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saturati e suggestionati. Voleste chiudere gli occhi, vi afferrerebbe, allo svolto di una strada, dinanzi a un minuscolo caffè inosservato, in una piazzetta bianca, chiusa nel poligono dei palazzi massicci, presso una chiesa, nell'ombra d'un giardino, accanto alle fijiestre spalancate d’una thea-room il motivo languido e nostalgico di Filomela del Donauwellen, del Donaulieder, ancora non invecchiati sulle rive del Danubio azzurro, ancora gustati da questo popolo che ha creato il walzer e che pare viva, si muova, sogni in una continua onda di walzer. Questo particolare aspetto di psicologia collettiva ha fornito il soggetto dell'ultima operetta di Oscar Strauss — l'erede delle attidini e della popolarità del morto zio glorioso — un’operetta che da quattro mesi furoreggia a Vienna e che ha un titolo delizioso: Ein Walzertraum — Un sogno di walzer.
Ein Walzertraum è, in questo momento, la maggiore ossessione viennese: lo vedete dappertutto e tutti ve ne parlano. Le vetrine dei negozi di musica riboccano di spartiti, portanti sulla copertina la silhouette della violinista bionda; i giornali umoristici mettono irriverentemente visi e nomi sulle figure del melodramma; i camerieri d’albergo e di restaurant