Dizionario mitologico ad uso di giovanetti/Mitologia/S

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Mitologia - R Mitologia - T

[p. 257 modifica]Saffo di Lesbo, celebre per ff sno talento poetico egualmente che per la sua infelice passione per Fape. Kon potendo riuscire a farsi amaro, precipitotsi dalla rupe Leucadia nel alare ♦

Salj, sacerdoti di ’Marte, instituiti da Ifuma al nu> tnero di dodici. Dicono che uno scudo di bromo cado* to dal Gelo, fece cessare la peste che desolava Roma; o che la ninfa Egeria predisse che la città 9 nella quale ii conserverebbe questo scudo, diverrebbe potente. N u« ma temendo d’involarsi questo presioso monumento, m fece fabbricarne undici simili i e scelse, per guardarli % dodici giovani patri* j, de’ quali formo un collegio. II loro abbigliamento era una tunica di porpora ricamata in oro i la spada con un balteo guarnito di bronzo, un* asta a man dritta * ed a sinistra lo scudo. Cantavano . tèrsi in onor degli dei e de* grandi uomini della repubblica. Damavano e saltavano nelle strade i e di quV è the appellavansi Sai) > dalla parola latina salire che vuol dire jabot*. La loro processione teminavssi al tempio di Marte eoa un banchetto, la coi dilfcetesM. $ootue*Ufc è passata in proverbio *

Salmoneo, fratello di Sisifo e figlie il Boto. Ava**

  • > cwollto tana l’Slide sino alle epa*** dell’Atfeo, Google ’

[p. 258 modifica]ebbe la temerità di pretender gli onori dovati alla divi» ruta. À quest 1 oggetto face innalzare un polite di bronzo, che attraversava una gran parte della sita capitale, sul quale faceva correre una carretta, che somigliava lo strepito del tuono; e per imitare i folgori di Giove, lanciava dall’alto delle torce accese sopra alcuni svento* rati, ch’egli facAa uccidere alP istante, per in* r are maggior terrore ai suoi sudditi /Giove lo fulmi, e lo precipitò nel Tartaro, * ove trovasi nel nume* ro de* pia famosi scellerati»

Sangaride, madre di Àti. Questa ninfa avendo Veduto il primo mandorlo, che fu prodotto dalla terra, ’ne race ol se i frutti, e se li pose nel seno. Tosto le mandorle disparvero, e Sangaride si senti gravida; partori dipoi un figliuolo, che fu esposto ne’ boschi, ove fu allevato da una capra, e fu chiamato Àti.

Altri dicono che Sangaride fosse una ninfa amata da Àti e che Cìbele sdegnata per tale amore, cangiasi* Àti in pino.

Sarpendone, figlio di Giove e di Laodamia, re di Licia. Rese floridi i suoi stati mercè la sua giustizia e 3 f no valore. Reoossi in soccorso di Priamo con numeroso truppe, c fu uno de* più forti sostegni de 1 Tréjani, mi finalmente fu ucciso da Patroclo. Apollò stesso* per ordjpe di Giove, andò a levare il sud cadateli dal campo di battaglia, lo layà nelle ac<ru% del fiume, lo prefumò con ambrosia, lo rivesti df abiti immortali, e la consegnò al Sonno ed alla Notte, ehe lo portarono immantinente in Licia in mezzo al suo popola. [p. 259 modifica]Satiri, divinità campestri, the rappresentami coma piccioli uomini molto pelosi con corna e piedi di capra» Abitavano le foreste e le montagne; c loro. offrivansi de 9

    • gri£zj b per rendersili propizi «

Saturnali, leste tortane ih onox di Saturno. Cele’travansi con con un grande apparato nel mese di dicembre. L’oggetto di tali feste era di rinuoVellare la memòria della, eguaglianza 9 che regnava tra gli uòmini del tempo di Saturno. Durante tale sollennita tutto respira* va gioja e piacere. I tribunali erano chiusi, le scuole vacavano $ non era permesso d’intrapendere alcuna guerra, né di giustiziare alcun reo, nè di esercitare altr’arte che quella di far la corina. Facevansi de 1 scambievoli regali, davansi sontuosi banchetti. Di più, la città, per un editto pubblico, lasciava ogni sorte di fatiche. Sospendeva l’esercizio della potestà de’ padroni sopra ì loro schiavi, i eguali facevano e dicevano tutto ciò che) loro piaceva. Vestivansi degli abiti de 1 loro padroni, dai quali erano serviti a tavola, come se volessero far ri* sorgere le usanze dell’età dell’oro. Finalmente ogni licenza era permessa ai schiavi durante siffatta solennità.

Sagrificavasi a Saturno colla testa scoverta contro l’ustaza delle altre cerimonie, sotto il pretesto che il tem~» po scopre tutto. Davansi anche de* combattimenti di già* diatori, perchè immaginava che la sola effusione del «angue umano, poteva onorar quello dio? e renderlo prò* pino ai voti de 1 jnortdi.

Saturno, figlio, di Urano e di Vetta, ovvero del Cie* lo e della Terra. «Questo dio non volendo aoffrire altri «di c*e lui o Titaj» suo frattllo 9 mo padtfl [p. 260 modifica]«m un colpo di falce. L’avidità che avea di regtiafé prima di ino fratello * eh* era il primogenito, gli fece accettare la corona, a condizione ch’egli non alleverei*» le fi gli maschi; di quV è che fa obbligato divorarli tilttosto che nascevano. Nulladimeno liea sua moglie trovò il mezzo di sottrarre alla di lui crudeltà Giove # Hetlano e Plutone s dandogli a divorare una pietra fa-» eciata della figura di un bambino Titano avendo saputo ohe suo fratello Saturno aveva figli maschi contro la giurata fede del trattato, armò coatro lui f e lo fece prigioniero. Giove divenuto grande, liberò atto padre f m lo ristabilì sul trono; ma poco dopo Saturno gli tese delle insidie, temendo che un giórno non fosse detronizzato dallo stesso suo figlio; db che Giove effettui f . per vendicarsi. ’ Saturno perseguitato da suo figlio abbandono 1* Olimpo, e rifugiosst in Italia, ove fu cortese* mente accolto da Giano, re di questa regione. Quivi applicosti a riunire gli uomini feroci Sparsi sulle monta* gne, vi stabili le lèggi, ed insegnò loro F agricoltura* Il sno regnò fu ÒoA felice che vtenoe appellato/ F età dell’prò. Essendo invaghito di FiJiride n’ebbe il centauro Chhrone. Per ordinario egli è rappresentato come un vecchio incurvato sotto il peto’ degli anni y lenendo una falce in ntàno per indicare che il tempo distraggo m tutto; ovvero Sótto la figura di un serpente che si morde

  • la coda per dimostrare* il giro perpetuo e la rivoluzione

’de* tempi. Talvolta gli sf da anche un orinolo a polve-’ re, o un remo per esprimere la rapidità della. stessa rivoluziono.

Scamandro, fitta* di Frigia, oiao a Tr*fe, il qna« lo -sorge ael memo Ua f e va ad imhoomo m mai» [p. 261 modifica]TprtHO ti promontòrio Sìgee. Xa favola ne attribuisce la origine *d Ercole. Questo eroe ritrovandosi estrswameo* te assetato, si poie a scavare il térrréno v donde feco scaturire la sorgente di un ’fiume >, chcprese il nome dalla circostanti. Dicesi che le sue acque avevano la prò* prieta di render biòndi i capelli delle donne xhe vi si bagnavano Questo ’fiume aveva un tempio e gli si rendevano de’sagrifizj. Era rispettato; a segno che lo giovinette nel giórno’ antecedente alle loro nozao -, «ve* vano il costume di andare a bàguarsi nelle sue acque* Il dio, lusingato da questo culto, usciva dàlP intero» del suo cannéto, prendeva la giovinetta per la mano

  • o la condttctva nel suo >ala2to.

Scea, porta della citta di Troja l’àW era la tomba sii Laomodonte*»

Scilla, ninfa amata da Glauco, dio marino; ma quo» "stTnon avendo potuto renderla sensibile alla saa passio* ne, ricòrse a Circe famosa maga Y la quale compose ui* veleno*, e lo gitto ih una fonte, ove la ninfa eia solite bagnarsi. Appena Scilla era entrata nella fonte che vi» desi cangiata io un mostro che avea dodici artigli j tei .bocche e sei teste. Una moltitudine di cani le usctvana dal corpo dintorno lai. fianchi, che éon incessanti latrati atterrivano tutt* i pàssaggìeri. Scilla stessa atterrita dalla sita figura, gtttotsi nel maro presso il famoso stretto ch# porta ft sa© nome } ina ’ella vendicasi di Circe facendo * aanfragare i vascelli di Ulisse suo amante. Virgilio dice* che allorquando ella vede passar vascelli per lo stretto, avausa la tota testa fuori dell’antro, tirandoli a se per ftrli poriio. lo etrepiu delle e*4o «ke vawo fuiyi a [p. 262 modifica]fconfpersì incontro ai scogli, nan ciato motivo ai poeti «fe tìngere che questi’ orano i latrati di siffatto mostro.

Secolari, giuochi solenni cne celebra van/i in Ronia «goi cento anni ra onor di Apollo e di Diana. Durante i tre giorni della festa cantava nsi tre differenti canzoni. davanti diversi spettacoli. ti primo giorno il popolo radunavasi nel Campo-di Marte, il secondo nel Campidoglio, ed il terzo sul monte Palatiuo Orazio compose iì tuo oarnte fecokre per tino di quésti giuochi, e fu cantato nel tempio di Apollo Palatino fabbricato undici annì frima per ordine di Augusto *

Semele, Àglia dì Cadmo è di Àrmonià. Questa pria* <eipessa essendo piaciuta a Giove, divenne nìadré di Bao co. La gelosa Giunone si travesti in una donna vecchia ( era Beroe madre di Sem èie ), éd essendo andata a ritrovarla, le insinuo d'implorar da Giòvé chè le comparisse nella sua maestà, siccome presentavasi a Giuno* ne. Seme le segui il perfido consiglio, ma appena Giove entrò nel di lei palazzo che videsi questo divorato dal fuoco > e Semele stessa peri nelP incendio. La crea* turine di cui ella era incinta, rimase illesa. Giòve la pose nella sua coscia, ove la serbò sino al iftomento dalla sua nascita. Bacco, divenuto adulto, discese nelr Inferno per liberarne sua madre’, ed ottenne da Giove di esser annoverata tra gl’immortali sótto il nonie di Chionea.

Serapi ovvero Serapide, divinità egiziana che rap* presentavasi sotto la figura di un uomo con uno sta)* in testa, per significare P abbondanza, che questo dio i preso per il Sale J apporta a tutti i mortali. Gli Kgi» [p. 263 modifica]z] gli avevano innalzato molti tempi. H pht rinomato era a Canapo ed il più antico aMerafi. Questo cHa aveva un famoso oracolo in Babilonia, che dava le sue ri* aposte in sogno. I Greci e i Romani lo- adorarono aa che v essi y e gli consagtarono de’ tempj *

Sfinge, mostro che aveva il viso di una donna, resto del corpo somigliante un lione, ovvero un cane con le ale. Questo mojtfo h comunissimo ne- nonumen*tà egiziani*.

Il più famoso è quello di Tebe, che nacque da Echide na e da Tifone. Aveva la testa e il seno di donzella gli artigli dì lione-, iì corpo di cane, la coda di dragone e ìe alo di uccello. Giunone irritata contro i Tetani perchè Ale mena era condiscesa alte voglio di Giove, spedi questo mostro sul monte Citerone, ove- eseivcitava le sue stragi. Gittavasi sopra i passaggieri, proponeva loro degli enigmi diffìcili, e faceva in pezzi co-* loro che non sapevano spiegarli. Ecco l’enigma che ordinariamente proponeva,, QuaV è l’animale- che ha quattro piedi la mattina, due a memo giorno- e- tre la sera? „ 11 suo destine era di perdere inevitabilmente la vita subitochè si sarebbe- indovinato il suo enigma. Molti erano stati vittima dèh mostro, o Tebe trovava** in grande inquietudine aHorchè Edipo piesentosst per impiegare l’enigma, e felicemente lo indovinò: disse che questo animale era 1* uomo, che nella sua infanti* va carpone, nella età più vigorosa non ha.bisogno eh* delle sue gambe, ma nella sua vecchiezza appoggiasi ad un bastone come ad nna terza gamba per sostenersi. La Sfinge agitata da dispetto per essere stato indovinate l’enigma, ai fracassò la testa contro un sasso j io segui» [p. 264 modifica]to Edipo sposi» Giòetst» la quatè ere destinata m> pr*~ mio a colui che vìncerebbe il motti* f. Era dessi su*, madre da lui oon*oonosciuta>. AUow Edipo ne fu in» fermato,, crepotsi g)i< cechi-, per ladisperaiioae, e gre» ce iul volontario* esilio, dalla, anni patria».

Sibille. Questo» nome* dapprima* fu dito alla profe~tessa di Delfo l’presa- de una parola greca che siguific» inspirato o consigliato» dagli, dei Dipoi divenne cornai ne a» tutte le donne che davano oracoli Le Sibille erane molte,. ma là piti ri»emata*era quel* la il Cuma in Italia. Faceva -la sna ordinaria dimora/ in un* grolla vicina a qnesta città. Di’oes» che- Apolloavendole palesata la sua passione per lei v non potè altrimenti* farsi, amare che a condiziona di farla vivere tanti anni quanti erano- i granelli ■ di sabina che parrebbe tenere nella sua’ mano. In effetto ella pervenne ad una età s\ decrepita che non le restò- altra, che la voce per rendere degli oracoli»

Àttribuisconsi alle- Sibille i versi chiamati Sibillini Erano questi una raccolte di oracoli la custodia de’ quali era affidata a malti, sacerdoti Aveva*) una fede cosV ferma alle laro predizioni, che dovendosi intra prendere una guerra importante, o repnsaere. una violenta sedi* zinne; nel casa clic l’armata fosse- stata disfatta y ehm la peste e la fame tv qualche altra- malattia’ epidemica affli g esse la città a la campagna, a* finalmente,. se* si. fossero osservati alcuni prodigi annuneianti qualche- grande disgrazia, non fnanoavesi di ricorrere a queste profetesse. Una faccetta, di siffatti oracoli (u consumata ne]T incestile del Campidoglio setto la dittatura di Siila. Furono fatte delle spediaioni ia Grecia per raccoglici* [p. 265 modifica]tute* i veni che vi 1 si sarebbero potati ritrova** 5 e questi compresi in nuovi libri, furono deposti nel Campi-, «loglio siccome i primi Sicheo, figlio di Belo. marito di Didone. Pigna** liane, fratello di Didone y l’uccise a tradimento, per impadronirsi de 1 suoi tesori.,

Sileno, figlio di Mercurio e di una ninfa. Fu inca* ricato della educazione di Bacco, e divenne dipoi suo. compagno di viaggio. Al su» ritorno dalla spedizione. delle Indie, si stabilì nelle campagne di Arcadia, ove facevasi amare dai giovani pastori e dalle pastorelle. Si rappresenta sotto la figura di un vecchio satiro con le corna, di piccìola statara, ma corpacciute, con la testacalva ed un grosso naso schiacciato; ora assiso sopra un asino, sul quale appena può. sostenersi, ora in atto di camminare appoggiato ad un bastone o ad un tirso. Egli può agevolmente conoscersi dalla sua corona di ellera, dalla tazza che tiene, dall’aria gaja ed alquanto motteg*» giatrice. Aveva de’ teropj nella Qrecia, ove gli si afi* tribuivano onori divini.

Il nome di Sileni davasi anche ai satiri, allorché essi eran vecchi. Dipingevano quasi sempre come ubbria* chi. Bacco dove&de partire perla conquista delle Indie, lasciò i più attempati di essi in Italia, per coltivare le Tigne.

Silvano, dio campestre presso i Romani, il qvale presedeva alle foreste. Spesse viene confuse col dio Panv Rappresentasi ora cen le corna, e con la meta del eoiw (a di «apra, e talora con tutu la férma umana «Oli [p. 266 modifica]attributi di Sfvan* sotto guest* ultima forma, ’sono* u«s» ronca o falce in mano, una corona rozzamente formata, di foglie e di poma di pino, un abito rustico che gli discende fino alle ginocchia, un cane accanto a lui, ed al dintorno, alcuni* alberi qua! dio delle foreste. Silvano, sotto la forma di Pan, era còti le corna, con I* orecchie e con tutta la parte inferiore del corpo di capra, tutto nudo e coronato di ellera, portando a ma» sinistra un ramo di pino «Questo dìo fu molto venerato, in Italia. Aveva diversi tempj m Roma; i suoi sacerdoti formavano tufo. òV principali collegi del saccrdoai* romano «

Silvia-Rea, rigira di Numitore fu rinchiusa tra le Ve-* .tali per ordine di Amulio suo Zio, che non voleva altri concorrenti al trono \ ma un giorno* essendosi recata ad attinger aequa nel Tevere, addormentossi sulla riva + dove sognò che il dio Marte giaceva con lei y ed in quel momento stesso divenne madre di Romolo e di Remo.

Sinone, figlio di Sisifo, passò per il più furbo ed il piìt artifizfoso ài tutti gli uomini. Allorché i Greci finsero di levare Y assedio d 9 intorno a Troja, si lasciò prendere destramente dai Trojani, come se fosse disertato dal campo de’ Greci. Diede a credere a Priamo, che i Greci determinati di ritornarsene nella loro patria, e di abbandonare l’impresa di Troja, avevano avuto l v ordine dall’oracolo d* immolare un greco a fine di avere un vento favorevole: e che Calcante» ad inequazione di Ulisse, aveva fatto cadere la sorte sopra di lui j ma ch’egli aveva felicemente trovato il vm* [p. 267 modifica]

  • fuggirsene. Dappoiché ebbe egK guadagnata la

confidenza àVTrojani, diede loro il. consiglio d* intro-» durre nella citta quel gran cavallo, di legno, che i Greci avevano lasci ip sulla, spiaggia, come un voto a Mi, nrrva, assicurandoli che. Troja si renderebbe inespugnabile, qualora vi fosse una volta introdotto. Il consiglio fu eseguito ed il furbo Sinoné nel centro della notte; andò ad. aprire i, fianchi del cavallo, e ne fece uscir* tutti quei guenàeri. che yi eran rinchiusi".

Sirene, figlie del fiume Achelpo e della muta Calliope; 4 erano tre, Partenopee, Leucosi*, Ligea. Pel tempo, del rMo di. Proserpina, vennero nella Sicilia, e Cerere, in pena di non aver esse dato soccorso, a sua figlia rapita da Plutone, le cangiò in uccelli. Abitavano sopra alcuni scogli dirupati sulT orlo d$l mare, tra l’isola di Capri e la spiaggia d* Italia. Colla loro armonia, cercavano di arrestare tirando a se i ’passaggieri, che incautamente ascoltavano il loro canto, incantandogli a segno ch’essi non pensavano più al loro paese, e scordandosi anche del mangiare e* del bere * morivano di fame t La terra di quo* contorni* era *utta bianca per le ossa ammonticchiate di coloro che vi eran periti in tal guisa. Ulisse che doveva passare colla sua nave davanti adesse, avvertito dt Circe, turò le orecchie de 1 suoi compagni con cera, ed egli medésimo li fece attaccare all’albero della nave per le mani e pei piedi } affinchè se mai allettato dal dolce suono e dalle attrattive delle Sirene, gli venisse voglia di fewnarsi % non potesse farlo. Questa, precauzione non fu inutile, ventre Ulisse., malgrado l’avviso avuto del pericolo t

  • cui esponeva»!, rimase così incantate dal canto lai«

T.II. i* [p. 268 modifica]ghiero delle Sirene e dalle promesse ingannevoli, gli si facevano d* insegnarli mille belle cose, fece cenno a suoi compagni di scioglierlo 5 cosa che non vollero eseguire.

Erano rappresentate sotto la figura di femmine belle i dalla parte superiore del corpo sino alla cintura, avendo nel rimanente la forma di uccelli con piume. Tal* Tolta vengono rappresentate come meta femmine e metà, pesci, ma questa u’tima forma è contraria alle tradizio* ni della favola. Tengono in mano alcuni strumenti musicali: l 1 una tiene la lira, l’altra due flauti c la terza un involto di carte di musica Come per cantare. Dipingonsi anche con uno specchio in mano. No?* cji, Fig. 61»

Siringa, ninfa di Arcadia, figlia del fiume Ladone f una delle compagne di Diana. Il dio Pan un giorno avendola incontrata mentre scendeva dal monte Liceo, qerqò di renderla sensibile al suo amore \ ma iuvano V Siringa si pose a fuggire, e Pan a seguitarla; era ella di già arrivata sulle sponde del Ladone, dove trovandosi fermata, pregò le ninfe sue sorelle di soccorrerla» Pan volle allora abbracciarla \ ma invece dì una ninfa, abbracciò alcune canne, presso le quali Pan si pose a sospirare, e l’aria spinta da zeifiri ripeteva i suoi lamenti: cosa che lo fece risolvere a strappare alcune di esse, U e -SW ali f° l’*fcò il flauto di Pan*.

Sisifo, figlio di Eolo e fratello di Salmoneo, re di Corinto, Esercitava ogni sorta di brigantaggio nell’Attica, e faceva morire, sotto varj tormenti, tutt’i forastieri che cadevano ideile sue mani. Teseo re di Atene j gli fece guerra e 1* uccise in un combattimento. Gli iti [p. 269 modifica]hf f punirono nel Tartaro, di k tutt! i 4 delitti y che avea ctinmessi sopra la Terra «

Credesi che Giove avendo rapita, Cgina figlia di Asopo, questi ricorse a Sisifo per sapere ciò. che fosse addivenuto di sua figliuola. Sisifo che avea notizia del ratto, promise ad Asopo d’informamelo a condizione che somministrerebbe dell’acqua alla cittadella di Corinto. A questo prezzo Sisifo v. rivelò, il suo segreto, e ne fu punito ncir Infernpv, ov 1 è condannato a rotolare continuamente un grosso sasso dal basso alP alto di una montagna > donde ricade immediatamente per il. suo proprio peso, e,d è costretto sul fatto a rimenarlo la dond’è caduto con un travaglio che non gli da alcun, riposo.

Sogni, figli del Sonno.... Ciascun sogno, secondo gli Antichi, aveva una, funzione particolare. Quelli che precedevano, alle visioni, vere,, uscivano per una porta, di corno, e quelli che rappresentavano varie illusioni, passavano per una porta di avorio.. Rappresentansi con grandi ale di nottoìè tutte nere.

Sonno, figlio- dell! Èrebo, e della Notte l’e padre de* Sogni. L’antro di sua abitazione è impenetrabile ai raggi del; Sole * La tranquillità, di questo sacro luogo nou % giammai, turbata dalle grida delle oche, dei galli o dei cani. Davanti a questo antro, scorre iì fiume Lete, e non vi si sente altro rumore che il dolce mormorio delle acque. Sul l’uscio nascono, de’ papaveri ed altre piante, dalle quali la Notte raccoglie i succhi soporiferi per ispargerli sulla ( terra. Nel. mezzo dello stesso vie Itti letto di ebano coperto da una cortina nera 5 e quivi GooQle [p. 270 modifica]fopra un letto di piume riposa il tranquillo dìo dei SotWno, tenendo un corno in una mano ed ut* dente hc!" altra. AH 1 intorno di lui dormono i Sogni negligente* mente coricati > e. Morfeo, suo priqcipal Ministro, veglisi per essere in attenzione che non si faccia, rumore. Talvolta viene rappresentato iq atto di star coricato tra le braccia di Morfeo «

Stenobea, moglie di Preto y re di Argo. Indusse sua marito a* far morire Bellerofonte, perchè questo giovine principe ayeva ricusato di compiacere la sue passione per lui.

Stentore, uno de’ Greci, che recaronsi alt* assedoi d\ Troja. Aveva la voce così forte che risuonava come il "bronzo, e faceyasi udire più lungi, che non avrebbero fatto cinquanta uomini de’ più robusti che avessero gridato tutt’insieme. sua voce serviva di tromba -Ai? armata %

Stige, fiume dell’Inferno, intorno a cui rivolgeva** nove volte. Gli dei allorché giuravano per le sue acque, non osavauo piq di essere spergiuri v e nel caso che violassero i lor,o giuramenti, erano privati per lo spazio di cento anni della loro divinità «

Allorché Giftve per punire X orgoglio de’ Titani, chiamò tutti gP Immortali in suo ajuto, Stige, accorse il primo. ìl padre degli dei compiaciuto di questo suo ossequio, lo ricolmi di beneficenze; volle che d 1 allora in poi fosse il sacro vincolo delle promesse egli dei \ e stabili le pene* le più gr,aYÌ contro coloro che violastro i giuramenti fatti in ’suo’ nome. Lo Stige aveva la, »*a sorgente in Egitto j le sue acacie che scorrevan,q_CQja [p. 271 modifica]hn cupo mormorio j inspiravano una tetra malinconia;

Stinfalo, lago in Arcadia, ©y* erano degli uccelli mostruosi; Ite cui ale la testa ed il becco èrano di ferro, e le udgkie estremamente Uncinate, è lanciavano dardi di ferrò sópra coloro che li assalivano-: lo stèsso dio Marte gli aveva addestrati ài combattimenti / Èrano in sì gran numero e di Una grossezza così straordinaria che quando volavano peri 1 aria, le ltìro ale oscuravano* lo splendore del Sòie. Ercole àvehdo ricevuto da Minerà va una specie di timpani di bronzo, atti a spaventare questi uccelli, se ne servì per tirarli fuori del bosco f ché loro serviva di ritirata, e gli uccise a* colpi di frécce.