Atto III

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Atto II Nota storica

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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

Camera di donna Eularia.

Donna Eularia.

Che notte inquieta, che notte infelice è stata mai questa per me! Ogni ora mi pareva un secolo; ho1 desiderato l’alba di questo giorno con una grande impazienza. Lodato sia il cielo che mio marito, malgrado i suoi sospetti, non è arrivato a saper cosa alcuna nè della prima, nè della seconda rissa dei due imprudentissimi cavalieri. Vo’ far di tutto che non lo sappia2. Dicesi con ragione essere la notte la madre de’ pensieri: quel[p. 78 modifica]la passata me ne ha somministrati parecchi, e fra quelli procurerò di preferire i migliori. Mio marito ancor dorme; dorma pure, riposi quieto, che io frattanto veglierò opportunamente al riparo della nostra riputazione. Ecco Anselmo che viene. Un servitore antico di casa mia, che mi ha veduta nascere e che si addossa con zelo tutte le mie premure,3 non mancherà di assistermi e di secondarmi.

SCENA II.

Anselmo e la suddetta.

Anselmo. Signora, eccomi ad obbedirvi.

Eularia. Mi spiace, pover’uomo, avervi fatto alzare sì di buon’ora; ma una estrema necessità mi ha costretto a farlo.

Anselmo. Siete la mia padrona, e per voi son pronto ad espor la vita, se occorre.

Eularia. Avete svegliato il paggio e Colombina?

Anselmo. Li ho svegliati tutti due, e or ora saranno qui a ricevere i vostri comandi.

Eularia. Sentite quante cose voglio da voi. Di voi unicamente mi fido, e son certa che tutto farete con premura, con zelo e con segretezza.

Anselmo. Conosco l’esser mio dalla vostra casa. Voi mi avete condotto al servizio del vostro degno consorte in qualità di maestro di casa, e, torno a dire, darei la vita per voi.

Eularia. Trovate immediatamente un calesse; fermatelo per questa mattina, e dategli la caparra. Voi condurrete Colombina, unitamente a Fabrizio nostro staffiere, all’osteria dove sarà fermato il calesse, e tutti due se ne anderanno al loro paese.

Anselmo. Li avete licenziati? Non ho sentito che nè l’uno, nèe 1 altro lo sappiano.

Eularia. Or ora lo sapranno. Fate quello che dico e non pensate ad altro.

Anselmo. Sarete puntualmente ubbidita. (in atto di partire) [p. 79 modifica]

Eularia. Fermatevi, non ho finito. Trovate un cavallo con un uomo di scorta da voi conosciuto, di cui possiate fidarvi, e consegnategli il paggio, acciò sia condotto in villa. Io gli darò una lettera per suo padre, che me lo ha raccomandato.

Anselmo. Signora, vi ha fatto qualche impertinenza?

Eularia. Non cercate altro. Li mando via per le mie ragioni.

Anselmo. Il padrone lo sa?

Eularia. Per ora non sa nulla. A suo tempo glielo farò sapere.

Anselmo. Perdonatemi, se a troppo m’avanzo4 Non vorrei che se la prendesse con voi, licenziando la servitù senza sua intelligenza.

Eularia. Questo è pensier mio. Condurrò la cosa in un modo che don Roberto non potrà lamentarsi.

Anselmo. Basta, voi siete una dama savia e prudente.

Eularia. Un’altra cosa di maggior premura devo raccomandarvi.

Anselmo. Comandatemi, farò tutto.

Eularia. Voi conoscete il marchese Ernesto ed il conte Astolfo.

Anselmo. Certamente, vengono qui alla conversazione.

Eularia. Sappiate che ieri sera si sono fra di loro sdegnati per cagione del giuoco. Sono partiti in aria di collera, e dubito si sieno sfidati. Mi preme infinitamente sapere quel che sia seguito. Ma siccome mio marito di ciò non sa nulla, desidero che non lo venga a sapere: onde fate con cautela le vostre diligenze. Non mostrate con persona di questo mondo, che io di ciò sia consapevole; procurate che non si traspiri, che sia nata la rissa in questa casa. Portatevi da vostro pari, e datemi delle relazioni sicure5.

Anselmo. Userò6 tutta la possibile diligenza, tutta la più esatta cautela...

Eularia. Non7 perdete tempo. Tre cose vi ho raccomandato, e tutte tre hanno bisogno di sollecitudine.

Anselmo. Tutto sarà prontamente fatto. (parte)

Eularia. Anselmo è un uomo dabbene8. Ecco Colombina. [p. 80 modifica]

SCENA III.

Colombina e la suddetta.

Colombina. Signora, perdoni se l’ho fatta aspettare. Era ancora sul primo sonno.

Eularia. Colombina carissima, in poche parole vi dirò che cosa voglio. Pigliate subito le vostre robe e preparatevi a partire. Fra un’ora al più monterete in calesse e anderete al vostro paese.

Colombina. Come, signora! Mi cacciate così9? Ho io fatto in casa vostra qualche mala azione?

Eularia. No, anzi farò un benservito a voi e a vostro fratello, che vi renderà ragione per tutto dove anderete.

Colombina. Licenziate anche mio fratello?

Eularia. Sì, anche lui. Non vi lascierei andar sola.

Colombina. Ma perchè mai licenziarmi, signora padrona, così su due piedi? Vi serviva con tanto genio. Era tanto contenta, e voi mi avete detto che eravate contenta di me. In verità, non posso contenermi di non piangere.

Eularia. Via, sei una buona figliuola; il cielo ti provvederà. Tieni questi quattro zecchini, godili per memoria di me. Il calesse sarà pagato.

Colombina. Il cielo ve ne renda il merito. Ma perchè mai mi mandate via.

Eularia. Ti dirò, cara Colombina: un impegno, in cui son corsa inavvedutamente, mi obbliga a dover prendere un’altra cameriera. Abbi pazienza, non ti mancherà da servire.

Colombina. Quand’è così, potrei trovar da servire in questa città.

Eularia. No; ti voglio rimandar da tua madre.

Colombina. Almeno datemi due o tre giorni di tempo.

Eularia. Vi è l’occasione del calesse con pochi denari. Io non ti voglio pagare una vettura apposta.

Colombina. Avete ragione. Partirò. Cara signora padrona, vi [p. 81 modifica] domando perdono, se vi avessi mal servito; se avessi detto qualche parola...

Eularia. Io non mi lamento di te, ma ti avverto per tuo bene di gastigar la lingua, di pensar bene prima che tu parli e di non trescare colla gioventù.

Colombina. Vi domando perdono...

Eularia. Via, via, basta così.

Colombina. Datemi licenza che io vi baci la mano. (piangendo)

Eularia. Tieni.10

Colombina. Pazienza.

Eularia. Mandami tuo fratello.

Colombina. Signora sì. Pazienza. (piangendo)

Eularia. Il cielo ti benedica e ti dia fortuna.

Colombina. (Ella mi manda via per le parole che ho dette al paggio11). (da sè, parte)

SCENA IV.

Donna Eularia, poi il Servitore12.

Eularia. Costei m’intenerisce; ma è necessario che se ne vada, e vadano tutti quelli che qualche cosa possono aver traspirato del caso occorso; principalmente quell’impertinente del paggio, il quale dice delle parole che mi fanno tremare. Costui non si vede. Non sarà ancora levato. Chi è di là? Vi è nessuno?

Servitore. Illustrissima.

Eularia. È levato il paggio?

Servitore. Io non l’ho veduto.

Eularia. Hai veduta tua sorella?

Servitore. Illustrissima sì.

Eularia. Ti ha detto che devi partire?

Servitore. Me l’ha detto.

Eularia. Ebbene, che cosa dici? [p. 82 modifica]

Servitore. Farò tutto quello che ella comanda.

Eularia. Hai da aver nulla di salario?

Servitore. Illustrissima no, anzi sono pagato per tutto il mese.

Eularia. Non importa. Tieni questo zecchino e va, che ’l cielo ti benedica.

Servitore. Grazie alla bontà di V. S. illustrissima. Per dirle il vero, vado volentieri a veder il mio paese.

Eularia. Ho piacere. Anselmo vi farà il benservito.

Servitore. Anderò a riverire il padrone.

Eularia. Non importa; glielo dirò io.

Servitore. (Se non importa, ho piacere. A parlar con lui ho avuto sempre soggezione). (da sè)

Eularia. Ecco il paggio; andate, preparate la vostra roba.

Servitore. Illustrissima, perdoni...

Eularia. Via, via. Il cielo vi dia del bene.

Servitore. Bacio la mano a V. S. illustrissima. (parte)

Eularia. Volesse il cielo che se ne andassero, prima che si levasse don Roberto dal letto.

Paggio. (Viene mortificato, senza parlare.)

Eularia. Venite qui.

Paggio. (Si accosta con paura.)

Eularia. Avete13 paura?

Paggio. Mi dà degli schiaffi!

Eularia. Ditemi, volete andare da vostro padre?

Paggio. Signora sì.

Eularia. Anderete volentieri al vostro paese?

Paggio. Signora sì.

Eularia. Non v’importa lasciar questa casa?

Paggio. Signora no.

Eularia. Non v’importa andar via da me?

Paggio. Signora no.

Eularia. Siete in collera, perchè vi ho dato uno schiaffo?

Paggio. (Piange e non risponde). [p. 83 modifica]

Eularia. Via, tenete questo zecchino.

Paggio. (Lo prende senza parlare.)

Eularia. Portatelo a vostra madre.

Paggio. Signora sì.

Eularia. Or ora anderete via.

Paggio. Signora sì.

Eularia. Anderete a cavallo.

Paggio. Oh, a cavallo, a cavallo. Evviva, anderò a cavallo.

Eularia. Avrete paura?

Paggio. Signora no, signora no. So andar a cavallo.

SCENA V.

Anselmo e detti.

Anselmo. Signora, ho fatto tutto.

Eularia. Così presto?

Anselmo. Ho fatto tutto.

Eularia. Paggio, andate nella vostra camera e aspettate Anselmo.

Paggio. Ehi, signor Anselmo, anderò a cavallo.

Anselmo. Sì? Ho piacere.

Paggio. Anderò a cavallo, anderò a cavallo. (saltando e godendo parte) 14

Anselmo. Ho saputo ogni cosa. I due cavalieri si sono battuti. In questo mentre è passata la guardia, sono stati entrambi arrestati, sono stati condotti dal Giudice Criminale, il quale li tiene custoditi fino che gli vengano gli ordini del Governatore.

Eularia. Dunque saranno in casa di donna Rodegonda?

Anselmo. Certamente, s’ella è la moglie del Giudice.

Eularia. Si sa che abbiano i cavalieri parlato? [p. 84 modifica]

Anselmo. Io non so nulla di più; ma se il Giudice aspetta gli ordini del Governatore, non li avrà esaminati.

Eularia. (Oh, se potessi loro parlare prima che fossero esaminati! Chi sa? Donna Rodegonda è mia amica, e qualche volta le mogli dei ministri possono fare dei gran piaceri). (da sè)

Anselmo. Tutta questa istoriella me l’ha raccontata il cameriere di donna Rodegonda.

Eularia. Sa perchè si battessero i cavalieri?

Anselmo. Non lo sa certamente.

Eularia. (Mi preme che non lo sappia mio marito). (da sè) Andiamo a sollecitare la partenza di questa gente, prima che mio marito si svegli.

Anselmo. Io li conduco via subito.

Eularia. (Sè la macchina che ho lavorata nella mia mente, va tutta bene, spero di fare una cosa perfetta. Quel che mi preme si è di aggiustar tutto, senza che si sappia nè il difetto di mio marito, nè i disordini che sono seguiti). (da sè, parte)

Anselmo. Io sono in gran curiosità di sapere dove anderà a finire questo lavoro. (parte)

SCENA VI.

Altra camera di don Roberto.

Don Roberto in veste da camera.

Donna Eularia si è levata prima del tempo: mi ha lasciato solo nel letto. Partì senza dirmi nulla. Dove sarà ella andata? Ah, il sonno mi ha tradito! Chi è di là? Nessuno risponde. Colombina, Colombina. Non vi è15 la cameriera? Ehi, paggio, paggio. Nemmeno il paggio? Andrò a vedere dove sono costoro. Andrò io a ritrovare16.... [p. 85 modifica]

SCENA VII.

Donna Eularia ed il suddetto.

Eularia. Dove, don Roberto?

Roberto. A cercare di voi.

Eularia. Eccomi17.

Roberto. Perchè levarvi sì presto?

Eularia. Non mi pare sia tanto di buon mattino. Saran due ore ch’è levato il sole.

Roberto. Ho dormito soverchiamente. Quanto tempo è che vi siete alzata?

Eularia. Non è molto.

Roberto. Perchè prima di levarvi non mi avete svegliato?

Eularia. Vi ho lasciato dormire, perchè mi pare abbiate fatto una notte inquieta.

Roberto. Se ciò sapete, non avete dormito nemmeno voi.

Eularia. Certamente. Non ho potuto dormire.

Roberto. Che cosa vi disturba, che non potete dormire? (alterato)

Eularia. Non posso trovar riposo, quando sento voi agitato.

Roberto. Non so quietarmi, pensando alla maniera insolita con cui partiti sono il Conte ed il Marchese dalla nostra conversazione. Qualche cosa vi è. Qualche cosa è seguita.

Eularia. Non è seguito niente. Tanto il Conte che il Marchese hanno mandato a farci i loro complimenti, a vedere se abbiamo riposato, e a chiedere scusa del poco garbo con cui si sono licenziati, aggiungendo che verranno tutti due insieme a prendere la cioccolata da noi.

Roberto. Sì? Verranno insieme? Ho piacere. Dubitava di qualche inconveniente. (Ancora mi resta inpressa nella mente quella botta segreta, che provar volevano con le spade). (da sè)

Eularia. Caro marito, facciamo di meno di queste conversazioni.18 Oh, che bel vivere senza impicci! Senza impegni, senza soggezione! [p. 86 modifica]

Roberto. Voi dite bene; ma nelle gran città non si può vivere ritirati.

Eularia. Chi ci obbliga di abitare in città?

Roberto. Certo, che se avessi una comoda abitazione in un paese di minor soggezione, vi anderei a star volentieri.

Eularia. Delle case comode se ne trovano da per tutto.

Roberto. Ma voi presto vi annoiereste19.

Eularia. Io ci starei col maggior piacere del mondo.

Roberto. Per dirla, voi altre signore nelle città grandi vi prendete poi anche degli incomodi soverchi. Ecco qui, appena giorno, siete abbigliata, incipriata e pronta a ricever visite.

Eularia. Vi dirò, mi sono vestita per tempo, perchè questa mattina parte donna Emilia, ed è dovere ch’io vada ad augurarle il buon viaggio.

Roberto. M’immagino che da donna Rodegonda sarà pieno di cavalieri.

Eularia. A buon’ora non vi sarà nessuno.

Roberto. E voi con chi anderete?

Eularia. Spero che voi verrete con me.

Roberto. Io? Perchè?

Eularia. Vi corre debito egualmente che a me, di venir a riverir quella dama.

Roberto. Sì, andiamo.

Eularia. Caro marito, vi vorrei pregar d’un piacere.

Roberto. Dite; farò tutto per voi.

Eularia. Vorrei che andassimo voi ed io ad accompagnar donna Emilia al di lei paese.

Roberto. A Castelbuono?

Eularia. Sì, a Castelbuono.

Roberto. Volentieri, con tutto il cuore. Ma come potete voi disporre dell’animo di donna Emilia?

Eularia. Lasciate il pensiere a me. Ella mi ha fatte delle cortesissime esibizioni. Son certa20 che lo riceverà per finezza. [p. 87 modifica]

Roberto. (Oh, volesse il cielo che donna Eularia s’innamorasse di Castelbuono!). (da sè)

Eularia. Non perdiamo tempo. Risolviamo, prima che vengano interrompimenti.

Roberto. Sì, sì, prima che vengano il Marchese ed il Conte.

Eularia. Facciamo così: anderò io, se vi contentate, prima di voi a riverir donna Emilia e farle sapere la nostra risoluzione, che certamente sarà da lei molto gradita. Voi intanto date i vostri ordini ad Anselmo, il quale è un uomo di garbo, fidato e pratico della famiglia, e poi venite immediatamente alla casa di donna Rodegonda. Avvertite far presto; poichè, se parte donna Emilia, perdiamo la più bella occasione di questo mondo.

Roberto. Non la vorrei perdere per un milione. Anselmo è pratico della casa. Pochi ordini gli bastano per regolarla. Ehi, quanto ci staremo a Castelbuono?

Eularia. Otto, dieci giorni, quanto vi parerà conveniente.

Roberto. Basta, basta, sul fatto ci regoleremo. Chi è di là?

SCENA VIII.

Anselmo ed i suddetti.

Anselmo. Comandi.

Roberto. Che mi vengano a vestire, e a voi devo parlare.

Eularia. Fatevi vestire da Anselmo.

Roberto. Dove sono costoro? Dov’è il paggio? Dov’è Fabrizio?

Eularia. Il paggio verrà con me in carrozza. Fabrizio l’ho mandato coll’ambasciata da donna Rodegonda.21

Anselmo. Illustrissimo, anch’io servo; perchè non vuole che abbia l’onor di vestirla?

Roberto. Via, andiamo, che vi ho da dare degli ordini. Ve li darò vestendomi. Non vedo l’ora di veder Castelbuono! [p. 88 modifica] Questo paese non credeva che al mondo vi fosse, e se vi vado, avrò sempre paura che si distrugga. (parie)

Eularia. Ebbene, com’è andata? (ad Anselmo)

Anselmo. Colombina e Fabrizio sono in calesse. Il paggio è all’osteria, che aspetta di montar a cavallo.

Eularia. Avvertite di non lasciar mai solo don Roberto, accompagnatelo sempre, e procurate che non sappia nulla nè del fatto dei cavalieri, nè della servitù licenziata. Mi fido di voi.

Anselmo. Non dubitate, signora, sarete contenta. (parte)

Eularia. Sempre più mi lusingo che il mio disegno abbia a riuscire perfettamente. Tutte quelle opere che tendono al bene, sono protette, sono secondate dal cielo. (parte)

SCENA IX.

Camera in casa di donna Rodegonda.

Donna Rodegonda e donna Emilia.

Rodegonda. A che ora credete voi partire22?

Emilia. Non lo so. Dipendo da mio marito. Egli è a far qualche visita, e mi ha detto che mi lasci trovar preparata per montare nel carrozzino.

Rodegonda. Quanto volentieri verrei ad accompagnarvi fino al vostro castello.

Emilia. Mi fareste il maggior piacere del mondo. Mio marito non è uomo di complimento; ma gode infinitamente quando ha ospiti in casa sua. Via, donna Rodegonda, fatemi questa finezza.

Rodegonda. Non è possibile ch’io possa risolvere da un momento all’altro. Bisogna ch’io dipenda da mio marito, ed egli, ch’è sempre pieno d’imbarazzi, di cause, di criminali, ora non è in grado di compiacermi.

Emilia. Appunto: ho sentito a dire qui in casa, che que’ due cavalieri, che ieri son stati da voi, sieno stati23 questa notte arrestati. [p. 89 modifica]

Rodegonda. È verissimo. La guardia li ha trovati che si battevano.

Emilia. Ma perchè si battevano? Si sa la causa?

Rodegonda. Ancora non si sa niente; essi non hanno parlato.

Emilia. Sarei curiosa di sapere la cosa com’è, prima di partire.

Rodegonda. Io saprò tutto. Basta che possa parlare con mio marito, saprò ogni cosa.

Emilia. Vostro marito è uno di quelli che confidano colla moglie?

Rodegonda. Per dir la verità, mio marito mi vuol bene, mi racconta tutto, e se gli chiedo una grazia, me la fa assolutamente. Pochi rei sono stati condannati, di quelli che ho raccomandati io.

Emilia. Anche mio marito è stato una volta governatore, e non v’è mai stato rimedio che mi abbia voluto raccontar la sostanza d’alcun processo.

Rodegonda. Oh, io li leggo tutti i processi. Se sapeste i piaceri24 che ho fatti!

SCENA X.

Il Cameriere e detti.

Cameriere. Illustrissima, è qui la signora donna Eularia, per dar il buon viaggio alla signora donna Emilia.

Emilia. Mi fa troppo onore.

Cameriere. Ma prima questa dama desidera dir due parole da sola a sola con vossignoria illustrissima.

Rodegonda. Se mi date licenza, anderò a sentire che cosa vuole. (a donna Emilia)

Emilia. No, no, ricevetela qui. Io frattanto anderò a mettere insieme alcune mie coserelle, per esser pronta a partire. (parte)

Rodegonda. Accomodatevi come v’aggrada. Ditele ch’è padrona. (il cameriere parte) [p. 90 modifica]

SCENA XI.

Donna Eularia e donna Rodegonda.

Eularia. Amica, compatite se vengo a portarvi incomodo.

Rodegonda. Sempre care mi sono le vostre grazie.

Eularia. Ditemi, donna Emilia parte oggi senz’altro?

Rodegonda. Partirà da qui a poch’ore.

Eularia. Cara donna Rodegonda, io ho bisogno di voi.

Rodegonda. Comandatemi. Sapete che sopra di me avete tutto l’arbitrio.

Eularia. Sapete che io di salute sto poco bene. I medici mi hanno consigliato di mutar aria, e tutti mi assicurano che l’aria del colle, essendo pura e sottile, mi gioverà infinitamente, e mi promettono da questa sola mutazion d’aria la mia salute perfetta. Più volte ho sollecitato a ciò mio marito; ma egli non ha trovato paese di sua soddisfazione. Ora si è innamorato di Castelbuono.25 Questa sarebbe l’occasione per me felice di respirare un’aria salubre, se donna Emilia non mi sdegnasse nella sua compagnia. Non intendo aggravarla di spesa, trattandosi di dover fare una specie di purga. Donna Emilia potrà provvedermi un alloggio, e mi basta la sua assistenza26. Onde, amica mia dilettissima, a voi mi raccomando; impetratemi questa grazia, se vi preme la mia salute.

Rodegonda. Non volete altro? Sarete servita. Conosco donna Emilia; ella avrà ambizione di condurre con lei una sì amabile compagnia.27

Eularia. Ma s’ella non mi accorda di procurarmi un alloggio con libertà, non accetterò le sue grazie.

Rodegonda. Farà tutto quel che volete, di ciò assicurar vi posso. Andiamo a darle questa nuova felice. La vedrete balzar dal contento. [p. 91 modifica]

Eularia. Aspettate un momento. Ditemi, donna Rodegonda, è vero che il Marchese ed il Conte sono stati anestati?

Rodegonda. È verissimo. Sono stati sequestrati in due stanze terrene di questa casa.

Eularia. Si sa il perchè?

Rodegonda. La guardia li ha trovati che si battevano.

Eularia. Si battevano? Per qual cagione?

Rodegonda. Ancora non si sa cosa alcuna.

Eularia. Donna Rodegonda, probabilmente fra poco io partirò, e prima di partire avrei una pressante necessità di parlare coi cavalieri arrestati.

Rodegonda. Donna Eularia, voi mi chiedete una cosa che non è tanto facile.

Eularia. Lo so; a tutti sarebbe diffìcile, fuor che a voi, a cui non sa negar cos’alcuna il consorte.

Rodegonda. Egli ora non ci è28: è andato appunto dal Governatore per discorrere sopra l’arresto di questi due cavalieri.

Eularia. Tanto meglio. Potete introdurmi col mezzo de’ custodi, che non averanno coraggio di contradirvi. Finalmente non chiedo la loro liberazione: ma solamente di poter loro parlare. Donna Rodegonda, fatemi questa grazia.29

Rodegonda. Qual premura vi sprona a voler con essi parlare?

Eularia. Una premura onesta, ma sì necessaria e forte, che senza un tale colloquio non partirei certamente. Cara amica, assistetemi, e dispensatemi dallo svelarvi un arcano, che a voi non giova sapere.30 [p. 92 modifica]

Rodegonda. Orsù, per farvi vedere che vi son vera amica, voglio compiacervi. Vi farò introdurre in una camera, e là farò passare i due cavalieri; ma avvertite, per amor del cielo, che non si sappia.

Eularia. Fidatevi d’una dama d’onore. Preme a me la segretezza, niente meno che a voi; anzi vi supplico a far si che don Roberto non lo venga a sapere.

Rodegonda. Andiamo prima che torni mio marito, e frattanto che siete a discorrere coi cavalieri arrestati, parlerò a donna Emilia per voi.31 (parte)

Eularia. Il cielo mi va assistendo. Tutto va a seconda de’ miei disegni. (parte)

SCENA XII.

Stanza terrena

Il Conte solo.

Come! Un cavaliere par mio arrestato per una sì lieve cagione? Per aver risposto ad un ardito che mi ha provocato? Spero, se si saprà la cosa com’è, mi sarà fatta giustizia.32 Che dirà donna Eularia? Povera dama, che mai dirà? Se pubblica si rende la cagion delle nostre risse, si offenderà altamente la delicatezza dell’onor suo. Sento aprire. Come? Una donna? Oh cieli! Donna Eularia.

SCENA XIII.

Donna Eularia ed il suddetto.

Conte. Madama, voi qui? Siete voi venuta per me?

Eularia. Non son venuta per voi.

Conte. Dunque qual cagione qui vi conduce? [p. 93 modifica]

Eularia. La saprete fra poco.

Conte. Ditemi, per pietà, qualche cosa che mi consoli.

Eularia. Parlerò, quando mi sarà lecito di parlare.

Conte. Ma quando?...

Eularia. Ecco il Marchese.

Conte. Il mio nemico?

Eularia. Ricordatevi che una dama è con voi.

Conte. Non temete, che io vi rispetto.

SCENA XIV.

Il Marchese ed i suddetti

Marchese. Come! Anche in arresto donna Eularia fa le sue visite al Conte?

Eularia. Non potete dire che io faccia visita al Conte, se a questa visita ho voluto presente anche voi.

Marchese. Voi dunque m’avete fatto trasportar qui?

Eularia. Sì. Io.

Marchese. Per darmi dei rimproveri? Per farmi soffrire qualche cosa di più?

Eularia. Cavalieri, chi di voi conosce l’onore?

Marchese. Il chiederlo a me è un’offesa. L’onore in me prevale alla vita.

Conte. Appresi a conoscerlo fin dalla culla.

Eularia. Chi conosce l’onore, saprà l’inestimabile di lui prezzo, e saprà che il sangue di chi l’offende, non basta per risarcire l’offesa. Uditemi dunque; rispettate una dama che parla, e non interrompete il mio serio ragionamento. Voi siete due amici di mio marito, e per ragione dell’amicizia contratta seco, avete avuto la libertà di trattare con me; onde l’occasion di trattarmi voi la riconoscete unicamente da don Roberto, il quale essendo un cavaliere onorato, non ha mai dubitato della fede de’ suoi33 amici. Ditemi: come avete voi corrisposto all’amor suo, [p. 94 modifica] alla sua buona fede? Avete immediatamente cercato rapirgli il cuore della sua sposa, cavalieri indiscreti: sì, lo avete cercato. Io lo so, che ho dovuto arrossire nell’avvedermi della vostra rivalità! Sì, la vostra indegna passione vi ha trasportati all’eccesso di metter mano alla spada nelle proprie mie camere. Ringraziatemi d’avervi io difeso alla presenza di mio marito; ma ecco il ringraziamento che voi mi fate. Mi si fanno de’ nuovi insulti. Si cercano nuove risse: si parte con iscandalo dalla conversazione: si fa un duello, e si mette a repentaglio l’onore di un cavaliere, che vi ha introdotto per amicizia; di una dama, che vi ha sofferti per convenienza. Orsù, siete arrestati; ma essendo leggiera in faccia al mondo la vostra colpa, sarà leggiera la vostra pena. La pena grande cadrà sopra di me, se sarà noto che per mia cagione vi siate sdegnati, vi siate battuti. La gelosia suppone amore, e niuno vorrà credere che voi siate due fanatici appassionati senza cagione. A questo gran male siete ancora in tempo di riparare. La cagione delle vostre risse ancora non è palese. L’onor mio, l’onor vostro, due cose richiede. La prima, che supponghiate un’ideale cagione dei vostri sdegni; la seconda, che torniate amici com eravate. La prima è facile, la seconda è difficile; ma io vi saprò agevolare anco questa. Non siete rivali per me? Non siete nemici per mia cagione? Eccovi levato l’oggetto de’ vostri sdegni, lo parto, io vado a Castelbuono con mio marito. Ma deh, prima ch’io parta, cavalieri onorati, cavalieri saggi e discreti, a una dama che si sagrifica per vostra cagione, fate questa sola grazia, - che col pianto agli occhi vi chiede. Tornate amici, scordatevi di ogni rissa, e se mi volete veder contenta, vi supplico, vi scongiuro, abbracciatevi alla mia presenza.

Conte. Ah Marchese, resistere più non posso. Eccomi fra le vostre braccia.

Marchese. Sì, in grazia di donna Eularia, come amico vi abbraccio. [p. 95 modifica]

SCENA XV.

Donna Rodegonda ed i suddetti.

Rodegonda. Donna Eularia, avete voi terminato?

Eularia. Sì, ho quasi finito.

Rodegonda. Presto, andiamo, che mio marito ritorna.

Eularia. Che notizie abbiamo circa gli ordini del Governatore?

Rodegonda. So aver egli detto, che trattandosi di un semplice incontro, se i cavalieri sono pacificati, si rimettano in libertà.

Eularia. Ecco: questi due cavalieri abbracciati si sono in questo momento.

Conte. In grazia di donna Eularia, godremo più presto la libertà.

Marchese. Donna Eularia avrà il merito di averci pacificati.

Rodegonda. Andiamo, che donna Emilia sospira il piacer di vedervi, ed è contentissima d’avervi seco.

Eularia. Cavalieri, fra poco uscirete d’arresto, ed io fra poco uscirò da questa città.

Rodegonda. Ehi, signori arrestati, con questa compagnia credo vi contentereste anche di stare in arresto anche un poco.34 (parte con donna Eularia)

Marchese. Donna Eularia è una dama che non ha pari.

Cameriere. Signori, favoriscano venir con me dal signor Giudice.

Marchese. Andiamo, e consoliamoci che donna Eularia ci fa andare uniti, senza livore. (parte)

Conte. Apprenderò con più serietà quanto sia pericoloso l’impegnar il cuore per una dama. (parte)

SCENA XVI.

Camera di donna Rodegonda.

Donna Emilia e don Roberto.

Emilia. Credetemi, don Roberto, che io sono di ciò consolatissima. La compagnia di donna Eularia mi sarà sempre cara. Voi mi fate un esquisito regalo. [p. 96 modifica]

Roberto. Tutto effetto della vostra bontà. Ma dov’è mia moglie? Non si lascia vedere?

Emilia. Ella, come vi ho detto, era in camera di donna Rodegonda. Può essere che sia a fare una finezza anche a mio marito.

Roberto. Quanti anni ha il vostro signor marito?35

Emilia. Mi dispiace che egli sia avanzato in età; non avrà grazia per fare il cavalier servente di donna Eularia.

Roberto. Eh, non importa, non importa. A Castelbuono già non si usa. Ma ancora non si vede...

Emilia. Verrà: di che avete paura?

Roberto. Mi dispiace che fa una mal’opera con voi. (Quando siamo a Castelbuono, non la voglio lasciare un momento. Colà non sarò criticato). (da se)

Emilia. Eccola con donna Rodegonda.

SCENA XVII.

Donna Eularia e donna Rodegonda e detti.

Roberto. Ma via, favoriscano ancor noi.

Emilia. Presto, donna Eularia; a momenti dobbiamo partire.

Eularia. Mi ha rappresentato donna Rodegonda con quanta bontà vi degnate di favorirci. (a donna Emilia)

Emilia. I favori li ricevo io.

Eularia. Don Roberto, avete voi riverito ancora il signor don Alfonso?

Roberto. No; due volte ho procurato di farlo, e sempre l’ho trovato impedito.

Eularia. Se volete vederlo, ora è solo.

Roberto. Sì, vado subito. (Gran prodigio! Tre donne senza un servente? Oh, se andasse sempre così! Si potrebbe vivere anco36 in città). (parte) [p. 97 modifica]

SCENA XVIII.

Donna Eularia, donna Rodegonda e donna Emilia.

Eularia. Dunque mi assicurate, signora donna Emilia, che a Castelbuono ci sarà una comoda abitazione?

Emilia. Quante volete; ma spero non farete torto alla mia casa.

Eularia. Per qualche giorno potrei godere le vostre grazie.

Emilia. Che! Ci volete stare per sempre?

Eularia. Chi sa?

Emilia. Non fate questa pazzia.

SCENA XIX.

Il Conte, il Marchese e le dette.

Emilia. Oh evviva, eccoli liberati.

Rodegonda. Mi rallegro con lor signori.

Marchese. Grazie alla vostra bontà.

Emilia. Ma che è seguito? Perchè vi siete alterati? Perchè vi siete battuti?

Conte. Nell’uscire di casa di donna Eularia, proposi io al Marchese di andare ad una mia particolare conversazione, ed ei voleva obbligarmi d’andare alla sua. Piccati sopra di ciò, siamo passati a dir delle ingiurie alle nostre belle, deridendoci scambievolmente. Sapete che una parola eccita l’altra. Ci siamo sfidati; ci siamo bravamente battuti.

Emilia. E ora, siete pacificati?

Marchese. Sì, siamo amicissimi.

Rodegonda. E sapete chi li ha fatti pacificare?

Emilia. Chi?

Rodegonda. Domandatelo a donna Eularia.

Eularia. Certo io lo so. Il signor Governatore ha detto che escano, se sono pacificati, ed essi non hanno tardato a farlo per la premura della libertà.

Rodegonda. (Ho inteso. Non vuol che si sappia averci ella avuta parte. Fa bene. Un’altra lo direbbe a tutto il paese), (da sè) [p. 98 modifica]

SCENA XX.

Don Roberto e detti.

Roberto. Oh, eccomi qui... (Mi voleva maravigliare che non ci fossero i ganimedi). (da sè)

Emilia. Che ha detto mio marito? Quando partiremo noi? (a don Roberto)

Roberto. Egli fa attaccare i cavalli, e aspetta il nostro comodo.

Eularia. Marito mio carissimo, voi direte che io sono volubile; ma non so che fare. Sappiate che sono quasi pentita di andare a Castelbuono.

Emilia. Oh, questa vi vorrebbe!

Roberto. Come! Pentita? Sono forse stati questi signori, che vi hanno svogliata?

Marchese. Noi non abbiamo parlato.

Eularia. La ragione per cui sono quasi pentita, non è già per piacer di restare, o per dispiacer d’andare. Penso che la mutazione dell’aria mi potrà far bene, ma tornando in città, starò peggio che mai: onde per pochi giorni non ci voglio andare. O andiamo per istarvi un anno, o non ci vengo punto.

Roberto. Sì, un anno, due, tre. Anco sempre, se volete.

Eularia. Anco sempre?

Roberto. Sì, per contentarvi lo farò volentieri.

Eularia. Quand’è così, andiamo immediatamente37.

Roberto. E della casa nostra che ne38 faremo?

Eularia. Dopo qualche tempo verrete voi ad appigionarla e levare i mobili, se vi piacerà il soggiorno di Castelbuono.

Roberto. Mi piacerà senz’altro. Amici, addio. State allegri, state sani. Godetevi le vostre amabilissime conversazioni. Quanto mi spiace lasciarvi! Quanto mi spiace che donna Eularia perda la compagnia di due cavalieri savi e prudenti, come voi siete! [p. 99 modifica]

Marchese. Amico, fate bene a contentare una moglie che merita. (Ella è troppo severa, e suo marito è troppo condiscendente). (da sè, parte)

Conte. Auguro a tutti un felice viaggio. Don Roberto, amate vostra moglie, che ben lo merita. (S’io fossi il di lei marito, non la lascierei praticare liberamente, come fa don Roberto. Si vede bene ch’ei non è niente geloso). (da sè, parte)

Roberto. (Manco male che se ne sono andati). (da sè) Donna Eularia, do alcuni altri ordini al maestro di casa che in sala mi aspetta, e monto in carrozzino senza nemmeno tornare a casa... Ma ditemi, che cosa faremo di Colombina?

Eularia. Colombina e suo fratello mi hanno chiesto licenza, perchè la loro madre è moribonda. Li ho regalati, e partiranno a momenti.

Roberto. Buono. E il paggio lo condurremo con noi?

Eularia. Il paggio? Non sapete quel bricconcello del paggio? Perchè ieri gli ho dato uno schiaffo, è fuggito da una sua zia e non vuol più venire.

Roberto. Questa sua fuga non può essere più a tempo. A Castelbuono si usano i paggi? (a donna Emilia)

Emilia. Non si usano.

Roberto. Gli altri servitori li condurremo con noi.

Eularia. Sì. (Gli altri non sanno nulla degli accidenti occorsi), (da sè)

Roberto. Andiamo dunque a questo benedetto castello. (Lode al cielo, avrò terminata quell’enorme fatica d’esser geloso e di non parere di esserlo. Se mia moglie si elegge per abitazione un castello, è segno ch’ella non è invaghita del mal costume di una città). (da sè, parte)

Emilia. Andiamo, donna Eularia; andiamo, che a Castelbuono vi sembrerà più cara e più piacevole la conversazion del marito. (parte)

Rodegonda. Andate pure, e badate bene di non annoiarvi. Chi è avvezzo al gran mondo, difficilmente si accomoda al vivere ritirato. (parte)

Eularia. Io mi aspetto godere una vita felice, un ritiro beato, un [p. 100 modifica] soggiorno pieno di contentezze. Ecco superato il mio impegno, ecco a fine condotta la macchina che ho disegnata. Mio marito è stato geloso alla follia, e niuno lo ha conosciuto. Due cavalieri sono stati per mia cagione rivali, e niuno lo ha penetrato. La servitù mormorava, ed io mi sono dalle loro mormorazioni sottratta. Conobbi essere una gran città per me e mio marito pericolosa, ed eletta mi sono l’abitazion di un castello. In questa maniera don Roberto non avrà occasione d’esser geloso. Egli viverà quieto, ed io passerò i giorni tranquillamente. Anderò a Castelbuono. Molti crederanno che Castelbuono sia un paese ideale; ma io dico che Castelbuono è quello in cui si elegge di vivere una Dama prudente.

Fine della Commedia.



Note

  1. Pap.: ed ho.
  2. Pap. aggiunge: e vo’ far quanto posso, perchè non sappiasi ch’ei sia geloso, e procurare io voglio di salvar l’onor suo, l’onor mio, e di mettere al sicuro la nostra pace comune.
  3. Le parole che seguono, mancano nell’ed. Pap.
  4. Pap. aggiunge: Sapete, signora, che il padrone è stravagante.
  5. Pap.: sincere.
  6. Pap.: Assicuratevi che userò.
  7. Pap.: Presto, non.
  8. Pap. aggiunge: e fin ch’ei vive, non partirà certamente dal mio servigio.
  9. Pap.: Mi cacciate come una birba?
  10. Pap. aggiunge: (Fa piangere ancora me).
  11. Pap. aggiunge: L’ho detto e Lo farò; non voglio più parlar con giovani, che non abbino gli anni d’una perfetta discrezione.
  12. Per distrazione, l’autore ha tralasciato il Paggio.
  13. Pap.: Che avete.
  14. Segue nell’ed. Pap.: «Ans. Ho trovato il calesse, ho trovato il cavallo, ho trovato l’uomo che accompagnerà il paggio, e tutti mi aspettano all’osteria vicina. Eul. Colombina e Fabrizio sono avvisati e già verranno con voi. Il paggio conducetelo come volete, che già viene senza difficoltà; ma ditemi: avete saputo nulla dei due cavalieri? Ans. Ho saputo ogni cosa. Usciti di camera, non vi erano i loro servitori, onde sono partiti soli. Appena sono stati fuori di questo palazzo, sulla piazzetta, al lume di luna, si sono battuti. In questo mentre ecc.».
  15. Pap.: Non vi è nemmeno.
  16. Pap. aggiunge: la cara sposa.
  17. Paper.: Eccomi a’ Vostri cenni.
  18. Paper. aggiunge: Dove si gioca, perlopiù nascono delle contese.
  19. Pap.: Ma voi vi annoierete presto
  20. Pap.: mi ha più volte fatte cortesissime ecc.
  21. Segue nell’ed. Pap.: «Rob. E chi altri verrà con noi in carrozza? Eul. Mi serviranno i lacchè. Ans. Illustrissimo ecc.».
  22. Pap.: di partire?
  23. Pap.: che ieri sono stati prima da voi con donna Eularia, indi la sera in casa sua alla conversazione, sieno stati ecc.
  24. Pap.: I bei servizi.
  25. Segue nell’ed. Pap.: Le stravaganze di quel castello additate da donna Emilia, l’invogliano a vedere un paese affatto nuovo, in cui si vive tanto diversamente dalla nostra città, credo unicamente per ridere di quel costume, e confermarsi sempre più che sia una specie di felicità il vivere nel gran mondo. Questa sarebbe l’occasione ecc.
  26. Pap. aggiunge: la sua compagnia.
  27. Pap. aggiunge: Era in collera meco, perchè non sono io in istato di andar con essa. Voi certamente le darete una consolazione.
  28. Pap.: non è in palazzo.
  29. Segue nell’ed. Pap.: «Rod. Ditemi il vero, donna Eularia, sareste voi innamorata di alcuno di loro? Eul. Se fossi innamorata, non cercherei di partire. Rod. Qual premura dunque ecc.».
  30. Segue nell’ed. Pap.: «Rod. Con chi volete parlare? Eul. Con tutti due. Rod. Prima coll’uno e poi coll’altro? Eul. No, con tutti due in una volta. Rod. Questo non si può fare. Sono in camere separate. Eul. Vuole il mio impegno ch’io parli con tutti due. Se volete, donna Rodegonda, potete farli unire per un momento. Rod. Questa sarebbe una cosa contro le leggi. Eul. Eh, cara amica, non lo dite a me. Qui dentro si fa tutto quel che si vuole. Se siete disposta a favorirmi, fatelo; se no, vi vorrà pazienza. Sarò io sfortunata, in tempo che tanti e tanti hanno da voi ricevuto grazie simili e forse forse maggiori. Rod. Questo è una spezie di rimprovero che voi mi date. Eul. No, donna Rodegonda, voi siete padrona di graziare chi volete. Rod. Orsù, per farvi ecc.».
  31. Segue nell’ed. Pap.: «Eul. Non confidate a donna Emilia questo mio colloquio coi cavalieri, ed avvertitela che dell’arresto loro non parli con don Roberto. Rod. Non vorrei che il farvi da mediatrice in un tale affare, per me fosse una macchia. Eul. Sono una dama onorata. Rod. Siete onorata, ma con due arrestati io non mi fiderei. Eul. Il cielo mi va ecc.».
  32. Segue nell’ed. Pap.: Ma qui non vedo nessuno; non vi è persona a cui mi possa raccomandare. Che dirà ecc.
  33. Pap.: de’ suoi cari.
  34. Segue nell’ed. Pap.: «Eul. Ricordatevi del vostro dovere, e se mi amate, riflettete in voi stessi, che di una femmina maritata non si può che ammirare lo spirito e amar l’onore. parte».
  35. Segue nell’ed. Pap.: «Em. Oh, è vecchio: averà cinquant’anni. Rob. Bella età, bella età! Gli uomini mi piacciono così, di 50 o 60 anni. Em. Mi dispiace ecc.».
  36. Zatta: ancora.
  37. Paperini: vengo immediatamente. Addio, patria mia, non mi vedrai mai più.
  38. Paper.: come.