Così mi pare/Cose/Wienerwalz
Questo testo è completo. |
◄ | Cose - In terra libera | Cose - Pellegrinaggio francescano | ► |
Wienerwalz
Vienna, settembre 1907.
La vera dinastia imperante a Vienna è quella degli Strauss: Johann, Eichard, Oscar.
Le tre teste bizzarre, chiomate, dal profilo possente, figurano in centinaia di disegni stile copertina dei programmi teatrali, negli affiches, sui foglietti volanti distribuiti lungo le strade — guardano da migliaia di cartoline illustrate, trionfano nelle vetrine dei fotografi accanto all’effigie dell’autentica Maestà imperiale cattolicissima, nella teoria senza fine degli innumerevoli arciduchi e delle arciduchesse austriache.
È possibile passare per Vienna e dimenticare l’Imperatore; non è assolutamente possibile attraversarla senza ripensare gli Strauss, senza rivederli, senza, riudirli, senza uscirne saturati e suggestionati. Voleste chiudere gli occhi, vi afferrerebbe, allo svolto di una strada, dinanzi a un minuscolo caffè inosservato, in una piazzetta bianca, chiusa nel poligono dei palazzi massicci, presso una chiesa, nell'ombra d'un giardino, accanto alle fijiestre spalancate d’una thea-room il motivo languido e nostalgico di Filomela del Donauwellen, del Donaulieder, ancora non invecchiati sulle rive del Danubio azzurro, ancora gustati da questo popolo che ha creato il walzer e che pare viva, si muova, sogni in una continua onda di walzer. Questo particolare aspetto di psicologia collettiva ha fornito il soggetto dell'ultima operetta di Oscar Strauss — l'erede delle attidini e della popolarità del morto zio glorioso — un’operetta che da quattro mesi furoreggia a Vienna e che ha un titolo delizioso: Ein Walzertraum — Un sogno di walzer.
Ein Walzertraum è, in questo momento, la maggiore ossessione viennese: lo vedete dappertutto e tutti ve ne parlano. Le vetrine dei negozi di musica riboccano di spartiti, portanti sulla copertina la silhouette della violinista bionda; i giornali umoristici mettono irriverentemente visi e nomi sulle figure del melodramma; i camerieri d’albergo e di restaurant suggeriscono al forestiere la serata al Carltheater, coll’aria di dare un consiglio d’amico, e chi noleggia un fiacre fra le sei e le sette può fare a meno di suggerire al cocchiere la destinazione. Voi salite e lui impone:
— Carltheater?
⁂
Perchè è saputo che i teatri, a Yienna, si aprono alle sette, tutti, dall’Opera al Volkstheater e all’Hofburgtheater, che sono i due principali teatri di prosa, dal Carltheater al Colosseum e al Ronacher, che sono i due più eleganti ritrovi di varietà. Alle undici, tutti gli spettacoli sono finiti, le strade, fuori, deserte, i negozi chiusi, la città addormentata. Chi ancora vuol vivere, chi ancora vuol divertirsi deve andare al Prater e, dal Prater, al Venedig.
Perchè questo ritrovo, che riunisce e riassume, pimentate alla viennese, tutte le attrattive del boulevard Montmartre — dal Moulin-Rouge all’Olympia dal Parisiana a un Maxim’s ridotto, dal Chat Noir al Panorama — venga chiamato la Venezia viennese — Venediger Wien — non son ben riuscita a capire. Di veneziano, al Venedig, non c’è che un bacino d’acqua chiusa fra due terrazze di caffè e dove, nei bei pomeriggi domenicali estivi, quattro parodie di marinai eseguiscono delle burlette, che pomposamente vengono chiamate giuochi marinareschi e che consistono nel tentativo reciproco di buttare in acqua il proprio compagno, rovesciandolo con un colpo di pertica dalla barchetta dove si tiene ritto. La burla è innocua perchè le acque del bacino sono così poco profonde che neppure un suicida di buona volontà riuscirebbe ad annegarvi; ma il pubblico che affolla le terrazze dei caffè si diverte un mondo e soverchia col commento, clamoroso anche la musica degli Zigeuner che accompagna le vicende della singolar tenzone.
Dei trenta ritrovi che il Venedig riunisce, almeno cinque sono destinati all'operetta e in ciascuno, di domenica, si danno almeno tre rappresentazioni. Ecco un programma: alle 5, Frühlingsluft, Primavera scapigliata; alle 8, Miss Hook von Holland; alle 11, Frau Luna. Ogni ora ha il suo pubblico speciale, semplice e bon enfant quello delle cinque — più selezionato quello delle 8, costituito già in gran parte da forestieri, da curiosi, da osservatori — specialissimo quello delle 11, dove entrano tutti gli elementi nottambuli della gran capitale.
La prima rappresentazione coincide anche coll'ora tipica del Prater, quella che vede tutta Vienna convenire a quella specie di bizzarra fiera permanente creata nel magnifico bosco, un tempo chiuso al pubblico, aperto solo alle caccie dell'Imperatore e da Francesco Giuseppe regalato poi ai suoi sudditi. I sudditi hanno raggruppato nella parte del Prater più vicina alla città, chiamata Prater popolare, e vegliata dall’ombra di Tegetthoff trionfante dall'alto della colonna irta di rostri, tutte le espressioni più o meno viennesi del modo di divertirsi: teatri, carroselli, giostre, cinematografi, mimeografi, panteografi, musei, labirinti, ippodromi, orchestre femminili, orchestre zingaresche, orchestre czeche, balli pubblici, caffè-concerto, birrerie, restaurante. Per la statistica: esistono al Prater trentaquattro teatri, dodici balli pubblici, oltre cento fra birrerie, caffè, ristoranti. In tutti questi esercizi, situati l'uno accanto all'altro, si mangia, si beve e si suona. La birra scorre a tonnellate — quattordici keller, quindici centesimi, al litro! — inaffiando le salciccie bionde e rosse che inghirlandano le baracche, i panini salati e burrati, le enormi fette di pan bigio destinate a sposarsi al prosciutto affumicato. E tutto questo al ritmo nostalgico di un’ orchestra tzigane che suona dei valzer supremamente suggestivi. Qualche volta, sul motivo melanconico d uno di codesti valzer cantabili alla Berger, che appena accetterebbero una strofa verlainiana, i suonatori mettono certe parole d’un arditezza estrema, sdegnando anche di chiudere il significato nel velo del simbolo, e nulla è più grottesco dello spettacolo bizzarro di codesti omiciattoli panciuti, vestiti alla tirolese, enuncianti le cose enormi, che farebbero arrossire anche una pierreuse con aria indifferente e corretta, dinanzi a un pubblico altrettanto corretto e indifferente.
Chi può capire se un’impressione si formi, e quale è, dietro il sereno volto imperturbabile di codesta gente, che pur adora il divertimento e lo cerca e passa dall'uno all'altro colla stessa fredda apparenza di un osservatore non suggestionabile?
⁂
Oltre il Prater popolare, il Prater vivacissimo e chiassoso che occupa una parte relativamente piccola dell'immenso bosco chiuso tra il Danubio e la città, è il silenzio, è il riposo, è la distesa verde dei prati immensi, tagliati dai brevi canali serpeggianti in fondo ai lunghi e stretti fossati aspri di cespugli selvaggi, è il bosco fìtto di castagni antichi, di abeti, di larici, è il succedersi di pianure verdi ricamate d'alberelle, attraversate in tutti i sensi dai cento viali ombrosi, dalle infinite stradicciuole romantiche, interrotte dalle collinette boscose, pennellate più cupe sullo sfondo di smeraldo chiaro. E così dalla città fino al Danubio, per chilometri e chilometri in una distesa che pare isolata dal mondo e dove l'impressione della solitudine è perfetta e deliziosa.
Nei lunghi crepuscoli estivi, questo recesso poetico diventa il rifugio degli amanti. Passano lungo le stradette ombrose staccantesi dai viali principali le coppie, che hanno disertato il chiasso e la folla del Prater divertente, dopo essersi saturate di suggestione e di passione ad uno di quegli spettacoli domenicali dove l'operetta si confonde nel balletto e questo nel café-chantant per finire in un walzer con abbracciamento generale. Sul palcoscenico, voluta dall'autore o no, un artista modulava una canzone napoletana piena di voluttà triste, di sapore di lagrime e di baci: la piccola bionda aveva guardato negli occhi l'amico cogli occhi che tremavano un poco; le parole della canzone che la musica sottolineava con un singhiozzo ella le aveva susurrate a lui con tutta l'anima raccolta nelle pupille. Sono usciti di là con un bisogno acuto d intrecciare le braccia... E ora vanno, tenendosi abbracciati, lungo le strade galeotte. Sono coppie umili: soldati commessi di negozi, piccoli impiegati, studenti: sartine, operaie, kellherinnen, commesse, domestiche, piccole Musette sentimentali, creature di miseria che la vita tiene schiave e che della vita si rivendicano aprendo l'anima a tutti i sogni — creature di lavoro che per sette lunghi giorni hanno aspettato e desiderato e sospirato questa domenica come uno spiraglio di luce, come una boccata di libertà.
Vanno: qualcuno passa, guarda appena, indulgente, scompare; essi non sciolgono le braccia; sentono che quell'ora è il loro diritto, l'unico. Forse, certo, per le povere piccole bimbe obliose, anche quest’ora di sogno avrà il suo risveglio amaro: adesso non ci pensano — o non ci credono: l'attimo è bello.
Intorno scende la sera — qualche lume si accende, lontano — nell'aria, trema ancora un’onda di walzer.
In viaggio di nozze
(Psicologia minima ad uso degli sposi).
Ha sposato per amore, sedotto dalla grazia ingenua della bella bambina, che acconsentiva a presceglierlo fra tutti gli uomini per compagno di tutta la vita. Quella stessa grazia, e sopratutto quella ingenuità, lo hanno fatto accostare al matrimonio con una commozione, che si traduceva quasi in timidezza. Pure è un forte, un esperto, quasi un audace. Ma accanto alla sua piccola donna non sente più che una infinita tenerezza e una gratitudine immensa. Gli pare che nessuna cosa al mondo varrebbe a ricambiare il dono preziosissimo che ella gli ha fatto della sua innocenza e della sua cara ignoranza. Così si sente disposto a una indulgenza infinita e a una infinita generosità.
Ella se ne è accorta e un tantino ne approfitta. In viaggio, è lei che comanda: Venezia le è piaciuta e ha voluto fermarcisi più di quanto era prefisso nell’itinerario: egli ha detto di sì con entusiasmo, quantunque quella modificazione significhi la rinunzia alla fermata di Ferrara, che lui desiderava tanto di vedere e che lei ha dichiarato di non poter soffrire quantunque non l’abbia veduta mai. Ella ha detto a un tratto — prima durante il periodo del fidanzamento non ne aveva mai fatto cenno — di non poter soffrire gli uomini che bevono vino e lui si è assoggettato a un regime d’acque minerali che lo snervano e lo disturbano; non lo ha fatto con entusiasmo, ma è felice del piccolo sacrificio, che ogni volta gli procura un sorriso terminato da una piccola smorfietta deliziosa che è l’accenno di un bacio. Egli non sa gioia più grande di quella di indovinare ogni suo desiderio, di soddisfare ogni suo capriccio: le passeggiate quotidiane attraverso la città terminano sempre in una visita agli innumerevoli bazar, dove lui svuota il portafogli e lei si procura il piacere di tornarsene all’albergo con una dozzina di involtini ingombranti, contenenti tutti della roba perfettamente inutile che di sera, nella camera nuziale, ella si attarda a esaminare, a rivedere a confrontare, a destinare, mettendo a dura prova la pazienza del docile compagno innamorato, intento a contemplare la sua piccola sposa cogli occhi un po socchiusi, pregustando la gioia di riprendersela fra le braccia.
È un buon figliuolo — sarà un ottimo marito — forse non troverà la felicità per se, ma saprà darla alla sua compagna.
⁂
Lo stanco. — Ha sposato per finirla, perchè la quarantina era scoccata e le mogli degli altri non trovavano più ch’egli valesse la pena d’un tradimento, e lo stomaco suo cominciava a risentire gli effetti della cucina del restaurant, e mille altri piccoli indizi lo avvertivano della rapida discesa della parabola. Il matrimonio gli è apparso come un freno che potesse ritardare quella discesa.
Ha fatto la sua scelta con ragionevolezza ponderata, il che non gli ha impedito di scegliere bene, per una certa abitudine di selezione acquisita al suo gusto dalla lunga esperienza amorosa. Conosceva la sua giovane sposa anche prima dell’iniziazione: era bastato il suo occhio esperto per spogliare e per valutare. La cerimonia matrimoniale, il viaggio di nozze, l'iniziazione gli sono apparse come una corvée terribile ma inevitabile ed egli vi si è piegato con una buona grazia di gentiluomo perfettamente educato che si presti a un dovere stucchevole. l'innocenza della sua piccola sposa lo ha imbarazzato un poco e commosso appena. In fondo, non era rapito dalla prospettiva di dover sfrondare colle sue mani la ghirlanda di fiori d’arancio... Adesso, è contento che la cosa sia passata: man mano scorrono i giorni si riconcilia un poco colla moglie, in proporzione dell'esperienza che ella viene acquistando. In fondo, se la sua ignoranza lo divertiva, gli ispirava però anche una lievissima punta di disprezzo — oh, tanto lieve che gli avrebbe giurato essere indulgenza e non disprezzo. Così. Non aveva mai apprezzato molto l'innocenza e non è ancora abbastanza vecchio per gustarne il fascino creato dalla perversità.
Colla sposa è duna cortesia squisita che nasconde una infinita stanchezza. Nessana cosa ha più il potere di interessarlo e appena ha quello di farlo sorridere la sorpresa ingenua della sua piccola compagna, per la quale tutto è nuovo e tutto bello e tutto prodigioso. Sì, la freschezza di quella giovane anima, che si schiude appena alla vita, lo interessa, a momenti, e lo commuove. Allora egli si diverte a notomizzarla con sapiente perversità rispettosa, sorridendo delle ingenuità deliziose, degli imbarazzi pudichi, delle care confessioni susurrate eoi viso, fatto di fiamma, nascosto sulla sua spalla.
Ella lo adora. È così grande! Sa tutto, ha visto tutto, ha studiato tutto, non ha soggezione dei camerieri, è tanto elegante, tanto distinto, tanto signore! E ama lei, e ha prescelto lei...
I grandi occhi ancora pieni dello stupore del sogno, osano appena alzarsi a guardarlo...
⁂
L'avaro. — Prima di decidere il viaggio ha consultato il regolamento per scegliere la combinazione più economica, L'ha trovata. E ha trovato anche, dietro le indicazioni di tutti gli amici consultati, un albergo convenientissimo.
È di terz'ordine, ma non importa: si ruba meno negli alberghi modesti.
Arrivando, ha contrattato prima la camera e la pensione: la sua piccola sposa, stanca del viaggio e spossata dalle emozioni passate, dalla trepidazione per l'ignoto imminente, sospirava di trovarsi finalmente fra le pareti della ca- mera che avrebbe veduto l'ora più solenne della sua vita: ha dovuto attendere finisse il contrattare che procurava a lei le occhiate compassionevoli del personale del piccolo al- bergo raccolto intorno agli sposi. La camera è piccola e ingombra e scura, ha una fisiono- mia di banalità che mette un velo di tristezza sul viso della piccola sposa.
— Brutta! — ella osserva — Perchè non ti fai dare una stanza che guardi verso la strada?
— Perchè mi pare inutile di regalar, loro un franco di più. Tanto, che cosa ne facciamo, noi, della finestra sulla strada?
Ella è stanca, l'indomani, e un po’ triste. Egli la fa camminare a piedi per ore e ore: bisogna pur vedere la città! Quando s accorge che non ne può più, le propone di salire in tram.
— Prendiamo una carrozza! — ella mormora timidamente, ma non osa insistere di fronte agli argomenti del marito, che l'assicura che i vetturini sono i più grandi ladri che esistano.
Entra soltanto nei musei dove l'ingresso è gratuito: mostra sempre una premura straordinaria di proseguire quando la sua sposa si sofferma dinanzi alla vetrina di qualche negozio; ha disapprovato energicamente, con argomenti morali l'abitudine leggerissima di spedire cartoline illustrate. Invece, è partigiano dell’altra cartolina, quella da due soldi, che permette di dire tutto quello che si vuole e abitua alla concisione.
⁂
Il pedante. — In treno, ha perduto mezzora a disporre sulla rete del bagaglio le piccole cose sue e della sposa; un quarto dora per spiegare a costei tutti gli inconvenienti che possono derivare da una disposizione trascurata dei bagagli sulla rete.
Finalmente le ha sorriso e le ha mormorato quella piccola frase gentile, che ella attendeva da oltre unora col cuore palpitante.
Ma è ritornato subito a un interrogatorio pratico, poi ha cavato di tasca una nota e ha proceduto a verificare se tutto quello che c era da prendere è stato preso. Quando la sua piccola sposa s’è tolta il cappello, egli s è alzato per coprirlo con un giornale e al lieve sorriso di lei, pur grato, ma involontariamente canzonatorio, ha osservato:
— Tu sei una cara bambina, ma ho paura che l'ordine non sia fra le tue qualità.
Quella paura si muta in certezza il giorno dopo, quando la piccola sposa che ieri ancora era una bimba spensierata come un’allodola, avvezza a vivere sotto la cara tutela della mamma indulgentissima, ha buttato sottosopra tutta la roba d’una valigia per cercare una bottiglietta d’acqua di Colonia.
In compenso, è ordinatissimo lui, più preciso dun regolatore, più esatto d’una macchina. Tanto esatto, che appena gli rimane il tempo d’occuparsi un poco della sua piccola compagna che troppo spesso sbadiglia.
⁂
Il geloso. — A tavola, un ufficiale di cavalleria, che divorava delle ostriche e beveva del Capri con un ardore d’appetito mirabile, ha attirato l’attenzione della piccola sposa, che innocentemente ha guardato una volta lui e una volta il suo piatto mutato in una montagna di gusci. L’ufficiale, invece, ha guardato con insistenza non il piatto dei vicini ma la testina bruna della piccola sposa e la linea deliziosa del suo flessuoso busto procace.
Lui, se n è accorto perfettamente, ma ha taciuto. Tanto ha taciuto che il suo silenzio si è mutato in broncio. Dopo colazione, su nella loro camera, la piccola sposa gli si è avvicinata e gli ha cinto il collo con le braccia. Era irresistibile; così la pace è stata presto fatta, ma dopo la pace sono venute le recriminazioni.
— Non voglio che ti guardino!
— A me lo dici? che colpa ce n'ho, io?
— Sei tu che provochi!
— Io???
Anche i grandi occhioni sbarrati aggiungono al punto d’interrogazione.
— Tu. Mica apposta, lo so. Ma perchè ti metti quel vestito così attillato? Sembri nuda sembri.
— Oh!
Un’onda di porpora sul bel viso pallido.
L’indomani, è una camicetta troppo trasparente che viene incriminata, poi un cappello troppo ardito, poi un paio di scarpini troppo scollati, poi, la pettinatura troppo vistosa della piccola compagna.
Una sera, stanca, ella gli grida:
— Finiscila, brutto geloso! E lui, sinceramente stupito, protesta:
— Io, geloso?
⁂
Il compagno perfetto. — Una lunga esperienza femminile e fortunata ha perfezionato l'intuito della femminilità che egli aveva ricevuto in dono dalla nascita. Un gran dono, che ha messo fra le sue mani tutti i cuori di donna che il suo desiderio ha sollecitato per un’ora, per una settimana, per un anno...
La compagna che egli ha scelto definitivamente gli è acquisita per la vita.
L’arduo problema della iniziazione duna candida creatura nuova non lo ha affatto preoccupato: egli sapeva come procedere, ha sempre sapato come procedere. Forse il suo segreto consiste in una grande energia, mascherata sapientemente da una infinita dolcezza. Mentre prega, comanda, e nessuna si è accorta mai di ubbidire, con lui, quando credeva di concedersi.
È stato squisito colla sua piccola sposa: ella s’è destata alla realtà, credendo davvero d esservi giunta attraverso un sogno. Ripensandoci, ha soltanto l'impressione d’una lunga carezza, avvolgente, infinitamente buona, d’una musica di parole care, di una pioggia minuta di baci, coronata da un lungo bacio supremo.
Egli ha saputo metterla subito a suo agio, rinunziando, con buongusto squisito, a ritornare sull'ora unica, attraverso la banalità di discorsi allusivi. Durante la giornata diventa un fratello e l’amico della sua compagna e pare che una preoccupazione sola lo tenga: quella di farla divertire. In realtà, egli studia quella piccola anima e la piega e la foggia come una cera duttile ed ella si trova diventata uno specchio di lui senza saper come.
Gli vuol bene, oh se gli vuol bene! E vorrebbe che quel caro viaggio non avesse a finire mai più.
A casa, la famiglia della sposa ha fatto un gran ridere della sua prima lettera che cominciava così:
— O mamma, com’è bello essere maritate!