Completa raccolta di opuscoli osservazioni e notizie diverse contenute nei giornali astro-meteorologici/Della fiamma volante
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DELLA FIAMMA VOLANTE,
o sia
del globo di fuoco
Degli 11. Settembre 1784.
Non furono ignote agli Antichi le fiamme dell’Aria, che anzi secondo le varie forme, colle quali apparivano, loro diedero diversi nomi, di Covoni ardenti, di Capre saltanti, di Botti, di Candele, di Travi, colonne, lancie, scudi, faci, globi, piramidi, dragoni, ec, ma per disgrazia, niuna osservazione esatta ce ne fu tramandata.
Fu il primo il nostro Geminiano Montanari, allora Professore di Bologna, a raccogliere le circostanze tutte del Globo, che traversò l’Italia la notte delli 31. Marzo 1676., e ne diede la Teoria matematica, con delle discussioni fisiche nel suo dotto Libretto in titolato della Fiamma volante, ec.
Dopo quel tempo, non trascurarono i Fisici, e le Accademie, di registrare nei loro atti, cogli altri Fenomeni straordinarj, anche questo; sicchè volendo se ne potrebbe produrre un Lungo Catalogo. Qualche spiegazione ancora sì è promossa intorno la cagione, e natura di tale fenomeno, e mi riservo a parlarne al fine.
Singolare è l’opinione d’un Professore del la nuova Inghilterra, il Sig. Clap, il quale di recente pubblicò una Dissertazione, sostenendo, che queste fiamme dell’aria possano esser Comete, o Pianeti, appartenenti alla Terra, o anche al Sole, cioè corpi permanenti, che ritornino con rivoluzioni regolari, benchè sin ora ignote.
Perciò l’anno scorso 1783. il Sig. Maskeline, Regio Astronomo d’Inghilterra, all’occasione di tanti globi vedutisi, in particolare di quello delli 18. Agosto, che percorse, come vedesi, l’estensione di più di mille miglia dall’Islanda sino in Borgogna, publicò un Manifesto, ch’io feci ristampare nel Giornale di Vicenza, con cui invita gli Astronomi, ed i Fisici, ad osservare tali Fenomeni con diligenza, notando le circostanze tutte, il vero tempo della Comparsa, la durata, la elevazione, la direzione de’ medesimi, ec.
Veramente sono tutte queste particolarità difficilissime da rilevarsi fondatamente; perchè questi Globi arrivando del tutto inaspettato, non trovano Osservatori disposti a coglierli, nè danno tempo, perchè in pochi secondi spariscono . Al più colle battute del Polso potrà uno pronto misurarne la durata della vista, ma non saprà, se non per grande accidente, l’ora vera; non avrà un istrumento pronto da prenderne l’altezza, nè l’azimuto: vi vorrebbe un Osservatore immobile, che dì e notte vegliasse sopra d’una Specola, cogl’Istrumenti pronti, come dicesi praticarsi nell’osservatorio Imperiale di Paknig. Non può esser dunque, che uri raro caso, il quale porga un’osservazione buona, e completa, quale si richiederebbe. Tuttavia conviene far uso anche di quel poco, che si può ottenere nelle circostanze, comunque difettivo, ed informe.
Questo è ciò, che ho cercato di far io per il Globo comparso la sera del Sabbato 11. Settembre 1784, Vedutosi in tutta l’estensione dell’Italia superiore, da mare a mare, da Venezia, sino a Genova, dall’Appenino sin dentro l’Alpi. Io in vero non l’ho veduto, benchè mi trovassi alla Specola, ch’ero occupato a finir le mie lettere. Ma fu veduto da moltissimi in Padova, ed in seguito, ho raccolte notizie da varj Paesi, e credo mio dovere di far parte all’Accademia dei risultati delle medesime. Porrò prima le Osservazioni che formano l’oggetto essenziale delle osservazioni, dedurrò la mia picciola teoria matematica, sopra la distanza, grandezza; velocità del Globo; in fine esporrò dei dubbj, piuttosto che dei pensieri, sulla natura di questi fenomeni.
Quanto alle osservazioni; l’ordine de’ luoghi regolerà quello dell’esposizione; e perchè il volo del Globo era diretto in pieno da Levante a Ponente, con qualche inclinazione a maestro, comincierò dalle Rive dell’Adriatico.
A Venezia fu appena veduto, nè mosse verun discorso, benchè l’ora verso le 24 fosse opportunissima, per averii dovuto trovar molta molta gente al passeggio, o sulle rive, o in acqua, solamente il Maestro di Casa Contarini (dell’Eccellentissimo Sig. Procurator) trovandosi in un Giardino colli nobili suoi alunni, mi riferì con essi d’aver veduto questo fuoco, senza farvi molta attenzione, perchè non gli parve più grosso d’una grande rocchetta: solamente, notò il colore della fiamma differente, per esser candido, tirante al blò, particolarità, che fu da tutti rimarcata.
Molto meglio, fu veduto a Chiozza: ecco quello, che me ne scrive il Signor Giuseppe Vianelli nostro Accademico, da me ricercato in data 29. Settembre.
„A proposito del Globo volante lucidissimo, che, passò pur di quà, assai veloce, pochi minuti dopo l’Ave Maria la sera del Sabbato: 11. Corrente, ch’io pure sedendo al Caffè vidi come di lancio, tenni appresso varj discorsi con una ventina, e più di questi nostri Pescatori, che si stavano colle loro barche all’aperto.... Convengono tutti, che quella sera comparve sull’Orizzonte questo Globo di fuoco, assai risplendente, grande agli occhi loro i quanto un terzo circa del Disco Lunare, avente uno strascico di luce dietro a se di circa tre piedi, e che valicando mostrava correre un cammino alcun poco più basso del Sole d’Inverno. Soggiungono, che se lo videro comparire alla plaga di Levante-Sirocco, dirigendosi ad Ostro, e di là poi declinando alla volta di Ponente-Maestro lo seguirono coll’occhio per quella direzione sino a tanto che giunto a giudizio loro poco più di un mezzo piede elevato da terra, dividendosi quasi in tanti lumicini, del tutto disparve“. Questa descrizione del Sig. Dottor Vianelli dà un idea sufficiente del Fenomeno, convenendo nelle circostanze generali cogli altri Osservatori, che tuttavia conviene seguire, se non altro per le particolarità de’ luoghi.
Quì in Padova fu veduto da molti come accennai, anche da alcuni di questa Compagnia. Il Sig. Giuseppe Casella, Giovine Napolitano studioso, ed abile, applicato assiduamente da quasi due anni all’osservatorio, (di poi R. Astronomo alla Marina di Napoli) vide il Globo, trovandosi sopra il prossimo Ponte di Vanzo: e lo vide uscire dal tetto alto di Casa Manin, e passando sopra la Scuderia andarsi a nascondere dietro la nostra Specola all’altezza dell’Osservatorio; e portatioi sopra il luogo con sufficiente istrumento abbiamo trovato, che precorse a vista circa 15. gradi di azimuto ( tra li 60. e li 75. da Ostro in Ponente); che il sito dove sparì dietro l’Osservatorio, alto da terra 23. passi circa alla distanza dal Ponte di 150. passi, dà un’altezza di 50. gradi in quell’azimuto, di 75., la qual altezza porta quella del culminare, nel verticale perpendicolare alla linea del Globo, di gradi 20. circa, il che concorda colle altre osservazioni, che fanno il passaggio del Globo alto in circa, come il Sole d’Inverno.
In varj Paesi a Tramontana di Padova parimenti fu veduto, come a Castel Franco a 18. miglia circa sopra di Padova: il Sig. Dottor Francesco Trivisan M. F. me lo scrisse tosto, diretto da Sirocco-Levante per Ponente-Maestro. E da Monte Belluna, altre 9, miglia più in sù, un degno Sacerdote, mi mandò la descrizione con un Schizzo della figura. Precedeva il nucleo della fiamma cinto da alcuni brevi raggi, e questo elevato, cioè col capo in alto, tirante dietro di se una sottile striscia pendente, lunga 15. a 20. volte la grossezza del capo; e questa coda guisa di rocchetta scoppiata; ad un quarte a in tre siti spandeva globetti, o Stelletto della lunghezza una sola stelletta; al mezzo una dozzina; nell’estremo un centinajo, sparso come un gran garofano di foglie luminose. Cadde, dice, a Caeran, grosso Villaggio situato a Ponente-Maestro vicino ad un Capitello, e diede a terra come tante minute bragie di forno, sparse con violenza, ma non lasciò alcun segno.
Trovandomi io pochi giorni dopo della vaga Terra di Valdobbiadine 35. in 40. miglia sopra di Padova, non mi curavo di far ricerca del fenomeno, non supponendo mai che potesse esserne arrivata la vista in Orizzonte così rimoto, impedito anche da monti; ma essendone accidentalmente caduta menzione, rilevai, ch’era stato veduto benissimo anche là, e dalla traccia, che me ne fu mostrata, giudicai che l’altezza sua potesse essere stata de’ gradi 15. a 16; e tutto mi provava, che il Globo era passato ad un’altezza prodigiosa da terra. Dopo anche seppi, ch’era stato veduto in Belluno tanto più in su, e sino in Cadore dentro l’Alpi.
Un’altra osservazione recherò per le sue particolarità, ed è del Sig. Dottor Vaccari valente Medico di Marostica, comunicata al nostro Accademico Dottor Chiminello in data 18. Settembre: “Questa bellissima Meteora, era di figura conica perfetta, della lunghezza all’occhio di un braccio; la base era al Nord, la punta al Sud; era bassissima; i Monti a Ponente Maestro me la tolsero di vista: in tal viaggio non impiegò più di 8. a 10. secondi; erano le ore 24. e mezza.”
A mezzodi di Padova ebbi riscontri d’essere stata veduta per tutto il basso Territorio Padovano, e nel Polesine, e nel Territorio Ferrarese, e nei confini del Veronese. Il Signor Pietro Basso, abile Ingegnere, oltre averne veduto lui stesso un baleno verso Legnago, ne trovò tracce in Polesine lungo l’Adigetto, sul Pò a Trecenta, ed altrove; dalla descrizione dice, di chi l’ha veduta, pare che sia passata più alta che a Padova, ed anche con maggior treno di coda, e di lume; tanto che fece fuggire alcune donne in casa.
Riscontri non meno s’ebbero dai Colli Euganei di qua, e di là, come da Lozzo, da Vò, da Noventa Vicentina, donde fu scorta andarsi a nascondere dietro il Monte di S. Feliciano, ultimo dei Berici a Ponente-Maestro di detta Terra; e quivi un equivoco è nato, perchè essendosi in quella sera incendiata una casa in Villa di Poiana, fu da lontani quest’incendio attribuito al Globo volante, il che non fu vero, mentre anche per giudizio del popolo passò il Globo in distanza di tre miglia da quel luogo.
Una buona osservazione, benchè quasi istantanea, fu fatta dal nostro valente Meccanico Sig. Giovan Battista Rodella, mentre trovavasi in Villa di Bressèo, 7. miglia a Ponente di Padova, a Casa Cavalli a collocare quel suo famoso Orologio. Era egli ancora sull’armatura a lavorare, la qual circostanza prova col fatto, che faceva ancora molto chiaro, come anche asserisce, che non erano assolutamente ancora le 24. ore, e questa è un’osservazione rimarcabile. Avvisato egli pertanto del fuoco comparso dai Morti di Praglia, posti in Levante-Sirocco lo vide dirigersi velocemente verso Maestro, e in pochi secondi sparì dietro un Monte da quella parte chiamato Montebello. Si tirava dietro una coda di un piede in lunghezza, e questa varia, con alcuni globetti quasi infilati, e che dal mezzo del cammino andava accorciandosi sin quasi a cessare allora del suo sparire dietro del Monte forse anche per cagione dell’obbliquità della visuale. La maggior elevazione dall’Orizzonte parvegli più grande di quella del Sole d’Inverno, e cosi doveva essere, perchè il Globo progredendo obbliquamente a Ponente, andava anche ad avvicinarsi di più al Zenit dello Spettatore.
In ogni luogo quasi tutti quelli che hanno veduto questa Fiamma, credettero di vederla cessare e finire dietro gli Alberi, dietro un Monte, una Casa, verificando la rozza osservazione d’Enea appresso il Poeta Filosofo.
Illam summa super labentem culmine tecto
Cernimus Idea claram se condere silva1
quando realmente non faceva, che togliersi dai respettivi Orizzonti, e proseguire il suo viaggio. Quindi ben tosto fa vedute a Barbarano nei Colli Vicentini da quel degno Arciprete Sig. Dottor Creazzo, che pur credette che fosse andata a finire nei prossimi Monti a Ponente. Ma non si straccava già il Globo di volare; quindi comparve di là da detti Monti Vicentini nel Territorio di Verona; e da Verona così mi scrisse tosto in risposta il mio esimio Amico Sig. Albertini (18. Settembre): “Per appunto Sabbato scorso dopo le 24. fu veduto l’accennatomi Globo assai lucido, e che lasciava ditro una lunga striscia luminosa, facendo cammino da mattina a sera. La sua culminazione potè essere de’ 45. in 50. gradi verso Mezzogiorno, ed ha percorso quest’Orizzonte in poco più d’un minuto; tanto ho potuto rilevare da amici, ec.”
Credo, che tanto l’elevazione dell’Arco percorso dal Globo, quanto la durata della comparsa, siano eccedenti; ed è instinto comune di giudicare tanto un tempo più lungo, che un’altezza di Stella maggiore del dovere: non credo, che l’altezza apparente a Verona eccedesse li 40. gradi, se pure vi arrivava, nè la corsa apparente durasse più di 10. o 12. secondi, come il Rodella, il Sig. Vaccari osservano.
Passando oltre fu veduto a Bergamo, e a Milano: poi nel Piemonte: in Piemonte arrivò il Globo all’apice della sua altezza, e vi fece una più brillante comparsa. Non sarà discaro il sentirne alcune relazioni, che ne ho avute. E prima il Sig. Canonico Conte d’Alba in Monferrato così mi scrive in data 21. Settembre. “Fu visto alle ore 24., e mezzo, a Cielo totalmente sereno, spiccarsi da Sirocco, e portarsi verso Maestro, senza però saperne la prima origine, un fuoco a forma di palla illuminaria, a maniera però che vedeasi da lungi venir all’incontro, ma oltrepassato poi circa 20. a 30. trabuchi, sembrava cessare, e finire affatto. L’altezza a chi parve di circa 100. piedi, a chi molto di meno ancora. Il Diametro del Disco, nell’altezza di 100. piedi, potea esser quasi di un palmo, è fa visto anche più grande da chi il vide più basso. La rapidità uniforme a linea retta, o un poco parabolica, era come il volo di pernice, avente dopo di se, una coda come dicono, la cui base stava nella parte più lontana del corpo luminoso, e se la lasciava dietro. Il suo chiarore era assai splendido, da cui uscivano striscie di fuoco, che cascavano sino a terra, vedendosi a gettare nelle case, e nei fiumi, lasciando però odore di zolfo, accompagnato il di lui corso da certo sordo continuato fragore quasi come di fusetta. Quello ch’è straordinario si è, che nell’istesso tempo si vide un tal fuoco, secondo le fedeli relazioni avute in questa Città, in tutte le Campagne; nelle Terre vicine, e in lontane Città disparate, ed opposte, come ne’ luoghi di Castino, Mango, Roccaverano, Morra, Guarene, e Alessandria; e a tutti quanti che il videro appena trascorso, e passato, sembrava che cascasse, e finisse, e svanisce affatto, benchè siasi visto lungo la medesima linea, da Sirocco a Maestro, da diversi spettatori molto gli uni dagli altri lontani. Dopo il di cui passaggio, trascorso lo spazio in circa di due minuti, scoppiò un forte tuono, che si propagò verso Mezzogiorno con gran velocità, proseguendo un tal fragore sinchè insensibilmente sentissi a mancare a cagione della lontananza del luogo, ove scorreva nel suo passaggio. Ciò tutto seguì a Ciel sereno, circa le 24. e mezzo, del giorno 11. del corrente mese, dopo una giornata eccessivamente calda”.
Il Sig. Domenico Beraudo, Meteorista Pensionato di S. M. Sarda, mi favori la seguente relazione in data 15. Settembre da Torino. “La sera degli 11. Settembre corrente alle ore 6. minuti 50. si è osservato in Torino il passaggio d’un Globo igneo, con una coda assai rimarcabile di circa due in tre tese. Questo si vide venire dall’Est-Sud-Est, e fare strada all’Ovest-Nord-Ovest, ad un’altezza prodigiosissima (quantunque sembrasse sui tetti istessi a mio giudizio, e di tutti quelli che il videro); perchè a leghe 25. tanto all’Oriente, che al Mezzodì, e Settentrione, comparve perpendicolare, secondo le lettere ricevute Lunedì, ed oggi. Aveva un moto non in molto veloce, e lasciava dalla sua coda sfuggire continue scintille, ed una luce, come la Luna, però più debole; non s’udiva alcun romore eccetto in appresso dopo tre minuti, con sombre risuono di gran lontananza, si sentì un romore come sordo tuono; ma altrove, cioè alla Rocchetta del Tanaro, scrive il Sig. Marchese Incisa che 4. minuti dopo s’udi a Ciel sereno (come ancora era quì) uno scoppio assai forte; ed eziandio più di quà a Bossolasco, scrive il Sig. Vascalbo Bichi, che fu così forte il romore, che crollò la terra, e le case, come fortissimo tuono. A 40. Miglia verso Mezzodì, nel luogo di Boves fu similmente osservato nello stesso momento colla medesima direzione, e romore, dopo 3. minuti, come tuono. Al campo di Valpiano fu da tutti veduto questo Fenomeno, anche a loro perpendicolare; lo che dà a congetturare che abbia passato le Alpi, e traversata la Francia. Lo stato Atmosferico quì in Torino era assai caldo già da varj giorni, in questa stagione piuttosto insolito, avendo avuto una state molto asciutta, anzi secchissima. Indi li primi giorni di Settembre consecutivi diversi temporali, e pioggie umidirono molto; poi tutto ad un tratto risvegliossi un eccessivo calore, con elettricità assai forte. Il Termometro di Mercurio all’ombra mirante il Nord, alle ore 3. di sera, era a gradi 25,8. Cielo perfettamente sereno; alle ore 7., gradi 23., l’elettricità media 8; il vento di Nord placido, la sera di Maestro.”
Altre picciole particolarità ho dal Piemonte, ma che riguardano anche più la parte fisica, che però riservo a questo articolo in fine.
Anche le Gazzette hanno riferito la comparsa del Globo nella Riviera di Genova. Un dotto Senator Genovese, che mi onora della sua corrispondenza, nella serie delle osservazioni Meteorologiche già inviatemi pel Mese di Settembre, molto si estende sopra di questo Fenomeno, e riservo tutto all’accennato articolo della Fisica. Quì solamente dirò per quello spetta alla vista matematica, che la circostanza del tempo da altri vagamente enunziato, dal Sig. Berando solamente marcata con precisione, fu anche ben notata da questo Cavaliere dicendo che il passaggio del Globo seguì mezz’ora dopo il tramontare del Sole, il che s’accorda colle ore 6. min. 50. di Torino; e sulla ricerca da me fatta dell’altezza apparente, e, della declinazione della linea corsa dal Globo, mi soggiunge in data 17. Novembre. “Ho meglio verificata l’osservazione da me fatta col confronto delle relazioni avute da quei, che l’hanno veduto alzarsi in queste parti presso del mare nel preciso punto di Levante, declinante una quarta a Greco-Levante, e in conformità occultarsi in Maestro con una quarta altresì di differenza a Ponente-Maestro. La sua altezza al suo primo apparire sopra de’ Monti, da me misurata però sulle altrui osservazioni, non mi è rinvenuta maggiore di 30. gradi, non molto essendosi elevato nel passare verticale (s’intenda culminando), e descrivendo quasi una linea retta“.
Questa osservazione, con cui chiudo la mia esposizione, diventa preziosa, e conferma meravigliosamente la mia piccola teoria matematica, che aveva abbozzata su di questo Globo, ch’è questa.
Supponendo sempre, che il Globo percorresse in linea retta un arco di Cerchio massimo; pongo per base due fatti, somministrati dalla serie delle riferite osservazioni; uno è, che il Globo passo verticale per il mezzo del Piemonte; l’altro, che la sua direzione era da Levante-Sirocco, a Ponente Maestro.
Con questi due dati; formando un angolo di 22. gradi, e mezzo a Torino, col suo parallelo, o primo verticale, e colla Meridiana di Padova, discosta da quella di Torino pendicolare 180. miglia, si trova colla Trigonometria, che l’arco del meridiano nostro tra il parallelo di Torino, e la linea del Globo, era di 75. minuti,o miglia; ed a questi aggiungendo altre 20. miglia, distanza di Padova dal Parallelo di Torino, la distanza meridiana di Padova dalla linea del Globo in terra era di 95. miglia; il che porterebbe che dovesse passar verticale allora sull’Alpi presso Firenze, proveniente dall’Umbria, e dall’Albania, giacchè li Pescatori di Chiozza lo videro molto basso nel mare Sopra di questa linea di 95. miglia, facendo un angolo di 20. gradi circa (qual’è quella del Sole d’Inverno, pareggiata da quella osservata del Globo a Padova, coll’addizione di 45. minuti per l’angolo della corda colla Tangente), trovasi la perpendicolare, o la distanza assoluta dal nostro occhio di 102. miglia.
Aggiungendo alla distanza nostra orizzontale di 95. miglia li 35., che sono tra Padova, e Valdobbiadine, si ha una base di 130. miglia, da un capo della quale si trova l’altezza apparente del Globo di 16. gradi circa, quale l’aveva giudicata a stima sulle traccie indicatemi sul luogo, ch’è una specie di conferma della concepita teoria.
E questa teoria viene maggiormente confermata dall’osservazione di Genova. Secondo questa il Globo al primo suo apparire da sopra i Monti di Greco-Levante, aveva un’altezza di 30. gradi. Andò in seguito elevandosi, sebbene non tanto, al suo mezzo, potendosi francamente supporre un’ altezza di 40. gradi al punto della sua culminazione veduta in Genova: e 40. gradi appunto risultano, formandosi un triangolo colla visuale di Genova, colla perpendicolare di 38. miglia distanza del Globo da terra, e colla distanza di 45. miglia circa da Genova al mezzo del Piemonte. Concorda anche la direzione; poichè una linea da Sirocco Levante a Maestro-Ponente, che segue verticalmente la catena media degli Appennini, e che resta meridionale alla Lombardia, diventa Settentrionale per Genova, e viene a cascare da una parte ad una quarta circa di Levante verso Greco, andando dall’altra a Maestro una quarta verso Ponente, come porta l’osservazione. La prima comparsa ai Pescatori di Chiozza, che parve da Levante a Ponente, provenne dal ripiegarsi che fa una linea veduta in distanza, mentre l’angolo visuale si ristringe.
La mia deduzione dunque, comunque un poco libera, comincia a meritare qualche fiducia, ed è in fine tale, quale la permette la natura delle osservazioni: perciò ho sorpassate le piccole riduzioni delle corde agli archi, ed altre minuzie, che svaniscono in confronto della vaga quantità dei dati.
La grandezza a Padova del Globo risulta facilmente dalla grandezza apparente vedutasi, e dalla sua distanza dall’occhio. La grandezza apparente diversamente annunziata dagli osservatori, sembra potersi dire la metà della Luna, 15. minuti. Colla distanza assoluta di 95. miglia dall’occhio nostro si calcola il suo diametro di 450. pertiche Parigine; e la lunghezza della coda posta di tre piedi, o di tre diametri della Luna, da altri veduta molto più lunga, sarà stata lunga per lo meno tre miglia. Si rifletterà, che il Globo accostandosi a Ponente, col rendersi più vicino agli spettatori, pareva anche più grande.
La velocità si dedurrebbe dal tempo del suo passaggio ben osservato in due successivi luoghi; ma s’è veduta la diversità delle ore marcate. Il solo Sig. Berando di Torino nota precisamente le ore 6. ninuti 50. della sera, che coincide colle ore 24. ivi, tempo marcato anche dal Senator Genovese, poco lungi dal Meridiano di Torino. Ma ci manca una buona osservazione da queste parti Orientali: quasi tutti indicano le 24. ore in questi paesi, anche a Chiozza. A Padova nel nostro Registro, abbiamo notato le ore 7. della sera; ciò che rinviene a 7. minuti dopo le 24.
Partendo da questa osservazione, come la meno erronea, dedotta la differenza de’ Meridiani tra Padova, e Torino di minuti 17.5 quando il Globo passò a Torino P.ti 50. (+17) era a Padova 7.h.7’; sicchè in min. 7’ scorse questo tratto per linea, obliqua tra un Meridiano, e l’altro, di 196. miglia: e però correva miglia 28. circa per minuto, velocità tripla di quella del suono, o di una palla di Cannone. Ma questa è una conclusione tanto incostante, quanto lo è il principio dal quale è dedotta.
Sino quì, limitandoci alle osservazioni, e alle più semplici illazioni matematiche, il nostro discorso potè procedere con qualche sicurezza. Ma quale labirinto non si presenta, quando vogliamo entrare nelle ricerche, e indagini sulla natura fisica del nostro Fenomeno? Vi prevenni da principio, ch’io non avrei altro che dubbj da esporvi; ed in vero io non trovo altro che dubbj: sicchè questa parte del mio ragionamento non servirà ad altro, che per un onesto trattenimento, e soggetto di erudita curiosità, e non mai per l’intento di sode conclusioni.
E prima, chi ci assicura, che sia stato questo da per tutto un istesso identico Globo, veduto in sì disparati paesi? In alcuni parve grande come la Luna, in altri piccolo come una rocchetta ordinaria; altrove parve un semplice Globo, altrove traeva una coda; qui breve, là lunga, lunghissima; qui mostrava un cono inverso, là un cono diretto, là una semplice striscia; altrove vomitava fiamme, stelle, scintille; altrove niente: in alcuni luoghi fu inteso fischiare, e romoreggiare, in altri passò in silenzio; in alcuni luoghi altissimo, in altri bassissimo; quì con direzione da Ponente a Levante; là da Sirocco a Maestro; in qualche luogo, i come in Ambivere, villaggio del Bergamasco, da Tramontana a Mezzodì; da per tutto fu veduto estinguersi: tante differenze possono combinarsi in un solo identico Globo? E la differenza notata nell’ora avanti o dopo le 24., da chi più, da chi meno non toglie il gran fondamento della contemporaneità. Non possono esser stati molti Globi, sorti in breve spazio di tempo, come tanti lampi; o stelle cadenti; e prodotti per una data disposizione d’Atmosfera, per una data radunanza di materie sulfuree, o anche elettriche, o altre; portate per un dato moto d’aria nella medesima direzione da Levante Ponente?
Era quella sera succeduta a giornate di gran calore, ad una state caldissima ed aridissima. Nel contorno di que’ giorni, e ne’ prossimi mesi, molti fuochi e meteore si fecero yedere in molti luoghi. Il Sig. Dottor Francesco Trevisan nella stessa lettera mi scrivea, che dopo la metà di Luglio alla Soranza, due miglia a Ponente di Castel Franco, una sera alle due di notte, arse una Casa Colonica, e fu attribuito questo accidente all’incuria de’ Contadini; ma 8. in 10. giorni appresso arse un Pagliajo poco di lì distante: questo nuovo incendio pose in timore gli abitanti, i quali poche notti appresso poterono appena difendere la Casa da un Globo di fuoco, che alzatosi da terra venne ad investirla. Forse, dice, la pioggia degli 8. Agosto estinse queste meteore, che altre fiate come è noto, desolarono i prossimi villaggi di Prossano, Loria, ec.
Nel Settembre istesso, pochi giorni avanti la comparsa del Globo, arsero spontaneamente le Valli Veronesi a cinque miglia di Legnago, e più di cento jugeri ardendo occultamente furono ridotti in cenere.
Ma parlando propriamente di Globi di fuoco, prima abbiam veduto nei Giornali, quanti ne sono annunziati in quei mesi veduti in Francia; e il Sig. Ab. Zava di Ceneda scrive al Dottor Chiminello in data 4. Ottobre. “Addi 28. Settembre fu veduto un grosso Globo di fuoco alle ore 2. di notte, come ne furono veduti varj nelle notti d’Agosto.”
E il Sig. Cavaliere Landriani dandomi notizia del Globo, così s’esprime in data 15. Settembre: “Nella sera del giorno 11., mentre tutto il Mondo era alla passeggiata, ed a Ciel perfettamente sereno, si vide sull’orizzonte un bel Globo di fuoco, che aveva il diametro apparente di un piede, il quale maestosamente scorreva in una linea orizzontale, avendo di dietro una coda lunga pochi pollici. Questo Globo fu visibile per più minuti (s’intendono secondi); indi senza romore si dissipò, sfumando per così dire nell’atmosfera. La sera del giorno 12. (N. B.) ricomparve un simil Globo, ed altri di questi Globi sono stati veduti nelle diverse parti della Lombardia. Io non posso dirle alcun’altra cosa sopra questi Globi, perchè non li ho veduti, ed ho sentito da molti, che avevano un color biancastro, da altri che scintillavano, che dalla parte, con cui fendevano l’aria avevano una punta, ec.”
Anche il Montanari in quella sera stessa dei 31. Marzo 1676. raccolse notizie d’altri Globi vedutisi in Lombardia con direzione assai diversa da quella del Globo principale. E nella sera delli 6. Agosto 1778., che fu veduto quel Globo da Ponente a Levante da me altrove descritto, ebbi notizia d’altri Globi vedutisi in ore diverse, e con diverse circostanze; e in questa sera istessa 11. Settembre passato il Globo furono da noi vedute, e registrate varie Stelle cadenti, che appartengono pure alla classe di tali fiamme.
Non sarebbe dunque impossibile, che invece di uno fossero stati molti Globi generali contemporaneamente in altri, ed altri paesi. Tale sospetto io l’ho da gran tempo, e l’ho annunziato anche rapporto alle Aurore Boreali nella mia memoria sopra quella dei 29. Febbrajo 1780. In questa ipotesi vana sarebbe la nostra fatica in calcolare la trajettoria dal Globo, come quella di calcolare l’altezza delle Aurore Boreali.
Ma posto che fosse un fenomeno solo, chi assicura, che descrivesse una linea retta, o sia un arco, di Cerchio Massimo, tenendosi dappertutto in pari distanza da terra? Nor poteva forse correre per una specie d’Epicicloide più, o meno sinuosa, o allungata? L’essersi veduto or più grande, or più piccolo, or più alto, or più basso, lo farebbe sospettare.
E che? È desso stato un Globo veramente scagliato, che fendesse propriamente l’aria passando di luogo in luogo? Non poteva essere un’accensione successiva d’una materia disposta nell’Atmosfera, come una traccia di polvere da fusile, quali sembrano essere tutte le stelle cadenti? In tal caso la fiamma avrebbe seguitato questa traccia, parendo volare alta, bassa, dritta, storta, retta, obbliqua, qualunque fosse, e le apparenze sarebbero state appunto tanto diverse, quanto risultano dalle varie relazioni degli osservatori.
Ecco dunque dei gran soggetti di dubbio, atti a spargere una specie di scetticismo sulla natura di questo fenomeno. Non ostante potrebbero parere anche cavilli, e sottigliezze appunto d’ingegno scettico, per comprovare, che poco si può sapere delle cose fisiche riflesso pur troppo ovvio, ed umiliante lo spirito umano. Se vogliamo tenerci, come pure conveniente in tali ricerche, alle cose verisimili, ecco quanto, secondo li miei scarsi lumi, pare potersi credere sopra di tali fenomeni.
Il complesso delle apparenze tutte concorre a confermare l’opinione ricevuta, che questi Globi sieno meteore ignee, generate nella nostra Atmosfera. Il fenomeno de’ Crepuscoli, senza ricorrere alla dubbiosa elevazione delle Aurore Boreali, prova che l’Atmosfera, nel sito che contiene vapori ed aliti capaci di riflettere il lume Solare, si eleva da terra sopra 40. miglia, altezza, sotto la quale sonosi contenuti sinora i Globi osservati.
Resterà dubbio, se queste masse di fuoco siano di materie infiamabili, zolfi, nitri, ec. analoghe alla nostra polvere da fusile, o alla polvere fulminante, o pure siano masse di materia elettrica, creduta in oggi comunemente la materia de’ fulmini; io non oserei decidere questa questione.
Da una parte, se li fulmini sono sgorghi di materia elettrica, e sonosi veduti da lungi de’ fulmini avventarsi in forma di Globi, e scoppiare, spartendosi a guisa di Carcasse in Globi minori, facendo de’ giri, e de’ raggiri nelle fabbriche, e nelle strade; perchè non potrà darsi una massa d’Elettricità talmente serrata in se stessa, o inviluppata in altre materie coerenti, che possa far una corsa lunga più miglia, anzi quanto lunga uno vuole? I nostri Globi sonosi per lo più trovati terminare in fine in uno scoppio, e con gran romore. Così fece quello del Montanari, il cui romore s’intese a Livorno, come quello di molti Carri; così quello del Balbi, che scoppiò sopra Vicenza, così quel famoso, e recente di Francia 13. Luglio 1771, descritto nelle memorie dell’Accademia delle Scienze; così in fine il Globo nostro, per le relazioni del Piemonte, ove sembra aver finito. Un cane, scrivemi un altro Cavaliere dal Monferrato, un cane che camminava innanzi ad un carro, al primo romore di quel tuono sordo fermossi, allargando le gambe, e piantandosi sulle quattro sue zampe, tenendosi così rigidamente fermo, sin che fu passato il fragore, e specie di tremore del suolo. Possono dunque essere questi Globi masse di fuoco elettrico, quale si tiene quello de’ fulmini.
D’altra parte sarà un poco difficile persuadersi, che un fuoco così sottile ed attivo, qual è l’elettrico, sia raffrenato per sì lungo spazio, in massa tanto enorme, quanto risulta la massa del Globo nostro, di mezzo miglio; e poi che camminasse così lentamente rapporto alla cognita velocità del fuoco elettrico quasi istantanea, che ben si scorge da chi contempla una nuvola fulminante scorrere in un baleno con lunghe striscie con solchi ardenti, le ventine di miglia; nè mai si vedrà spandere lente, e molli fiamelle, come faceva il Globo nostro: esso procedeva lentamente, e maestosamente, come il Sig. Cav. Landriani s’esprime, a guisa di razzo, col volo di pernice, spargendo appunto, come fanno i razzi, globetti o stellette di fuoco, e strascinando una coda ora breve, ora lunga, lasciando odor di zolfo, ec.
L’immagine di una rocchetta è molto volgare; e pure sarà forse la più adattata a spiegare la natura di queste fiamme volanti, che ne imitano tutti gli esterni caratteri, e che possono dal mirabile magistero della natura, e colla Chimica Atmosferica, abbondandovi le materie infiammabili, yenir fabbricate con artificio tanto superiore all’arte nostra, de’ fuochi artificiali. Questa idea semplice spiega tutti li fenomeni osservati, e ci libera da lambicarsi il cervello per trovare un principio esterno di così valida projezione, quale si ricerca a scagliare per sì lungo spazio il veduto Globo: poichè nell’ipotesi del razzo la forza di projezione è interna, come appunto nei razzi nostri; mentre la materia accendendosi di là, spinta da quella parte, per cui non si truova uscita, seguita ad ardere; e spingere sino che v’è materia; della tenacità, copia, ed efficacia della quale non si può assegnare il confine: se poi vi sia anche un nucleo di materia compatta, quando o l’accensione, come nelle rocchette, o l’incandescenza della materia, come nella polvere talmente, vi sia arrivata, allora seguirà anche l’esplosione, e lo scoppio, come in molti de’ Globi osservati; o se non vi sia nucleo, terminerà tranquillamente come in molti altri. Signori, io non ho meglio da esporvi per ora, gradite la mia volontà.
P. S. Dopo di avere già mesi scritto tutto questo, mi capita il volume LXXIV, ch’è l’ultimo delle Transazioni Filosofiche; nella prima Parte del quale si trovano sei articoli, che versano sulle fiamme volanti, li numeri 8. 9. 10. 11. e 12. contengono varie descrizioni venute da luoghi diversi del Globo sopra mentovato 18. Agosto 1783.
L’ultimo è del Sig. Blagden, il quale fa una lunga discussione sopra di queste ignite meteore.
Tre opinioni egli apporta, ed esamina, sulla cagione, e natura di questi fenomeni. La prima è quella da me pure considerata, ed è del Sig. Halley, ch’io nol sapeva, il quale pensa essere queste traccie di materia infiammabile distese per lunghi tratti dell’atmosfera, che si vanno successivamente accendendo. Oppone giustamente il Sig. Blagden, esser difficile concepire materie così disposte in linea retta per così lunghi tratti. In oltre dato, e non concesso tal fatto, non potendo esser che mero caso, che tal traccia si accenda da un estremo, se in conseguenza essendo naturale che ci accenda in qualche parte di mezzo, sarebbero due fuochi, che partiti da un punto, si porrebbero in direzioni opposte, come ho veduto succedere nel porre il fuoco ad una fila di Mortaretti: ma una tal’ osservazione sinora manca ne’ fuochi dell’Atmosfera.
L’altra opinione è quella accennata da principio del Sig. Clasi, che li fa Pianeti, o Comete sublunari. Io aveva tentato di conciliare anche il ritorno di tali Comete, comparando la fiamma nostra con quella del Montanari; ma invero non ho trovato alla conclusione cosa che mi soddisfi. Soggiunse il Sig. Blagden altre difficoltà: 1.° questi fuochi non mostrano quel nucleo interno delle Comete circondato dalla nota nebulosità, ma sembrano ammassi semplici ed uniformi di una materia luminosa, qualunque sia; 2.° questi Globi più grandi discendendo per gradi nella classe delle Stelle cadenti, che certo non sono corpi permanenti, vedendosi nascere, e morire in momenti; 3.° un corpo, dice, che dallo spazio immenso cadesse verso la Terra, non potrebbe arrivato alla distanza di 50. miglia dalla Terra, acquistare senonchè la velocità di 7. miglia per secondo: ora, sonosi osservati di tali Globi scorrere in un secondo il triplo, e il quadruplo di questo spazio. Tanto questa opinione ripugna, alla verisimiglianza, che altri tutto all’opposto negano piuttosto le Comete Celesti, considerandole come meteore dell’Etna, o materie accese negli spazj del Cielo. Tale è l’assunto d’un recente libretto francese, stampato colla data di Londra 1784., col titolo Théorie des Cometes, il cui Autore dalle iniziali D. L. C. potrebbe esser il Sig. De la Cepede, il quale se non convince, almeno abbaglia coll’ingegno, e coll’erudizione fisica, che vi spiega. Escluse queste due opinioni esposte, il Sig. Blagden addotta la terza, che fa questi Globi fenomeni elettrici, 1.° perchè ciò spiega la loro grande velocità, 2.° per la somiglianza con altre meteore credute puramente elettriche, come le fiamme lambenti, le Stelle cadenti, ec. 3.° in particolare per la affinità colle Aurore Boreali: 4.° per la generale tendenza loro nella linea del meridiano magnetico Nord Sud; linea, dice, affettata dalla materia elettrica, non meno che dalla magnetica.
Io ho esposto qui sopra i miei dubbj sopra tal opinione: e non credo vero il fatto che la tendenza generale di questi fuochi sia Nord-Sud: appresso noi certamente sembrano affettar piuttosto la linea Levante-Ponente, comunque con qualche obbliquità: o piuttosto può dirsi, che sieno indifferenti a tutte le direzioni; ne è ben certo, che la materia elettrica segua la traccia della magnetica Nord-Sud, credendo altri all’opposto, che la elettrica incrocci la magnetica colla linea Levante-Ponente.
In conclusione però, l’opinione più ragionevole di tutte sopra la cagione, e la natura delle fiamme dell’aria, piccole, o grandi, di breve, o di lunga durata a me sembra quella, che non si poteva stabilire avanti la recente scoperta del Sig. Co: Alessandro Volta sopra l’aria infiammabile. È questo un grand’elemento di tutti li corpi ardenti, e pare essere il principio, l’ingrediente di tutti li fenomeni ignei dell’Atmosfera, acceso dalle scintille elettriche (altro elemento sparso universalmente nella natura, e più nell’aria); sembra produrre sotterra li Terremoti, sopra terra i Vulcani piccioli, o grandi, le fontane ardenti, le fiamme di terra; nell’aria le Aurore Boreali, i fulmini, i lampi, e in particolare le stelle cadenti, le travi, le piramidi, le colonne, i dragoni, le fiamme volanti.
Io inclinerei a questa opinione piuttosto, che ad altra, perchè questo spiega quella particolarità rimarcabile, che si vede in queste fiamme, di esser di così lunga durata; il fuoco elettrico scoppia subitaneamente con un colpo che passa, qual è il fulmine. L’aria infiammabile si sa, che può arder lentamente in vasi aperti, quasi come lo spirito di vino, una massa dunque di quest’aria, che sorge da tante parti della Terra per li minerali sciolti, per la putrefazione, e decomposizione di tanti corpi vegetabili ed animali, specialmente dopo li grandi calori della state, involta in veli di altre specie d’aliti: tocca che sia da qualche scintilla d’elittricità, s’accende, si scaglia, e dura scorrendo sinchè vi è materia, gettando quà, e là scintille, accorciandosi, o allungandosi, anche meccanicamente per la resistenza dell’aria, che fende, e potendo anche in fine, sotto l’involucro che la tratteneva, e mista all’aria comune, scoppiare con gran romore, come si fa coll’esperienze artificiali, e come per lo più si è osservato ne’ Globi, de’ quali abbiamo parlato.
Note
- ↑ Æneid. Lib. II, 4. 695.