Cleopatra, Reina d'Egitto

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Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Cleopatra, Reina d'Egitto
LXXXV LXXXVII
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CAPITOLO LXXXVI.

Cleopatra, Reina d’Egitto.

Cleopatra fu una donna d’Egitto, e fu in favola per tutto il mondo, benchè per molti re che furono in mezzo ella avesse origine da Tolomeo, re di Macedonia, figliuolo di Lago, e fu figliuola di Dionisio, ovvero, secondo che piace ad alcuno, fu figliuola di Minos re; nondimeno venne a signoria di quel regno [p. 362 modifica]per vizj, e quasi non fu famosa per alcuna ragione, se non per sua bellezza; ma per contrario fu conosciuta per tutto il mondo per avarizia, crudeltà e lussuria; e, secondo che dicono alcuni, acciocchè noi facciamo cominciamento dal principio di sua signoria, Dionisio o Minos, com’egli avesse nome, sommamente amico del popolo di Roma, venendo a morte sotto lo primo consolato di Giulio Cesare, per segreto testamento lasciò, che il maggiore de’ figliuoli, il quale alcuni pensan che avesse nome Lifania, togliesse per moglie Cleopatra, la quale eziandio era la maggiore figliuola; e questi morto, regnassero insieme la qual cosa seguì; perchè presso gli Egizj era in uso sommamente per disonestà torre per moglie le madri e le figliuole. E certo desiderando Cleopatra avere solo lo reggimento del regno, secondo che alcuni hanno detto, ella avvelenò quello giovane d’età di quindici anni, suo fratello e marito, e rimase sola al reggimento del regno. Poi dicono, che avendo già Pompeo lo Grande occupata tutta l’Asia, andato in Egitto, sostitui un altro fratello in luogo di quello fratello che era morto, e fecelo re d’Egitto: per [p. 363 modifica]la qual cosa indegnata Cleopatra, pigliò animo contra a lui. E così stando le cose, essendo sconfitto Pompeo da Cesare in Tessaglia, e poi essendo morto quello fanciullo che egli avea fatto re, in suso il lido d’Egitto; arrivato Cesare a quel luogo, trovò che quegli facevano guerra tra loro; i quali furono chiamati a dire le sue ragioni innanzi a lui. E, tacendo di Tolomeo, Cleopatra, maliziosa per natura, fidandosi molto di sè, presentossi ornata realmente; e pensando d’ottenere lo regno, se ella traesse Cesare domatore del mondo a sua lascivia; e essendo ella bellissima; e pigliando quegli che ella voleva con l’arte degli occhi, e con l’ornamento delle parole; con poca fatica trasse a sè a suo sollazzo lo lussurioso principe; e in mezzo allo mormorare degli Alessandrini stette con lui in sollazzo, e di lui ingenerò, secondo che si accorda quasi ogni uomo, uno figliuolo, il quale dappoi per lo nome del padre ella chiamò Cesarione. E finalmente Tolomeo fanciullo, lasciato Cesare, e stimolato da’ suoi volse l’armi contro lo suo liberatore, e andò a Delta contro a Mitridate Pergameno, il quale andava in aiutorio di Cesare, il quale era pervenuto [p. 364 modifica]per altra via; e in quel luogo fu vinto da Cesare, e fuggì in una barca, la quale per lo peso di molti che sopravvennero entrando in quella si affondò. E così quietate le cose, e gli Alessandrini essendo arrenduti; dovendo Cesare andare contro a Farnace, re di Ponto, il quale era stato favorevole a Pompeo; quasi come egli dovesse dare pagamento a Cleopatra del suo diletto, e perchè era stata leale; non desiderando ella altro, concedelle lo regno d’Egitto, rimossa Arsinoe sua sorella; acciocchè forse per guida di quella non fusse tentata alcuna novità contro a lui. E così già avendo acquistato lo regno di doppio peccato Cleopatra, s’allargò a’ suoi diletti; e fatta quasi una puttana de’ re d’Oriente, cupida di tesoro e di giojelli, non solamente lasciò nudi di sì fatte cose i suoi adulteratori con sue arti, ma eziandio fu detto, che ella lasciò vôti i sacri templi degli Egizj de’ vasi, delle statue, e degli altri tesori. Poi dopo la morte di Cesare, essendo già vinti Bruto e Cassio, e Antonio andando in Soria, ella gli si fece incontro, e lievemente pigliò quello miserabilmente in suo amore, e condusselo a tanto, che dove ella avea fatto morire il fratello con [p. 365 modifica]veleni per tor via tutta la sospezione della signoria, fece, che per mano d’Antonio fusse morta Arsinoe sua sorella nel tempio di Diana da Efeso, dove, cercando sua salute, quella infelice era fuggita; ricevendo quello per pagamento de’ suoi adulterj da uno nuovo amico in luogo del primo dono. E conoscendo già la scellerata donna li costumi d’Antonio, non temè domandare a quello lo regno di Soria e di Arabia. E certo parendo a lui quella grandissima e non convenevole cosa, nondimeno, per soddisfare al desiderio dell’amata donna, diedele alcuna particella di ciascuno di quelli, e aggiunsele eziandio tutte le terre e cittadi che sono poste presso al lido di Soria dentro Eleutreo, fiume d’Egitto, ritenendo a sè Sidone e Tiro. Le quali cose, poichè ella ebbe ottenute, seguì Antonio che andava contro agli Armeni, e, secondo alcuni, andando contro a’ Parti fino all’Eufrate: e ritornando in Egitto per Soria, fu ricevuta magnificamente da Erode Antipatre, re de’ Giudei in quel tempo; al quale ella non si vergognò per messi a profferirsi in adulterio per torgli lo regno de’ Giudei in luogo di pagamento se egli avesse consentito: lo quale regno non [p. 366 modifica]molto innanzi egli avea acquistato per opera d’Antonio. Anzi per liberarlo dalla infamia di sì scellerata femmina, aveva deliberato di ucciderla, se non che gli amici ne lo sconfortarono. Ma Cleopatra non avendo sua intenzione, quasi come s’ella fusse indugiata per quello, affittò la rendita di Gericonte, dove nasceva lo balsimo, lo quale poi ella tramutò a Babilonia in Egitto, dove egli è fino a questo tempo; e di quel luogo avendo ricevuto da Erode grandi doni, tornò in Egitto. Poi tornando Antonio fuggito di Parzia, ella gli andò incontro. Lo quale Antonio per certo avendo preso a tradimento Artabazane, re d’Armenia, il quale era stato figliuolo di Tigrane, cogli figliuoli e principi del regno; e avendolo rubato di grandissimi doni e tesori, menandolo preso con una catena d’argento, acciocchè provocasse quella cupida a suo diletto, egli effemminato le presentò1, venendogli ella incontro, il re preso [p. 367 modifica]con tutti gli ornamenti reali. Del quale dono ella fatta lieta come cupidissima donna, accarezzollo sì lusinghevolmente, che egli rifiutò Ottavia sorella di Ottaviano Cesare, e fecesi moglie lei con somma affezione. E lasciate le Arabiche untazioni2, e le odorifiche profumazioni di Saba, e le vivande; egli uomo ghiotto si faceva continuamente di ghiotte vivande; e per magnificare Cleopatra sua compagna, venne in parole, che cosa magnifica si potesse presentare nelle continue cene: al quale rispose quella lasciva femmina, che se egli volesse, ella gli darebbe in una cena una vivanda di spesa di cento sesterzi3. La qual cosa pensando Antonio non potersi [p. 368 modifica]fare, e nondimeno desiderando di vedere, e di divorare, misesi alla pruova; e fu tolto per giudice Lucio Plauto. E non passando lo dì seguente l’usanza delle vivande; e già Antonio facendosi beffe delle promesse; Cleopatra comandò ai famigli che le portassero incontanente la seconda mensa: quegli non portavano altra cosa se non una tazza d’uno fortissimo aceto, e ella presa subito una pietra che ella portava da uno degli orecchi per ornamento, secondo l’usanza delle donne di Oriente, la quale era di sommo pregio, e disfecela nell’aceto: e quella disfatta bene, poi prese l’altra che ella portava all’altra orecchia di simile pregio per fare in simigliante guisa; ma subito Lucio Plauto pronunziò che Antonio avea perduto, e così rimase la seconda pietra, avendo vinta la reina. La quale pietra portata a Roma, fu posta all’orecchia di Venere, per fare per lungo tempo testimonianza della mezza cena di Cleopatra a quegli che la guardassero. Poi crescendo ogni di la ’nsaziabile cupidità in quella donna, acciocchè tutto si comprendesse insieme, essendo forse ebbro Antonio, levandosi da si nobile cena, ella domandò lo imperio de’ Ro[p. 369 modifica]mani, quasi come se fusse stato in mano di Antonio poterlo dare: lo quale egli promise darle, non essendo egli in buono senno, non pesando egli la sua forza opportunamente, nè la potenzia de’ Romani. Oh Iddio! come fu grande l’audacia di quella che domandò! e non fu minore la matterìa di quello che prometteva! Oh, come quello uomo era cortese donando inconsultamente! quasi come subito egli lo volesse fare, non altrimenti che se fusse stato la signoria d’una casella, a una femmina che domandava lo imperio appena ancora acquistato in tanti secoli con difficoltà, spargendo il sangue, e con la morte di tanti notabili uomini ed eziandio di tanti popoli, e con tante notabili opere e con tante battaglie! E perchè più parole? già era sparto il seme della guerra fra Ottaviano ed Antonio; e per questo avvenne che radunati gli sforzi dall’una parte e dall’altra, seguì la guerra. E Antonio e Cleopatra si fecero innanzi con l’armata di vele vermiglie d’oro, infino in Epiro; dove cominciata la battaglia cogli nemici in terra, e essendo rotti, cessaronsi indrieto a Azio, dove eglino dovevano provare la fortuna della battaglia na[p. 370 modifica]vale: contro i quali andò Ottaviano con Agrippa suo genero, e con grande armata e maraviglioso ardire assalì quelli; e cominciata la battaglia, stette sospesa per lungo spazio. Ma finalmente parendo perdere la parte d’Antonio, Cleopatra superba cominciò a fuggire con l’ornata nave nella quale era, e con sessanta navi con lei, la quale incontanente Antonio, messe giuso le insegne della nave, seguì e tornati in Egitto indarno disposero sua potenzia a difesa del regno, avendo primieramente mandati tutti i suoi figliuoli al Mare Rosso. Ma Ottaviano vincitore, seguendo quelli in più prospere battaglie, abbattè la sua potenzia: e domandando quegli tardi condizioni di pace, e non potendo ottenerle, disperandosi Antonio, secondo che alcuni dicono, egli entrò nella cappella dove erano le sepolture dei re, e quivi con un coltello s’uccise. E presa Alessandria, Cleopatra avendo tentato con ingegno trarre a suo amore Ottaviano giovane, come ella avea tratto innanzi Cesare e Antonio; come udi sè essere servata al trionfo, disperandosi di salute, ornata a modo reale, seguì lo suo Antonio; e postasi appresso quello, fecesi aprire le vene [p. 371 modifica]delle braccia; e per morire posesi alle aperiture delle vene due aspidi; e dicono alcuni che quegli fanno morire dormendo; e addormentata quella infelice, mise fine all’avarizia e alla lussuria e alla vita, sforzandosi Ottaviano di servarla viva, levato il veleno dalle ferite. E sono alcuni i quali dicono, che morì innanzi, e per altra maniera4 di morte: perchè dicono, che Antonio temè le carezze di Cleopatra nello apparecchiare della battaglia d’Azio; e per quello pigliò per usanza di non ricevere bevanda nè cibo, se innanzi non fusse fatta credenza: della qual cosa accorgendosi Cleopatra, per purgare lo sospetto, ella avvelenò i fiori, de’ quali lo dì d’avanti ella aveva ornata la sua corona; e messosi quella in capo trasse Antonio a sollazzo; e seguendo il sollazzo, invitò quegli ch’egli beesse, e mise i fiori nella coppa: egli volendo bere, Cleopatra non lo lasciò, dicendo ella: O Antonio, mio dilettissimo, io sono Cleopatra, la quale con nuove credenze tu ti fai sospetta: e s’io potessi questo comportare che [p. 372 modifica]tu bevessi, io ho tempo e ragione. E finalmente vedendo lo inganno ch’ella gli mostrò, Antonio la fece mettere in prigione e per forza le fece bere quella bevanda la quale ella avea vietata a lui; e così dicono ch’ella morì. La prima opinione è più chiara; alla quale aggiugni, che Ottaviano fece compiere un monumento lo quale Antonio avea fatto cominciare insieme con Cleopatra, e ch’egli fece seppellire insieme amendue in quello.

Note

  1. Cod. Cass. acciocchè provochando quella cupidita assuo diletto egli asterminato lepre sento venendogli egli incontro elre prese chontutti gliornamenti reali. Test. Lat. ut avidam in suos plexus provocaret effæminatus, venienti captivum regem cum omni regio ornatu ac præda dejecit in gremium.
  2. Test. Lat. unctiones.
  3. Test. Lat. centies sestertium malamente l’Autore ha tradotto quel centies sestertium per cento sesterzj; dappoichè centies sestertium, quasi centies centena millia sestertium, equivale a dieci milioni di sesterzi, che in moneta di regno formano ducati 250000.
  4. Cod. Cass. o per la maniera dimorte. Test. Lat. alio mortis genere.