Itinerario per escursioni ed ascensioni alle più alte cime delle Alpi Apuane/Ascensione al Pisanino e al Pizzo d'Uccello
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Ascensione al Pisanino (Pizzo Maggiore) (2049m)
e al Pizzo d’Uccello (1874m)
indicazioni utili
Vetture. — Tutti i giorni un barroccino a nove posti parte dall’albergo della Campana in Lucca per Castelnuovo di Garfagnana. Il prezzo di ciascun posto è di L. 2. — L’orario varia qualche volta; ma la partenza ordinariamente è fissata dopo l’arrivo del primo convoglio della mattina da Firenze, in coincidenza a Pistoja con quello che viene dall’alta Italia, essendochè questo barroccino fa anche il servizio di Posta. — Partenza da Castelnuovo per Lucca tutti i giorni alle ore 9, 30 antimeridiane. — Vi ha pure una diligenza che va da Castelnuovo a Lucca il martedì e il venerdì e da Lucca a Castelnuovo il mercoledì e sabato, prezzo L. 3.
Da Castelnuovo per S. Donnino e Piazza non vi sono vetture fisse; ma è facile trovare uno de’ soliti barroccini a nove posti che porta fino a S. Donnino per L. 1 a testa.
Alberghi e Guide. — A Castelnuovo alberghi decenti pochi: Orlandi e Pardi, dove si ferma la posta, ambedue all’entrar della città. Prezzi discretissimi.
A Piazza. — Marco Pierami dà alloggio e vitto: l’alpinista si rammenti che siamo in paesi alpestri italiani, e bisogna sapersi adattare: così dicasi di Gramolazzo, di Vinca, e di tutti gli altri villaggi di queste montagne. — Guide, Pietro Pierami fratello dell’albergatore e due suoi nipoti per il Pisanino, Pizzo d’Uccello e Monte Tea.
A Gramolazzo. — Alloggio e vitto presso Pini, e vitto presso Luigi Pacini. Guida per il Pisanino Domenico Baracca. Il Pini, oste, può trovare guide sicure per il Pisanino e il Pizzo d’Uccello.
A Vinca. — Alloggio e vitto presso Angelo Boni tabaccaio, il quale al bisogno può trovare alloggio più conveniente e più comodo presso qualche famiglia agiata del paese. Guide, il Boni stesso, il quale s’incarica di trovarne per il Pisanino, e il Pizzo d’Uccello, il Sagro e dintorni di Vinca.
A Ponte a Monzone. — Conveniente alloggio e vitto presso Ignazio Bombardi, che può trovare guide per il Pizzo d’Uccello, il Solco d’Equi, il Sagro, e dintorni di Ponte a Monzone.
Distanze1
(Via carrozzabile)
Da | Lucca ai Bagni di Lucca | Chil. | 26 | |
» | Lucca a Castelnuovo | » | 45 | |
» | Gallicano a Castelnuovo | » | 12 | |
» | Castelnuovo a Poggio | » | 7 | circa |
» | Poggio a Camporgiano | » | 3 | » |
» | Camporgiano a Piazza | » | 3 | 1/2 |
(A piedi)
Da | Piazza a Gramolazzo | ore | 2.30’ | |
» | Gramolazzo al Pisanino2 | » | 3.— | |
» | Gramol. al Pizzo magg. | » | 6.— | circa compresi i riposi |
Dal Pizzo maggiore pel Pisanino al Pian di Minucciano | » | 3.— | ||
Dal Pian di Minucciano al Pizzo d’Uccello | » | 3.— | ||
Da Minucciano al pratello del Pisanino | » | 3.— | ||
Da Minucciano al Pizzo d’Uccello per l’Alpe d’Ugliano | » | 5.—
| ||
Da Vinca a Ponte a Monzone | ore | 2.30’ | ||
Da Vinca al Pizzo d’Uccello | » | 3.— | ||
Dal Pizzo d'Uccello a Vinca | » | 2.— | circa | |
Da Equi al Pizzo d’Uccello per il Solco | » | 6.— | ||
Dal Ponte a Monzone a Equi | » | 30’ | ||
Da Equi al Solco | » | 15’ | ||
Da Poggio a Corfigliano per Vagli sopra | » | 3.30’ |
Itinerario
Da Lucca si va in vettura a Castelnuovo di Garfagnana, percorrendo una bellissima strada lungo il Serchio e passando per Ponte a Moriano, Diecimo, Borgo a Mozzano e Gallicano, le più grosse terre sulla destra del fiume.3 La valle è delle più stupende e svariate per vedute di monti, di paeselli, di vigneti e selve di castagni. Appena fuori del Borgo a Mozzano si vede l’arditissimo ponte della Maddalena fatto ricostruire nel secolo XI dalla contessa Matilde.
Se vuolsi pernottare a Castelnuovo resta abbastanza tempo per visitare la città, residenza un tempo dell’Ariosto che vi fu governatore, a malincuore, nel 1522.
Il paese all’intorno, a boschi ed a campi coltivati, una bella corona di monti, le acque limpide della Torrite Secca e del Serchio che si confondono insieme, l’aspetto gaio e pulito dei caseggiati e degli edifizi, richiamano l’attenzione del viaggiatore, che troverà poi negli abitanti gentilezza e cortesia di modi franchi e cordiali. Ad un chilometro dalla città, sulla vetta di una collina a nord ovest è il Monte Alfonso, castello fortificato: oggi vi sono le carceri giudiziarie, e un podere dato in affitto dal R. Demanio. Si ha di lassù sorprendente veduta.
Da Castelnuovo a Piazza la strada è un continuo sali-scendi; ma presenta bellissime viste di monti, (l’Alpe di S. Pellegrino, Monte Castri, la scoscesa Pania di Corfino) e di villaggi, borgate, castelli, sulla sinistra del Serchio, come Sillico, Pievefosciana, Castiglione, S. Romano, le Verrucole, con fortilizio di molta importanza nella storia dell’antica Garfagnana. Si passa per il borgo di Poggio; poco distante sono gli avanzi di una rocca sopra una bella rupe di gabbro rosso che scende a picco nel Serchio. Quindi Camporgiano; la vista di quel paesello rallegra, perchè la postura è delle più pittoresche; ma appena si entra nel villaggio le vie e le case mettono orrore; pare una bolgia di Dante.
Da Camporgiano per S. Donnino si arriva a Sala, passando un bellissimo ponte sul Serchio di Sillano, e per una stradicciuola acciottolata si scende giù a Piazza. Il paese all’intorno è ricco di selvaggia bellezza; monti marmorei, seni e caverne dirupate, foreste di faggi e di castagni, lo rendono oltre ogni dire ammirabile. Belle guglie ofiolitiche s’innalzano più qua e più là lungo il corso del Serchio dal castelletto della Sambuca, di faccia a Poggio sull’altra sponda, sino a Piazza.
La strada ruotabile giungeva nel settembre 1875 fino a Sala, e si stavano facendo gli studi per continuarla fino a Fivizzano e ricongiungere la Garfagnana con l’alta Lunigiana e il Modenese da quella parte.4
Il paese quindi si fa più selvaggio: è un continuo succedersi di gole e di valli strette e rinserrate fra monti dalle forme bizzarre. — Quì memorie storiche ricorrono al pensiero e ricordano le più fiere lotte della prepotenza romana contro l’indipendenza dei Liguri Apuani abitatori della contrada. Gli eruditi vogliono che in queste gole un esercito intero condotto dal Console L. Minuccio Termo nel 561 di Roma, fosse ridotto a mal partito, e sarebbe stato distrutto se il capitano dei Numidi non fosse corso con 400 dei suoi ad incendiare le capanne dei fieri montanari, i quali lasciarono le loro forti posizioni per soccorrere i figli e le donne lasciate a casa.
Ascensione al Pisanino. — Da Piazza per il Pisanino la più corta e più comoda via è lungo il torrente Acqua Bianca. — La via mulattiera passa un rio sur un ponte di legno, attraversa una praterìa in pendìo, e poi ricomincia ripida e sassosa fino a Nicciano; da Piazza a questo villaggio 40 minuti.
La strada mena ad una fontana al cominciar del paese; allora si piglia la via selciata a destra, e dopo 15 minuti si trova una straducola a diritta che sale su a Castagnola.
Si lascia, e continuando a discendere si giunge in altri dieci minuti all’Acqua Bianca, ad un ponte di legno a due arcate senza sponde detto il Pontaccio. — Chi va al Pisanino non deve traversarlo, ma seguire il viottolo sulla sinistra del fiume risalendo la corrente lungo selve di bellissimi castagni. Fatta una piccola salita si presenta in faccia sopra una montagna l’aereo villaggio di Castagnola, dopo venti minuti si entra sul greto del fiume, ed ecco là dinanzi in tutta la sua maestà il Pisanino con praterie e faggete a destra, colla sua cima detta Pizzo maggiore, a sinistra, ignuda e rocciosa, alta 2049 metri, e alle falde Corfigliano dal campanile svelto, nereggiante; un po’ più indietro a dritta biancheggia la guglia del Pizzo d’Uccello (metri 1847). È uno spettacolo che incanta. — Dal greto si passa su praterie ombreggiate da piante di meli e peri, e in breve tempo siamo a Gramolazzo. Dal Pontaccio a qui un’ora di cammino. Premettiamo che l’ascensione al Pizzo maggiore del Pisanino e al Pizzo d’Uccello è un’ascensione da nulla per gli alpinisti consumati, difficile per i dilettanti, pericolosa per gente usa sempre alla pianura e non pratica di montagne, impossibile per chi soffre di vertigini. — L’Alpinista, provvedutosi di una guida, potrà fare da Gramolazzo l’ascensione del Pisanino per due vie, l’una salendo alle Capanne di Pisanino, e di qui per la cresta dirupata, ripida, stretta, salire alla cima di esso detta Pizzo Maggiore e discendere poi per il versante orientale dal lato detto il Trattore e venire a Corfigliano, o tornare a Gramolazzo; l’altra raggiungendo le praterie sotto il Trattore, ascendere da questa parte e venirsene all’Alpe di Pisanino per il crinale rammentato di sopra, e quindi a Gramolazzo. — La prima, se potrà esser meno faticosa e pericolosa nell’ascensione, toglie il suo bello alla veduta, perchè giunti alla cima il panorama non vi fa più impressione, avendolo goduto a grado a grado nel salire; la seconda, vi offre uno spettacolo inaspettato del Tirreno, di abissi profondi, di roccie immani, di foreste bellissime, di lontani orizzonti; ma la discesa all’Alpe di Pisanino per la cresta presenta pericoli, cui tutti non possono affrontare e vincere. — Noi diamo la preferenza a questa: e l’alpinista al quale non garbi avventurarsi a discendere per il crinale, potrà tornarsene per il Trattore alle sottoposte praterie, e poi salire al Pisanino per un viottolo faticosissimo che si trova al cominciare d’una faggeta verso il nord, appena lasciate le praterie già menzionate. — Da Gramolazzo è necessario partire a mezzanotte per godere dal Pizzo maggiore di Pisanino del levare del sole, ed esser più sicuri d’avere un orizzonte limpido e sereno. — Si sale per un viottolo non molto ripido, passando ora per selve di superbi castagni che contano un centinaio e più d’anni, ed ora per faggete, una delle quali è sorprendente, e non lascia penetrare raggio di sole. — Chi può ridire le impressioni alla vista di codesti giganteschi alberi, alcuni de’ quali caduti per decrepitezza, o colpiti dai fulmini, hanno percosso e stroncato altri loro compagni, menando guasti e rovine all’intorno? Sono stupende le foreste di larici e di abeti nella Svizzera, ma anche queste boscaglie di faggi sulle montagne d’Italia sono pure stupende! — Un poco distante dal viottolo della faggeta avvi una grande apertura profondissima situata al cominciare d’una prateria circondata da altissimi alberi; affacciandosi dalla parte di ponente, l’aria anche troppo fredda come di cantina, viene a refrigerare l’ardore del volto; dalla parte di levante emana tiepida come se uscisse dalla bocca di un forno quando ne è stato tolto il pane; è detta Buca dei Gracchi, e quegli alpigiani dicono che sia in comunicazione col Forno di Massa, narrando di un capretto e di uno zufilo caduti in quella voragine e ritrovati nel Frigido, fiume sul Massese, ed aggiungono anche una leggenda. Usciti dalla foresta si sale su per piccoli prati ad un ripiano alla base del Pizzo maggiore: una polla d’acqua freschissima scaturisce da un mucchio di massi in una prateria; poco lontano, verso est, è la capanna di certi pastori che vanno a passare la state su quelle pendici colle loro mandre di pecore e capre.
Non consigliamo nessuno a dormire colà, se non vuol passare una notte di continua battaglia. — L’Alpinista, che volesse essere all’alba sulla vetta del Pisanino e non gli garbasse di far l’ascensione tutta d’un fiato da Gramolazzo o da Corfigliano, può venirsene a questo ripiano la sera, e, acceso un buon fuoco, ravvoltolato in coperte di lana, dormire sull’erba soffice, a cielo scoperto, o sotto la sua tenda.
Da Gramolazzo a questa fontana si mettono comodamente quattro ore. — Di qui si presenta verso l’ovest dritto, quasi inaccessibile, il Pisanino; accanto, dalla parte di Sud-Ovest, si alzano le acute e bizzarre punte della Mirandola.
Per salire al Pisanino la meno faticosa è ascendere quel fianco della montagna detto il Trattore che guarda le praterie dove sono la capanna e la fontana accennate poc’anzi.
La salita non ha difficoltà, nè pericoli, ma richiede buone gambe e testa ferma; quella costa dapprima è sassosa e più qua e più là ha grandi strati di lastroni di pietra perpendicolari, poi si veste di folti cesti d’erba a filo lungo, forti come arboscelli, ai quali ci si attacca per meglio salire.
I più vaghi e graziosi fiorellini alpestri sono disseminati su per l’erba, e nei brevi riposi non si può stare senza stender la mano a coglierne e metterli nel portafogli a ricordo della salita. Dal Trattore alla cima ci vuole un’ora buona secondo la robustezza dell’Alpinista: la cresta del Pisanino dà appena passo per due persone, in certi luoghi non può passare che uno solo. — Il versante di ponente è ripidissimo e impossibile ne è l’ascensione: son roccie a perpendicolo, liscie, grigiastre; qualche cespuglio o arboscello sbuca fuori dai crepacci. La veduta di lassù è assai estesa e svariata; da nord-ovest, al nord, e al nord-est l’occhio spazia sull’Appennino, la Garfagnana e la Lucchesia: però la Tambura (1875.m), il Garnerone (1800m?), il Sagro (1860.m), il Pizzo d’Uccello (1874.m) troppo vicini ed alti limitano la vista al sud-ovest. — L’Alpinista può venire al Pisanino propriamente detto percorrendo il crinale dirupato e stretto; ma è necessario sia ben sicuro di gamba e di testa; e quel tratto di montagna in certi punti presenta qualche pericolo per chi sia poco pratico di ascensioni montane.
La salita all’Alpe di Pisanino da Gramolazzo o da Minucciano è una passeggiata da raccomandarsi alle Signore, che beveranno buon latte e fresco nelle capanne dei pastori a 200 metri dalla cima. — Si può salire il Pisanino anche dalla parte di Vagli Sopra e Corfigliano. Ecco la via. Da Castelnuovo a Poggio; di qui in pochi minuti si scende nella valle del fiume Ferriera; vicino alla sua sponda destra una via mulattiera lascia la provinciale e risale il torrente, e giunta alle Fabbriche passa sulla sinistra; presso la confluenza dei torrenti, in mezzo ai quali sta a cavaliere il villaggio di Vagli Sotto, piegando verso il nord, si dirige per Vagli Sopra; di qui seguita per le Capanne di Corfigliano, dove l’Alpinista può dormire. Da Poggio a Corfigliano tre ore e mezzo. Da qui alla vetta del Pisanino 4 o 5 ore.
Ascensione al Pizzo d’Uccello. — Chi vuole andare dall’Alpe di Pisanino al Pizzo d’Uccello la via più comoda e breve è il viottolo che dal medesimo volgendo un po’ verso il nord va serpeggiando alquanto, giù al Pian di Minucciano, che è quella valle stretta e deserta percorsa da un torrente che nasce dalle balze dell’Orto di Donna nei fianchi del monte scosceso detto Le Forbici, tra il Pisanino e il Garnerone, e che prende poi il nome di Torrente di Gramolazzo e vicino a Piazza di Acqua bianca; è uno de’ varii fiumiciattoli che formano il Serchio. — Passato questo rio che d’estate è asciutto, si sale su a traverso le praterie di Serenaia, e per una stradicciuola ripida e pietrosa in mezzo a faggete, si arriva in due ore, non senza fatica, al Giogo o Giovo, un bel praticello, su cui sorgono due torrette di sassi con una croce di legno: il passaggio è fra il Pizzo d’Uccello al nord e il Garnerone al sud. Volgendo lo sguardo a sinistra per un avvallamento dei monti si scorge il mare, di faccia innalza la sua punta marmorea il Sagro (1860 metri); a destra il Pizzo d’Uccello e la sua dentata catena; più a basso nella valle il villaggio di Vinca dai tetti biancheggianti in mezzo a selve di castagni. Chi volesse scendere al Pian di Minucciano o andare verso l’Orto di Donna dall’Alpe di Pisanino, invece di volgersi verso il nord pigli verso il sud un viottolino stretto stretto lungo la costa ripidissima ed erbosa detta Poggio Freddo. La discesa è delle più difficili e ci sembra necessario l’uso della corda; ma s’impiega maggior tempo, e la fatica non è compensata tranne che dall’inutile piacere d’avere sfidato pericoli senza vantaggi. — Dal Giogo per una via un po’ buona e un po’ cattiva, si giunge in 15 minuti alle capanne d’estate di quei di Vinca, poste in mezzo a belle praterie, e poi in un’ora e 30 minuti a Vinca, un villaggio di 600 abitanti, dove si può trovare alloggio e vitto.
L’ascensione al Pizzo d’Uccello è delle più interessanti. Chi vuol essere sulla cima al levare del sole bisogna che dorma alle capanne sotto il Pizzo: un mucchio di fieno ben secco ed asciutto è il miglior letto.
La mattina per tempo munito di una buona e sicura guida giunge alla cima in un’ora e mezzo.
La via meno difficile è dal lato orientale, ma occorre talvolta venire verso ponente, girar la montagna, per ritrovare un cammino più agevole. Il Pizzo, a chi lo miri di lontano toglie la volontà di salirlo, perchè gli si presenta tanto scosceso che lo crede inaccessibile; ma non vi ha monte al pari di esso ripido e dirupato che offra come il Pizzo sempre sporgenze e cavità, per le quali la mano, il ginocchio, il piede non trovino dove posarsi e sostenersi. La discesa del versante di Vinca non è da consigliarsi senza una guida espertissima e robusta. La vetta è uno spazio dove potranno stare una ventina di persone; da settentrione l’ascensione è impossibile, le roccie, veri nidi di aquila, strapiombano sul Solco d’Equi e formano un muraglione grigio, franoso, pieno d’insenature e crepacci; da ponente continua la catena a picchi, a punte, a piramidi acutissime, che discende sino al Lucido di Equi e alla Caldanella; a mezzogiorno il Sagro in vista e il Mediterraneo; a levante, il Pisanino e le Forbici.
Il panorama non vale la fatica di salire questo gigante dell’Alpi Apuane, ma lo spettacolo, circoscritto in poco spazio, per l’orrida beltà di una solitudine grandiosa, cinta di precipizii paurosi, soggiorno di aquile e di corvi, la vista del libero mare tanto vicino da scorgere benissimo i navigli, vi compensano largamente.
In tre ore e mezzo dalla cima si scende a Vinca per la via del Giogo già accennata. Si crede opportuno riportare la narrazione dell’ascensione al Pizzo d’Uccello, che uno dei due compilatori di quest’Itinerario, Emilio Bertini, fece il 9 settembre 1875.
«Gli amici miei rinunziarono a salire il Pizzo d’Uccello (1874 metri), perchè ogni tanto, ora la cima ora le spalle del monte si velavano di nebbia che poco dopo svaniva per ricomporsi di nuovo. Manifestai il pensiero d’andar io solo ad una frana che si vedeva, assicurandoli che li avrei poco dopo seguiti: mi pregarono a non avventurarmi senza nessuno per quelle nude e ripide roccie, molto più che il giorno volgeva al tramonto, erano quasi tre ore dopo mezzodì, e la nebbia s’addensava e saliva. A me pareva commettere un gravissimo fallo, se, dopo aver durato tanta fatica per arrivare a quel giogo, non avessi salito l’acuta cima della stagliata montagna. Acquietai alla meglio gli amici e, mentre essi colla guida Domenico Baracca scendevano a Vinca a preparare gli alloggi, me n’andai solo solo verso il Pizzo d’Uccello risoluto d’ascenderne la vetta. Sapeva che l’unica via era dal lato di levante; dico via per modo di dire, non che ci sia nemmeno traccia di viottolo, tranne alcuni segni di passaggio fatti dalle capre che vanno su per quelle balze. Dopo un’ora e mezzo giunsi sulla punta più alta; è uno spiazzo dove potranno stare una ventina di persone. Le nebbia che vagolava più in basso m’impedì vedere il panorama: solo dalla parte settentrionale potei scorgere il pauroso abisso di un migliaio di metri, sul quale io era sospeso: da quel lato l’ascensione, e peggio la discesa è impossibile: roccie, veri nidi d’aquila, strapiombano sul Solco d’Equi, e formano una muraglia grigia, franosa, piena d’insenature e crepacci. Temendo la nebbia si facesse più folta e m’anticipasse così l’arrivo della notte, m’affrettai a scendere, spinto anche dalla fame e da una sete eccessiva. Volli tentar la discesa dal lato di Vinca: non l’avessi mai fatto! Potrà darsi che una guida esperta sappia trovare fra quelle roccie dirupate la via; ma io, dopo essermi calato di picco in picco per quasi un’ora di cammino, mi trovai sopra lo spigolo di balzi erti, a un centinaio di metri d’abisso, nè v’era modo di proseguire. Un branco di corvi roteavano, gracchiando, intorno a quei macigni, quasi a scherno della mia impotenza; ed io invidiava le loro ali e appoggiato ad un masso sull’orlo di quell’abisso, li guardava pensoso. Fortunatamente la nebbia si era elevata a ravvolgere le estreme punte del Pizzo: vedeva le praterie sottostanti, più lontano le selve, e fra mezzo le aggruppate case di Vinca. Allenito ma non vinto, risolsi di riguadagnare la cima e rifare la via fatta poc’anzi per salirvi, non sapendo da che parte trovare scampo. Confidava che la nebbia non mi avrebbe frapposto ostacolo, vedendo come essa si sperdesse ogni poco ed ora salisse, ora si abbassasse, non tenendo mai luogo fisso.
«Mi tolsi le scarpe per meglio posare il piede e sostenermi; a mali estremi, estremi rimedi; e aggrappandomi ai grossi cespi d’erba, alle schegge sporgenti, giovandomi del fido e saldo bastone a punta di ferro (Alpenstock) in breve fui in vetta e ripresi a discendere per dove ero montato. Rividi con piacere un piccolo ometto di pietra che vi aveva poco tempo avanti eretto, salutai il mare, che la nebbia m’aveva negato di vedere quando io era giunto lassù prima, e partii.
«Il sole saettava coll’ultimo raggio quelle vette superbe.
«Giunsi a Vinca; era notte. Gli amici impensieriti del non vedermi tornare, m’avevano mandato incontro la guida: furon lietissimi rivedendomi, ed io strinsi ad essi le mani contento di trovarmi con loro, e della mia ascensione che mi fece provare ineffabili emozioni, lasciandomi sempre più convinto che le difficoltà ed i pericoli rinvigoriscono lo spirito educando alla prudenza, alla fortezza ed al coraggio.»
Ascensione al Pizzo d’Uccello per il Solco di Equi. — L’ascensione al Pizzo d’Uccello può farsi da Vinca, da Minucciano, da Equi e da Ugliano.
La più interessante e senza pericoli è quella del Solco d’Equi. Si può partire da Ugliano, da Ponte a Monzone, o da Equi. Per arrivare al ponte di Gottara sul fiume Caldanella o Lucido d’Ugliano, dove comincia il Solco, si mettono 40 minuti da Ugliano, 45 da Ponte a Monzone; 15 da Equi, strada mulattiera. Chi viene da Ponte a Monzone o da Equi non passa il ponticello che si trova dopo i Bagni d’Equi, ma volge subito a destra per il letto asciutto del torrente o Solco: chi viene da Ugliano passa il ponte e segue la sinistra.
Il Solco è un torrentaccio il cui letto è ingombro da grossi macigni marmorei, chiuso fra due montagne, che meglio si direbbero in certi luoghi muraglie calcaree di più centinaia di metri d’altezza, sormontate da picchi arditissimi, le quali ora si avvicinano così da lasciare veder poco spazio di cielo, ora si allargano per tornar tosto a riaccostarsi. — Le acque, nei punti più stretti del torrente, hanno corroso col lungo andare de’ secoli le pareti, formandovi insenature grandi e profonde a guisa di nicchie. È mirabile la vista di un masso erratico detto Paiuolo, che precipitando dall’alto è rimasto incastrato fra le due muraglie del Solco; la parte superiore è quasi piana, coperta d’arboscelli, erbe e vilucchi; la parte inferiore è tutta arrotondata, quindi la denominazione di Paiuolo. La Via Mala e la Gola di Trient in Svizzera possono dare un’idea di questa bellezza selvaggia della natura, una delle maraviglie delle Alpi Apuane. Qui la natura depose ricco ed inesauribile tesoro di marmi d’ogni qualità; i bardigli, i venati, i bianco-chiari, gli statuari, i cipollini sono confusi con i marmi di colore verde, rosso, giallo, nero e screziato. Oggi restano là abbandonati per la difficoltà del trasporto, non potendosi per la strettura della gola all’ingresso nel Solco portarne fuori grossi blocchi. L’estremità del Solco, lungo alcuni chilometri, è chiusa dalla parete verticale del Pizzo d’Uccello, al quale si ascende prendendo un viottolo, che a destra dell’Alpinista sale su per il monte dal letto del torrente, subito dopo la prima gola del Solco; codesto sentiero mena alle cave di marmo statuario e venato di Sigliola, oggi abbandonate; si scende giù nella corrente laddove è la confluenza di due torrenti, si passa sull’altro versante e si sale sino all’Alpe d’Ugliano e si va al Giogo e quindi al Pizzo; l’ascesione non ha difficoltà nè pericoli, per gente pratica, di balze e dirupi; si compie in 6 ore circa, ma la riteniamo la più bella di tutte. — Si può scendere a Vinca, a dormire, o anche a Ponte a Monzone: allora abbisogna tutta un’intera giornata.
A Equi non si lasci di visitare la stupenda caverna detta la Buca di Equi, visitata e descritta dal Vallinnieri nella sua opera dell’Origine delle Fontane e che si trova sulla sinistra del Lucido a un trar di sasso dal villaggio.
Note
- ↑ Le distanze in ore sono calcolate per pedoni che siano buoni camminatori, ma piuttosto agiati, memori sempre di quel detto: chi va piano va sano e va lontano.
- ↑ S’intende pure alle Capanne (Alpi) di Pisanino.
- ↑ Chi parte dai Bagni di Lucca trova questa strada provinciale al ponte a Calavorno.
- ↑ Questa strada provinciale è della più alta importanza per ogni rapporto. Da Piazza in avanti, verso Fivizzano, si sta facendo ora; passerà sotto il villaggio di Gragnana e, traversato il torrente detto di S. Michele, si dirigerà verso Giuncugnano e sormontata la Foce dei Carpinelli sul monte Tea, scenderà verso Antognano e la Madonna di Pugliano e andrà per Terenzano a Fivizzano. Attualmente si lavora sotto Gragnana, e ne sono stati fatti 20 chilometri; ma i lavori dovrebbero procedere con maggiore alacrità.