La dama prudente/Nota storica

Nota storica

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Atto III
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NOTA STORICA

Che nel 700 propriamente i mariti tutti tollerassero senza l’ombra d’un grattacapo i vagheggini delle rispettive metà, sino a diventarne gli amici e confidenti, non sembra. Ce l’attesta Goldoni; ve n’erano anche dei gelosi che soffrivano «avec dépit ces êtres singuliers, qui sont les maitres en second dans les ménages déréglès» (Mem. II, c. 11Memorie di Carlo Goldoni). Don Roberto della Dama prudente è uno di tai mariti gelosi, di cui forse a Goldoni avranno potuto rammentare la figura il Geloso non geloso di A. G. Brignole Sale, il Geloso disinvolto di J. A. Nelli, (cfr. A. Moretti in Rassegna Nazionale, 1 febbr. 1890, pag. 419), le Jaloux honteux del Dufresny, le Jaloux desabusé del Campistron, come m’ha l’aria di sospettare il nostro Edgardo Maddalena (nella recensione della Scelta delle Commedie di C. G., ed. Masi, in Rass. bibliogr. della lett. ital. V, 9-10). All’occhio indagatore di Goldoni non era peraltro sfuggita l’incarnazione, o direm meglio la varietà del tipo: che nelle Mem. (I, l. c.) dichiara aver preso là dove aveva pur attinto anche il Cavaliere e la Dama, cioè nella classe dei cicisbei; facendone una stoffa comica divertentissima, ma non già a nostro avviso «senza satira, senza insinuazione alcuna», qualmente ebbe a pensarne Vernon Lee. (Il Settecento in Italia, Milano, Dumolard 1881, 11, pag. 265). O a cos’altro si riducono allora le rivalità dei due cavalieri serventi di donna Eularia, gelosi essi stessi uno dell’altro sino al ridicolo? Conveniamo infine perfettamente con Giulio Piazza, che Goldoni anche con questa produzione sfatò la leggende, troppo accettata dal Rabany, che il nostro commediografo fosse un timido riproduttore del vero, mentre «a mettere in ridicolo i cicisbei, nel settecento ci voleva più coraggio che oggi, ad esempio, ad attaccare i magistrati, i giudici, il governo». (V. in Riv. teatr. ital. Anno VI, Vol. II., Fasc. 7, 8, 9 la recensione del diligente studio di Maria Meriato: Mariti e cavalieri serventi nelle commedie di Goldoni, Firenze, Carnesecchi, 1906).

E imberciava nel segno anche il Masi (op. cit.) quando scriveva che ne la Dama prudente il «serventismo viene considerato come un impaccio frapposto ai più intimi affetti; i quali, se ci sono, torturano il cuore dei coniugi invece di renderli felici». È appunto il caso di Don Roberto che ama la moglie alla follia, ma n’è terribilmente geloso, e non vuole d’altronde che alcuno se n’avveda. Donna Eularia non potrebbe essergli più devota; ma che colpa ha la poveretta se il marito le mette dattorno quelle due sanguisughe galanti, affinchè non si mormori ch’egli dubita di lei; e pretende ch’ella intervenga alle conversazioni, affinchè non si pensi che la tiene chiusa in casa per gelosia; se quando un cavaliere si reca a visitarla ed essa non vorrebbe neanco riceverlo, è sempre il suo Roberto che invece ve l’obbliga, a non commettere un atto d’inciviltà; se finalmente alle riluttanze di lei a lasciarsi servire da un bracciere è sempre lui che le fa pressione, perchè si uniformi di buona grazia alla moda del tempo, ammonendola con queste parole: «Oh, che volete si dica nelle conversazioni? Che non vi fate servire perchè avete il marito geloso? Questo nome io non lo voglio; non mi voglio render ridicolo».

Insomma donna Eularia è un vero modello di fedeltà coniugale (cfr. Dejob, [p. 102 modifica]

Les femmes dans la Comédie francaise et ital. au XVIII siecle, Paris 1899); il protagonista, una varietà singolare di marito geloso, che soltanto un fine osservatore poteva ritrarre; ma il pubblico, forse pel troppo complicato raggruppamento di tutte queste gelosie, non fece alla commedia la lieta accoglienza che l’autore s’aspettava. Di che si trae prova sino dalla prima recita, rileggendo il noto Complimento d’addio recitato l’ultima sera di quel carnovale 1751:

               La Prudente xe stà quella
                    Che ha costà mazor fadiga;
                    Per l’autor l’è la più bella,
                    Ma no so se tutti el diga.

Tutti no, neanche più tardi: per esempio Kotzebue, secondo il quale, tranne due spunti, trattasi di un lavoro piuttosto mediocre (a pagg. 97-98 delle sue Bemerkungen auf einer Reise aus Liefeland nach Rom und Neapel, Köln 1805, parlando di recite cui aveva assistito al Fiorentini di Napoli).

Goldoni la dedicò a Marina Sagredo, maritata ad Almorò II Andrea Pisani di Almorò II (nipote del doge Alvise Pisani) l’anno 1741. La Marina era rimasta vedova, quando il nostro commediografo le fece omaggio nell’edizione Paperini della produzione; e a lei pure appaiono dedicati tre Capitoli nei Componimenti poetici per l’ingresso solenne alla dignità di Procuratore di S. Marco per merito di S. Ecc. il sig. Gian Francesco Pisani, Venezia Albrizzi, s. a. ma 1764 (Museo civ. Correr, Cicogna 1108 [2] ). I quali capitoli sono inoltre racchiusi nel secondo volume nei Componim. diversi editi dal Pasquali (Venezia 1764), ma invece con la seguente dedica: All’ill. mo Sig. Giovanni Fontana, Segretario dell’eccellentissimo Senato, ed in quel tempo segretario d’ambasciata a Parigi. Notiamo però qui che in queste terzine, nelle quali Goldoni celebra a cielo la famiglia Pisani, si rivolge sempre al suo diletto amabile Fontana.

C. M.


Questa commedia uscì a stampa la prima volta nel t. VII (1754) dell’ed. Paperini di Firenze, e l’anno stesso fu ristampata a Bologna (Pisani e Corciolani) e a Pesaro (Gavelli, t. VII), due anni dopo a Torino (Fantino Olzati, VIII). Uscì ancora a Venezia nelle edizioni del Pasquali (t. X, 1768?) del Savioli (VII, 1771) dello Zatta (cl. 1. t. VI. 1789) del Garbo (VI, 1795); a Torino (Guibert Orgeas, X, 1773), a Lucca (Bonsignori), a Livorno (Masi) e altrove nel Settecento. Fedele all’ed. Pasquali, trovasi nel I vol. della Scelta di commedie di C. G. con pref. e note di Ern. Masi, Firenze, Succ.i Le Monnier, 1897. - La presente ristampa seguì pure principalmente il testo più curato del Pasquali, ma reca a piè di pagina le varianti delle altre edizioni.