Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse/Discorso Terzo/Capitolo IV

Capitolo IV

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CAPITOLO IV.


Strade ferrate già attuate, in corso esecuzione, decretate, o divisate soltanto in Toscana ed a Lucca.


La Toscana fu ricca altre volte di capitali accumulati dai numerosi suoi speculatori e dagli industri suoi manifatturieri, dapprima all’arte della lana, più tardi anche a quella della seta specialmente applicati.

Codesta contrada vide nel medio evo le sue navi portare oltre mare dal Porto Pisano i prodotti de’ suoi opifici, scambiati colle ricche produzioni dell’Oriente.

Pisa e Firenze avevano allora in ogni parte d’Europa fondachi e fattorie, dove trafficavamo i capitalisti ed i fabbricanti loro.

Ma le intestine discordie surte in ogni città, le ire municipali [p. 199 modifica]che l'una contro l’altra muoveano a guerre incessanti; le rivalità sanguinose con Genova e con Venezia successivamente impoverirono la Toscana intera, fatta poi serva d’un suo cittadino, il quale a tutti soprastava per ricchezza e per artificiosa politica.

La caduta delle toscane repubbliche era contemporanea della cessazione d’ogni traffico in esse; laonde i capitali fuggirono ed alla primiera operosità mercantile succedettero l’ozio improduttivo e molta miseria.

Intanto aggravavasi siffatta lamentevole condizione di cose dal mal esempio de’ vizi che quei principi porgevano ai sudditi; chè se la stirpe medicea d’ogni bell’arte e delle scienze come delle lettere fu illuminata proteggitrice, non fu certamente maestra d'alcuna virtù.

Uno di que' prìncipi tuttavia esperto nella scienza di governo, senti come fosse necessario a quello Stato un altro scalo marittimo più atto a farvi rinascere qualche traffico.

Livorno, prima modesto, villaggio peschereccio, era da lui creato Porto-Franco ed i molti privilegi concedutigli tosto vi chiamarono trafficanti d’ogni nazione,.

Successivamente viepiù favorito, quell'emporio cresceva in estensione, in popolazione ed in ricchezza specialmente, quando, per somma ventura della Toscana, un’altra stirpe di principi di specchiata virtù succedeva ai Medici, per opposte tendenze affatto degeneri.

Il gran Leopoldo chiamò la Toscana a nuova prosperità morale e materiale, con farvisi promotore d’ogni onesta ed utile disciplina. Praticandole vere dottrine della scuola economica italiana, esso fondò il proprio governo sui savi principi d’una tolleranza illuminata e della vera libertà civile e commerciale.

Livorno, dove questi principi erano applicati al commercio generale, singolarmente viepiù cresceva i propri traffici; e quantunque mancassero nella Toscana gli antichi capitali, tuttavia quelli esteri sopragiunti colà favorivano nuovamente la produzione.

Durante l’invasione straniera e la guerra continentale, che desolò l’Europa al principio del secolo, Livorno vide esso pure, com’ogni altro scalo marittimo, deserto il proprio porto. [p. 200 modifica]Lo squallore e la miseria, da una letale pestilenza ancora aggravati (la febbre gialla del 1804), minacciavano quella città d’intera rovina; perocché gli speculatori esteri colà andati a trafficarvi o eransi rovinati, o fuggivano portando seco ogni loro avere.

Ma tornati nel 1814 all’avito dominio gli ottimi principi e confermati a Livorno gli antichi favori, risorgevano in quell'emporio le utili speculazioni, ed il traffico col Levante in ispecie fruttava molti guadagni.

Quando prendevano avviamento le strade ferrate, gli speculatori toscani, tosto sentirono come fosse necessario a Livorno il servire di scalo ad una di esse, onde meglio potessero colà avviarsi e riceversi gli scambi de’ prodotti della Toscana, non che della Penisola intera con quelli che d*oltre mare derivano.

Se non che era grave ostacolo all’assunto il difetto di capitali; laonde per molti anni l'utile idea fu ristretta ad tino sterile voto, e nulla più.

Intervennero finalmente gli esteri capitalisti, incitando alcuni speculatori toscani ad assumere, da essi assistiti, l’impresa d'una strada ferrata da Livorno a Firenze.

Le due case bancarie Pietro Senn e Comp. di Livorno ed Emmanuele Fenzi di Firenze, ricorsero separatamente prima, poi di concerto, onde ottenere insieme unite la concessione di detta strada, esponendo aver mandato da varii negozianti esteri di prendere interesse per un capitale in complesso di più milioni di lire in una società anonima per la costruzione quella via.

Le due case predette ottennero una sovrana risoluzione del 14 aprile 1838, mercè della quale la domanda loro venne accolta a queste condizioni:

I.° Che nel termine d’un anno, al più di mesi diciotto, decorrendi dal I.° maggio allor prossimo, fatti, a tutto lor carico, rischio e spesa gli studi occorrenti, rassegnerebbero al regio governo un completo e ben dettagliato progetto descrittivo ed estimativo della strada suddetta, con indicazione degli ideati modi d’esecuzione, si nel pubblico, che nel privato interesse.

2.° Che quando piacesse al principe accogliere quel progetto, [p. 201 modifica]facessero fede d’aver raccolte in sufficiente numero azioni di società anonima per eseguirlo, riservando 1/6 di esse pei nazionali che volessero acquistarle, lasciati gli altri 5/6 agli speculatori esteri. 3.° Che nel caso di denegata approvazione a quel progetto che darebbe presentato, le spese d’esso cadessero a carico dei postulanti, senz’alcuna pretesa a carico del governo.

4.° Che le due case bancarie fossero direttamente responsabili di faccia ai terzi delle anticipazioni che esigerebbero a cautela dell’adempimento delle sottoscrizioni; ed il governo solo lo fosse di faccia ad esse case bancarie quando ricevessero, le sue casse alcuna parte di quelle anticipazioni.

Ottenuta la concessione, i fondatori della divisata impresa, con pubblico manifesto del 24 aprile, suddetto, offrirono a tutti coloro che vorrebbero partecipare alla medesima lo spaccio delle azioni fissate al N.° di 30,000 del valore ciascuna di toscane lire 1,000 onde comporre il capitale di lire 30,000,000 giudicato necessario a far fronte alla relativa spesa. Dichiararono che sarebbero rilasciate, atteso il lasso di tempo richiesto prima che la società potesse costituirsi, delle ricevute provvisionali, alla ripresentazione delle quali verrebbero consegnate tante promesse di azioni, frattanto che fossero poi spediti i regolari certificati di queste. Le promesse suddette si offerivano nominative od al portatore, in arbitrio dei concorrenti, ed in caso, venissero rilasciate nominative, vollero esclusa qualunque responsabilità della verificazione della girata, qualora non esistesse preventiva opposizione1

Erano inoltre richieste queste altre condizioni: 1.° Il pagamento del 10 per % d’ogni azione a mani dei [p. 202 modifica]fondatori, da convertirsi nelle spese degli studi occorrenti, con deposito del soprapiù in una pubblica cassa.

2.° Le spese tutte a carico, prorata, degli azionisti.

3.° La riserva di 300 azioni beneficiarie fatta a favore de fondatori.

4.° L’emissione delle azioni al pari, ma non in numero eccedente le 50 per ogni soscrittore.

5.° I pagamenti delle rate successive solo in ragione dell’occorrenza de' fondi; quando il presunto totale non fosse richiesto, riduzione delle azioni alla somma realmente sborsata.

6.° Quando invece fosse insufficiente, lecito alla società di permettere ai fondatori lo spaccio del maggior numero d’azioni che si crederebbe necessario.

7.° Niun nuovo versamento dopo il primo del 10 per %, finché fosse accordato il privilegio che, approvato il progetto, venisse costituita la società.

8.° Nel caso di denegata concessione, restituzione del detto primo sborso,sotto deduzione però delle spese di perizia, ed altre amministrative da giustificarsi.

9.° Quando i versamenti ulteriori richiesti non venissero fatti in tempo utile, decadenza degli azionisti, dichiarata, colle forme solenni da stabilirsi dalla società, a profitto comune delle rate prima pagate.

Chiudevasi il manifesto con le più lusinghiere assicurazioni della fortuna che sarebbe toccata all’impresa2.

Queste condizioni e codesto affidamento produssero l'ideato [p. 203 modifica]effetto. In breve le azioni ebbero pronto spaccio; i fondatori riscossero pel 10 per % di 39,700 azioni (atteso che 300 erano lor date gratis) lire 2,970,000.

E volendo dar opera alla presentazione del progetto, per determinare la linea ch’in esso dovrebbe seguirsi, nominarono una commissione composta delle persone più rispettatili per vasta dottrina, come per specchiata onestà, affinchè, «formata una carta topografica del più esteso raggio da Firenze a Livorno, studiassero sul terreno le linee che sopra detto raggio potrebbero percorrersi, sciegliendo finalmente fra esse quella che respettivamente presenterebbe maggiore vantaggio sotto i rapporti della brevità, popolazione, commercio e minor difficolta d’esecuzione».

Quella commissione, era composta dei

signore rev. Padre G. Inghiami, delle Scuole Pie.

" professore Giuseppe Pianigiani.

" architettò Francesco Leoni.

" ingegnere Tommaso Bianchi.

" architetto Domenico Giraldi

" architetto Giuseppe Martelli.

" ingegnere Paolo Folini.

" architetto Luigi Bettarini, membri,

e n'era presidente il colonnello, or generale, conte don Luigi Serristori.

Si accinse la commissione con tanto zelo a soddisfar l'incumbenza, che il 5 luglio di quello stesso anno 1838 presentò la sua relazione, in cui conclude poco meno che all’unanimità (sette contro due voti) per la scelta della linea scorrente la valle dell’Arno.

Mentre in Toscana faceansi questi preparativi, cercavasi [p. 204 modifica]al’estero un reputato ingegnere onde affidargli la compilazione del progetto di massima e particolareggiato.

Codesto ingegnere si rinvenne nella persona del signor Roberto Stephenson, noto in tutta Europa per la sua grande abilità, singolarmente provata nella costruzione da esso ideata e diretta della celebratissima via ferrata apertasi tra Londra e Birmingham.

L’ingegnere suddetto, fatti gli occorrenti studi, trovò che la linea proposta dalla commissione toscana era assolutamente quella da preferirsi. E furono dello stesso parere gl’ingegneri Stoppner è Townshend, da lui mandati sulla faccia de' luoghi per istudiare il terreno e prendere gli appunti necessari, onde compire l'incumbenza avuta.

Colla sua relazione del 30 aprile 1839, il signor Stephenson, previo esame da esso pur fatto de luoghi, presentò il di lui progetto particolareggiato, seguendo in esso all’incirca la direzione suggerita dalla commissione suddetta, e valutando la spesa dell’opera divisata in lire toscane 13,463,760 3

Il progetto diviso in quattro sezioni offeriva i seguenti calcoli parziali: I.a Sez. da Livorno a Pisa... lir. tosc. 1,567,320

2.a " da Pisa a Pontedera... " 1,584,570

3.a " da Pontedera ad Empoli... " 2,196,930

4.a " da Empoli a Firenze 4, 514,940

per la sola strada ferrata.... lir. tosc. 9,863,760

Inoltre per le stazioni. lir. tosc. 900,000

Pel materiale di locomozione..." 2,700,000

Totale eguale ut supra, lire toscane 13,463,760 4 [p. 205 modifica] Quantunque il presidente del Consiglio d’amministrazione nel suo discorso detto l'1 luglio 1842, due anni prima quasi che fosse terminata ed aperta la prima sezione, affermasse: le spese fin allora seguite su quella tratta non eccedenti nell’insieme d’esse il calcolo preventivo, (asserzione questa non confermata nel discorso susseguito all'apertura suddetta, letto il 17 giugno 1844), tuttavia noi crediamo potersi prevedere ad opera tutta compita grave anzi che no l'eccedenza, fatta ragione della lunghezza della strada, d’alcuni luoghi difficili ch’essa percorrer debbe, ed avuto, del resto, per norma i precedenti occorsi al proposito per tutte le vie ferrate costrutte, la di cui spesa reale consunta sempre ha ecceduto quella preventivamente calcolata.

[p. 206 modifica]Sottoposto il progetto Stephenson all’autorità superiore, quello era approvato, e volendosi attuare l’impresa, emanava il sovrano rescritto del 25 febbraio 1840, per forma del quale statuivasi:

1.° Concedersi la facoltà di costrurre l’ideata strada alla società anonima da costituirsi colle norme segnate nel manifesto 24 aprile 1838 dei fondatori.

2.° Non esser valida la facoltà suddetta se entro un dato termine i fondatori non raccolgono il capitale di lire 17,000,000.

3.° Doversi fissale una tariffa dei prezzi ci trasporto di persone e merci.

4.° Spirato il termine della concessione privilegiata del dritto [p. 207 modifica]di riscuotere il prezzo di que' trasporti, dovere il governo subentrare ne' dritti della società.

5.° Non poter questa restringersi alla costruzione d’una o più di quelle tratte; permettendosi d’incominciare quella da Livorno a Pisa, e di proseguir quindi le altre sino all’intero compimento d’esse da Livorno a Firenze.

In seguito emanò il definitivo motuproprio di concessione del 5 aprile 1841.

A quel sovrano atto, promulgato dall' I.R. Consulta, tenne dietro la promulgazione, pur seguita per parte del direttore generale d’acque e strade, il 20 aprile 1841 de’capitoli approvati da S.A.I. e R: col sovrano rescritto praellegato del 5 aprile suddetto; i quali capitoli contengono le condizioni e riserve della concessione alla società anonima, di che nel motuproprio dello stesso giorno, per lo stabilimento d’una strada a ruotaie di ferro da Firenze a Livorno.

E finalmente pubblicavansi approvati gli statuti della società anonima preallegata.

Incominciati i lavori della prima sezione da Livorno a Pisa, malgrado la breve distanza e la nessuna difficoltà de’luoghi affatto piani su cui discorre la via, essi lavori, che al dir del perito doveano compiersi in 15 mesi, lungamente durarono, poichè solo al 14 marzo 1844, cioè quasi 5 anni dopo la presentata perizia, e 3 successivi alla concessione, si ebbe terminata quella breve tratta, e si potè incominciarne l’esercizio per tutta la sua lunghezza.

Frattanto i fondatori, i quali aveano, come già si è detto, collocate tutte le azioni, operarono in modo ch’esse prontamente salissero a prezzo maggiore del nominale, celebrando nella moltiplicata corrispondenza loro i grandi vantaggi presunti dall’ideata via, i di cui prodotti affermavansi dover essere ragguardevoli.

Contemporaneamente, riscosso da essi il primo a conto, trascurarono dal farne il deposito nelle regie casse, com’eransi obbligati; fatte al proposito istanze da alcuni azionisti, i quali richiedeano tale cautela, nacque una lite, nella quale pretendevasi [p. 208 modifica] aver facoltà di ritener quelle somme, attese alcune circostanze non prevedute; ma il deposito, sotto la deduzione delle prime spese d’ordinamento, salite alla somma di lire toscane 298,506,11,4, cioè circa 1/10 del fondo totale, venne ordinato dai tribunali, e tosto eseguito dal fondatori.

A queste emergenze succedeva, dopo il giuoco dell’aggiotaggio, la solita crisi, ed il valore al corso delle azioni per tal modo scadeva, che troviamo nel discorso del presidente, detto il 17 di giugno 1844, che pochi mesi prima le azioni erano assolutamente in bassa fortuna, non trovando acquisitori.

Ma il notevole prodotto ricavato dall’esercizio del primo semestre della tratta preallegata da Livorno a Pisa fece tosto risorgere il prezzo delle azioni e rivivere l’impresa5, attalchè vennero ripresi i lavori per la tratta fra Pisa e Pontedera, la quale sperasi aver compiuta nel 18456. [p. 209 modifica]Essendo cessata una delle cause cui s’attribuisce il notevole ritardo dell’impresa in discorso, la quale dovea terminarsi tutta in anni quattro; per le difficoltà frapposte alla spropriazione dei [p. 210 modifica]terreni per causa di pubblica utilità, mediante le provvisioni date dal governo toscano, vuolsi credere che la concepita lusinga non torni fallita.

Se non che pare, ciò malgrado, molto tempo ancora occorrere all’apertura dell'intera linea da Firenze a Livorno (che doveasi come s’è detto, compiere in anni quattro), alla qual cosa potrebbesi ovviare quando s'incominciassero anche i lavori dalla parte di Firenze, e si venissero così ad incontrare dai due capi d’essi. Perocché in difetto la più lunga distanza, e le maggiori e più difficili opere renderanno necessario l’impiego d’un molto maggior tempo.

Tanto più necessario sarebbe un tale provvedimento rispetto alla strada Leopolda, che, dovendosi essa congiungere ad Empoli colla strada ferrata centrale toscana, della quale parleremo nel seguito, appena sarebb’essa compiuta sino a quel punto, si potrebbe attuare l’esercizio da Siena a Firenze.

Perchè poi, pronto, facile ed attivo fosse all’estero il commercio delle azioni della strada ferrata Leopolda, i fondatori ebber cura di commettere in tutte le piazze d’Europa di qualche riguardo case bancarie reputatissime, coll'incumbenza di spandere e propagare i manifesti loro, spacciare le azioni proposte, riscuotere i versamenti richiesti a conto del prezzo delle medesime, pagare, finalmente, il primo utile di lire 5 contato dopo l’esercizio del 1.° semestre della tratta da Livorno a Pisa, ed i successivi.

Come scorgesi dai fatti sin qui narrati, desumendone l’indicazione dalle stesse pubblicazioni officiali, l’impresa in discorso veste tutto il carattere d’una speculazione bancaria d’effetti commerciali posti in corso, sulle varie piazze d’Europa, coi soliti vanti d’operazione di non mai veduta uguale utilità; e scorgesi ancora che riuscita come tante altre dapprima la detta operazione: poi caduta com'esse pure in bassa fortuna, ed altra volta risorta, finché forse nuovamente cada: anziché esser tutta un’impresa di pubblica utilità, come vantavasi, piuttosto è un giuoco di borsa operato sulla strada ideata, seguito tra le varie piazze commerciali di Europa, poichè, oltre ai 5/6 delle azioni, le quali in Toscana [p. 211 modifica] trovarono pochissimi acquisitori, sonosi collocate all'estero, donde vennero quasi tutti i fondi fin qui spesi per le opere eseguite7.

Premessa la narrativa de' fatti seguiti per la via ferrata Leopolda, la prima delle tante altre in Toscana ideate; passiamo per ordine di data a quella pure ordinatasi tra Pisa e Lucca da una società di speculatori lucchesi, i quali ricorsero all’annuenza necessaria loro dei due sovrani di Toscana e di Lucca, dovendo sui territori dei due Stati discorrere.

I signori Carlo Minutoli Tegrini,

Tommaso Giannini,

Avvocato Pasquale Berghini,

Felice Francesconi

e Giuseppe Vitali

avendo fatto a.S. A. R. il S. duca di Lucca un progetto preliminare per lo stabilimento di una strada a ruotaie di ferro da Lucca a Pisa, da intraprendersi da una futura società anonima da essi proposta, sottoponendo all'approvazione dell’A. S. gli statuti di quella società, chiesero la concessione, privilegiata dell'esercizio della medesima coll’osservanza della proposta [p. 212 modifica]tariffa dei prezzi di trasporto; e la prelodata A. S. si degnò annuire alla fatta domanda con suo motu proprio del 10 dicembre 1841.8 [p. 213 modifica]Contemporaneamente essi ricorrevano a S. A. I. e R. il gran duca di Toscana, onde ottenere ugual concessione per la tratta dell’ideata strada che decorre sugli Stati toscani, ed ottenuto l'impetrato favore, si fecero premura di parteciparlo al pubblico. Successivamente pubblicarono un manifesto per cui proposero l’ordinamento d’una società anonima di azioni 2,500, del valor nominale di lire lucchesi 4,000 cadauna (la lira lucchese vale 0,75 di franco o lira italiana o di Piemonte). Reputando la somma di lire 2,5000,000 sufficiente a far fronte alla spesa dell’ideata opera in quel manifesto annunziarono pagabili le dette azioni per decimi (ossia rate di lire 100) di due in due mesi; mediante emissione successiva di tante cartelle provvisionali, le quali di mano in mano spedite, doveano contenere ciascuna l’indicazione de’ pagamenti fatti, e vi si poteano attergare le girate dei varii possessori d’esse, finché all’ultimo pagamento si spedisse poi la cartella dell’azione definitiva.

£ perchè potesse la speculazione rendersi comune agli abitanti de' due Stati, faceano aprir registro per soscrivere alle azioni suddette nelle città di Firenze, Prato, Pistoia, Pescia, Lucca, Pisa e Livorno.

Intanto approvavansi i capitoli pella costruzione della strada dai due governi; ciascuno per la propria tratta, in conformità del progetto compilato dall'ingegnere Bianchi, e con deputazione d’un ingegnere governativo, col titolo di regio commissario, onde soprantenderne i lavori. — Dichiaravasi definitivamente costituita la società anonima, e per essere state collocate tutte le azioni, si annunciava cessato il primo spaccio d’esse. — Adunatasi la prima adunanza generale pel giorno 30 luglio 1844, e si pubblicava dai due governi la tariffa uniforme pei due Stati.

La linea della via ferrata, uscendo da Pisa, conduce ai bagni di San Giuliano, e quindi per Ripafratta, non lontana dal Serchio, si rivolge a Lucca.

I lavori incominciarono, e furono dapprima spinti con molta attività, che poi dicesi scemata, onde temesi che l’apertura della strada, la quale si annunciava per imminente, possa essere ritardata. [p. 214 modifica]Le azioni ebbero un primo favore, poi scapitarono esse pure quasi come quelle della Leopolda; ma tornate queste in favore dopo l’apertura dell’esercizio della linea da Livorno a Pisa, risalirono quello pure nel loro valore al corso, a segno che il Manuale dell'azionista nel proemio, afferma: essere le medesime tanto richieste e tanto dai possessori sostenute in favore, che già del primo decimo è raddoppiato il prezzo.

Dal detto proemio e dalla carta annessa al Manuale resulta, che la società lucchese intendeva protrarre la via ferrata da Pisa a Lucca sino a Pistoia almeno, passando presso a Pescia, Borgo a Bugiano e Monte Catini, e supponendo intesa pure un’altra linea conceduta tra Pistoia e Firenze per Prato, ne conchiudeva: due essere così le vie da Firenze a Livorno, ed ambo credeva utili e convenienti, pretendendo non poter l’una all’altra nuocere; essersi il governo toscano riservata la facoltà di concederle; il solo concorso delle popolazioni intermedie, come succede altrove, bastare ad assicurare alle due linee prodotti ragguardevoli 9.

I divisamenti della società lucchese sembrano bene avviati. Il sovrano di Lucca già estese la prima concessione fino ai confini del proprio Stato; quello di Toscana concedette ad una società toscano-lucchese formatasi la facoltà di fare al proposito gli studi occorrenti dal confine sino a Pistoia, la qual cosa equivale ad un affidamento di concessione definitiva, compiti ed approvati che sieno gli studi suddetti, cui però vuolsi che non si pensi per ora; ondechè non ci è dato di riferire il resultato d’essi sì nel [p. 215 modifica]rispetto tecnico, che in quello economico, nè possono citarsi le presunte spese, come neanche la sperata rendita10.

Mentre la speculazione, con ogni maniera d’incitamenti, ideava i progetti fin qui descritti, e quegli altri ancora che narreremo nel seguito, un lodevole sentimento di patria carità muoveva alcuni cittadini sanesi a dotare la patria loro d’una via ferrata, avente il doppio scopo di portar brevemente a Firenze ed a Livorno.

Trovavano in un abilissimo ingegnere, già pratico della materia, perchè da molti anni occupato nei progetti e lavori della [p. 216 modifica]via Leopolda, un generoso concittadino, il quale volontario esibiva l’opera sua, offerendo d’assumere gratuitamete il progetto definitivo d’una strada dai pressi’ di Siena, che per le valli dell’Arbia, della Staggia e dell’Elsa arrivando all’Osteria Bianca, venga ad incontrare la strada Leopolda ad Empoli, senz’alcun altro corrispettivo, fuori quello dì lire toscane quattromila, mediante le quali resterebbero a suo carico le spese de’ canneggiatori, d’aiuti, ecc.

Da questo atto generoso sorretti, que’cittadini, nel parteciparlo ai Sanesi con manifesto del 14 agosto 1844, invitavano i loro compaesani ad unirsi per comporre la detta sommai di lire 4,000 in dugento azioni da lire 20 cadauna, onde dar corso al progetto, del quale in detto invito dimostravano non solo l'utilità, ma anche la necessità. Perocché se Siena non fosse, come tante altre città toscane, riunita a Firenze ed a Livorno, sarebbe ormai certa la sua segregazione, quindi la sua decadenza.

Vuolsi ad onore ben meritato dichiarare il nome degli ottimi che così operarono; ed erano: l’ingegnere professore Giuseppe Pianigiani, perito gratuito; e promotori i signori marchese Alessandro Bichi — cavaliere Emilio Clementini — Giovanni Montorselli — Luigi Nencini — conte Giovanni Pieri — Abramo Servadio — Antonio Tamanti di Montalcino — e Policarpo Bandini11

Raccolta in pochissimi giorni la somma addimandata di lire quattromila, i promotori suddetti, costituitisi in comitato, non indugiarono a porgere al principe un ricorso, ond'impetrare la regia sanzione per proseguire nell’assunto. Quella ottenuta con dispaccio del 3 settembre successivo; nell’analogo manifesto del 9 detto mese, informavano il pubblico del felice e pronto resultato conseguito; confortando ancora i propri concittadini, e quei Toscani che potrebbero aver interesse nella nobile impresa, ad aggiungere ancora altre oblazioni, onde accrescere quel fondo per far fronte alle altre spese occorrenti, oltre a quelle vive da [p. 217 modifica]rimborsarsi all'ingegnere professore Pianigiani, ritenuto obbligato all’assunto impegno, a fine di preparare una società definitiva, la quale assuma definitivamente l'impresa suddetta, promuovendone ed ottenendone dal principe la concessione.

Terminarono il manifesto coi, attestare come fosse dovuto omaggio di pubblica riconoscenza al prelodato professore Pianigiani pel generoso regalo fatto dell'opera sua alla patria, ed annunziarono ai capitalisti nazionali ed esteri que'primi passi loro ad una impresa che si potea fin d’allora affermare dover riuscire un utile è sicuro impiego delle ricchezze loro 12.

Mentre a seguito del permesso anche ottenuto nel citato rescritto del 3 settembre, di fare gli occorrenti studi tecnici, a quelli attendeva senz’altro indugio il professore Pianigiani, onde averli fra tutto maggio 1845 compiti, com’erasi obbligato, il comitato dei promotori ebbe notizia dell’essere cotali studi condotti a segno che la materiale costruzione della via ferrata ideata non era altrimenti incerta, e potrà riuscire ben modellata a confronto d’altri esempi di strade tracciate in terreni di configurazione consimile.

Cosi pure venne informato dal segretario, che gli studi economici offrivano fondata speranza che i capitali necessari all’impresa potranno produrre un utile proporzionato alla occorrente loro quantità, e così che la speculazione potrebbe riuscire lucrosa anzi che no pegli associati.

Epperò col manifesto del 23 dicembre 1844, informato il pubblico di questi dati, proposte le condizioni che, salva la sovrana approvazione, dovrebbero invariabilmente servir di base alla società anonima, per la costruzione della strada ferrata da Siena alla strada ferrata Leopolda, informavano il pubblico medesimo ancora, che nel tempo decorso tra la deliberazione e la pubblicazione di quel manifesto fu esitata una quantità [p. 218 modifica]ragguardevole di azioni, e che dopo un tal fatto il comitato, profittando del tempo a vantaggio dell'impresa, stava occupandosi della compilazione degli statuti sociali onde sottoporli più presto alla sovrana sanzione; — e d’altra parte, che il signor professore Pianigiani, volendo secondare le premure del comitato, esibivasi di presentar quanto prima i disegni particolarizzati del primo tronco stradale da Siena a Poggibonzi per sottoporre, questi pure alla sovrana approvazione13

Per contribuire ad infondere negli animi dei concorrenti all’acquisto d’azioni la necessaria fiducia, pubblicava inoltre contemporaneamente il comitato suddetto il prospetto economico, geografico, statistico della strada in discorso, comprovante potersi sperare da essa un annuo provento superiore all’8, per % della somma occorrente per la spesa dell’opera assunta 14

Compitosi il numero di azioni di lire 1,000 necessario a comporre la somma di lire toscane 10,000,000; presentato dal prof. Pianigiani il regolare progetto tecnico, e dal comitato de’promotori lo statuto della società anonima; l’uno e l’altro venivano approvati dall'autorità superiore, la quale con motu proprio sovrano, notificato dalla real consulta, emanato il dì 5 aprile 1845, concedeva ai signori Giovanni Pieri, Alessandro Bichi Ruspoli, Emilio Clementini, Giovanni Montorselli, Luigi Nencini, Abramo Servadio, Antonio Tamanti e Policarpo Bandini la facoltà di costrurre e godere per anni 100 una strada a ruotaie di ferro da Siena ad Empoli, ordinando a tal effetto una società anonima di cui si approvavano contemporaneamente i proposti statuti: con che fosse eseguito il sottoposto ed approvato progetto dell’ingegnere professore Pianigiani, e si osservassero i capitoli di condizioni apposte all’impresa lo stesso giorno 5 aprile 1845, notificati dalla direzione generale d’acque e strade; tra le quali specialmente quelle della direzione da darsi, ad essa; del facoltativo suo riscatto dopo 15 anni d’esercizio; dell’osservanza della [p. 219 modifica]fissata tariffa; delle cautele d’ordine e. di sicurezza da praticarsi ne' lavori, ed altre prescrizioni tendenti al compiuto, buono e cauto successo dell’impresa,.

La direzione viene come segue accennata all’articolo 1.° dei capitoli:

«La strada ferrata avrà il suo cominciamento e la prima sua stazione presso Siena nella valle del torrente Malizia; e precisamente nello spazio interposto fra il detto corso d’acqua, la via della villa di Vico, e la R. Romana ... Partendo da questo punto, e adagiandosi sulle pendici volte a Levante, traverserà per mezzo di un traforo il colle di monte Arioso, che separa il versante dell’Arbia da quello della Staggia. Quindi.mantenendosi dappresso ai fossi di monte Arioso e di Carpella, passerà una prima volta il torrente Staggia poco al disotto della presa d’acqua del mulino delle Badesse. Dopo quest’incontro proseguirà sempre per la valle della Staggia, sviluppandosi il più presto sulla riva destra, passando sotto i paesi di Montereggioni e di Staggia, traversando in piano la strada R. Romana in vicinanza del ponte della Bista, e ripassando sotto di essa con un secondo traforo presso l’altro ponte di Colle, e giungerà alla stazione di Poggibonzi sulla spianata che si apre fra questa terra e il più volte menzionato corso della Staggia.

Dopo Poggibonzi il cammino della strada ferrata sanese sarà per la Valle dell’Elsa, toccando Certaldo e Castel Fiorentino, e mettendo finalmente alla stazione della via Leopolda presso Empoli».

Quanto alla direzione particolareggiata da Poggibonzi ad Empoli, non ancora proposta ed approvata come lo è da Poggibonzi a Siena, si riservano i capitoli d’approvare le successive proposte, osservate le norme di massima sopradette.

Le curve non possono essere ne’ risvolti minori di 500 braccia di raggio (il braccio toscano vale 0,5835 di metro).

Le pendenze, secondo i varii luoghi segnati, noti potranno eccedere il 3,62, il 6,61, e l'11 e 90 per 1,000.

La strada dovrà essere terminata fra anni cinque, e posta in esercizio. [p. 220 modifica]Sarà per ora con due sole guide di ferro. Potrà averne quattro occorrendone il bisogno. Sarà cinta e separata da ogni sua adiacenza. Avrà proporzioni uguali a quella della via Leopolda. Dovrà la società concertarsi coll'impresa di questa per la corrispondenza de’ convogli. E sarà finalmente tenuta di osservare le regole; ulteriormente promulgate intorno all’uso, alla polizia, alla sicurezza del transito, al modo di regolare la celerità delle locomotive e alla conservazione della strada ferrata, e delle altre opere accessorie, non meno che alle prescrizioni relative tanto ai trasporti di moneta, oggetti preziosi e piccoli pacchi, quanto alle moli di gran peso e alla esclusione delle materie che presentano qualche pericolo, come sarebbero quelle facilmente incendiabili; come pure alle discipline tutte politiche c doganali.

Finalmente que’ provvedimenti fissano la paga dell’ingegnere in lire 8,000 all'anno, l’ordinamento e corrispettivo de’ Consigli di costruzione e successivamente d’amministrazione, i controlli e gli utili ad essi assegnati, le regole dello scioglimento della società.

Siccome nel primo ordinamento di essa eransi assegnate ai fondatori 300 azioni beneficiarie, per far fronte alle spese d’ordinamento, queste liquidate, avendone consunte, specialmente in provvisioni bancarie ed in senserie per la cessione delle azioni reali solo 207, si è nello statuto dichiarato che le 93 residue azioni industriali verrebbero convertite in altretante azioni reali paganti, le quali sarebbero vendute al pubblico incanto, e che l'aggio ricavato andrebbe a beneficio della società, non de' promotori, rimborsati, e nulla più, d’ogni esposto da essi.

E quanto al pagamento delle azioni, lo statuto anzidetto lo fissa per rate, di 1/20 successivamente da farsi in ragione de' fondi occorrenti; coll’avvertenza che, non essendo necessaria l’intera somma’di lire 10,000,000, le azioni saranno ridotte della somma risparmiata; eccedendosi quella, sarà accresciuto il numero occorrente d’altre azioni pure di lire 1,000 necessario a comporre la somma mancante.

Queste sono, sommariamente epilogate, le regole della società per la strada ferrata centrale toscana15. [p. 221 modifica]Appena ottenute dal comitato sanese le necessaria facoltà d’operare, senza frapporre altro indugio, si dovevano cominciare i lavori, i quali voleansi aperti il 15 agosto con solenne festa e con la desiderata attività e regolarità.

L'ordine assunto ci chiama ora a.parlare della concessione preliminare accordata lo stesso giorno 4 aprile 1845 da S. A. I. e R. il gran duca ai signori Teodoro F. Mastiani Brunacci, Giorgio G. Zust, Michel'Angelo Barlugi e figlio, Leone Arbib e Comp., Enrico Rodolfo Ghebard, Angiolo Bartoli e Bonaiuto Paris Sanguinetti collettivamente di fare gli studi per la costruzione d’una strada ferrata da Livorno fino al confine romano, traversando la Maremma, passando da Grosseto e toccando la nuova dogana del Chiarone.

Gli studi anzidetti stanno, per quanto si afferma, facendosi, ma noi non sappiamo indicare chi ne abbia l’incumbenza, nè a qual punto siano, e quali resultati già presentino.

Altri pretendono che col pretesto della mal’aria, non siano incominciati, nè siasi peranco scelto il perito.

Solo possiamo dire scriversi a Livorno queste sentenze, riferiteci da un giornale, sull'ideata strada.

«Questa linea percorre varie fertili pianure, che da un punto per la via Leopolda si allaccia a Firenze, coll’altro accenna a Roma ed a Napoli, ond’è chiamata a divenire, come la più naturale comunicazione tra queste tre capitali, una delle più utili e belle strade della Penisola.

«II capitale sociale, approssimativamente calcolato necessario all’impresa, viene determinato in 32 milioni di lire toscane, divisi in 32 mila azioni di lire 1,000 cadauna 16.

Alle quali indicazioni aggiunge un altro giornale, che le azioni, o, per meglio dire, le promesse di quelle erano già in tal favore, che già vendevansi a Firenze ed a Livorno al 105 per % e così con 5 per % di premio, e che aveansi domande per 140,000 [p. 222 modifica]azioni, e così per 140,000,000 di lire toscane, quantunque il numero delle azioni da spacciare solo fosse di 32,000 17.

Queste sono le scarse notizie che abbiamo ottenute intorno alla strada maremmana.

Lo stesso giorno 4 aprile 1845 ancora S. A. I. e R. il gran duca accordò ai tre fratelli Bartolomeo, Tommaso e Pietro Cini un’altra concessione preliminare di fare gli occorrenti studi per la costruzione di una strada ferrata detta dell'Appennino tra Pistoia ed il confine della provincia bolognese, per la Valle dell'Ombrone e per la Valle del Reno. I quali studi, compiti nel 1845, si dovrà sottoporre alla sovrana sanzione il progetto particolarizzato e definitivo di detta strada.

Intanto col manifesto loro del 22 aprile 1845 i promotori dell’impresa fratelli Cini, offerirono al pubblico la formazione d’una società anonima intitolata Della strada ferrata dell'Appennino; assumente l’impresa di costruire, aprire all’uso del pubblico, e mantenere la strada nel di lei interesse ed a tutte sue spese, rischio e pericolo 18 [p. 223 modifica]Codesta società colle solite regole generali ordinata, dovrebbe durare anni 100, epoca della durata della concessione; avere un

capitale sociale di.... lire toscane 12,360,000
divise in azioni ......... » 12,360
delle quali azioni reali paganti...... » 12,000
e in azioni beneficiarie ... » 360

attribuite al Consiglio d’amministrazione provvisionale erettosi, il quale «potrà liberamente disporne per indennizzare le persone che avranno sostenuto cure e spese per la formazione del progetto e la organizzazione della società medesima».

Queste norme, partecipate anche al pubblico con notificazione della regia consulta del 14 detto mese d’aprile, dispongono fra le altre cose eziandio, che gli acquisitori delle azioni dovran pagare intanto il 5 per % d’ognuna d’esse, a mani del signor Laudadio della Ripa, eletto cassiere: — Che le cartelle delle promesse d’azioni saranno firmate dal signor Bartolomeo Cini, uno de’promotori;— Che il secondo 1/20 dovrà pagarsi fra quattro mesi; — Che gli altri 18/20 saran successivamente pagati a pena di decadenza, previo avviso, anticipato di due mesi del Consiglio d’amministrazione della società costituita; — Che ogni 1/20 godrà del frutto del 4 per % a carico della società, contando dalla fine di ciascuno dei mesi nei quali sarà avvenuto il pagamento; — Che la somma di lire 12,360,000, essendo eccedente il bisogno, ogni azione verrà ridotta al solo minor valore occorrente, e quando fosse insufficiente, saranno emesse azioni supplementarie di lire 1,000 caduna nel numero necessario; — Che la formazione del progetto, e l’esecuzione dei lavori, come ogni direzione tecnica sono affidate al signor Tomaso Cini, il quale [p. 224 modifica]eserciterà gratuitamente l’ufficio suo per quanto spetta alla compilazione degli studi e del progetto definitivo, e rispetto all’esecuzione dei lavori, avrà una provvisione, da fissarsi per ogni miglio di strada costrutta: — Che quando fosse negata la concessione definitiva, o per qualsivoglia altro motivo non potesse attuarsi la società, le somme incassate verranno restituite ai possessori delle promesse d’azioni, detratto però il disborso dei frutti già pagati, non che il montare delle spese fatte per gli studi, per la formazione del progetto, ed altre concernenti all’ordinamento della società; le quali spese saranno giustificate con pubblico rendiconto.

Che il Consiglio d’amministrazione, creato, supponesi, dai fondatori, è intanto composto dei signori:

Professore Eusebio Giorgi, delle Scuole Pje, presidente.

Cavaliere G. B. Amici, vice-presidente.

Marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes.

Pietro Igino Coppi.

Bartolomeo Cini.

Pietro Cini.

Lacdadio della Ripa, cassiere.

Dottore Raimondo Meconi, segretario.

Il tutto come meglio è spiegato nell’anzidetto manifesto 22 aprile 1845, il quale inoltre esordisce col prendere a dimostrare la somma convenienza dell’impresa in ragione della importanza massima dell’ideata strada19.

Ignoriamo a qual punto siano gli studi, che sappiamo però proseguiti con molta alacrità, essendo il signor Cini sussidiato da collaboratori inglesi pratici nella materia. Cosi pure non ci è noto a qual punto sia lo spaccio delle azioni, ma pensiamo che sarà però sicuramente compito a suo tempo, durando le presenti tendenze.

L’ultima recentissima concessione definitiva di strade ferrate in Toscana a noi nota la è quella accordata colla notificazione del 25 giugno 1845 a Gaetano Magnolfi, Pietro Igino Coppi, Raimondo [p. 225 modifica]Meconi, Orazio e Alfredo fratelli Stall; Giuseppe Francesco Sloane e Giuseppe Vai; per forma della quale è loro fatta facoltà di formare una società anonima per azioni; la quale assuma dì costruire ed aprire all’uso pubblico e mantenere nel suo interesse e a tutte sue spese, rischio e pericolo; una strada a rotaie di ferro da Firenze a Pistoia; passando per Prato; colla durata del privilegio per soli anni 60 a vece di 100, e colla riserva; visto il progetto definitivo, di farvi le modificazioni e variazioni di cui sarà meritevole; e di prescrivere rispetto alla costruzione, attivazione ed esercizio della strada; alla redenzione del privilegio; e alla decadenza del medesimo le condizioni trovate giuste e congrue; analogamente a quanto è stato Stabilito nei motu propri e nei capitoli relativi alle strade ferrate da Firenze a Livorno, da Lucca a Pisa, e da Siena ad Empoli.

Furono ancora aggiunte le seguenti condizioni a carico della società.

Pagamento del canone di lire 10,000 annue all’orfanotrofio della Pietà di Prato; finché durano i lavori e non è in via l'esercizio della strada.

Pagamento del canone di lire 30;000 annue dall’atto dell’incominciato esercizio.

Volendolo l’orfanotrofio suddetto; riscatto del preallegato canone, mediante pagamento del capitale di francesconi 100,000, equivalenti a lire toscane 666,663, 13,4.

Apertura a spese della società d’officine nell’orfanotrofio predetto,corredandole di convenienti maestranze all’oggetto di procurar mezzi d’istruzione e lavoro agli orfani nel mantenimento e nel maneggio del materiale mobile della strada in esercizio.

Fondazione di sei posti gratuiti in perpetuo nel detto stabilimento, con pagare il capitale o fondo a ciò necessario di lire 25,200, prelevando la detta somma dall’emolumento del 1 per % accordato sul capitale sociale; che spetterà come onorario al Consiglio d’amministrazione durante la costruzione.

Presidenza di quel Consiglio attribuita al direttore di quell’orfanotrofio; senza che ne avvenga mai perciò alcun obbligo al detto istituto. [p. 226 modifica]Proibita remissione d’ azioni industriali, tutte dovendo esser paganti quelle da emettersi per lire toscane 6,000,000.

Cauzione di lire 2,000,000 versata nelle regie casse, da non ritirarsi che dopo l’erogazione de’ tre quarti del capitale occorrente all’impresa.

Finalmente, da un’espressione dell’articolo prescrivente la detta cauzione, che si ammette pagabile pei concessionari dalla società italiana ed austriaca per le strade, residente in Londra, come, da notizie indirette pure ricavasi che i concessionari medesimi non sono che gli agenti o soci rappresentanti di quella società inglese, la quale è la stessa di cui già si è tenuto discorso al capitolo 2.°, che, presieduta dal signor Jackson, vuole assolutamente attendere a speculazioni consimili in Italia, proponendosi, appena il giuoco d’esse nella borsa di Londra verrà come al solito attuato, che larghi saranno i profitti dei banchieri20 l.

La recente concessione ed il tempo brevissimo corso dopo di essa, non ci concedono di ragguagliare del punto cui sono i lavori di perizia, e dei calcoli preventivi fatti della spesa occorrente ai lavori ideati, come della rendita che si presume di trarre dall’esercizio della detta via 21.

Noi taceremo pertanto d’essa per ora.

Queste sono le concessioni sì preliminari che definitive concedute in Toscana.

Molte altre ancora diconsi proposte, ed in istanza; chè in Toscana, come vedesi, è somma la tendenza a speculare su questo nuovo mezzo di comunicazioni, se non altro nel progettarle22. [p. 227 modifica]Fra i molti divisamenti ideati di tal natura ci ristringeremo ad indicare i principali per cui vuolsi che siavi positiva istanza, e da più compagnie al tempo istesso, le quali si disputano la preferenza della medesima concessione.

1.° Da Firenze per Arezzo in val di Chiana al confine pontificio.

2.° Da Firenze per la Romagna a Faenza.

3.° Da Livorno per Pisa, Lucca, Carrara, Massa e Sarzanese a Pontremoli e Parma.

In Toscana non credesi però che lo spaccio delle azioni sia molto.

Vuolsi che le strade finora concedute, escluse quelle proposte ancora soltanto, tengano impegnato un capitale nominativo d'oltre i 100 milioni; ma che appena sianvi dei capitali Toscani per un milione di lire. Il resto son capitali esteri, chiamati dai banchieri toscani agli oltremontani con incessanti inviti circolari indirizzati ai corrispondenti loro, ai quali come di ragione pingonsi tutte ottime le proposte speculazioni23.

Nessuna rete ordinata di strade ferrate è stata decretata in Toscana dal governo, il quale pare essersi tratto tratto successivamente deciso ad approvazioni parziali e speciali non sempre collegate fra loro, abbandonando ad intesa libertà la speculazione privata.

Nè alcun sussidio in sostanza veniva conceduto ad [p. 228 modifica]incoraggiamento di quelle speculazioni; perocché tale, non può chiamarsi, a rigore, l’esenzione dei dazi di dogana, conceduta a tutti i concessionari pei ferri e meccanismi provenienti dall’estero onde attuare le nuove vie. Imperciocché è chiaro che, se queste non si facessero, que’ dazi non sarebbero altrimenti riscossi.

Anzi dalle concessioni medesime vedesi non corrisposto interesse alcuno per le somme fatte depositare qual cauzione degli assunti impegni dalle compagnie, come si scorge riscosso il diritto di bollo straordinario sulle molte cartelle di cui occorre la spedizione per le promesse d'azioni e per le azioni definitive ondechè debb’essere notevolmente aumentato il ramo del bollo della toscana finanza.

Il solo provvedimento direttivo generale emanato relativamente alle strade ferrate in Toscana è la notificazione del 15 aprile 1845, con cui la reale Consulta, d’ordine di S. A. I. e R. ha segnate le norme da osservarsi dai promotori d’impresa per la costruzione di strade a ruotaie di ferro destinate a pubblico transito, i quali abbiano ottenuto la facoltà di farne gli studi24*.

Codesto provvedimento, che stimiamo opportuno di riportare per intero, stabilisce preventivamente le condizioni generali che il governo ha deciso d’imporre ai concessionari, oltre a quelle particolari, che per la specialità del caso potranno poi occorrere.

Queste condizioni generali sono:

Il deposito in una pubblica cassa di 2/20 del fondo sociale a titolo di cauzione.

L’intera risponsabilità dell’impresa a carico dei concessionari.

Il privilegio duraturo per anni 100, durante i quali potrà percepirsi il prodotto della strada, riscosso sotto l'osservanza dell’approvata tariffa.

La devoluzione della strada al governo scaduto il secolo, salvo l’acquisto, da convenirsi, del materiale.

La decadenza dal permesso di fare gli studi incorsa da coloro che li incominciassero, ed emettessero azioni o promesse delle [p. 229 modifica]medesime, senz’aver fatto replicatamente pubblicare un manifesto il quale dichiari le varie condizioni dell’impresa.

Il tutto com’è meglio accennato nella notificazione preallegata.

Questa è la notizia de’ fatti seguiti in Toscana dal 1838 in poi rispetto alle strade ferrate, i progetti delle quali; senza un ordine prestabilito successivamente, tutti approvati con molta facilità dal govemo, ove fossero tutti realmente mandati ad effetto, farebbero di quella non molto estesa provincia italiana la contrada più intersecata in vario senso dalle nuove comunicazioni.

Cotesta somma tendenza de’ Toscani ad ideare strade ferrate; assai conforme del resto a quelle tendenze consimili che notansi del pari in Francia, nella Gran Brettagna ed in Germania, quantunque succeda in proporzioni più esigue, ci conduce ad esporre alcuni serii riflessi, onde il pubblico criterio discerna il positivo dall’ipotetico, la realtà dalle illusioni, il beneficio probabile dai danni che possono prevedersi.

Non può contendersi, che il congiungimento dell’emporio di Livorno con Firenze, passando per Pisa, è consigliato come utilissimo; perocché esso pone que’ tre centri di popolazione ragguardevole agglomerata in più facile, più pronta e men costosa relazione, onde nascer debbe fra essi un notevole aumento di traffichi e di relazioni.

Quando poi si potesse protender quella via ferrata da Firenze, si verso Roma che verso Bologna e le Legazioni, per giugner quindi a-qualche scalo degli Stati pontifici sull’Adriatico, ed alla strada Ferdinandea; o, per parlare più esattamente, ad alcune diramazioni di questa nella valle del Po: non può negarsi, che l’emporio suddetto sarebbe grandemente beneficato dalle crescenti speculazioni derivanti da siffatta condizione di cose.

Ma volendosi freddamente giudicare la questione, pare a noi che due vie presentandosi tra Livorno e Firenze, una sola di esse per ora almeno conveniva di scegliere, non ambedue, come si è fatto; perchè dalla doppia opera così intrapresa’ debbe necessariamente derivare un soverchio dispendio, colla certezza d’un ben scarso utile.

Vogliamo parlare delle due linee: [p. 230 modifica]1.° Da Pisa in Valdarno per le Fornacette, Pontadera, Empoli, Ponte a Signa a Firenze.

2.° Da Pisa; pure per Lucca, Monte Catini, Pescia, Pistoia e Prato, anche a Firenze.

Quella più breve, ma di più difficile, perciò relativamente più costosa costruzione; transitante per luoghi men popolati; ed in certi punti fors’anche esposta alle solitamente disastrose inondazioni dell’Arno.

Questa più lunga in vero; ma di poche miglia soltanto; porgente accesso a città importanti; a luoghi popolatissimi; e ricchi per fiorente industria agricola e manifatturiera; di più, posta alle falde dell" Appennino ed allo sbocco delle varie valli d’esso conducenti alla gran valle del Po.

A caso vergine i vantaggi delle due linee sembravano, adunque non lasciare dubbio sulla, convenienza maggiore della seconda; solo avendo a cosa fatta la prima acquistato di poi pregio maggiore per l’ideata sua congiunzione ad Empoli colla successivamente progettata strada centrale toscana proveniente da Siena.

Coloro che leggeranno il Rapporto della commissione toscana del 5 luglio 1838 (pag. 7 del Manuale dell’azionista già citato), più ancora la Relazione e stima del signor R. Stephenson (pag.34, Manuale suddetto), ne’ quali documenti lungamente si discute quale sia la linea da scegliersi; potran forse reputare a primo aspetto men fondate, nel rispetto tecnico almeno, le nostre ragioni. Perocché si dirà: ove quella seconda linea fosse stata riconosciuta più conveniente davvero, certamente gli egregi e dotti membri della commissione toscana; così pratici de’ luoghi, e il celeberrimo ingegnere inglese non avrebbero tralasciato dal proporla di preferenza alla prima.

L'obbiezione è grave assai, specialmente contro noi, che siamo ben lontani dal proferirci versati nelle tecniche cognizioni; altrimenti che come esser lo debbe un amministratore cui spetti giudicare le proposte dei periti.

Ciò malgrado, accingiamoci a discuterla.

Nella risoluzione di qualsivoglia problema non si può dedurre la sicura notizia dell’incognita, che partendo dagli elementi dati per base alla questione. [p. 231 modifica]Ora la commissione toscana e l’ingegnere inglese aveano incumbenza di suggerir una linea toscana la più breve e meno costosa che si potesse ideare da Livorno a Firenze passando a Pisa.

I committenti erano Toscani, e, certi di conseguire l’annuenza del proprio principe, erano men sicuri d’aver quella del duca di Lucca, specialmente se, com’è probabile, aveano notizia che a Lucca pur erano speculatori, i quali voleano tentare impresa consimile, come di fatti è succeduto.

La concorrenza adunque tra due imprese, che potevano divenir rivali, sembra esser stata la causa prima per cui tacquero al proposito della seconda linea committenti e periti.

Nè ciò dovea sorprendere all’epoca del 1838-39 in cui facevansi i progetti; laonde molto opportunamente i periti suddetti notavano gl’inconvenienti d’una linea, la quale andasse verso Prato e Pistoia per tornare poi in Val d’Arno, dove era forza di rimanere, per venire più presto e senza toccare quel di Lucca a Pisa ed a Livorno.

Ma ciò ch’era fondato e ragionevole nell’esordio della pratica, quando aveasi lusinga del sicuro suo buon esito, può esserlo meno assai nell’epoca attuale, dopoché la speculazione soggiacque a tanto ritardo ed a molte perdite; e dopo che, se si eccettua la succeduta predente favorevole reazione, l’opera fu per molti anni screditata, e potrebbe per avventura esserlo ancora.

In questa ipotesi pare a noi pertanto, che, come tra Parigi e Versaglia fu men prudente la costruzione di due vie ferrate, l’una e l’altra chiamate a sicura perdita, così tanto più tra Firenze e Livorno può dirsi assai arrischiata una speculazione consimile.

Ma la strada centrale toscana, dicesi, annienta ogni eccezione contro quella Leopolda pel Val d’Arno ; poiché anzi col procurarle il concorso d’una più numerosa popolazione e d’una gran parte del traffico interno toscano, essa ne migliora la condizione, la quale da perdente può divenir profittevole.

Non si contende che l'idea di fare la via Sanese fu un incidente fortunatissimo per la Leopolda, dopo che meno prudentemente quella deliberavasi dì condurre come fu condotta, e ciò [p. 232 modifica]specialmente se si verificherà nella massima parte il calcolo da presunti prodotti della detta strada centrale, ma si ripete, che a caso vergine, una sola linea, e non due; e la seconda, non la prima, doveansi deliberare e mandare ad effetto per parte di privati speculatori.

Abbiamo detto di speculatori privati, perchè altra parte, se il governo toscano si fosse risolto a concedere soccorsi reali e diretti alle due imprese, allora certamente, quanto all’utilità generale, ambedue sarebbero state profittevoli.

Nè la cosa sarebbe invero a quella finanza incomportabile, quand’anche essa si privasse di quell’impura sua rendita del lotto, come per onore di lei desideriamo di tutto cuore ne avvenga, vedendosi nella Germania Stati minori od almeno uguali all’incirca (come Bade, Wurtemberga e Sassonia) entrare animosi in tale assunto, e gravare il proprio avvenire con nuovi debiti, per procurarsi il beneficio attuale delle nuove comunicazioni, quantunque a differenza della felice e pacifica Toscana, molto saviamente di poche armi provveduta, debbano a gravi spese militari sopperire.

Stringendo in più brevi parole il sin qui detto, è lecito conchiudere: che, come speculazione privata, la costruzione delle due linee sembra a noi meno utile, e quindi, che i vantati futuri profitti di esse voglionsi presumere assai minori, per modo che, se le due speculazioni non saran perdenti, molto esiguo tuttavia debbe riuscirne il profitto.

Ci conferma in questa opinione il convincimento in cui siamo, che i calcoli preventivi delle spese occorrenti per costruire e mantenere le vie Leopolda, Toscana-Lucchesé e centrale saranno sicuramente oltrepassati per le cause altrove già dette, come dovunque è succeduto; e che le presunte rendite d’esse vie sonosi esagerate, la Lucchese in ispecie, al solo ed unico fine di procurare alla speculazione un pronto spaccio delle azioni, facendo col giuoco di borsa, notevolmente crescere il valore al corso di esse, e conseguire tosto a profitto de’ promotori larghi guadagni.

Laonde ne pare, che se il governo toscano non avesse lasciato [p. 233 modifica]cosi libera azione all’aggiotaggio colla facile approvazione d’ogni progetto, avrebbe più cautamente operato.

Difatti sembra lecito temere, per molte fra le concessioni toscane accordate (giacché questi nostri riflessi sono a tutte applicabili), che dato un primo o, per parlare più esattamente, un secondo sfogo al giuoco dell’aggiotaggio; conseguito mercè d’esso qualche profitto, le azioni, anche divise, occorrendo, in frazioni, per curarne il più facile e miglior spaccio, acquistinsi infin di conto da persone le quali non conoscano tutta l’estensione ed il pericolo del carico che assumono. Perocché un tal carico, dapprima tenuissimo, attesi i ripartiti versamenti stabiliti successivamente, colla realtà d’essi richiesta, diviene per molti grave assai, e quindi corre pericolo di non essere adequato ai mezzi di cui l’azionista imprudente ha a disporre.

La Toscana già trovasi, come a tutti è noto, desolata dal giuoco del lotto, il quale ivi assorbe ogni frutto dell’economia e del lavoro, vedendovisi una popolazione di abitanti 1,500,000 giuocare ogni anno all’incirca lire 5,000,000; proporzione questa, enorme e rovinosa, cui non giugne alcuno degli altri Stati italiani, pur gravati dall’infausto balzello, ed a cui non mai giunsero la Francia ed altre contrade, quando aveano esse pure il fatal giuoco, ora felicemente in quelle soppresso25.

Noi, che sinceramente amiamo la Toscana, dove ci onoriamo d’aver molti amici carissimi, confessiamo temere assai che in essa, coll’occasione delle vie ferrate in soverchio numero intraprese da società private senz’alcuno governativo concorso, [p. 234 modifica]s’aggiunga alla piaga del lotto, già causa non dubbia per la medesima di molto danno morale ed economico, quella altres'ì dell’aggiotaggio, ugualmente perniciosa nei due rispetti.

Non possiamo quindi approvare la soverchia moltiplicazione degli accennati progetti.

E se, come sembra potersi temere, alcuni fra essi solo incominciansi senza poi aver termine, scorgiamo nel discredito che ne avverrà a quelle imprese un danno gravissimo, il quale può tornare pregiudicievole all’insieme di tutte quelle speculazioni, taluna delle quali pur avrebbe potuto riuscir fruttuosa per le migliori condizioni in cui trovasi.

Ancora; quando si fanno progetti di strade ferrate, specialmente per opera di speculatori di banco, come per la Leopolda, la Lucchese ed altre Toscane è succeduto (tranne per la centrale, in vero da fine patriottico inspirata), si calcola il numero di persone abitanti la zona cui debbe la strada servire; quello, de’ viandanti e delle merci, come del bestiame che passan sulle strade ordinarie attuali; si pone per indubitato, cha tutti coloro che or vanno a piedi, preferiranno il nuovo veicolo; — che, il bestiame, or condotto a’ suoi piedi, si farà viaggiare in vettura; — che le merci, lentamente carreggiate o navigate, si vorran tutte condotte velocemente dalle locomotive, come se di tutte premesse il pronto attivo, a poche soltanto necessario; — poi, sommato il totale, ed ingrandito ancora, perchè aumenta sempre il transito delle persone che vanno in carrozza, si deduce tale una somma, che lancia travedere ai progettanti ed a coloro che ad essi credono, certissimo un ingente frutto.

Questo poi si fa alto suonare pelle borse e pei banchi d’Europa, e fortunato allora chi ottiene d’essere ammesso all’industriale banchetto26 [p. 235 modifica]Ma al tempo delle illusioni succede quello del disinganno, e dopo questo viene il discredito, talvolta il fallimento delle imprese; le quali imprese, in fin di conto, scorgonsi solo aver fruttato ai promotori o fondatori d’esse, perchè possessori d’azioni industriali, e ancora quando col favore dell’aggiotaggio riuscirono a tosto venderle con profitto27.

Siamo assai dolenti di dover severamente giudicare, codeste imprese, ma i fatti replicatamente seguiti altrove quelli ch’oggi ancora abbiam sottocchio, né fanno un dovere a coloro che, come noi, vogliono bensì celebrare i vantaggi del maraviglioso nuovo mezzo discorso di circolazione così utile alla produzione, distribuzione e consumo della generale ricchezza, considerata qual potente elemento di prosperità e di vera civiltà, senza però incontrare i pericoli di tal novità28.

Nell’encomiare i vantaggi di metodo così fatto, nell’incitare i nostri concittadini della Penisola, come i governi d’essa ad ordinarlo pel maggiore incremento della prosperità della patria comune, le dottrine della scuola Italiana cui ci onoriamo di [p. 236 modifica] appartenere che concedono che si tacciano gli abusi ed i pericoli che possono derivare in codesta maniera dell’aggiotaggio29 [p. 237 modifica]Napoli vide seguire, anni sono, casi lamentevoli per esso, colle tante società anonime colà poi fallite; e noi vogliamo sperare che non sieno per ripetersi al proposito delle nuove strade ferrate.

Il regno Lombardo-Veneto corse il pericolo di veder andar fallita pei raggiri del giuoco di borsa la bella sua impresa, e sol debbe alla saviezza del provvido suo governo se ne usciva illeso, e se potrà conseguire l’ideato scopo di vederla felicemente terminata.

Gli Stati sardi fin ora pure si conservarono illesi dà quel flagello, per la previdenza d’un governo savio ed illuminato; e si accingono, come direm pure fra non molto, all’assunto in discorso, mantenendosi prudentemente lontani dal correr siffatto pericolo.

La Toscana sola in Italia sembrandoci grandemente avviata ad inciamparvi ed a servir di tema alle replicate speculazioni dell'aggiotaggio sulle piazze estere, noi dovevamo dirlo senza esitazione, poiché vediamo ai suoi azionisti ed a quelli esteri promessi frutti, cui nè Gran Brettagna, nè Belgio, nè Francia, nè Lamagna giunsero mai per le imprese consimili fatte in luoghi d’immenso traffico, con popolazioni numerosissime ed operosissime a confronto delle nostre.30

Ed appunto perchè ardentemente, desideriamo veder quanto prima è possibile attuate le ideate imprese, non vorressimo che fossero assunte sbadatamente senza osservare le regole della prudenza 31

[p. 238 modifica]Le nostre parole spiaceran forse a taluni; ma noi non scriviamo per gli speculatori di borsa; sibbene per tutti i nostri fratelli della Penisola, cui facciamo omaggio del frutto de’ nostri studi sulla materia, ai quali studi da molti anni noi attendiamo; contentissimi se i nostri riflessi, incitando popoli e governi alle speculazioni fondate e ragionevoli; terranno gli uni e gli altri lontani dalle imprudenze industriali, dalle quali sempre nasce molto danno economico, e, quel che più importa, moltissimo danno morale.

Gli speculatori di borsa niun mezzo tralasciano per generare illusioni.

Per tacer di molte loro asserzioni, basti il dire vedersi nel Lloyd austriaco di Trieste ed in alcuni altri giornali della Penisola articoli, ch'essi vi fan tratto tratto inserire come nei periodici oltremontani; ne’ quali articoli si annunciano mirabili gli effetti presunti dalle ideate speculazioni.

Così a Livorno ed alla Toscana tutta van profetando dovere le divisate linee fruttare un movimento commerciale immenso, atto ad arricchirla; invece non mancano i vaticini più spaventosi sui funesti effetti della concorrenza degli altri porti italiani, se quelle strade non sono sollecitamente intraprese.32

Così l’avvocato Landucci dichiara nel Giornale agrario di Firenze, n.°74 le linee toscane nè anche bastevole doversi quelle [p. 239 modifica]protrarre onde collegare tra loro le varie italiane province; e fin qui lodiamo l'assunto, purchè fosse ristretto al necessario ed al possibile. Ma quando vorrebbe che Livorno fosse elemento di via primeggiante sur ogni altro scalo, quando conducendo la strada Leopolda da Firenze a Loiano vorrebbe spartirla in due grandi linee, delle quali una andrebbe a Roma, l'altra in riva all'Adriatico; e presumerebbe con queste attrarre agli scali di Livorno e d’Ancona il commercio dell’intera Europa; non possiamo dividere la sua opinione in questi termini espressa: «Così tutte le merci della Germania verrebber a noi dal porto d’Ancona, mentre quelle della Francia e dell’Inghilterra andrebbero all’Umbria; alla Marca ed alla Romagna da Livorno»; a meno che intenda parlare delle sole merei destinate alla consumazione interna di quelle province; la qual cosa già di presente succede e solo sarebbe dalle strade feriate resa più facile; più pronta e men costosa.

Il sopra citato giornale triestino del Lloyd austriaco, nell'assentire alle idee del signor Landucci; dicendo ch’esse incontrano l’approvazione di molti, aggiunge: che a distruggere la concorrenza temuta da una linea che da Genova andasse a Milano, il già citato chiarissimo signor ingegnere Gastinelli; pisano propose la linea da Lucca a Parma per Pontremoli; un’altra da Lucca a Modena; già pretesa approvata per quanto all’esiguo territorio lucchese concerne; un’altra, infine, che da Grosseto per le Maremme a Roma ed a Napoli portasse.

Tutti codesti progetti certo sarebbero utili e possibili trattandosi di strade ordinarie là dove per avventura ancora mancano; chè molte pur già esistono in quelle direzioni. Ma pretendere di ridurle tutte a vie ferrate gli è un’impresa colossale; che possono solo ideare gli speculatori dell’aggiotaggio.

Qual compenso, difatti, potrebbe sperarsi adequato all’enorme spesa di tanti passi dell’Appennino nella sua maggiore altezza e profondità specialmente; con difficoltà d’arte gravissime; solo per provveder da Livorno qualche centinaio di migliaio d’abitanti; ora facilmente provveduti altrove; ed anche dallo stesso scalo colle vie ordinarie? [p. 240 modifica] Perchè una di codeste imprese convenga, importa che sia grandissimo il numero dei consumatori da provvedere; — che altre vie di transito ugualmente facili non s’abbiano, a que’ lontani scali cui vuolsi giugnere; — che tenue sia la spesa od almeno riesca adequata al presunto reale prodotto.

Queste condizioni mancando assolutamente a molti dei progetti toscani e lucchesi, ne duole il dover dire, che possono chiamarsi più ipotetici che reali, e che non possiamo perciò predicarne l'utilità, come di molti altri già s’è detto e si dirà ancora.

Vero è che certa scuola pseudo-economica professa il principio di incitare con ogni maniera di stimoli la produzione, senza imbarazzarsi poi nè punto nè poco, ch'essa riesca per avventura mal distribuita e consunta con perdite individuali, e senza prendersi il menomo pensiero degli effetti morali che possono derivare.

Cotesta scuola disprezzerà probabilmente i nostri timori, chiamerà ignavia la nostra prudenza.

Noi, che non le apparterremo mai, tranquilli sulle nostre intenzioni, convinti della bandita opinione, non cesseremo perciò dal predicarla.

Premesse queste considerazioni, applicabili, ripetesi; a quasi tutte le concessioni accordate, ed anche solo impetrate, ne restano ancora alcune, altre speciali ad esse relative.

Della via Leopolda e Lucchese null’altro ne resta a dire; se non che, avuto riguardo alle distanze ch’esse dovran percorrere, pare a noi l’estimo delle spese doversi in realtà sicuramente oltrepassare, non potendoci noi persuadere che, ad opera tutta compita, un kilometro di strada ferrata italiana abbia a costar meno di quanto costarono per kilometro e coston tuttora le strade ferrate francesi e belgiche.

Quanto alla strada ferrata centrale toscana, se si eccettua altresì qualche dubbio intorno alla sufficienza della somma assegnata per sopperirle la spesa e relativamente al presunto montare della sua rendita, ci gode l’animo di dover porgere a quell’impresa patriottica le più sincere lodi.

Infatti la sola carità di patria inspirò l'autore del progetto ed [p. 241 modifica]i promotori d’esso. Gli uni e gli altri, con lodevole quanto raro disinteresse, non vollero ritrarre alcun beneficio particolare dallo spaccio delle azioni; e dalla sempre privilegiata qualità di fondatori; ed il nobile tratto usato di voler attribuire alla società intera le azioni beneficiarie risparmiate; dopo pagate le spese di ordinamento, è un atto che non si potrebbe bastantemente pubblicare e lodare.

Con questi diportamenti gli ottimati sanesi acquistarono perenni dritto alla riconoscenza de' concittadini loro; come alla stima e riverenza di tutti gl’Italiani; tra i quali vorremmo veder molti imitatori; chè allora sicuramente non così facili si renderebbero le speculazioni meno rette dell’aggiotaggio.

Solo è a lamentare, che non essendo gli abitanti sanesi ricchi di capitali inoperosi da impiegar nelle azioni; i promotori dell'impresa dovettero quasi interamente dipendere dai sensali e banchieri pel collocamento delle azioni della società anonima della strada centrale toscana; onde deriva, che le azioni suddette; esse pure in pochi giorni notevolmente cresciute, e prima ancora che potessero ragionevolmente acquistar credito, furono materia di giuoco, e fonte o soggetto d’aggiotaggio.

Tranne questo neo, del resto conseguenza d’una condizione di cose insuperabile; la impresa sanese è degna di servire d'esempio a tutta Italia; e fa ascrìvere i fondatori d’essa tra i migliori e più illuminati cittadini della Penisola.

Se abbiamo meritamente lodata la concessione sanese; non sappiam darci pace e persuaderci come abbia potuto sorgere in mentì toscane (così svegliate del resto, illuminate e di buon criterio dotate); ed accreditarsi al punto di trovare approvazione l’idea d’una strada ferrata tra Livorno e Grosseto per le Maremme toscane.

Difatti; chi anderà a passatempo in quelle, Maremme sanesi, nelle quali pur troppo la mal’aria resiste a tutti gli sforzi che da tre generazioni d’ottimi prìncipi si fanno per migliorarla; e restituire que’ luoghi a salubre coltura ed a sicura abitazione? 33 [p. 242 modifica]Nessun grave interesse di commercio, nessuna curiosità, nessun impulso ad ulteriore transito ci sembrano poter mai risolvere buon numero di viandanti ad accorrere in qne’ luoghi diserti e spopolati; e quanto ai terrazzani, cui poco arride fortuna come salute, essi certo non saran mai in numero, sufficiente a fornire avventori bastevoli a dare larghi prodotti; atti a compensar la spesa d’una sì lunga strada34

Quanto al vantato probabile prolungamento di quella strada dal confine pontificio a Roma, passando o no per Civitavecchia, vuoisi notare che, avuto riguardo specialmente alla tendenza poco favorevole alle strade ferrate attribuita al governo pontificio, l’idea di congiungersi al suo confine per quel punto, è in vero, se non altro, poco felice.

Supporre difatti, che mentre si hanno da Firenze varie altre direzioni di strade scorrenti in regioni amene, popolate e di facile passo, ove volendolo si possono costrurre strade ferrate meglio assai che in terreni paludosi, sovente allagati dalle acque, mancanti di sufficienti scoli, que' terreni siano in vece preferiti, malgrado l’anzidetta sfavorevole condizione, gli è veramente uno sforzo d'illusione, che la sola occasione, resa così più, facile, di giuocare può avere inspirato.

Non si sa poi comprendere come, a fronte di siffatte circostanze, abbiasi potuto scrivere di questa ideata strada, ch'essa è la più naturale comunicazione fra Firenze, Roma e Napoli, e che riuscirà una delle più belle ed utili strade della Penisola. Affè, [p. 243 modifica]che l’asserzione è per lo meno esagerata! Chiamare belle le incolte o pantanose pianure di Grosseto, e chiamarle più belle di tante amene e deliziose contrade di cui abbonda l'Italia, per le quali passeranno le molte altre vie ferrate che fra noi vanno ad aprirsi, è un'affermare sì apertamente contro il vero, che neppure accorto può dirsi lo spediente.

Pretendere poi d’annoverare codesta via tra le più utili della Penisola, è un voler asserire cosa in aperta contradizione contro i resultati più accertati dalla sperienza.

Finora le strade più utili, cioè più produttive, reputaronsi quelle che attraversano contrade di popolazione maggiore, più agglomerata e più operosa per attività di speculazioni commerciali.

Queste condizioni sono ben lontane dal potersi supporre nella strada Maremmana, dove la popolazione di Livorno certo non è frequentemente diretta a Grosseto, e quella di questa città e sua comarca è ben lontana dall’essere numerosa e data a traffico operoso.

Il giudicio adunque proferito sulla detta strada, riferito nella mentovata Gazzetta di Torino, la quale ha ripetuto quanto venne scritto a Livorno, non può nè debbe altrimenti consideraci che come uno de'soliti artifici di borsa, tendenti a promuovere l’aumento delle promesse di azioni.

Il fatto finalmente indicato dagli Annali di Statistica di Milano della domanda di 140,000 azioni, mentre solo n’erano vendibili 32,000, è, a nostro parere, novella prova, lo ripetiamo, della speculazione tutta aleatoria, e non di vera pubblica utilità, che costituisce la domanda della strada in discorso.

Conchiudiamo: i denari spesi ne’ proposti studi, essendo, a nostro parere, sprecati, e potendosi più utilmente impiegare altrove, noi facciam voti perchè migliori consigli decidano il governo toscano a ritirare la concessione preliminare accordata, com'è libero di fare, senz’aspettare che, svanite affatto le prime illusioni, sopravenga la crisi, e caduto il corso delle azioni, codesta impresa, non mandata ad effetto, vada a collocarsi nel novero di quelle molte speculazioni mal fondate, morte appena nate.

La speculazione dei fratelli Cini è ben lontana dal meritare un uguale giudicio. [p. 244 modifica] Una strada ferrata che da Pistoia per la Valle dell'Ombrone, e, superato l'Appennino, per quella del Reno vada a Bologna per la regione della Porretta, la quale dà ora il nome all'ottima strada ordinaria attuale, sarà una strada sommamente utile al commercio della Toscana, perchè favorirà le speculazioni del porto franco di Livorno, il quale meglio potrà provvedere l’Italia centrale delle merci che arrivano a quello scalo; — perchè servirà a congiungere il Mediterraneo coll’Adriatico, quando saran mandati ad effetto gli altri divismenti ideati di vie ferrate conducenti da Bologna per l’Emilia ad Ancona, e per Ferrara, Rovigo e Padova a Venezia, come già si è detto al capitolo 2.°, e si dirà con maggiori particolari al vegnente capitolo 8.°; — perchè, protendendosi da Bologna la divisata via ferrata per gli Stati estensi, parmensi, lombardi e sardi, colle decretate od ideate strade che dovranno attraversarli, farà comunicare Livorno e Firenze con Modena, Parma, Piacenza, Milano, Torino e Genova, come già si è accennato al capitolo 2.0, e meglio si vedrà ancora a quelli 5.°, 6.°,7.° ed 8.° Malgrado cotesta innegabile utilità, noi confessiamo che, tenuto conto degli 82 ad 85 kilometri che separano Pistoia da Bologna avuto riguardo alla difficoltà di superare la quantunque ivi depressa vetta dell'Appenino, per cui occorrerebbero tuttavia forse trafori (tunnels) e piani inclinati in que' gioghi; anche aggiunta alla somma di lire toscane 12,360,000 presunta dai fratelli Cini necessaria alla concessione loro, una più adequata somma onde sopperire alla spesa occorrente per continuare la strada ferrata dal confine toscano e pontificio a Bologna, crediamo che la somma da spendersi sia cosi ingente da non potersi compensare con adequato prodotto.35 [p. 245 modifica]Epperò, pensando al rimedio, fin d’ora dobbiam dichiarare cbe lo spediente ideato a Bologna di risparmiare i trafori ed i piani inclinati, superando le parti erte e scoscese con cavalli e non colle locomotive, staccate dai treni a piè delle salite, ci pare un partito utilissimo in siffatti casi, perchè il tenue perditempo che sol ne deriva sarà largamente compensato dalla spesa assai minore.

[p. 246 modifica]Del resto preghiamo il lettore di aspettare a proferir giudicio di questo temperamento quando sia giunto al capitolo 8., dove coi migliori particolari svolgesi un tale divisamento, che a noi pare meritevole di preferenza.

L'ultima concessione toscana, accordata in sostanza, come abbiam veduto, alla società inglese, italiana ed austriaca ci chiama a serii riflessi. Tenuto anche conto del supposto massimo [p. 247 modifica]avviamento d’una strada ferrata tra Firenze e Pistoia, la breve distanza, le spese maggiori occorrenti per l’acquisto di terreni fertilissimi, ed il carico gravissimo assunto della pattuita largizione dell’ingente capitale d'oltre a 100,000 francesconi, che l’orfanotrofio della Pietà, di Prato non mancherà di esigere, poiché gliene venne attribuito il dritto ne’patti fissati, non ci concedono di credere che la speculazione sia profittevole.36

[p. 248 modifica]Quantunque i sussidi ai pii istituti meritino in generale d’esser tenuti in pregio, nel caso speciale però a noi non pare meritevole d'approvazione quello pattuito colla società inglese. Questa probabilmente assentiva a quelle gravose-condizioni, quantunque persuasa di non ritrarre poi dall’esercizio dell’ideata via una rendita sufficiente a compensare la spesa, della costruzione, manutenzione ed esercizio, giunta al frutto del capitale preallegato d'oltre 100,000 francesconi, perchè volea ad ogni costo, dopo esser stata ripulsa a Torino, a Milano ed a Bologna, che non fosse vano il titolo da essa assunto, ed avesse almeno una concessione in Italia, dov'erasi da Londra, senza la menoma cognizione de’ luoghi, proposto di specular largamente, onde non sfiduciare i suoi azionisti del regno unito.

D’altronde a Londra, quelle stesse onerose condizioni soscritte, con arte fatte valere qual prova del buon affare, possono viemeglio giovare al giuoco delle azioni che si emetteranno della strada pistoiese, appena potrà pubblicarci a quella borsa, ed alle altre della Gran Brettagna, l'ottenuta concessione; ondechè il lucro dell’aggiotaggio colà ricavato sarà largo compenso ai 100,000 francesconi pagati.

Nè può riputarsi seriamente bandito per l'Inghilterra il divieto che vedesi nella detta notificazione scrìtto, quale cautela aggiunta alle prime concessioni, d’emettere azioni prima che siano versati i 2,000,000 di lire toscane convenuti di cauzione (i quali del resto saranno tostamente sborsati), perocché non saranno le dette azioni certamente spacciate in Toscana, ma a Londra ed altre piazze commerciali inglesi, dove per l'abbondanza di capitali, trattandosi di speculazione lontana, sul conto della quale un manifesto ben inteso può dir cose molto favorevoli, s’otterran facilmente larghi guadagni per l'aggio conseguito sulle azioni.

Quanto ai tre altri progetti di vie ferrate, per cui più compagnie sono in istanza, noi ci asterremo per ora dal proferire giudicio su quelle direzioni, riferendoci al più lungo discorso che d’esse facciamo ai capitoli 6.° ed 8.° 37. [p. 249 modifica]Del resto ripeteremo l’espressione del voto sincero che facciamo, onde l'illuminato e paterno governo toscano, seriamente avvertendo alle conseguenze che potrebbero derivare dalla soverchia moltiplicità delle concessioni, che abbandonerebbero le più essenziali comunicazioni interamente all’industria privata, senza aver poi mezzi veramente efficaci a costringerla a terminare le sue imprese, ove per difetto di mezzi dovesse sospenderle, come può di nuovo succedere appena segua una crisi, pensi con un più diretto suo intervento, anche di qualche sussidio, ad essere più sicuro di veder coronate di buon successo le imprese medesime, postochè le ha lasciate incominciare; e quanto a quelle non ancora concedute, ben bene s'accerti della realtà dei mezzi d’esecuzione, nè si confidi unicamèhte, come finora, alla sola ventura di speculazioni unicamente fondate sull’aggiotaggio.38 [p. 250 modifica]Riepilogando ora il nostro troppo lungo discorso sulle tante strade ferrate toscane ideate, derivano queste conclusioni: 1.° La Toscana fu altre volte ricca e fiorente per capitali accumulati dagli industriosi suoi abitanti.

2.° Decaduta nel seguito per causa delle discordie civili e delle emigrazioni, che altrove portarono l’industria e que’ capitali che le succedute peripezie non consunsero, divenne povera e serva d’un suo cittadino.

3.° Venuta sotto il paterno reggimento d'altri ottimi prìncipi, cominciò a risorgere mercè dell’applicazione d’un buon governo economico, per cui il porto franco di Livorno, sostituito pe’ traffici di mare all’antico Porto Pisano, venne in condizione assai fiorente, atteso il concorso d’esteri capitali.

4.° Tornata in peggior condizione per le ultime guerre, alla ristaurata pace del 1814 restituita agli ottimi suoi sovrani, cui era stata usurpata, nuovamente la Toscana risorse, crescendo in ricchezza ed in civiltà.

5.° Quando ideavasi il mirabil trovato delle vie ferrate, sentivano i Toscani la necessità d’averne, che tendessero al principale loro scalo marittimo; se non che il difetto dei necessari capitali era un ostacolo.

6.° Proposta l’impresa d’una via ferrata da Livorno a Firenze col concorso di capitali esteri, il principe concedeva il chiestogli privilegio; ma condotto l’assunto a men buone condizioni per effetto dell’aggiotaggio, l’impresa è ancora ben lontana dall’essere mandata a compimento; e perchè l’altra impresa pur sorgeva di condurre a Firenze in direzione diversa, ambe non possono presumersi fruttanti l’utile annunciato sperabile agli azionisti.

7.° Frattanto la facilità con cui s’accordavano le concessioni [p. 251 modifica]facea sorgere molte altre domande, in gran parte concedute; le une utilissime, come la strada centrale toscana da Siena ad Empoli, e così a Firenze ed a Livorno, col mezzo della raggiunta via Leopolda; l’altra da Pistoia (essa pure unita a Firenze) a Bologna attraverso del Appennino. — Le altre inutili, se pure non sono anche dannose, pel giuoco di borsa del quale son causa, anzi quasi unicamente soggetto, come lo è, per esempio, quella ideata, non si sa comprendere con quale fondato motivo, da Livorno a Grosseto nella Maremma.

8.° La premura d’ottener concessioni, e la facilità con cui queste accordansi, non ha forse permesso di bene accertarne i calcoli presuntivi, i quali suppongono dispendii che saranno generalmente oltrepassati, e rendite esagerate da illusioni, che possono indurre a gravi errori, con danno de’ creduli azionisti accalappiati da accorti speculatori d’aggiotaggio.

9.° A tutto luglio 1845 la condizione delle strade ferrate toscane resultava essere la seguente:

1.° Da Livorno a Firenze. 1.a sezione da Livorno a Pisa; in esercizio, con buon prodotto.

2.a " Da Pisa a Pontedera, prossima a terminarsi.
3.a " Da Pontedera ad Empoli, non ancora incominciata.
4.a " Da Empoli a Firenze, idem.

2.° Da Lucca a Pisa, in costruzione, la quale lentamente procede.

3.° Da Siena ad Empoli, in costruzione, che anzi debbe procedere attivamente.

4.° Da Firenze a Pistoia conceduta definitivamente, senza che però ne siano ancora formati i relativi studi, per conto almeno de’ concessionari.

5.° Da Lucca a Pistoia; concessione preliminare di formare i relativi studi, cui si attende attualmente con molta lentezza.

6.° Da Pistoia alla Porretta; stessa concessione preliminare per ]a formazione de’ relativi studi, cui attendesi con molta alacrità.

7.° Da Livorno a Grosseto; stéssa concisione per la [p. 252 modifica]compilazionedegli studi, che ignoratisi a qual punto condotti, nè manco a chi affidati.

8.° Da Firenze per Arezzo in Val di Chiana; domandata al tempo istesso da quattro compagnie, che si disputano la preferenza.

9.° Da Firenze per la Romagna a Faenza e Forlì; domandata pure da due compagnie, che si contendono la preferenza.39

10.° Da Livorno a Parma per Pontremoli; impetrata da una compagnia lucchese, tuttora in istanza presso i governi toscano, lucchese e parmense; già depellita da quelli di Modena e sardo, sui territori de’ quali tutti dovrebbe passare.40

Una siffatta quantità di domande, avuto riguardo all’esigua estensione dello Stato toscano, sembra dimostrare in modo non dubbio che la Toscana è fra tutte le province Italiane quella dove la speculazione ha preso maggiore avviamento, senza che però smora, malgrado le facili concessioni, le opere abbiano corriposto ai concetti, nè sembrino potervi corrispondere col tempo.

Se codesto avviamento in ispeculazioni tutte aleatorie, anche fatte con capitali esteri, sia veramente utile al paese nel rispetto economico, come in quello morale, sembra lecito dubitarne assai, come par lecito altresì far voti, perchè con prudenti e savi temperamenti il governo avvisi a prevenire que’ danni che potrebbero derivare da imprese fallite, nelle quali gl’interessi materiali, la dignità sua ed il buon credito dell’universale possono scapitare, come può esser molto pregiudicata la moralità della popolazione* [p. 253 modifica] Abbiamo trattato questa parte del nostro discorso da scrittor coscienzioso; il quale, mentre rispetta l’autorità d'un governo savio e paterno, com'è senza dubbio il toscano, crede però non essergli irriverente, nè perciò dispiacergli, quando espone, colla debita temperanza, i pericoli che possono sovrastare alla repubblica, acciò sia ad essi apposto opportuno rimedio.

Le nostre rette intenzioni sono mallevadrici del non aver noi voluto esercitare contro l’autorità che regge la Toscana alcuna censura; noi confidiamo pertanto ch'essa accoglierà con benevola indulgenza le povere nostre parole, da solo buon fine dettate.

Quanto a coloro che speculano sul giuoco di borsa, noi confessiamo di conservarci indifferenti al modo in cui accoglieranno la nostra scrittura, intorno alla quale ne appelliamo soltanto all’onesto pubblico criterio.

Note

  1. Queste regole sole bastano a provare anco ai meno veggenti come la speculazione avesse per mira principale il giuoco di borsa. Per cautela contro di esso altri governi non concedono il traffico che delle azioni definitive. In Toscana si permette non solo quello delle promesse delle medesime, ma si porge ancora occasione a quello delle ricevute provvisionali delle suddette future promesse!
  2. Cotesto manifesto, che può vedersi al Manuale dell'azionista pubblicato dai fondatori, pag. 4, dopo aver accennate le condizioni della proposta società dimostrandole favorevoli e comode, così conchiude: «Questa impresa presenta i più grandi vantaggi, e, secondo tutti i calcoli che sono stati fatti, poche linee in Europa possono presentare maggior» convenienza di questa» (Solito vanto proposto dai fondatori di società anonime speculanti per istrade consimili). «La nuova strada che la sovrana munificenza ha già portato al suo termine, e che da Firenze in breve tempo conduce al'Adriatico, venendo connessa con un servizio di battelli a vapore da Trieste al porto più vicino al suo sbocco, potranno merci e passaggeri in 48 ore (?) «andarne da Livorno a Trieste, e viceversa, e la sua centrai posizione ne assicura anche per molti altri lati la prosperità». Codesto manifesto, tradotto in più lingue, mandato con circolari incalzanti, predicato certissimo da fidi corrispondenti, dovea necessariamente procurare avventori all'impresa.
  3. Vedi Manuale dell’azionista della strada ferrata Leopolda da Firenze a Livorno, ossia Collezione de' Documenti riguardanti questa intrapresa fino al 14 giugno 1841 (Pubblicato, per quanto ci venne affermato, nelle quattro lingue italiana, francese, inglese e tedesca ).
  4. La lira toscana vale 0,84 di franco, o lira italiana o di Piemonte. La relazione del signor Stephenson, lavoro pregevole sì nel rispetto tecnico, che per le considerazioni cui s'è l’autore sollevato, era inoltre accom- pagnata dai calcoli preventivi fatti per giudicare del presunto prodotto dell’ideata via, dietro gli elementi avuti dai fondatori. Cotesti calcoli resultano dai seguenti documenti: 1.° Dimostrazione della dogana di Livorno delle merci d’importazione dall’interno di Livorno nell’anno 1838 (Vedi Marnale suddetto, pag. 34). 2.° Detta delle merci esportate per l’interno, coll'annotazione che tutte le merci, le quali partono da Livorno per l’interno, o che dall’interno vanno a Livorno, toccano lo stradale da Livorno a Firenze, eccettuata una porzione minimissima, che tiene lo stradale di Volterra (?) (Manuale, pag. 40). 3.° Diverse dimostrazioni del movimento delle persone fra Pisa e Livorno (Manuale, da pag. 43 a pag. 48). 4.° Elenco delle popolazioni delle diverse comunità tra Firenze e Livorno (Manuale, pag. 49). Vedansi, inoltre, al detto Manuale dell’azionista: 1.° Le disposizioni del sovrano rescritto del 25 febbraio 1840 concernenti alle principali condizioni della concessione promessa (pag. 50). 2.° Un prospetto dei passeggieri giunti nei porti di Livorno con battelli a vapore dal 1.° maggio 1840 al 30 aprile 1841 (pag. 52). 3.° Motu proprio della concessione definitiva del 5 aprile 1841 (pag. 55). 4.° Capitoli delle condizioni a detta concessione alligate (pag. 62). 5.° Tariffa dei prezzi di trasporto dei viaggiatori, bestiame, mercanzie, ecc. (pag. 71). 6.° Statuti della società anonima dai fondatori creata (pag. 81). 7.° Convocazione degli azionisti per la prima adunanza de’ 7 giugno 1841 (pag. 102). 8.° Avviso per la prima adunanza generale della società, da aver luogo al detto giorno de' 7 giugno 1841 (pag. 105). 9.° Prospetto di organizzazione della società dietro le elezioni che ebbero luogo nell’adunanza del 7 giugno 1841 (pag. 108). 10.° Carta topografica della strada ferrata da Firenze a Livorno. Ed inoltre pubblicati a parie. 11.° Processo verbale della seconda adunanza generale della strada ferrata Leopolda, tenuta in Firenze il d' 11 luglio 1842, e discorso letto in queste occasione dal presidente del Consiglio d’Amministrazione (Firenze, 1842, Stamperia Gran Ducale). 12.° Processo verbale e discorso del presidente della terza adunanza generale della società della strada ferrata Leopolda, tenuta il 23 ottobre 1843, ed estratto dal rapporto dell’ingegnere delegato a sopraintendere ai lavori. (Firenze 1843, Tipografia di Felice Le Monnier) 13.° Rapporto dei sindaci nominati nell’adunanza generale dell'11 luglio 1842, coll’incarico di rivedere il bilanciò dell’amministrazione della società anonima della strada ferrata Leopolda per il tronco già attuato da Livorno a Pisa. 14.° Quarta adunanza generale della Società anonima della strada ferrata Leopolda tenuta in Firenze il 17 giugno 1844. Processo verbale e discorso del presidente. (Firenze, nella Stamperia Gran Ducale, 1844). La quinta adunanza tenne la sua seduta in Firenze il 2 luglio 1845. In essa fu dato ragguaglio dello stato de’ lavori proseguiti da un anno da Pisa a Pontedera, dichiarando che nell’ottobre prossimo sperasi venga quella tratta aperta al pubblico, e si deliberò di costrurre l’ultima stazione entro a Firenze. S’annunciò doversi terminare la sezione da Pontedera ad Empoli nel 1846, e quella da Empoli a Firenze nel 1847. Sindacati il conto 1844 e bilancio 1845, vennero approvati con lode per miglior amministrazione.
  5. Vedasi il prospetto dei proventi nella gazzetta di Firenze, N.° 126, del 19 ottobre 1844, del 1.° semestre corso dal 14 marzo al 30 settembre detto anno, come segue indicato
    Persone N.° 361,337 lire 293,576 13 4
    Bagagli e mercanzie » 2,072 0 0
    Gruppi e lettere » 624 6 8
    Carrozze e bestiame » 2,786 3 4
    Totale introito lire 299,059 3 4
    Dedotte le spese in » 140,659 9 6
    Provento netto al 30 settembre 1844 lire 158,399 13 10
    Dividendo per 30,000 azioni a lire 5, da pagarsi al 1.° novembre 1844 » 150,000 0 0
    Rimangono in riserva lire 8,399 13 40
  6. Vedasi la notificazione del 6 di marzo 1844, con cui il presidente del Buon Governo, inerendo ai superiori ordini comunicatigli, rende pubblicamente noto il Regolamento di polizia pella strada ferrata Leopolda. E vedasi ancora la tariffa dei prezzi di trasporto, fatta nota al pubblico coll'altra notificazione del presidente suddetto dello stesso giorno, la quale tariffa è la seguente;
    Nelle carrozze chiuse di 1.a classe: paoli 3
    Carrozze scoperte di 2.a classe » 2
    Carrozze scoperte di 3.a classe » 1

    per persona e per la corsa da Pisa a Livorno e viceversa.

    Per il trasporto da Pisa a Livorno delle merci, bagagli ed altri oggetti, paoli 5 per il trasporto propriamente detto, e più paoli 5 pelle spese accessorie per ogni peso di libbre 2,000, per modo che ogni peso minore di libbre 200 pagherà a ragione di 200 libbre, ogni peso compreso fra le libbre 200 e le 400, pagherà a ragione di libbre 400; e così di seguito.

    Ogni viaggiatore potrà avere un bagaglio di libbre 30 senza andar soggetto ad altra, spesa.

    Le vetture private pagheranno paoli 5 per trasporto, carico e discarico, se di peso minore di libbre 2,000. Per ogni aumento da libbre 40 a 200 sarà aggiunto un paolo..

    Per ogni cavallo, mulo, bestia da tiro, vacche, tori e vitelli paoli 5
    Per vitelli da latte, e porci » 1
    Pei montoni, pecore e capre » 3/4
    Per gli agnellini da latte » 1/2
    Per ogni cane consegnato » 1/2
    Per pacchi da once 2, a libbre 10 » 1
    Per lettere » 1/2
    Per gruppi sino a lire 1,000 » 1
    Dalle lire 1,000 alle lire 1,500 » 1 1/2
    Dalle 1,500 alle 2,000 » 2


    e così di seguito, ogni cosa compresa, porto, cioè, e consegna a domicilio.

    La tariffa suddetta contiene pure le discipline da osservarsi quando occorra di rifiutare per soverchio volume o peso qualche collo. Ancora dispone, occorrendo, pel trasporto delle lettere affidate al corriere delle poste, e per quello delle truppe.

    Finalmente prevede i casi d’aumento regolato coi limiti fissati dall’articolo 28.° dei capitoli approvati, dov’è stabilita la tassa d’un tanto per persona, bestiame, o collo, e per miglio.

    Se i prezzi per le persone e merci sono moderati, non è così quanto a quelli del bestiame; laonde non è a credere che saran molte le riscossioni di tal natura.

  7. Dalla Gazzetta di Firenze, N.° 120, del 19 ottobre 1842, scorgesi come in ogni piazza commerciale d’Europa sianvi case bancarie aventi l’incarico di ricevere e di pagare per la Società Leopolda, Queste case erano a quell’epoca in
    Livorno Signori Pietro Senn e Compagni
    Milano Warchex, Noseda e Compagni
    Venezia Abramo di Mand.° Levi
    Trieste Filippo Cohen
    Vienna Carlo De Barcgher
    Dresda Stefanp G. Bassenge e Compagni
    Lipsia Dufour Frères e Compagni.
    Berlino Menderssohn e Compagni
    Franfort sul Meno De Neufville, Martens e Compagni
    Augusta Giorgio Miltemberg
    Ginevra Lombard, Odier e Compagni.
    Parigi Augusto Dassier
    Londra Federico Jolj.
  8. Anche la società lucchese, imitando quella toscana della via Leopolda, pubblicò un Manuale dell’azionista della strada ferrata da Lucca a Pisa, o Raccolta dei principali documenti risguardanti quest'impresa. (Un volume in 8.° Lucca, dalla tipografia Giusti, 1844). Nel proemio, come nei Documenti, di cui segue l’indice, i fondatori han fatto prova d’aver posto ogni cura pel buon esito della speculazione loro, e basterà al lettore di consultar quell’opuscolo per convincersene, essendo difficile d’esporre al pubblico, in senso più favorevole di quello fatto, una speculazione industriale ideata. Noi crediamo dover riportare fra i nostri Documenti N.° 4 il quadro presuntivo del prodotto lordo di quella strada perchè può dirsi un vero modellò di siffatte pubblicazioni. Ora ecco l’indice preallegato.
    «Proemio pag. III
    Sovrane concessioni di S. A. R. il S. duca di Lucca » 1
    Statuti della società » 13
    Annunzio delle concessioni preliminari di S. A. I. e R. il gran duca di Toscana » 33
    Manifesto de’ fondatori del 28 febbraio 1842 » 42
    Avviso portante sospensione del pagamento del secondo decimo d’azione » 47
    Capitoli intorno alla costruzione del tronco lucchese, approvati da S. A. R. il duca di Lucca » 51
    Nomina sovrana del commissario regio pel tronco lucchese » 61
    Avviso intorno alla ristampa delle cartelle del primo decimo d’azione » ivi
    Manifesto che annuncia costituita la società anonima » 69
    Intimazione della prima adunanza generale » 73
    Avviso del compiuto collocamento delle azioni » 77
    Nomina d’un secondo vice-presidente del Consiglio dirigente ed amministrativo » 81
    Sovrane concessioni di S. A. I. e R. il gran duca di Toscana » 85
    Capitoli intorno alla costruzione del tronco toscano, approvati da S.A. I. e R. il gran duca di Toscana » 93
    Annunzio della nomina sovrana del commissario regio pel tronco toscano » 111
    Prospetto generale della spesa presuntiva occorrente a costruire la strada ferrata » 115
    Prodotto presuntivo lordo della strada ferrata » 117
    Carta topografica.
  9. Ecco la nota apposta al proposito nel proemio: tNella strada ferrata da Strasburgo a Basilea il movimento dei punti intermedii sta al movimento generale, come ... 87 a 100 Nelle strade belgie ... 67  » Nella strada da Londra a Birmingham ... 70  » Da Londra a Blackwall ... 68  » Di North-Midland ... 84  » Da Lipsia a Dresda ... 67  » Da Vienna a Brünn ... 86  » Da New-York a Filadelfia ... 80  » Da Gand a Liegi 407 viaggiatori percorrono la linea intera, mentre 87,252 si fermano nei punti intermedii.
  10. Ecco un brano del proemio, che basta a chiarire quali speranze la società lucchese intendesse infondere a! suoi azionisti. «Però confidiamo che quelle linee da noi fatte tracciare sulla nostra carta topografica debbano fra non molto vedersi sul terreno effettivamente condotte. Ed allora solamente avranno questi Stati un ordine così compiuto di strade ferrate, dal quale tali e sì mirabili verranno gli effetti da superare di gran lunga ogni umana previdenza; perocché a niuno crediamo possa esser dato discernere fin dove debbano salire la civiltà, la bellezza, la prosperità di questa divina Toscana, quando la maggiore e più cara parte di essa sarà convertita quasi in una sola città, avente un milione di abitanti, e per reggia Firenze, e per lido Livorno». Sarebbe difficile trovar parole più incitanti ad aver fiducia nel proposto assunto, specialmente quando sono corroborate da un prospetto di spesa, che sostiene necessarie pella costruzione sole lire 2,200,000, e por ora, avendosi una sola via di ruotaie, e non due, appena due milioni, anche meno; ed altro prospetto della presunta rendita, che affermano dover ascendere oltre al 15 ½ per %, cioè ad un prodotto cui finora nessuna strada, anche più affollata, giunse mai! Resta a notare, che la concessione preliminare toscana del 4 aprile 1845 è fatta ai signori Pasquale Borghini — Carlo Minutoli-Tegrini — Tommaso Giannini — Alessandro Carina — Felice Francesconi — Giuseppe Vitali — Lorenzo Magnani — e Niccolò Puccini, cittadini de’ due Stati, riunitisi concordi per impetrare quel favore, com’era spediente. Perocché i Lucchesi avendo la concessione nello Stato loro, e desiderando poter continuar l’impresa sino a Pistoia, era ovvio si associassero ai Toscani, meritevoli di preferenza nell’ottenere dal proprio principe la concessione sullo Stato loro del pari, ed offerendosi uguale associazione per reciprocità a vicenda le due parti, era cauto il rispettivo interesse e meglio assicurato il rispettivo servizio ne’ due paesi. {Vedi Gazzetta di Torino, 25 aprile 1845, N.° 94).
  11. Vedasi quel manifesto stampato e pubblicato il detto giorno in Siena e suo compartimento.
  12. Vedi il manifesto suddetto firmato dal comitato de' promotori, composto del signori conte Giovanni Pieri, presidente, marchese Alessandro Bichi, cavaliere Emilio Clementini Piccolomini, Giovanni Montorselli, Luigi Nencini, cassiere, Abramo Servadio, Antonio Tamanti, di Montalcino, Policarpo Bandini, segretario.
  13. Vedasi quel manifesto pubblicato colle stampe d’Onorato Porri, tipografo sanese.
  14. Vedasi fra i documenti al N.° 5, il prospetto preallegato.
  15. Vedasi Supplemento alla Gazzetta di Firenze, N.° 76, del giovedì 26 giugno 1845, dove sono tenorizzati, il motuproprio, i capitoli e gli statuti anzidetti.
  16. Vedi Gazzetta di Torino 25 aprile 1845, N.° 94.
  17. Vedi Annali di Statistica di Milano, dispensa dell’aprile 184, p. 117
  18. I fratelli Cini di San Marcello, nel Pistoiese, i quali appartengono ad una famiglia ben reputata nell’industria toscana, per le belle ed antiche loro fabbriche di carta che hanno a San Marcello, già furono promotori di due altre società anonime industriali; l’una per la fabbricazione di carta alla macchina, detta senza fine o continua, avendo per essa i genitori e zio loro cedute le antiche fabbriche della casa poste a San Marcello, cogli artifici mossi dal torrente Lima. — L’altra per la fabbricazione dei panni feltrati. — La prima società procede prosperamente da un quinquennio, come si dimostra dai rendiconti d’essa, ed i fratelli Cini, come il lor padre e zio, rimasti alla direzione dell’impresa, posta in pratica l’antica sperienza loro in siffatta industria, molto giovarono alla società ed anche agli artefici, ordinando quella fabbricazione in modo affatto esente dai pericoli e danni che sogliono succedere nelle manifatture dove trovasi raccolto un numero ragguardevole di operai, sì nel rispetto morale, che in quello economico e sanitario. Noi, che visitammo nell’ottobre del 1843 quelle fabbriche, oltremodo soddisfatti del governo d’esse, le abbiamo celebrate con lode in una nostra relazione inserita negli Annali universali di statistica di Milano, dispensa del febbraio 1844, cui perciò rimandiamo il lettore. Quanto alla fabbrica dei panni feltrati, della quale nell’anzidetta rela zione lodammo pure l'ordinamento e l’ingegnoso processo meccanico, ci siamo allora astenuti dal giudicare quella speculazione, per difetto di notizie officiali, mostrando tuttavia qualche timore sul suo buon successo, per difetto di sufficiente fondo sociale. Ora sentiamo con rammarico avverato il nostro pronostico, ed ingannati i signori Cini e loro soci dallo speculatore estero, che li avea avviati in quella speculazione, appunto nel tacere loro quell'insufficienza, essere a men prospera condizione ridotta quell’impresa.
  19. Vedasi quel manifesto tra i documenti ai N.° 6.
  20. Vedasi la notificazione 25 giugno 1846 suddetta, inserita nell’Appendice, documento N.° 7
  21. Posteriori notizie sembrano provare che la società inglese ha commesso quegli studi all’ingegnere Brunel. — Vuolsi però, che con precedente sovrano permesso una società, presieduta dal marchese Ridolfi, avesse, quattro anni or sono, delegato quegli studi al capitano-ingegnere G. A. Ganzoni, il quale li compiva e rassegnava all’ufficio competente, sì pel progetto di massima, che per quello particolareggiato.
  22. Voglionsi sottoposti, dopo quello della via Leopolda, più di venti progetti diversi di compagnie al governo toscano, per strade ferrate ideate in quello Stato; ondèchè, avuto riguardo ai ristretti suoi confini e popolazione, è lecito dire nessuna contrada europea aver fin qui una più decisa tendenza a formar progetti delle nuove comunicazioni.
  23. Ecco il calcolo datone dagli Annali di Statistica, del Luglio 1845, p. 181.
    l.° Strada Leopolda in costruzione... Lire Toscane 30,000,000
    2.° Da Lucca a Pisa, idem

    »

    2,500,000.
    3.° Da Siena ad Empoli concesse definitiva

    »

    10,000,000
    4.° Da Lucca a Pistoja concesse di studi

    »

    8,000,000
    5.° Appennina, idem

    »

    12,360,000
    6.° Maremmana, idem

    »

    32,000,000

    Totale

    lire toscane 94,860,000

    Divise in 94,860 azioni di lire 1000 ciascuna

  24. Vedasi la detta notificazione nell’Appendice, documento N.° 8.
  25. Cotesto fatto resulta in modo non dubbio dagli studi cui attendiamo scrivendo la Storia del giuoco del lotto, considerato ne’ suoi effetti morali, politici ed economici, che speriamo di pubblicare quanto prima, se Dio ne concederà vita e salute. — In quel nostro lavoro proveremo, che la Toscana, è la contrada dove la passione del giuoco piu travaglia la popolazione, quantunque questa sia così colta, civile e d’ottima indole, che nulla più; e dimostreremo con una serie di lamentevoli fatti accertati, del resto già narrati dall’ottimo Enrico Mayer, come siano colà fatali e funeste le conseguenze di tale balzello, la Dio mercè molto ridotto, e prossimo a togliersi affatto negli Stati Sardi.
  26. Abbiamo sott’occhio i tre verbali delle adunanze generali tenute dalla società Leopolda negli anni 1842,1843 e 1844; e mentre nei due primi vediamo fatta parola delle peripezie corse da essa pel noto discapito delle azioni, nell’ultimo soltanto, dopo ché già conoscevansi i buoni resultati conseguiti dall’esercizio della linea da Livorno a Pisa, si tocca di quelle peripezie, dicendo; le azioni pochi mesi prima cadute in bassa fortuna, poi risorte ed accolte con favore nelle più celebri piazze d’Europa, cioè, come intendiamo noi, là dove giuocasi all’alto e basso prezzo di quei valori.
  27. «L’agiolage qui se fait à la bourse est funeste et immoral; puisque il ruine les sots au profìt des fourbes. (Extrait raisonné des principes d’économie sociale, etc., par Scialoja, già citato, pag. 413 )
  28. Vedasi come documento più recente il discorso del signor conte Daru alla Camera dei Pari di Francia, proponente un freno agli scandali ed alle rovine dell’aggiotaggio in fatto di strade ferrate. La proposta del conte Daru venne, dopo una luminosa discussione, rigettata, è vero, perché la maggiorità, parte per timore di nuocere, ammettendola anche modificata, allo spirito d’associazione, e parte perchè interessata alle speculazioni in cui si esercita l’aggiotaggio, dovea ricusare un freno atto a contenerlo entro più giusti confini. Ma ne sarà sempre, tuttavia nato un utile insegnamento pe’ governi, non ancora travagliati da quel malanno, a non lasciarsene invadere. Profitterà poi l’insegnamento medesimo anche agii Stati che ne sono afflitti, persuadendo ai privati i quali hanno ancora tanto criterio che basti per tenerli lontani dal giuoco, a non affidare al medesimo le proprie sostanze.
  29. A coloro che in Toscana od altrove rispondono ai nostri avvertimenti col dire: «I capitali delle divisate imprese non sono del paese. Che cosa importa a noi che lo speculatore tedesco, inglese, francese vengano in Toscana ed a Lucca a rovinarsi?... Intanto il popol nostro ha lavoro; le strade anche perdenti resteranno, daran vita maggiore alle nostre contrade, aumenteranno i guadagni individuali, e permetteranno al povero, ora disoccupato, di cumular col lavoro nuove sostanze, le quali non faranno cosi, che mutar di mano»; rispondiamo noi pure colle seguenti autorevoli parole del signor Dunoyer (De la liberté du travail, liv. vi, tom. 2, pag. 54). «Et il ne faut pas dire, comme on le dit communément, que toute entreprise, quel qu’en soit l’objet et quel qu’en puisse étre le résultat, est utile au moins en ce sens, qu’elle a le bon effet de procurer du travail au classes ouvrìères; car les classes ouvrières sont précisément celles qui souffrent le plus des entreprisés légèrement formées. Si la solidité ou la durèe d’un établissement quelconque importent à toutes les classes, qui y sont attachées, elles importent sur tout à celles qui ont le moins d’avance et qui vivent au jour la journée. Le plus grand tort qu’on puisse faire de pauvres ouvriers, c’est de les attirer dans des entreprises destinées à périr. Mieux vaudrait en quelque sorte pour eux absence de secours que des secours précaires soujets à leur manquer; sur la foi des moyens d’existence que leur présentent les entreprises dans lesquelles on les a témérairement engagés, ils contractent des mariages, ils élevent des troupes d'enfants, et puis quand les catastrophes arrivent, ils se trouvent avec des familles nombreuses, en présence d’établissements dont on a fermé les poórtes, qui n’ont plus ni ouvrage à leur offrir, ni secours à leur donner. — Aussi quoique la déconfìture du maître né leur fasse perdre ordinairement aucune avance, et qu’il n’en résulte pour eux qu’une cessatìon de travail, sont-ils, je le répète, la classe qui souffre le plus de cette sorte de désastre. — Extrémement funeste à son entrepreneur et au capitaliste, une entreprise qui tombe est meurtrière pour les ouvriers. 1 1 Ecco dunque le dottrine della scuola inglese, praticate in Toscana ed a Lucca, mentre in Francia esse vengono utilmente confutate cogli argomenti della vera scienza, ai quali noi crediamo dover piuttosto consentire, perchè sono conformi alle antiche massime della nostra scuola italiana, cui ora viepiù s’accosta quella francese.
    1. «Qu’on juge par là de ce qu’il y a de sagesse et de bon sens dans des phrases comme celles-ci, que j’emprunte a une Revue anglaise: ’Tout ce qu’on peut demander aux spéculateurs, c'est que leur passion soit dirigée de manière à ce que les classes laborieuses aieut du travail, car alors, quels que sofent les résultats des spéculations, elles ont toujours contribué au bien public». (Article du Quarterly Review, trad. par la Revue Britannique, tom. I, pag. 12 et 13, première série.
  30. Niuna, in fatti, di quelle imprese ha mai fruttato oltre il 15 per %, come, con una ben evidente esclamazione ammiratrice, promettono agli azionisti loro i promotori della strada da Pisa a Lucca.
  31. I nostri argomenti contro le speculazioni men che fondate proposte in Toscana si trovano giustificati da ciò che scrive negli Annalii universali di statistica di Milano un anonimo Toscano segnato X. X. (Dispensa del marzo 1845, pag. 312 a 315), in cui, denunciando le immorali operazioni di giuoco di borsa già seguite ed altre ancora prevedendone, raccomandasi ai Toscani di non lasciarsi accalappiare dai manifesti dei progettisti. Ivi pure scorgesi come i prodotti della linea da Livorno a Pisa abbiano servito di pretesto per far risalire le azioni della strada Leopolda, i cui lavori per molto tempo languirono; e solo altrimenti sappiamo che, ripresi con qualche impegno, sperasi la linea da Pisa a Pontadera compita nel prossimo ottóbre.
  32. Alcune di quelle scritture sentono sempre l'antico municipalismo italiano. Si tratta d’impedire a Genova la superba, ch’essa prevalga ne'traffichi su Livorno, o non possa nuocere a quelli di Trieste. Si tratta di contrastare a Milano un primato che turba i sonni a chi lo vorrebbe men prospero e facoltoso. Si tratta d’impedire che Venezia risorga, pregiudicando Trieste, o rivaleggiando Milano. Miserabili disputazioni, degne del medio evo appena, non del presente intivilimento!
  33. È noto che la Maremma toscana da un secolo quasi è oggetto delle cure più assidue di quel governo, onde conseguire, collo scolo delle acque ivi stagnanti, il suo risanamento; e si sa pure che, per quanto siano onorevolissimi gli sforzi fatti al proposito, finora essi furono ben lontani dal conseguire il desiderato buon successo, come si fa palese a chiunque, percorrendo quella contrada, ne osservi la malsana e snervata scarsa popolazione.
  34. Da Livorno a Grosseto..... miglia 79 — da Grosseto al confine. ....» 36 1/3 Totale miglia ......115 1/3 Kilometri..........N.° 190,761. I quali a lire 300,000 il kilometro, importerebbero la spesa di lire italiane 57,228,300, e non solo lire toscane 32,000,000, come si è calcolato.
  35. Ecco alcune notizie tecniche stateci favorite su questo passo dell’Appennino da persona perita, che possono interessare H lettore. La distanza tra le due città di Pistoia e Bologna per le valli dell'Ombrone e del Reno è di 83 in 85 kilometri. La via corre quasi piana da Pistoia per quattro o cinque kilometri, con un pendio dell’l per % circa; per altri 10kilometri, cioè fino alla vetta dell’Appennino, sale gradatamente con pendenze variate dal 3 al 6 per %. e forse qualche piccolo tratto fino al 7 per % ondechè saran necessari piani inclinati. Dalla vetta dell’Appennino sino alla Porretta, confine toscano con gli Stati pontifici, per una lunghezza di circa 18 o 20 kilometri si scende per declivii variati, non maggiori del 3 per %; forse qualche piccolo tratto verso la vetta al 4 per %, e verso il confine di Stato prossimo all'1 per %. Dalla Porretta fino alla città di Bologna per una distanza di circa 50 kilometri negli Stati pontifici scendesi con una pendenza non maggiore dell’1 per %, seguendo il corso del Reno. La vetta dell’Appennino dovrebb’essere superata con un tunnel di lunghezza non minore di due kilometri, e non maggiore di tre, con altro piccolo tunnel di breve tratta dalla parte di Pistoia. Del resto le valli dell’Ombrone e del Reno, anche in prossimità dell'Appennino, sono assai larghe, e possono permettere con qualche artifizio certe svolte o curve atte a scemarne i declivii, con raggi comportabili dalle vie ferrate. Cotesta uscita dalia Toscana è, senza dubbio, la più breve e meno scoscesa per dirigersi nella gran valle del Po, e particolarmente sull’Adriatico dalla parte di Venezia e Trieste. Quella proposta da Firenze pel val d’Arno fino a Pontassieve per Dicomano, San Godenzo, Osteria, San Benedetto, ecc., diretta a Forlì, è forse la più scoscesa di tutte le altre direzioni; richiederebbe diversi tunnels, o gallerie molto più lunghe, con piani inclinati assai più elevati, principiando da Dicomano fino quasi a Rocca San Casciano. Un'altra linea per uscire dalla Toscana superando l’Appennino, assai più comoda onde riunire i due mari, sarebbe piuttosto quella che da Firenze pel val d’Arno superiore continua sino ad Arezzo, d’onde per due vie potrebbe essere continuata sino ad Ancona; o per Città di Castello, Fratta e Fano; o per le Chiane passando d’accosto al Jago Trasimeno e Perugia. — Secondo la prima diramazione un tunnel non lungo dovrebbe farsi in Toscana per valicare i monti che stanno fra il val di Tevere ed il val d’Arno; ed un altro ne occorrerebbe negli Stati pontifici tra Citta di Castello e Cagli, donde si scenderebbe a Fano per raggiungere Ancona. Nella seconda diramazione per le Chiane non si avrebbe un tunnel, che dopo Perugia, negli Stati pontifici. Codesta linea, oltre ad avere il vantaggio di unire quasi direttamente i due mari da Livorno ad Ancona passando per Firenze, Arezzo, Città di Castello e Perugia, con declivii assai dolci, non maggiori dell’1 per %, almeno per la parte toscana, e con tunnels poco lunghi, offre ancora l’altro vantaggio di poter essere facilmente continuata insino a Roma, da Perugia o da Città di Castello, per la valle del Tevere. Nè questa linea (conchiude l’estensore della nota, che trascriviamo tal quale ci fu favorita) distrugge il buon effetto dell’altra da Pistoia a Bologna, la quale linea andrebbe all’Adriatico verso Venezia, mentre quella di mezzo (prima combattuta) per Dicomano e oltre, attesi gli ostacoli locali sopra indicati, non s’accosta nè a Venezia, nè ad Ancona, e molto meno può essere continuata fino a Roma, quando invece quella per Arezzo e Perugia vi arriva senz'alcuna galleria. D’altronde codesta linea di mezzo verso Forlì non avrebbe, scopo alcuno, perchè non servirebbe ad alcun paese d’importanza, bastando la gran linea progettata tra Bologna ed Ancona per collegare in quella direzione Pistoia e Bologna, e nell’altra, per Arezzo, Firenze ad Ancona. Abbiamo creduto spediente d’inserire questa nota, scritta da persona dell’arte, pratica de’ luoghi, perchè, oltre allo spandere molto lume sulle più convenienti direzioni da scegliersi per superare l’Appennino, volendo uscir di Toscana, serve a far conoscere qual sia l’importanza dei dispendii che perciò occorrerebbero, specialmente, pei tunnel, e pei piani inclinati.— E parlando della direzione da Pistoia a Bologna per la via della Porretta, è spediente notare come possa presumersi insufficiente la somma calcolata dai signori fratelli Cini di sole lire toscane 12,360,000 per costrurre 35 kilometri di strada in una valle dove occorreranno muri di sostegno, piani inclinati e due tunnels, di cui uno della lunghezza di 2 a 3 kilometri. Ora dalla perizia che abbiamo veduto del signor Brunel figlio, d’un tunnel da esso proposto, al colle de’ Giòvi da Genova in Alessandria, in luoghi di condizione geologica all’incirca uguale, colla sola lunghezza di metri 1,800, sappiamo che la spesa poco mancherebbe di ascendere ai 2 milioni circa di lire piemontesi, onde è lecito dedurne che le opere d’arte, pel solo passo dell’Appennino, assorbirebbero buona parte della somma presunta necessaria, forse 1/3 d’essa. Se poi, calcolando la distanza intera di 85 kilometri da Pistoia a Bologna, se gli applicasse il prezzo medio calcolato altrove di 300,000 lire italiane o franchi per kilometro, il qual prezzo, massime là doverono muri di sostegno, piani inclinati e tunnels, più è da credersi insufficiente che eccedente scorgesi che si avrebbe una spesa di lire 25,500,000, la quale dubitiamo assai che si possa collocare a frutto adequato, poiché, anche supposto molto cresciuto il transito in quella direzione, non sembra probabile che possa porgere una rendita spiccia, bastevole a dare un pro conveniente dell’indicato capitale. Coteste considerazioni vengono in appoggio del divisamente ideato a Bologna, del quale, abbiamo sopra toccato, e di cui meglio ancora parleremo al capitolo 8.°; di cercare di ridur la spesa di questa strada, con omettere i tunnels e piani inclinati, ristringendosi a passare il monte là dove le locomotive non potrebbero giugnere, con cavalli attaccati agli stessi treni, staccati dalle locomotive suddette. Mediante cotesto spediente, e con che si tenesse la via ad un solo binario di ruotaie, si potrebbe sperare di tener la spesa dell’intera linea entro limiti assai minori, e con ciò di compensarla colla presunta rendita. Noi crediamo necessario d'insistere su questo punto; perocché se la direzione proposta da Pistoia a Bologna è di molta importanza, perché utilissima al traffico dell’Italia’ centrale, molto interessa di non esporre la speculazione che procurerebbe tale comunicazione, al pericolo o di non potersi compiere o di non potersi mantenere in esercizio, per insufficiente rendita. Noi confortiamo pertanto gli uomini chiarissimi che compongono il Consiglio d’Amministrazione della concessione Cini, e gli stessi promotori della medesima, in ispecie l’ingegnere Tommaso Cini, a voler seriamente meditare su codesi riflessi, che ci paiono toccare all'intero buono o cattivo successo dell’interessantissima impresa da essi assunta.
  36. Si ricorda che il francescone o scudo toscano di 10 paoli vale lire 5.60 italiane o di piemonte, pari al franco di Francia.
  37. Vedansi, del resto, i particolari di cui alla nota che è alla pag, 241 e seguenti.
  38. Si è detto da alcuni: «Certo, il giuoco di borsa e l’aggiotaggio son cose riprovevoli, perchè immorali; ma son per la Toscana un male inevitabile, attesa la necessità d’aver strade ferrate e il difetto di capitali per sopperire alla relativa spesa, i quali non si possono altrimenti cercare all’estero». — A questo argomento rispondiamo che, anche fatta astrazione dà’ princìpi, i quali non consentono di fare o lasciar fare cosa men retta, quand’anche possa derivarne un bene, non è vero che tutte le concessioni chieste ed ottenute siano poi alla Toscana prosperità indispensabili. Nè sussiste che non si possa altrimenti fare incetta di capitali all’estero. Abbiamo già notato esservi in Germania Stati, i quali non hanno mezzi e credito superiori alla Toscana, e che tuttavia seppero procurarsi le vie ferrate, contraendo bensì coi banchieri prestiti, ma senza abbandonar loro l'impresa, e porgere ad essi, coll’occasione di celebrarla in modo soverchio, il mezzo di fare speculazioni d’aggiotaggio. Codesto riflesso ci muove a condannar del pari certa proposta che vuolsi fatta e che noi indichiamo però come cosa assai dubbia: di compensare un’altra concessione impetrata coll'assumer l'obbligo di pagare lire 2,000,000 per fare la mancante facciata del duomo di Firenze, ed inoltre di rifare la via che da Mercato Nuovo conduce al Ponte Santa Trinità, od altre simili grandiose opere d’abbellimento della città. Sicuramente, se queste potessero mandarsi ad effetto col pubblico concorso, sarebbe cosa degna di plauso; perocché renderebbero la già così bella ed ospitale Firenze, bellissima, e viepiù degna del gran concorso de' forestieri che vanno a godervi del suo bel clima, delle bellezze dell’arte, e della molta sua civiltà. Ma comprare opere sì fatte col viepiù favorire le speculazioni dell’aggiottaggio, non pare a noi nè dicevole, nè utile pellà Toscana. Torni essa ricca come fu altre volte coll'economia e col lavoro, ma non serva di tema alle speculazioni dell’aggiotaggio; chè, nè i reali suoi vantaggi economici, nè il suo miglioramento morale potran mai derivare da siffatta condizione di cose.
  39. Questa vuolsi recentissimamente conceduta con sovrano motu proprio a ricco signore estero, il quale avrebbe in tal caso assunto un impegno gravissimo; perocché quella strada vuolsi esser quella che presenta in linea di arte più serie difficoltà e quindi richiedere spesa maggiore, come si è detto sopra.
  40. Un’altra domanda debb’esser pure presentata da una società inglese, la quale ebbe contemporaneamente ricorso ai governi sardo, parmense, estense, lucchese e toscano per una linea attraversante quegli Stati entrando nell’Appennino ed usandone più volte in modo che non pare bene inteso, il quale inoltre sarebbe certo non economico.