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di pensare seriamente all’avvenire di essa, il quale dipendendo in gran parte dall’educazione della donna ad essa deve rivolgere lo Stato le sue cure più diligenti. E questo suo grande dovere, che esige per l’adempimento l’opera più assidua e più oculata delle persone preposte alla pubblica istruzione ed educazione, apparirà maggiore quando si pensi che vi sono partiti politici molto interessati per traviare l’educazione della donna e farla servire ai loro fini.
Dall’esame fatto dell’ordinamento delle nostre scuole e istituti femminili appare che l’opera dello Stato italiano per l’educazione della donna non risponde interamente allo scopo da raggiungersi, nè ciò significa che il Governo si disinteressi dell’arduo problema. Quale era l’istruzione e l’educazione della donna alla costituzione della nostra unità nazionale, quando le scuole e i collegi femminili si potevano contare sulle dita, si rileva molto bene dalla chiara, ordinata e ben particolareggiata relazione, pubblicata dal Comm. Girolamo Nisio per l’Esposizione Universale di Parigi del 1900. Ora, con la varietà delle scuole e degl’istituti esistenti, il Ministero dell’Istruzione ha aperto alle donne italiane la via degli studi in maniera che possono seguire liberamente quelli che preferiscono, secondo la propria inclinazione e le condizioni di famiglia. Basta accennare alla legge del 12 luglio 1896 sul riordinamento delle scuole normali e complementari, che avevano prima vita stentata e meschina, per vedere il gran cammino che l’Italia ha percorso finora riguardo all’istruzione e all’educazione femminile e per sperare in un avvenire migliore.
Ma tutto quello che si fa presentemente dallo Stato,