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Intermezzi estivi

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Cosette - Divagazioni femminili Cose
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Intermezzi estivi



Visioni d’un’ora.


Sopra uno sfondo di lago, sopra uno sfondo di verzura, ignoti, chiusi dentro una maschera di dolore o di sogno, venuti chissà da qual paese, diretti chissà dove, il cervello — Kodak meraviglioso — ha fissato i profili umani che una qualsiasi singolarità, interiore e inavvertita a volte, a volte soltanto tutta esteriore, distingueva dal gregge.

E ritornano, ripensando, ombre chiare nella diffusa nostalgia grigia — punti mobili su quel gran mare immobile del ricordo, che è dolcezza infinita e infinito dolore.

Un velo pallido — bianco? argenteo? bigio? — agitato dalla brezza del lago intorno a una fronte bianca, intorno a un freschissimo [p. 190 modifica]viso di giovinetta, stranamente esangue, con due immensi occhi neri e una bocca di fiamma, che pare violenza audace nel pallore inverosimile del volto... Bocca rossa e muta; mano sottile, non meno pallida del viso, non meno immobile, con uno strano, prezioso suggello: uno smeraldo verde cupo — color d’alghe, color d’abisso — inciso da un profilo di sfinge.

Sul piccolo lago, il vaporetto va con un ansar lieve di fatica, che le acque tagliate, agitate, spumeggianti cullano, che le montagne severe e rigide ascoltano impassibili.

Il lago: la malia delle tinte inverosimili: più verde dei monti, più azzurro del cielo, più profondo della pace, più silenzioso della morte. È l’invito irresistibile e la promessa suprema fatta al dolore, all’amore, all’irrequietezza, alla stanchezza.

Intorno, dove il lembo estremo dell’acque bacia le rive, cento villaggi bianchi parlano di vita e offrono le casette nascoste tra il verde a qualche sogno che nessuno saprà...

I grandi occhi neri nel volto esangue, fissi sotto l’ombra del velo chiaro, non hanno sguardo per i villaggi adagiati ai piedi del monte, non rispondono all’invito della morte, non rispondono all’invito della vita. Guardano [p. 191 modifica]lontano, invece, con un’ombra di tedio infinito, che non dice dolore, non dice desiderio, e non speranza, e non volontà. Guardano lontano forse, e forse dentro, in quel pauroso paese che ognuno si chiude in cuore, e, fin che dura il tragitto, nulla vale a distogliere quelle pupille nere immote dalla contemplazione misteriosa, che non ha nome e forse ne ha mille, e forse uno solo: il tedio, il tedio triste che corre sul lago.

Il vaporetto approda, sbarca, imbarca, indugia un attimo, riparte. Altre mete, altre attese, altri visi accanto, intorno al giovane viso bianco, dalla bocca di porpora viva, che ancora è rimasto immoto, senza sguardo e senz’anima.

Sul breve molo, accanto all'imbarcadero, essi si salutano per la millesima volta, senza trovare il coraggio di lasciarsi. I due brevi ponti gettati dal battello sulla riva sono ingombri di gente affaccendata, la campana della partenza ha suonato, i facchini hanuo terminato di caricare, l'ufficiale di bordo dà l’ultimo richiamo. Nessuno bada ai due innamorati, che non possono staccarsi: colle mani nelle mani convulse, frementi, congiunte dal destino e ribadite dall’amore, cogli occhi rifulgenti di tutta la bellezza umana, trasfigurati da quella [p. 192 modifica]esaltazione, che racchiude la più grande menzogna della vita, essi vivono tutta la voluttà e tutta l’agonia in quei brevissimi istanti supremi.

La fanciulla si appoggia con tutta la fragile personcina vibrante contro l’alta figura di lui. Ella ha gli occhi pieni di lagrime, ma ancora gli sorride, col viso alzato verso le labbra dell’amore suo, e, come a un invito irresistibile, quelle labbra si chinano un poco, un poco, fin che incontrano la bianca fronte dolorosa.

L appello ultimo, e l’ultimo squillo di campana.

Un’ultima stretta frenetica, poi, di corsa, senza rigirarsi più, ella scende nel vaporetto, che subito si muove, ed egli rimane immobile sul ponte, stravolto nel viso sbiancato, con una ombra improvvisamente allargatasi intorno agli occhi tristi che guardano ansiosi e cercano.

Si sono ritrovati collo sguardo. Ella s’è collocata ritta presso la bordata di poppa, per vederlo sino all’ultimo anche da lungi, e rimane immobile al suo posto, anche quando il paesello bianco è diventato un punto appena percettibile, un punto che i suoi occhi pieni di lagrime non possono distinguere neppure iiù.

Intorno, i passeggeri seduti sulle panchine [p. 193 modifica]guardano curiosi la ligurina vestita di bianco ritta a poppa, sullo sfondo delle acque, col viso rigato di lagrime e inondato da una luce sovrumana.

Ella non se ne avvede: è rapita. L'anima sua è lontana, lontano è il suo desiderio, palpita lontano la sua vita.

È l'amore che passa sul lago.

In treno.

Ella s’è scelta con molta calma il migliore fra i posti liberi dentro uno scomx)artimento di prima classe, occupato soltanto da tre viaggiatori. Ha fatto collocare comodamente il suo bagaglio e ora, con molta calma, i)rocede alla propria toeletta. S’è tolta lo spolverino, e l’alta figura slanciata, flessuosa ma nervosa e solida, appare elegantissima, piacevolissima nella leggera blusa di seta scozzese sopra la pratica gonnella tailleur. Ha sostituito al cappello un berretto inglese, che le dà una lieve aria provocante, senza toglierle nulla in femminilità, e si specchia — faute de mieux — nel viso dei suoi compagni di viaggio.

L'espressione di quei tre visi è identica e dice ammirazione.

Ella sorride dentro e ripensa. È soddisfatta del suo breve soggiorno a Lucerna: il tempo [p. 194 modifica]l’ha favorita e gli albergatori sono stati più onesti della loro fama. Ha spedito cartoline illustrate col Leone del Thowaldsen a tutte le amiche e a tutti gli amici. Farà lo stesso da Zurigo e da Sciaffusa; purché qui le riesca di trovare delle cartoline colla cascata! Ritiene che Paria della Svizzera le abbia veramente conferito: si sente bene; mangia con molto appetito e dorme otto ore filate. Si propone di usufruire degli ultimi quindici giorni che le restano, per una larga raccolta di impressioni che sfoggerà poi quest’inverno, nelle lunghe e banali conversazioni da salotto.

Un lungo respiro di benessere. Ella sta bene di stomaco, di nervi e di cuore. Di cuore, sopratutto. Nessuna malinconia sentimentale, nessuna nostalgia, nessuna irrequietezza.

La vita è un fatto positivo, che ella accetta nel miglior modo possibile, e del quale è passabilmente soddisfatta.

Il treno fischia imboccando un tunnel.

È la sicurezza orgogliosa che passa.

Il “flirt„ della campagna.

È nato in luglio, così: quattro giorni dopo il suo arrivo, egli s’è accorto che, ogni mattina [p. 195 modifica]alle nove, ella si recava alla cascata e, come per caso, ha cominciato prima a seguirla, poi a precederla. Una passeggiatina deliziosa e una visione divino.

Ella vestiva dei costumi da mattina chiarissimi: tutta la gamma dell’aurora, tutte le raffinatezze dell'eleganza. Per attraversare il torrente, sotto la cascata, sollevava la gonnella — un lembo di corolla capovolta — e scopriva insieme una caviglia sottile così — calze di seta nera ajourèe, scarpette di chevreau, Louis XV — e dei dessous spumeggianti di trine candidissime.

Ella s'è accorta di piacergli molto e, a sua volta, non lo ha trovato antipatico. Una mattina ha lasciato cadere nel torrente i guanti di Saxe bianchi, lunghissimi, profumati di violetta: egli s’è slanciato a raccoglierli, entrando arditamente nell'acqua alta un palmo, con grande pragiudizio dei suoi stivaletti scamosciati, chiarissimi, a larghi bottoni di madreperla rosea.

E il giorno dopo ella ha osservato che anche lui aveva adottato la violetta.

Otto giorni dopo di sera. — Al ballo dello stabilimento ella gli ha promesso un giro di boston. Egli lo aveva chiesto come una grazia [p. 196 modifica]con una frase banale piuttosto, ma accompaguata da uno sguardo eloqueutissimo.

E, danzando, Lanno sciitito entrambi battere un po più accelerato il cuore. Ella era veramente irresistibile, in una toeletta tutta point d’esprit e trina, cosparsa qua e là da larghi tulipani vellutati — il tulipano significa dichiarazione — e da nodi di amoerro bianco, scollata appena il tanto necessario per lasciar scorgere, danzando, i tesori nascosti. Accuratissimi anche gli accessori: alta cintura di moire bianca, guanti bianchi senza bottoni, lunghi appena sino al gomito, calze di seta bianca, scarpette bianche, di raso ricamate a perline, profumo oeillet blanc. È un profumo violento, che dà subito alla testa, e un boston dura così poco!

D’agosto in un pomeriggio dolcissimo. — Egli è venuto a farle visita alle due, l’ora in cui la porta è consegnata per tutti; ha ciarlato, è stato eloqueutissimo. Ha trovato la tanto cara — non ancora l’adorata — commossa, inquieta, tutta brividi. E bellissima, sopratutto. Aveva un abito di chiffon color tiglio, aperto sopra una gonnella di Maline e tenuto, dietro, da due grossi nodi di nastro azzurro terminati da un gioiello con turchesi. Lo stesso nodo e lo stesso gioiello sul petto, a sinistra, sotto la scollatura breve e rotonda — alla vierge. [p. 197 modifica]Larghe maniche aperte sopra una seconda manica di Malines breve, aderente e trasparentissima. Calze di seta color tiglio. Scarpette di amoerro azzurro col tacco basso e fìbbia di turchesi. Sottogonna di mussolina e trina leggerissima, spumeggiante. Non aveva il busto ed era profumata alla verbena. Teneva i capelli annodati un po’ lenti sulla nuca e tenuti da un pettine di tartaruga bionda tempestata di turchesi.

Fine d’agosto. — Ancora al ballo. Ella ha voluto essere la bella fra le belle e ha studiato con amore e pazienza e intelligenza, nei più minuti particolari, la sua acconciatura.

L’abito che porta, di raso bianco ricamato con perle e fili d’argento, è scollato con arte mirabile; tutta la parte destra del petto scompare sotto una ghirlanda di rose thee che partono dalla spalla; l'altra parte appare nuda fin dove è possibile; la legge di compensazione è osservata.

Nudo anche il collo, senza un gioiello, senza il più piccolo filo di perle. Livece, una piccola corona di perle scintilla sobria e discreta tra i capelli. Profumo: gelsomino della Cina. È inebbriante. Infatti, quando egli le parla durante il loro walzer ha la voce commossa. [p. 198 modifica]L’ambieute è saturo di elettricità.

Primo di settembre. — S’è combinata una gita al villaggio prossimo: dodici cliilometri. Egli le fa da cavaliere: ella è felice e inquieta, nervosa e beata, vibrante ed estenuata, ma la sua toeletta non è mai stata più corretta. Soltanto il cervello è in disordine.

Veste un tailleur di grossa lana grigio acciaio, con cappello color ardesia e alette bianche. Ha due veli: uno bianco, l'altro azzurro pallido: insieme si fondono in una tinta tenue, che addolcisce in modo seducentissimo il pallore ambrato del suo visetto. Sottogonna di mussolina dell'India a tramezzi di valencienne, e uno spumeggiare di plissès da dare le vertigini. Calze di seta nere e stivaletti di vernice. Profumi: Ylang! Ylang!

Lo stesso giorno: di sera. — Piove a torrenti e non si può far ritorno al paese: bisogna adattarsi a passar la notte nell'unico albergo del paese.

Ella si rassegna????

Metà settembre. — Alla cascata. Ci sarà? non ci sarà? la cosa le è indifferentissima. Yeste alla buona e ha il busto largo: cinquantadue centimetri. Sopratutto le importa di star comoda. [p. 199 modifica]Ha un abito di piquè bianco non più freschissimo e che appare leggermente sporco qua e là. Porta un paillasson con nastro scuro e un sottil velo bianco; stivaletti americani che non le fanno il piede bellissimo. Profumo negativo.

Ha in mano un volume di Daniel Lesueur e s’interessa davvero alle cose che succedono nel romanzo.

Egli arriva alle nove e tre quarti e fuma, il virginia: ha una cravatta color ali di colibrì che gli sta atrocemente male, e gli stivaletti gialli che ella non può soffrire. Parlano delle fiera di beneficenza organizzata per la domenica successiva, del tempo, del fresco, del romanzo che ella legge, delle debolezze sentimentali della signora X, del fidanzamento della signorina Y, di tutto, tranne che di ciò che li preoccupava un tempo...

Ancora al ballo, di sera. — Ella veste un abito color ortensia, aperto sul petto in una scollatura quadrata, discreta e onestissima: pettinatura semplice e senza postiches.

Ha scordato di profumarsi e balla con vero piacere, proprio per ballare, senza il più lontano secondo fine. Egli l’ha invitata pel boston, poi è andato al bigliardo. E vince. [p. 200 modifica]Fine settembre. — Si fanno le valigie: egli è venuto ieri a salutarla: ella lo lia ricevuto presenti le amiche e gli ha dato una stretta di mano pili che inglese. Anche lui aveva scordato di profumarsi e portava un colletto rovesciato. Ella era in vestaglia di flanella bianca a righe celesti: più che seria.

Hanno promesso entrambi di ritrovarsi in città, ma ella gli ha dato il giorno delle amiche ed egli parte domani per le caccie.

Si fanno le valigie.

Anche il cuore le fa.

Wagon-restaurant.

Ad Arezzo, come il distributore percorreva il lungo corridoio del treno, annunziando, invitando, sollecitando: — Wagon-restaurant, signori! — egli le ha proposto, desideroso di prevenire tutti i suoi possibili desideri, avido di cogliere tutte le sue sensazioni di stupore ingenuo:

— Vuoi che pranziamo nella Vettura ristorante?

Ed ella s’è abbandonata con delizia alla gioia di quest'altra novità: pranzare in treno, [p. 201 modifica]in lina vera sala da pranzo, par petites tables, come la moda vuole, illuminate dalle lampadine elettriche coi paralumi color di rosa, servite da camerieri in guanti bianchi, in una sala fantastica, fuggente rapida come in un sogno attraverso il paesaggio toscano lussureggiante e lieto. Lha preoccupata molto la questione della toeletta.

— Tengo lo spolverino o me lo levo? mi metto il cappello o no?

Il compagno non ha saputo consigliarla, e ha finito col suggerirle di fare come meglio le pare. Ma ella ha rammentato a tempo che alla table d’hóte dell’hotel si faceva colazione col cappello in abito da mattina e si pranzava in capelli. E s’è decisa a portarsi scoperto nella vettura ristorante il suo magnifico elmo di capelli corvini, che lo sguardo del suo compagno accarezza con passione. Anche s’è tolta lo spolverino, e la fine figura flessuosa appare disegnata con fedeltà dalla princesse di tussor brique — un tono caldo, che sta bene ai suoi capelli — in una rivelazione deliziosa.

Ti piace? — egli le chiede appena installati, cercando col piede attraverso il brevissimo spazio il piedino di lei, premendolo lievemente, lungamente, con una carezza che mette una fiamma breve sul viso. [p. 202 modifica]

Sì, le piace. I suoi occhi, che trovano tutto nuovo, osservano curiosamente intorno, facendo raccolta d’impressioni per la sua tranquilla, nascosta vita di poi, per le lunghe ore vuote che l'attendono là nella piccola casa della piccola città di provincia, dove ella comporrà il nido, sognando e fantasticando...

Quante volte lo rivedrà questo ambiente fuggevole, precario, presto composto, presto scomposto, questa visione non più duratura di un sogno e riassumente, tuttavia, uno dei tanti aspetti di quella vita che i suoi vent’anni hanno sempre ignorata, che il suo destino avrà soltanto intravveduta!...

Ella lo sa e fa messe d’impressioni che, ripensate poi, dovranno ritornarle la freschezza delle sensazioni lontani.

Una lieve ombra è calata sul suo visetto pallido, dove gli occhi un po’ pesti sono tutta una rivelazione.

Dolcissima, la voce di lui interroga:

— Che hai, cara? perchè non parli?

— Guardo — ella dice.

Poiché la gente affluisce e bisogna utilizzare tutti i posti, il cameriere fa sedere un nuovo arrivato proprio al tavolo della giovane coppia. Anche il soppraggiunto è giovane, rasato in [p. 203 modifica]viso come un americano, elegantissimo, di quella eleganza sobria e discreta che non s’impone ma solo si rivela all’osservazione attenta: complet di morbida lana nera opaca, da lutto, aperto sopra una molle camicia di seta bianca, cravatta bianca di foulard passata in doppio giro intorno al collo e fissata con uno sigillo di perla. Bottoni di perla ai polsini molli, ripiegati. Uno smeraldo inciso con una piccola testa di sfinge richiama l’attenzione sulle mani del giovane, lunghe e pallide, tenute con una cura estrema, sulle sue unghie rosee, lucide come l’onice e appuntite come una minaccia — mani d’ozio e di ricchezza, mani d’affettazione e di noia — che sollecitano la curiosità della piccola sposa, che irritano sordamente il suo compagno.

Il cameriere aspetta gli ordini.

La giovane coppia accetta regolarmente tutto il menu del pranzo a prezzo fisso, beve del vino da pasto rosso, comune, che allunga ogni tanto coll’acqua.

Il compagno da tavola ha rifiutato il vino e ha chiesto dell’acqua minerale, ha lasciato passare senza prenderne il piatto dei maccheroni e quello della poularde.

Il suo pranzo è consistito in una fetta di [p. 204 modifica]rostbeef, e in una pesca: ma col caffè egli si è fatto portare la bottiglia del Whisky, e se n’è versato, un dietro l'altro, quattro bicchieri, con una segreta ammirazione da parte del suo compagno.

Poche donne nella vettura: una grossa matroria ventrata e affamata, che si rimpinza di maccheroni, seduta dirimpetto al marito magro allampato, dirimpetto a una figliola trasparente, spettrale, che la contemplano interroriti divorarsi i due terzi dogni nuova portata.

Una forestiera incolore, troppo corretta, troppo inosservata, troppo tono grigio, senza età, senza tipo, senza caratteristiche — non bella, non brutta, non giovane più, non ancora vecchia, non elegante, non trascurata. Una creatura che è nessuno, che non occupa un posto, restando; che non lo lascerebbe vuoto, scomparendo, che nessuno vede, che nessuno avverte. Due volte il cameriere le è passato dinanzi senza soffermarsi per invitarla a servirsi: il vecchio rubicondo, che ha preso posto di fronte a lei, ha acceso un profumatissimo avana, senza chiedergliene licenza e le sbuffa in viso le sue boccate di fumo, senza avvedersene, senza avvertirla.

Non un occhio si è posato su di lei. [p. 205 modifica]Tutti invece convergono, a un tratto, sopra la coppia nuova entrata nella vettura verso quasi la fine del pranzo.

Lui, un tipo biondo, dai capelli all’oro dei ciondoli che staccano sul bianco del suo panciotto. Potrebbe essere un principe, potrebbe essere un avventuriero. Forse è soltanto un artista drammatico. Ne ha la disinvoltura e il colpo d occhio abituato ad abbracciare d un colpo l’insieme e i particolari d’una platea: gli è bastata una rapidissima occhiata, subito spenta per pesare e giudicare tutti i convenuti.

Adesso tutta la sua cura è rivolta soltanto alla installazione della sua compagna.

Gli sguardi del pubblico sono per lei, cupidi e intenti quelli degli uomini che già hanno giudicato la bellezza provocante del viso sapientemente truccato, e il linguaggio dei neri occhi di velluto bistrati d un’ombra lieve, e l’artifizio del tono di fiamma dato ai capelli che sembrano ardere sotto la tesa dell’amplissimo cappello nero piumato, e la cura rigogliosa del busto chiuso e rivelato dalla corazza di trina bianca, e Parco voluttuoso della piccola bocca troppo rossa — avidi e cattivi quelli delle donne, che nell’idolo fragile intuiscono la nemica e istintivamente la detestano per la [p. 206 modifica]sua bellezza troppo offerta, per la sua provo- cazione troppo sapiente, per lo sguardo troppo lento, posato sugli uomini in un contatto suggestivo di febbre, per l'ignorato giuoco e intravveduto della sua femminilità sapiente, per la sua audace eleganza, per i suoi gioielli troppo preziosi, per la sua troppo ostentata indifferenza a tutte le cose....

Anche la piccola sposa ha fissato i suoi ingenui occhi, ignari e intenti, sulla nuova ve- nuta — con un senso di attonita, rispettosa meraviglia, innocente dapprima, con un lieve senso di disagio poi. All'espressione del suo ingenuo stupore, tradotto con una breve frase ammirativa:

— Quanto è bella! — il suo compagno ha risposto con una definizione netta e cruda, che ha richiamato una lieve fiamma alle sue guancie pallide.

La sua attenzione osservatrice si è fatta piiì intensa: la sconosciuta le appare adesso come la rivelazione d una paurosa cosa saputa e ignorata, spaventata e immaginata invano nelle lunghe fantasticherie giovanili piene di stranezze.

Così, dunque, così?

Qualcosa le stringe il cuore, come un senso di gelo, come un presentimento di sventura. [p. 207 modifica]Ella ha paura adesso.

Yuol cercare collo sguardo lo sguardo del suo diletto, per vederlo sorriderle colla profonda tenerezza vincitrice. Ma il suo compagno è distratto. Anche i suoi occhi guardano laggiù verso l'angolo della vettura dove la strana coppia s è installata, dove la stranissima donna sorride.

È una illusione, o anche quella ha guardato verso il compagno suo?

No, non è un’illusione. Gli occhi della donna si sono davvero incontrati in quelli del giovane sposo, colla fiamma breve e rapida che ella sa accendervi sempre. Un lampo. Ella ha distolto subito lo sguardo da lui, lo ha riportato sul suo compagno, che le parla e le sorride, poi sugli altri compagni di viaggio intorno.

E la piccola sposa approfitta di quell'istante per chiamare il suo diletto.

— È bella, vero? — gli chiede adesso con un tremito nella voce.

— Sì, è bella — risponde brevemente lui.

Poi tace, sorride alla sposa, accende una sigaretta, si gira un poco sulla sedia per fumare con maggiore comodità, per non mandare il fumo in viso alla piccola amica. Ma così, come adesso sta, egli può, senza voltarsi, [p. 208 modifica]lanciare di tanto in tanto un’occhiata rapida laggiù, verso il magnifico fior di veleno che adesso non si cura più di lui.

E la piccola sua compagna ha intuito, ha veduto. Adesso una grande voglia di piangere è succeduta in lei alla semplice gioia infantile di poc’anzi, e una gran voglia di fuggire.

Oh, essere laggiù nella sua piccola casa della piccola città, dove l’erba cresce fra i sassi e la vita ha un solo aspetto monotono, semplice, ma dove le insidie sono ignote e P amore sicuro!

Il pranzo è finito e la vettura si sfolla.

— Ti sei divertita? — le chiede il compagno già immemore, ritornato già tutto suo, mentre entrambi ritornano verso lo scompartimento do v’ella riprende il suo spolverino.

Ed è stupito di sentirsi rispondere di no.

— Come, non ti piace la vettura ristorante?

No, non le piace. Le ha dato il primo dolore della sua nuova vita: le ha rivelato la esistenza d’un male dolorosissimo e cronico: la gelosia.