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le gelosie. Questa vaga affinità fra le Zelinde e le Pamele, resa più appariscente ai lettori perchè gli Amori di Z. e L. uscirono la prima volta a stampa nel primo tomo dell’edizione Zatta (1788), in coda alla Pamela nubile e alla Pamela maritata, fu avvertita già da tempo. Così la Gazzetta Privilegiata di Venezia nell’annunciare nel sett. 1818 la nuova raccolta del Teatro moderno italiano, si permetteva di dare qualche consiglio e scriveva: “Si premetta alla Zelinda la più antica e la più classica sua compagna Pamela, anzi che darci di sì bell’originale una copia infelice nella Teresa [del Greppi]”.

Ma quanti altri gelosi abbiamo già incontrato nei volumi precedenti di questa nostra edizione I (v. anche R. Schmidbauer, Das Komische bei Goldoni, München, 1906, pp. 70-74). È inutile cercare le fonti nel grande teatro di Molière, nel Dispetto amoroso, come suggerì prima Alcibiade Moretti (Commedie scelte di G. B. Molière, trad. it. di A. Moretti, pref. t. I, Milano, 1880, p. XX), poi Pietro Toldo (l. c, p. 390); o nello Sganarello (le Cocu imaginaire), come vorrebbe F. C. L. van Steenderen (appendice al Goldoni di H. C. Chatfield- Taylor, New York, 1913); o nella Scuola delle mogli, o in Don Garzia, o nel Misantropo stesso: inutile cercare altrove, in altri autori e in altri paesi, consultando per giunta i dizionari teatrali. O a che servirebbero gli informi abbozzi dei vecchi zibaldoni? (le Doppie gelosie, le Gelosie di Scaramuccia, l’Amante gelosa, il Geloso non amante e l’amante non geloso, il Truffaldino geloso ecc. - Solo ricorderò lo scenario delle Gelosie dei maritati, recitate sul Teatro Italiano a Parigi nel 1717, e la commedia del Riccoboni, la Moglie gelosa, 1716, tradotta in franc., e di nuovo rappr. nel 1726; nè tacerò le Gelosie fortunate del principe Don Rodrigo, 1654, di Giacinto Andrea Cicognini che servirono, pare, al Molière per il Don Garzia e che il Riccoboni ridusse nel Principe geloso. Non so poi dire che fosse mai quel Pantalone marito geloso, recitato a Venezia nel carnovale del 1765: Gradenigo, Notatorj, 4 febbraio). Il Goldoni, come tante volte ho ripetuto, è specialmente l’imitatore di se stesso. Chi pensi alle sue ultime commedie, vedrà i vari effetti della gelosia serpeggiare fra gli Innamorati (vol. XVII), insinuarsi nelle Villeggiature (vol. XIX) e in Una delle ultime sere di carnovale (vol. XX), tumultuare nelle Baruffe chiozzotte (vol. XX), aggirarsi nel Ventaglio (vol. XX). L’ufficio che compie il famoso ventaglio di Candida, non lo compie nell’azione della presente commedia la lettera di don Flaminio? E di queste lettere fatali, che sono cagione di tanti errori e furori, anche senza ricorrere al teatro dell’arte o al teatro spagnolo e francese, non ne abbiamo trovate più indietro? Ma non è la scoperta di una lettera segreta di Pamela a milord Artur, pure alla fine del primo atto, che provoca i maggiori sospetti di Bonfil? E le pere portate in dono a Zelinda, che Lindoro getta contro Mingone a rischio di colpire don Roberto, non sono le stesse offerte dal marchese Ernesto alla Dama prudente, con cui il marito geloso colpisce l’amico? (vol. VI, pp. 53 e 55). E anche qui non vuol partire Lindoro e condursi via la virtuosa moglie, come don Roberto vuol andarsene con donna Eularia a Castelbuono, e Bonfil con Pamela nella contea di Lincoln?

Ci pare opportuno di riferire a questo proposito alcune osservazioni di Maria Ortiz (Commedie esotiche del Goldoni, Napoli, 1905, pp. 21-23 e 53): “in molte commedie il G. ha dipinta la gelosia, perchè essa tra le passioni è