Delle notti/Sedicesima Notte
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XVI. N O T T E.
Il Piacere , ed il Suicidio. - :
AR GOMENTO.
L'uomo è nato per lo piacere. Sarebbe follia
pretendere di guidarlo per le vie del dispetto.
Ma appunto il calcolo dei diletti è maggiore
per chi siegue la virtuosa moderazione.
L intemperanza de diletti conduce s§qo
rapidamente mille cocenti disgusti* Quindi
allora solo altri si appone al vero diletto
, quando della virtù innamora» Anche
i piaceri de 9 sensi , animati da , questa , sono
saporiti, perchè i sensi sono dati all'uomo
per la sua felicità. Lescir di vita per liberarsi
dalla noja di quella , è timido i, e disperato
consiglio. La vita è un dono prezioso
di Dio , di cui può , e deve farsi ottimo,
e piacente uso, finché egli > che ri è
il solo padrone j ripeta il suo dono.
Ambizion (tu dicesti) io t* abbandono :
Questa è follìa, che troppe cure ha, seco :
3, Ma T amabil piacere ! e qual severo
„ Censore ali 1 uomo impedirà, che il segua,
5„ Se suddito a lui nacque ogni mortale?
Di questo nume al pie scettro , e corona
, % Per averne il favor l'uomo depone,
f) Soffre ogni malé, ed ogni rischio affronta.
„ Il gu^rrier, che va in campo in suo cor fisso
10,, Di vincere, o morir, nella sua gloria 1
Non vede che il piacer; ne' primi onori
L'ambizioso lo cerca, e ancor sul trono
^ Delle sue leggi ogni Monarca è servo .
„ Ov'è chi a v dolci incanti suoi resista?
15„ Ov 1 è chi al suo poter sottrar si possa ?
„ La brama del piacer non può dall' uomo
-Mai separarsi, e la virtù più eccelsa .
„ Puè guidarne il pendìo, torla non puote
E con più forte voce all’uom natura
20„ .Può annunziar, die il piaterèil sommo tene?
Io non ti dissi mai, che di natura
Sordo fossi alle voci, e che l 1 impero
©ci piacer non curassi. Io so che questo
Regna su in. cielo ancor, so che per lui
25Ogni spirto colà coir alto Nume • Pel
N’Iihw il ben divide, e so che regna
Sul nostro globo . In fatti oh quanto il mondo
Dèbbe al piacer! & senza d 1 esso oh quanto
Trista saria natura! Oh come assorti
30In letargico socco, e tutti ghiaccio
Sarian gli esseri! Ei solo alma è del mondo.
•Calore:, e moto ovunque ei desta, ei vita
Mantien nell’universo, ei ne discaccia
Senza posa la morte; a lui soggetto
35Nacque ógni esser, che ha semi, e se U piacere
Non è, che l’uomo allaccia, è’1 suo fantasma %
Come è raro però chi tal diletto
Cerchi nnila virtù! Sono i piaceri, .
Che il vizio ha seco numerosi, e varj,
40Come que’ tanti arditi avidi moti,
Che possono agitare il cor., che ponno
Oltrepassar le mete a lor prescritte,
E mal veder qual sia lor vero scopo. *
Nè creder già, che lubriche soltanto
45SLen di Pafo le vie; lubriche, e guaste
Tutte son quelle ancor, che vizio han seco,
Che la ragion condanna. Osserva il padre, .
Che rampogna del figlio i folli a morì,
Forse schiavo il vedrai d’amor più infame. .
50Talun dair oro affascinato il toglie . j
Al vero possessor con lui vivendo
In vergognosa lega e prostitute
Alla truce vendetta altri si mira: *
Come l’amore ha Podio il suo serraglio
55Di bellezze, ove il cor nel sangue ha immerso
Sfrenata orcibil turba. Immobil meta
E’ il piacere all’iniquo, e meta al saggio.
Per lui P empio sicario il ferro impugna .
Allo splendor di sua notturna lampa,A
60lui fa sacrificio alto Ministro
Del sonno suo, del suo riposo ... oh Dio!
E talora dell’uom . Per lui l’avaro
Veglia, e sè rode al suo tesoro accanto .
Il fiero alunno della Stoa superba
65Disprezzando il piacer, piacer cercava .
L’affanno, ed il dolor s’abbraccia ancora
Per giungere al piacer: si trova il bene,
O si spera trovare allora in mezzo
Alle lagrime, al duol. Perchè sen fngge
70Dalla folla colui? deserto nudo
Ad abitar sen corre? aspro governo
Fa di sue ’membra? E* dei piacer bramato
Una vittima questa, e quegli è padre
Delle virtù sul globo, e delle colpe .
75Ei ci sprona a incontrar onte e tormenti,
Questo afferrar si cerca in braccio a morte
Tentando di goderne eterna piena.
Servo ancor io dell’universo a questo
Dispotico signor, ed il piacere]
80Del mio canto lugubre è il solo oggetto*
Ma vegg’io ben, che de’ creduti saggi
L’orecchie,. ah troppo delicate, offendo /
Veggio più cupa ancor l’austera fronte, E
sento condannar come perverso,
85E periglioso il dar lode al diletto»
Qual follia temeraria, essi diranno, v
Esaltar il piacer, che tanto è caro, .
Senza tesserne elogj, ai mondo intero!,
Saggi moderni, se di saggio il nome
90Merta chi troppo la saviezza estende,
La pacifica mia risposta udite .
Ai sensi crederà sempre il mortale,
Nè otterrem mai che ciò ch’ei sente ei aeghi?
E se possibil fosse, è forse onesto?
95Debito non può mai colM menzogna <-,:
Contrai* la verità: sincero adunque .
Confessi ognun di voi, che la dolcezza
Il mei racchiude, e sol da voi s aggiunga,, .
Che il suo dolce è mortai, s’ha 4n se veleno*
100Ouesto piacer è della vita umana .
Babamo, e la che l’uomo al ciel sia grate. .
Potrebbe Tuoni riconoscenti voti, Se
il possesso ri quei dolce non fosse, * «*
Porgere al ciel de’ benefizj suoi?
105L’esser, che non ha senso, a forza è ingrato».)
jj uom sorride al piacer fin dalla cuna, .
De 1 suoi vezzi s’accende appena è nato,
E finch’ei vive ha quest’amore in petto. ’
fiè di tal Re delP uomo è poi nemica
110la saviezza: ma sol d’essergli guida
Ha cura, e serve a. lui, nè il ti on gì’ invola
Grida natura all’ucm ... sempre t’allegrai •
Ovunque a’ sensi suoi questa presenta
Ciò che può lusingarli: in lor vantaggio
115Quanto ha di ricco il mondo essa alimenta; ’
Lauta mensa mantien, scena festosa-
Ove s’inebbria l’uoin di dolci sensi . * —
La sua man generosa in ogni istante
Del piacer colma il vaso, e cel presenta
120A nome del gran Dio. Sì ricchi doni
Accetti P uomo, in faccia a Dio ne goda,
. E del grato suo cor sia puro omaggio
Il gustato piacer: però rammenti
D’appressar sobri© labbro al vago nappo,
125Che i sensi incanta. Altri piacer vigono ’
Più assai perfetti 5 assai dell’uom più degni»
Coltivar la ragion, render attive
Le potenze dell’alma; i suoi £ensieri •
Volgerealla virtude, e sempre ardenti •
130Per ciò ch’è vero ben, nudrir le brame,
Sicuro mezzo è di svegliar nell’alma
Diletto vero* e tal che mai s’estingue.
Lorenzo, tu che un solido piacere •
Non conoscesti mai, se pur coraggio.
135135Hai di fermar l’idea per un istante
Nel piacer, e di lui con fermo ciglio
La natura mirar, questo mio canto
Ascolta, e forse a te d’alto stupore
Camion sarai nel ritrovar te stesso •
140140A quella schiera di viventi ascritto,»
Che moderati son, che sono austeri *
Dimmi: cos’è il piacer? È la virtude
Sotto nome più allegro c ancor qual merla "
Dal mio labbro non ha titolo illustre*
145145E pianta la virtude, ed il piacere
È il vago fior, che la virtù produce.
Niun per azzardo mai scoprì qual sia
Vera felicità. Questa noli nasce
Da inutile desio, nè si ritrova
150150Nella viltà <lel vizio, o nelle brame
Di guasto cor. Felioitade è un'arte,
Che d' apprender conviene, ed è sol tanta
Prezzo di fermi e di solerti studj.
Se interotti sieri questi allor si perde
155155Il frutto, che arrecar le cure andate,
E torna il duol coir igùorauza al fianco • -» •
Senza il voto delPuom può la fortuna
In uft uomo ammassar titoli -, onori,
E la ricchezza puote offrirsi all’uomo
160160Ma di saviezza e ti' uopo andarne, in traccia
Nè questa varietà taiga il coraggio *
Se ricercarla è necessario, è certo ~ J
I/aequisto pfcr colili e’ ha un’alma forte*
Quella punto somiglia ogni altro Lene
165165Del basso globo, che sovente faggfc
Da chi ne va senza riposo in traccia £
Nòavvien giammai, che quella in Vaia si cere hi*
Del piacer verorla saviezza è madre:
Rigida disciplina è sua nudrice:
170170La sofferenza ad istruirla attende;;
E la corona poi falda costanza.
Di quel piacer* che di saviezza è parto
Il cor del giusto è trono: in questo regna
Dell’alma sovra le potenze tutte
175Con maestoso amabile decoro .
Lo cingon le virtù: fangli corteggio,
Vegliano in sua difesa: e tai virtudi,
Sebbene il nome lor turba, ed affligge
La debolezza nostra, amiche all’uomo
180Son sempre, e yoglion sol dell’uomo il bene,
E d’ogni suo piacer son pegno, e fonte.
E ehe e’ impongon queste? Impongon solo
Ciò che da noi si vuol: voglion soltanto,
Che siam felici, e che di nostre cure
185Sia la felicità corona e premio .
Dolce, amabil piacer! se la ragione
Seguisse ognun, se ognuno in sen nudrisse
Puro affetto per te; ciò, db* ci desia
Sarebbe il tuo voler, gli ordini tuoi
190Le lor brame sariano: ah! l’noni da folte
S’oppone a ciò che d’eseguir t’impose
L* alto Nume sul globo! E tu dal cielo
Non scendesti tra noi per render l’uomo
A’ bruti egual, ma sol per farlo illustre,
195E per ergerne il core al Fabbro eterno .
Benefico piacer, tra noi scendesti
A infonder lena alla ragione, e insieme
Unir la tua vaghezza, e il suo vigore:
Tu la virtù proteggi, e la virtude
200s! Grata al tuo don ti dona eterno impero.
Scorri dunque per sempre in seno a noi.
Piacer, fonte divin, che irrighi, e rendi
D’ogni felicità fertili i germi:
Ma la sola jvifrtù schiude tal fonte,
205Perenne il fa 5 l’inaridisce il vizio,
E l’eccesso, . e 1* error ogni piacere
Cangiano in vizio, e nel dolore entrambi
Fanno precipitar. La sobria mensa
Serba ragion, piacer, salute, e vita:
210- Turba i nostri pensier, genera noja,
Tormento, e guida ad incontrar la morte
La crapula. Mortai, se il labbro emergi
Nel vaso del piacer, se lo tracanni
Fino all’ultima stilla, aspro dolore
215Vedrai, che di quel .vaso occupa il fondo.
Ma se ti guida la virtù, se g9di
Del piacer, che ti porge, immergi allora
Tutto te stesso, e quanto più ti senti
Ebbro, più allor sarai vicino al Nume.
220Tai pregi non sperar, che in se comprenda
Quel piacer, che dà il vizio: è sol la pena
Suo necessario frutto, e questa l’empio
Scansar non puote. E potrà Tuoni turbar*
L’ordin del Nume, e render vano il fine
225Del braccio onnipotente? E qual follìa
È l’affannarsi ad inventare un bene
Opposto al bexu che fu per l’uom serbato
Da quei, che fece e P universo, e P uomo?
Le proporzioni, e quelle ferme leggi,
230Donde nascer pur dee rumor discorde
Ne’ suoni, ed armonia, rette, e guidate
Forse non son con invariabil destra
Da chi fé’ lo strumento? È sempre astretta
La man, che il suon ne trae, le stesse leggi
235A seguir ciecamente: e l’uomo ancora
Piacer trovar non puote in quegli oggetti,;
Da’ .quali è cinto, che in seguir Je leggi,
A cui soggetto il volle il Fabbro eterno,
Voile il ciel, che all’union di corpo, e d’alma
240Fosse la vita annessa, e che il diletto *
Pendesse dall’union d’alma, e virtude .
Se si tolga virtù, d’esser felice
Possibile non è, come non puote - . >
Chi già più non respira esser vivente .
245Donar non può felicitade all’empio
La fortuna, ne torla alP uom ch’è saggio,
Sia di virtù seguace, e lasci poi
Ogni altra cura al Ciel chi al bene aspira 5
La virtù, la pietà sono un sol nome?
250No; la pietade è di virtù più illustre;
D* ogni piacer, e d’ogni, morto, è madre-’
So 5 che poco al mondar* tal dogma è grato Y
Che il nome dì pietà lo muove a riso;
D’ogni terreno beri pur questa è il germe
255Ed è della ragione il frutto primo.
Amar P uomo non pub con puro affetto,
Se nel!’ oggetto amato Iddio non vede .
Base è questa pietà, su cui riposa.
Tutto il fraterno amore i e questo ip parte
260Deliafelicitale umana è fonte,.
Anche maggior felicità comprende
Questa pietade stessa 5 un Dio creduto,
È un sommo ben, che nasce; assai più grandé
Quel ben si fa, se Dio. s’adora, e teme;
265E compiuto è qualor s’ama: quel Dio ...
O voi, che sempre ed il rumore e i giuoclt
Gite cercando, e che piacer vantate,
Voi chiamati daL mondo uomini lieti
Cinti d’ogni piacer, voi stessi, siete
270Soggettila, ogni tormento . E perchè Ifiai
Nel futuro il pensier sempre- vi porta,
Se non perchè non mai lieti vi- rende
Ciò che godete? E voi sempre incalzati
Da voi medesmi, da invincibil noja,
275Della vostra miseria in ogni, istante -;
Palesate il segreto .: A voi la quiete
È insofTribil tormento; a forza al. mota
Noja v’astringe y e in questo mot© Palma
Ondeggiate voi stessi, affinchè taccia
280Del vostro interno mal la trista voce
Tal consiglio però prendete in vano, 1
Che svela questo il mal,, ma pai noi sana*.
Se fosse lieto l’uom, non si vedria
Della notte turbar l’alto silenzio.
285Con spettacoli strani, e rumorosi
Propria è solo d* un’alma angusta, e lieve %
Gonfia di proprio amor, vuota d’idee,
Il darsi senza freno in preda a questi
Strepiti laminosi* È questo un grido
290D’infermo core, a cui furioso, e vario .
Moto di spirti sol per poco impresta
Sembianza di salute; aura leggiera»
Che dolcemente irrita, il riso desta *
Cominciando a spirar, ma poi tormenta
295Lo smoderato riso ogni pensieroDissipa,
altrui disgusta, e spesso ancora
D’orgoglio, ft- di follia noi stessi accula.
Sovente uri riso tal non è che vano *
Importuno rumor dell’uom, che soffre
300Acuta lima di tormento, e tenta .»., v
Di far, che l: alma il suo penar non oda. *
Non si creda» però quest’ombre vane
Segni di piacer vero, e sol dal vizio
Pende tal allegria; l’-apporta, mi niente,
305Un niente la distrugge. e quando è scorso
Si lieto istante, l’uom più s* abbandona,
In triste?/, a più nera,egli s 1 immerge,
E più crudi risente i mali suoi*
Questa folle allegria somiglia appunto
310Quei torrenti fangosi in pochi istanti (
Turgidi fatti, di cui Tacque ardite,
In vorticose, e fulminanti masse. .
Scorrendo vanno con orribil fiotto r
Formansi in tia momento, il corso loro
315Vede l’altro finir, e le campagne, . i. i
Che minacciaron d’inondar a coperte .
Resjtan da sabbia, che nel suo fiutare -r
Secò l’onda trasporta, e in ior depone *,
Nè questa è la letizia atta a far fronte
320A sventura, impensata v a gir contenta . .
Ad onorata povertade incontro j,
E tranquilla mirar qual sia la morte
Senza temer, del suo tremendo aspetto.»
De 1 nostri sensi il passeggier trasporto
325Non ò felicità: questa è dell’alma v
Statp, che mai non scema, e non si perde >
E che prender non può stabil possesso
D’un agitato cor . Perchè costante
Sia la gìoja, convien che la sorgente
330Perenne sia, che n’abbia visto i pregi «
L’esame, la ragion. Questa non scrive
In fronte alP uomo un temerario orgoglio r
Ma veste il volto suo d’un bel sereno,
Pago di se, tranquillo $ in esso imprime
335Di pieghevole cor tenera immago,
Che segno di tristezza un folle crede.
Questa in somma dell’uoni rende l’aspetto
Serio, composto, e in cor gli pone il risoE
come ardisce Tuoni sfacciata giojn
340Mostrale in mezzo a tanti umani affanni?
Offende altrui chi sempre in fronte porta
Un" aria trionfai, che quasi insulta
Chi tristi giorni mena. E assai più vile
L’addolorato aspetto, e ben ei- merta
345E dispregio, e pietade. E perchè mai
Offrir sì trista fronte al ciglio eterno,
Che sol nascer ci fé* per farei lieti?
Non giunge un’alma forte a tali estremi r
Muove il piè per sentier giusto, e costante
350Con pacifico moto ella sen. passa
Dal dolore al piacere, e senza ambascia*
Da piacer moderato ella ritorna
A giusto duol, da cui frutto ritrae,
Non mi presenta il vero saggio un volto
355Torbido, inquieto, e di dolor vestito * y
Nè tutto estingue con insana gioja
Queir interno piacer, di cui va colmo r
Lascia, lascia insensato i tuoi profani
Circoli, i troppo strepitosi giuochi:
360Che non il giuoco, l’armonia, la danza
Son atti a consolar; altro sollievo
E più sicuro il canto mio t’accenna»
Se la tua fronte nuvolosa rende
Malinconico umor, se tu risenti,
365Che la tristezza il cor t’occupa e preme,
Fissa il pensiero sovra importante dogma,
Una passione aftVena, ovver compisci
Un atto generoso, il denso velo
Squarcia dell’ignorante, il riso rendi
370Ad un labbro infelice, essere ardisci
Intrepido censor del fido amico,
Ed al nemico tuo doni dispensa.
. Ovver sull’ali dell’amor t’innalza ’ r
A contemplar delle create còse
375Il fonte, e’1 tuo pensier si fermi in Dio.
Allora il tetro umor fia, che si sciolga,
L’alma al piacere, ed ail’ufficio usato
. Fia che ritórni, e non dorrai da folle
Attingere il piacer in quella tazza 1 ’
380Colma di vifo bassareo liquore,
O nel suono, che fan musiche corde:
E in pace soffrirai, che più non vanti
La tua vigna una fronda, o la tua cetra
In più parti divisa al suol rimanga, i
385Forse dirai ch’ò troppo trista via ’
Per giungere al piacer quella ch’io mostro. ’
Ma il primo raggio, ehe dal Sole al ciglio
Giunge, gradito senso in noi risveglia? ’
Ogni oggetto, che grande a’ sensi nostri
390Offre il piacer, con doloroso colpcrNel
primo istante questi sensi offende
Nón compra il peregrin dalla fatica ’
Il dolce suo riposo? All’uomo il bene
Vende il Ciel, non la dona, e sol dall’uomo
395Per ragion di conquista il ben si gode .
Dunque si fissi ornai, ch’è de’ mortali
Sommo bene il piacer: ma ognuno apprenda
A distinguer tra loro il falso, e il vero .
Il vero è quél, che la ragione approva;
400E quel piacer, di cui virtude è madre,
Cresce in goderne * e vincitor del tempo,
Sino all’ultimo dì dell’uom canuto V
Al fianco resta; e tutto il suo splendore
Volgendo all’avvenir, l’ombre di morte
405Scioglie, e mostrarsi in faccia a lui non sanno»
L’eternità, simile al Sol già sceso
In ciel più basso, alcun dubbioso raggio
Lascia fuggire, il di cui lume indora
La tomba oscura, e d 1 un eterno giorno
410Quel nume indica all’noni P alba primiera*
Odiosa reflde il piacer falso a noi
L’alta immortalità. y vaghezza orrenda, -,
AH* annientarsi presta. >. e se pur getta
Sul presente talor lampi fugaci
415Atti Pilotilo a sedur, scuoprona ancqra
Al suo ciglio smarrito orrido velo r
Che P immenso avvenir tutto ricuopre .
L’alma (si prostri l’uomo aJ nome augusto
L’alma è nata su in cielo. IL suo destina
420Era di conservare il suo splendore,.
La natia libertà se»za incepparla,
O venderla, sul globo a prezzo vile *
""Sia dovea come straniero illustre
lulla terra passar con piò veloce,
425Della sua dignità sempre gelosa..
Sempre anelante alle paterne mura,
Tranquilla, o con timor, sempre gustanda
Il nappo incantator del viver corto,
Alle delizie d’immortai soggiorno
430La sua sete serbar tutta dovea
Uomini pur vi son v de quali il guasto
Genio nutre più caldo e ferma affettoPer
ciò che nasce in questa terra ingrata 4
Veggonsi in questa terra ospiti., scesi
435Dal cielo, erranti andar quai vili schiavi
Per acquistare un rozzo cibo e scarso;
Ed alienar per un momento solo
pi misera piacer quel ricco premio,
Che a lor serbava eternità felice..
440Ma che succede alfin 9 quando si abbietto
Pascolo, all’alma loro unico cibo. .
O la sorte, o Petade a loro invola,
O gustarlo non può palato infermo?
In gran penuria sono: allor si desta
445Dal lungo sonno la ragion: con lei
Sorge disperazione, e l’uom soccombe .
Quanto per essi «ed infelice e dura
E* l’esistenza! A sostenere ancora>
La difficile scena alcun: si? impegna
450D’ingannar se medesmo insiem col mondo;
Ma pochi son che di natura il cono
SofFran, che giunga a terminar la scena, v
Ed abbian cor di mostrar lieto il volto
Tra gì’ interni spavrti, e tra gli affanni
455Fino al punto, in cui sia vuota l’arem,,
E la parte maggior di rabbia accesa
Con temeraria destra alfin la guida.
A frónte dell’orror, che la natura,
Ed atroci rimorsi han posto in guardia
460A sì tremendo passo, e delle leggi
Della Terra, e «lei Ciél, che coti lucente
Ferro ne veglian sempre alla difesa:
Ad onta dell’abisso, in cui si perde
Delle membra, e dell’alma il dolce noda;
465Abisso, che d’orror tutti-4i cinge, ’
E ch’offre orrendo gorgo alla caduta r.
Veggonsi rovesciar tutti gì- inciampi T
E lanciarsi dal inondo oltre i confini..
Cielo t Che ascolto» mai! Qual improvviso
470Gemito spaventoso! Oh Dio, che veggio!
Irti capelli, un sen lacero esangue j
Veggio, che l’occhio torvo ancor bestemmia
E quella salma estinta ancora ha in fronte
Disperato furor. Lorenzo, oh Dio!
475Questi è l’amico tuo, questi è Altamonte
Questo amabil garzon, pien di coraggio
Ricco d’ogni piacer fuggì da vile,
E vivo ancora abbandonò la vita.
Ricuopra un denso vel spettro sì fiero.
480Ma celarlo che val? À te d’intorno
Mira, Lorenzo. Ah quelle spade osseina
Tinte di caldo sangue, e mira l’empia
Di veleni custodi orrida ampolla:
Quei sì funesti lacci, e quegli aspetti
485Gonfj, lividi, orrendi. Ah mira ancora
Questi perduti libertini impuri
Di se lenti uccisor, infami spettri;" - i V.
Che viventi tuttor, portano in seno
Putrido seme, che devasta cheto
490Le viscere languenti: e pur fastosi
Delle proprie ruine, avidi in braccio <
Alla licenza, al lupanar sen vanno
Per affogarvi il disperato iore. . ■
Or che immagini tetre! Oh quanto è l’uomo
495Orrido alla virtù, se tal diviene! *
Dalle Tartare? foci ornai sorgete 9 '
Anguicrinite disperate furie ) n
Ecco del furor vostro un degno oggetto ..
Nel Suicidio, e a' piè vi cada estinto
500Mostro tal, eh' è di voi più fiero* e orrendi*
Tristo amante di morte, e truce in volto.,
E che in un mar di peusier tetri ondeggia >
U ali nere su questo anglico suolo
Nel furioso suo voi tutte raccolse.
505Della morte il timore è gran viltader
Ma pur viltà maggior mostra colui r
Che non ha cor di sopportar la vita*
O mio paterno suol, che tanta infamia
Da tal mostro ricevi; è perchè mai
510Tanto lungi dal giusto è 9 1 tuo costume,
Quanto dal continente i lidi tuoi?
Purga il tuo *en~ da questa macchia infame y
Che la tua gloria oscura, e cessi alfine
Di spaventar la fama estrania terra,
515Pel tuo furor narrando i tristi eventi»
Colpa non ha d’aver prodotto il giorno,
Questo mostro il tuo clima: e non quel grado
Ch’occupi, nè quel Sol, che per te splende,
Di questi falli tuoi son la sorgente .
520Non scema la ragion, se più lontana
Vive dall’eqiiator: riè fé* natura?
Clima, che sia della virtù enmico •
Innocente è il tue suolo, e i tuoi delitti
Inventa, e compie sol la tua follìa .
525Follìa soltanto, il so, muove, e governa
Ogni mortai, che se medesmo uccide:
Ma tal, ch’origin trae da un’alma rea:
D’una vita menata in mille colpe ’ .
E’ l’ultimo delitto: è assalto estremo
530Del delirio, che soffre ogni mortale,
Che in tutti i giorni suoi visse d’errore, Visse
schiavo de’ sensi, e d’uno in altro i>
Vizio, e da questo in quell’eccesso corse ♦
Chi meditar la morte ha per costume, *
535Non si uccide giammai. Palpita ógni uomo
Ripensando a morir; tremando a questa
Incognita voragine s 1 appressa:
E se curvato in questa il ciglio immerge,
Tatto pien di terrore il pie ritrae*
540La provida natura appien conobbe
Queir uom, ch’essa formò . Comprese allora,
Che l’amor della vita a lui sovente
Stato sarebbe un troppo debol freno
Perchè in vita restasse: e sulla sponda
545Dell’abisso fatai pose il terrore
Atteggiato in severo atro fantasma
Sempre di spada folgorante armato,
Perchè lungi ne tenga ogni mortale.
Se Puoi», ch’è giusto, ei non tenesse in frena
550Oual forza, o qual pensier frenar potria
L’alma impaziente di lanciarsi in grembo- „
All’immortalità? Nè ritrovando
Ne* più dolci piacer, che offre la vita,
Che disgusto, e stanchezza, a mezzo il corso
555Egli vorria depor la grave soma .
Chi astringerebbe il reo, che fino all’ora
Segnata già da provvidenza eterna .,
I suoi lacci traesse? E chi frenarlo . .
Potrebbe allor che d’umor nero allaga
560Grave colpa il sno cor, che n’è tiranno v
Crudo rimorso, e lo tormenta, e strazia?
Senza questo terror, che lo riipingc
Sempre alla vita, in mezzo a’ «uoi furori
Frangerebbei suoi laeci, e rovesciato. .
565Ogn l’inciampo, n’andria nel- -cupo- abisso
Precipitoso ad incontrar la morte.
Se tu, Lorenzo y ancor temi sì tetra?
Disperata follìa ( sebben viitade
Questo timore appella il mondo< insano )?
570Se par non è per te la tomba oscura
Iflditferente oggetto: impara ornai
A veder eie* che sei eia che ti giova
Rendi soggetti di fortuna i doni
Alla salute del corpo l’e questo’
575Rendi soggetto all’alma, e Palma à Dio
Se per tai gradi, che natura insegna r
Il passo muovi, a te innalzar potrai
Tetto felice eoa durevol base. . • < .’
Chi tai gradi confonde, o li rovescia,
580Vuol, che piramidale ultima cima
A piramide sia base e sostegno
II vizio, i sensi, e le chimere amene
Figlie d’uman pensier, donar non; ponilo
Quel ben, ch’è degno d’anima immortale
585li piacer vano, 4 che ur momento vive
Saziar non puote il cor». Nella, yirtude
Si ricerchi quel puro almo diletto
Che fa’ l’uomo più grande il fai più illustre
Ch’estinguersi non può, sempre- è lo stesso r
590Che di crescer promette e che coraggio:
A traversar questa mortai carriera
Ispirando, di tal corso alla meta;
Ricca felicitale aji’aom disvela:.
Felicità divina Y a cui non’giunge*.,
595Col cenno suo fortuna, o tempo l’o Htorte l’
Diletto, a cui la speme è semjprre al fianco,
.Che ci toglie agli affanni, a quel ci guida
Sonuiio benefattor, di cui l’eccelsa
Prodiga destra con mirabil arte ’
600Uniti volle un di tanti portenti,
li sì sublimi fresi al fanso umano