, 1911, p. 331). - Afferma poi H. C. Chatfield Taylor che le commedie le quali compongono la trilogia d’amore di Zelinda e Lindoro sembrano piuttosto assecondare il gusto del pubblico parigino del tempo, che dimenticare l’arte naturalistica del Goldoni. Quella trilogia lacrimosa "rivaleggia con la commedia francese contemporanea, ma rende scarsa giustizia al genio di Goldoni. Sebbene semplici nella costruzione e vivaci nell’azione, sebbene forse psicologicamente corrette nella pittura della tenera passione, mancano queste commedie di caratteristica e di atmosfera, i due elementi essenziali che fanno di G. il pittore della natura come fu proclamato dal Voltaire" (Gold., l. c., pp. 506 e 508). - Il Maddalena, più esperto di tutti e più accorto, separò dal gruppo le Gelosie di Zelinda e Lindoro e le accostò ad altre commedie goldoniane "dove la vivezza del dialogo, la tela argutamente intessuta, l’evidenza dei caratteri fanno scordare le toppe e le scuciture della veste" (C. G., nel secondo centenario ecc., Trieste, 1908, p. 22).
A Carlo Dejob la Gelosia di Lindoro parve "fort touchante dans tous les endroits où Goldoni la voulu". Sì che offerse in saggio, tradotta, quasi tutta la 6 scena del I atto, "une scène pleine de vérité et de vie", e additò le ultime dell’atto II "où il fait des accessoires un usage inconnu avant lui" (Les femme dans la comédie etc., Paris 1899, pp. 328-332). - Ercole Rivalta ebbe ad insistere sul tema della gelosia, mettendo a confronto "tre tipi magnifici" di gelosi, don Roberto nella Dama prudente, il Pantalone del Geloso avaro e Lindoro." Quest’ultimo è il meno complesso dei tre, perchè il più schietto e il più sentimentale, perchè in lui non hanno creato una doppia natura nè l’eleganza fastosa del nobile nè l’avida astuzia dell’affarista. Lindoro è il rappresentante della piccola borghesia che allora aveva ancora in sè una certa sua schiettezza di sentimento ed è il rappresentante nel tempo stesso dell’amore giovanile che spasima facilmente nel desiderio ardente, che si logora con altrettanta facilità nei dubbi che travolgono il suo pensiero di uomo impetuoso ed amoroso. La dolce devozione di Zelinda, la fede che egli in lei nutriva cieca e sicura non bastano a distorglielo dal pensiero geloso. Nè questo pensiero egli sa nascondere, ma da ogni parola, da ogni gesto gli sfugge il suo segreto rancore e, non avendo alcuna certezza, egli tuttavia diviene violento, ingiusto ed ingrato, che parla in lui l’amore caldo e profondo della sua giovinezza esuberante. Tipo semplice ed onesto, in cui, cessate le parvenze della colpa di Zelinda, riappare naturalmente, necessariamente la fede certa nella donna sua; uomo che, facile al dubbio, è pur facile a riconoscersi ingiusto. Si che il Goldoni non dovette sforzarsi per giungere al lieto fine della sua commedia, il quale è la conseguenza necessaria dell’insieme delle figure evocate" (C. G., dalla Nuova Antologia, 16 febbraio 1907, pp. 5-6). - Ma più originale e più acuto Attilio Momigliano, dopo di aver notato come sia "profonda" la psicologia del Goldoni "nello scoprire le minime cause" degli screzi e dei bisticci dei suoi innamorati, dopo di aver trovato bene spesso certa affinità fra i suoi caratteri maschili e femminili, così delinea qualche particolare del teatro comico goldoniano, alludendo propriamente alla Gelosia di Lindoro: "Anche gli uomini sono un po’ bizzosi, pronti a guastarsi come a riconciliarsi coll’amata, facili ad adirarsi senza motivo e a dare in ridicolissime smanie: e quanto più vana è quella collera, tanto più il G. si diverte ad insister nella sua descrizione. Gli uomini sono quasi altrettanto sospettosi quanto le donne: il G. è abilissimo nel mantenere i sospetti, e li mantiene e li rinnova con quello stesso mezzo dal quale il lettore aspetta la soluzione, divertendosi a pungere il sospettoso con falsi indizi e false deduzioni; il che gli dà occasione di sorridere, qui come altrove, di colui che prepara inconsciamente e con caparbia buona fede il proprio male" (La comicità e l’ilarità del G., in Giorn. stor. della lett. it., primo semestre 1913, p. 214).
La trilogia di Zelinda e Lindoro trovò luogo nelle principali scelte di commedie goldoniane dell’Ottocento: così in quella del Bettoni a Padova (Scelte Commedie di C. G., vol.e VI, 1812), in quella del Silvestri a Milano (Comm. scelte di C. G. veneziano, t. II, 1825), in quella del Cameroni a Trieste (Capolavori di C. G., Serie II, 1858), in quella del Sonzogno, pure a Milano (C. G., Comm. scelte, vol. III, 1877). - Notevole, fra le scarse traduzioni inglesi di commedie del Nostro, quella della Gelosia di Lindoro che usci a Londra nel 1814 (The word of honor: v. Chatfield-Taylor cit., p. 634).
Quanto al titolo della commedia, abbiamo visto come sul teatro prevalesse ben presto quello di Gelosie di Lindoro, il quale si legge nelle stesse incisioni in rame che adornano ciascun atto nell’edizione Zatta. Ma anche il Catalogue des pièces de théâtre de M. Goldoni, stampato in fine dei Mémoires, dice chiaramente: La Gelosia di Lindoro (la Jalousie de Lindor).
G. O.
La Gelosia di Lindoro fu stampata la prima volta a Venezia l’anno 1789, nell' edizione Zatta (cl. 1, t. III), e subito dopo a Livorno (ed. Masi, I. IX, 1789) e a Lucca (Bonsignori, t. XI, 1789); quindi a Bologna (a S. Tomaso d’Aquino, 1791) e di nuovo a Venezia (Garbo, t. II. 1794). - Abbiamo qui seguito fedelmente il testo dell’ed. Zatta, esemplato sul manoscritto dell’autore, benchè pur troppo non privo di scorrezioni, confrontandolo con le altre ristampe che derivarono da quell’unica fonte comune.