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80 ATTO TERZO

SCENA III.

Colombina e la suddetta.

Colombina. Signora, perdoni se l’ho fatta aspettare. Era ancora sul primo sonno.

Eularia. Colombina carissima, in poche parole vi dirò che cosa voglio. Pigliate subito le vostre robe e preparatevi a partire. Fra un’ora al più monterete in calesse e anderete al vostro paese.

Colombina. Come, signora! Mi cacciate così1? Ho io fatto in casa vostra qualche mala azione?

Eularia. No, anzi farò un benservito a voi e a vostro fratello, che vi renderà ragione per tutto dove anderete.

Colombina. Licenziate anche mio fratello?

Eularia. Sì, anche lui. Non vi lascierei andar sola.

Colombina. Ma perchè mai licenziarmi, signora padrona, così su due piedi? Vi serviva con tanto genio. Era tanto contenta, e voi mi avete detto che eravate contenta di me. In verità, non posso contenermi di non piangere.

Eularia. Via, sei una buona figliuola; il cielo ti provvederà. Tieni questi quattro zecchini, godili per memoria di me. Il calesse sarà pagato.

Colombina. Il cielo ve ne renda il merito. Ma perchè mai mi mandate via.

Eularia. Ti dirò, cara Colombina: un impegno, in cui son corsa inavvedutamente, mi obbliga a dover prendere un’altra cameriera. Abbi pazienza, non ti mancherà da servire.

Colombina. Quand’è così, potrei trovar da servire in questa città.

Eularia. No; ti voglio rimandar da tua madre.

Colombina. Almeno datemi due o tre giorni di tempo.

Eularia. Vi è l’occasione del calesse con pochi denari. Io non ti voglio pagare una vettura apposta.

Colombina. Avete ragione. Partirò. Cara signora padrona, vi do-

  1. Pap.: Mi cacciate come una birba?