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Cap. VI.
Il tempo è una gran bella cosa: gli uomini1 lo accusano è vero di due difetti: d’esser troppo2 corto, e d’esser troppo lungo; di passare troppo tardamente, e d’essere passato troppo3 in fretta;4 ma la cagione primaria di questi inconvenienti è negli uomini stessi, e non nel tempo, il quale per sé è una gran bella cosa; ed è proprio un peccato che nissuno finora abbia saputo dire precisamente che cosa egli sia.
In questo caso però5 il tempo non poteva essere d’alcuno ajuto,6 anzi a dir vero,7 gl’inconvenienti erano di quelli che col durare si fanno più gravi. I fornaj avevano protestato fin da principio, che se la legge non veniva tolta, essi avrebbero8 gettata la pala nel forno9 e abbandonate le botteghe; e non lo avevano ancor fatto, perché sono di quelle cose, alle quali gli uomini si appigliano solo all’estremo, e perché speravano di dì in dì che10 Antonio Ferrer, gran cancelliere, sarebbe restato capace, o11 qualche altro in vece sua.12 Alla fine i Decurioni (un magistrato municipale), vedendo che la minaccia de’ fornaj13 sarebbe divenuta un fatto, scrissero al
- ↑ gli trovano
- ↑ corto
- ↑ pres
- ↑ ma questi [difetti] inconvenienti [sono piuttosto] dipendono piuttosto dagli uomini stessi che dal tempo
- ↑ non poteva il tempo essere di verun | Antonio Ferrer contava troppo
- ↑ ma più che
- ↑ la condizione delle cose era tale che la durata non poteva che peggiorarla
- ↑ chiuse le botteghe, e
- ↑ chiuse le botteghe, e
- ↑ Ant
- ↑ qualche altro
- ↑ avrebbe dato un provvedimento | qualche altro che potesse cangiare | I De
- ↑ avrebbe