Capitolo XV

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Capitolo XV.

Chiese. — Beneficenze. — Scuole.

A porgere un’adequata idea dell’attuale importanza del nostro borgo, ai dati statistici presentati [p. 147 modifica]nel precedente capitolo ci resta d’aggiungere qualche ragguaglio anche intorno alle Chiese, alle Beneficenze, ed alle Scuole.

Dell’antichissima chiesa parochiale dedicata a S. Maria non rimane oggidì che il campanile e il coro. Sulle pareti interne del primo fino all’altezza di circa sei metri vi sono affreschi del secolo XV assai deperiti per vetustà ed incuria. La parochiale odierna sarebbe stata eretta a spese ducali prima della metà del secolo XV secondo il disegno di un Brunati. Il più antico documento, a nostra notizia, che la dice intitolata ai ss. Gervasio e Protasio, è del 1469.

È a tre navi di gotico puro, a sesto acuto. Ha qualche buon dipinto e bassorilievo moderno. Era in passato tutta ornata di affreschi i quali vennero p oi cancellati con imbiancatura, perchè guasti, e di nessun pregio. Tra le sepolture ve n’era una detta degli Spagnuoli. Su la volta del coro e nell’abside vi sono affreschi dei fratelli Campi ben conservati che rappresentano la discesa dello Spirito Santo sopra li Apostoli e Maria Vergine, e l’Ascensione di Cristo. È da notarsi che al di sotto si trova la figura di s. Ambrogio in abito pontificale dipinta sopra quella della Beata Vergine, della quale si vede solo una parte del braccio sinistro che sorregge il braccio, pure sinistro, del bambino. Ai lati di s. Ambrogio stanno le figure dei santi Gervasio e Protasio che posano sopra altre due figure de’ medesimi santi, supposte parimenti dei Campi. È [p. 148 modifica]tradizione in paese che, volendosi dedicare la chiesa a s. Ambrogio, si abbia voluto sopra la figura della Vergine apporre quella del santo. Vi si conserva pure in un’elegante cappella a fianco dell’altar maggiore quella medesima croce di legno (entro cui trovavasi il santo Chiodo) che fu portata da s. Carlo nell’occasione della peste in Milano. Era stata donata dall’arcivescovo cardinal Monti ai padri Carmelitani scalzi del convento di Concesa. Suppresso quel cenobio, il prevosto di Trezzo fu invitato dalla curia arcivescovile a levare da Concesa quell’insigne monumento storico-religioso, e a collocarlo nella prepositurale1.

Il paroco di Trezzo, Cesare Nava, ai tempi del cardinale Federico Borromeo, domandò al sommo Pontefice l’erezione della sua parochia in prevostura plebana. Fu esaudito (il 1607), e la nuova pieve restò intatta sino a’ nostri giorni. Conserva il rito romano o piuttosto patriarchio2. Essa comprendeva tutta la parte dell’antica pieve di Pontirolo posta nel Milanese al di qua dell’Adda, cioè a dire Trezzo con Busnago, Bassiano, Colnago, Concesa, Cornate, Pozzo, Trezzano, Vaprio e Groppello3. [p. 149 modifica]

Aggiungonsi vari oratorii, cioè quello dei Disciplinati di s. Marta, di s. Rocco sussidiario alla pacchiale, di s. Stefano, di s. Caterina in arce, di s. Bartolomeo, di s. Martino, lungi dal borgo circa un millio, di s. Agostino detto della Cava, e finalmente quello di s. Benedetto di Portesana, dove era un’abbazia con questo nome, conferita nei 1755 a monsignor il conte Angelo Durini e i cui beni consistenti in pertiche 775 furono fin dal 1558 considerati come fondi ecclesiastici antichi, e quindi esenti da ogni carico.

Il Tiraboschi crede che il convento di Umiliati detto Domus de la costa de Trizio: unita cum domo de Vicoboldono (Viboldone) sorgesse ad un millio e mezzo dal nostro borgo, tra questo cioè e la villa Paradiso, e che appunto ricevesse la denomizione de la Costa per la sua positura alla riva dell’Adda. Nel 1344 questo convento contava sei frati e tre suore.

Beneficenze. — La voce ospitale adoperata nel medio evo a significare istituzioni di carattere e fine diverso, sebbene tutte inspirate al sentimento della cristiana carità, ora additava una casa di ricovero pei peregrini, ora un albergo destinato a raccogliere malati o poveri. Codesti ospitali o men [p. 150 modifica]se de’ poveri, fondati da principi, vescovi e privati, volgendo il secolo XII, erano per così dire diseminati in ogni paese della cristianità. Dagli ospitali sorti in Milano presero norma e simiglianza li altri stabiliti in diverse pievi della diocesi, e per ciò presumibilmente anche quell’uno che fin d’allora sussisteva in Trezzo4.

Di ben maggiore importanza pel nostro borgo fu la Scuola dei Poveri istituita, non sapiamo precisamente il quando, da un Pietro Grimaldi, e della quale in appresso certo Guglielmo Matavello avrebbe accresciuto la fondiaria. Affine per indole a questi istituti fu anche la Causa Pia Como. Essa trae il nome da un Francesco Como da Trezzo, il quale, con l’ultimo suo testamento dell’11 d’agosto, 1698, rogato dal notajo Giovanni Pietro Vandoni, nominò il proprio cognato Francesco Landriani in suo erede rispetto ai beni mobili; ma con parte degli stabili che giacevano nel territorio del nostro borgo, fondò una cappellania perpetua nella chiesa prepositurale per la celebrazione di una messa quotidiana (in aurora nei giorni feriali, e nei festivi dopo la parochiale), lasciando in perpetuo la nomina ai primogeniti della famiglia. Col resto poi ordinò che, tratenuta a vantaggio dell’erede e de’ suoi successori la decima parte della rendita, le altre nove si distribuissero dai medesimi suoi primogeniti a fanciulle nubili e di buona [p. 151 modifica]fama, o a’ poveri parimente di notoria moralità, o ad ammalati miserabili del luogo benevisi al surriferito erede e a’ suoi sostituiti. I Landriani però contraevano l’obligo di rendere conto annualmente al prevosto di Trezzo pro tempore di cotesta erogazione. Ciò si eseguì dall’amministratore, per lo meno fino a tutto ottobre del 1784, nel qual anno, secondo ordini imperiali, se ne rendeva conto anche ai reggenti communali, e al regio cancelliere.

Anche nel 1711 il sacerdote Domenico De Magistris con suo testamento 30 di marzo, rogato dal notajo Francesco Molgora, aumentò il fondo delle beneficenze, disponendo di alcuni beni stabili a favore di quel Luogo Pio. Il De Magistris legò inoltre, per dotare ogni anno quattro figlie del borgo (la cui scelta spettava ai successori del conte Ambrogio Cavenago), una rendita di annue lire 72.

Ma l’epoca in cui rifulse maggiormente la beneficenza privata verso il Commune, fu il 1768.

Morto nel genajo il sacerdote Agostino Nazari preposto del borgo5, con sua testamentaria disposizione del 25 di novembre del 1763, lasciava un’ingente sostanza per l’istituzione di varie cause pie. Se non che tale disposizione non poteva a quel tempo avere effetto nella forma designata dal testatore per le nuove determinazioni governative d’ammortizzazione. Fu perciò che la [p. 152 modifica]Giunta economale d’allora, insieme coi deputati del Commune e coi fabricieri della chiesa, architettò un piano per l’erezione delle dette cause pie rispondente in sostanza alla pia intenzione del Nazari, e destinato a servire anche di regolamento per l’amministrazione della preesistente Scuola dei Poveri. Cotal piano veniva in tutte le sue parti approvato dall’imperatrice Maria Teresa con dispaccio dato in Vienna il 10 di novembre.

Dal nome del testatore la fondazione assumeva il titolo di Causa Pia Nazari. L’entrata era annualmente assorbita per intero, perchè le eventuali rimanenze, conforme all’articolo 15.° dell’anzidetto piano, si versavano nella cassa della chiesa pei bisogni di questa. Le cause pie nelle quali si convenne di convertire il produtto degli assegni Nazari per Trezzo furono le seguenti. I frutti dei primi due anni dalla morte del testatore dovevano servire a provedere la chiesa prepositurale della supellettile occorrente e di congruo ornato; scaduto il biennio, si dovevano corrispondere 600 lire annue ad un sacerdote in cura d’anime; altre lire 600 annue ad un maestro incaricato dell’insegnamento gratuito del leggere, scrivere e far conti. Questo eleggevasi dai fabricieri stessi, rimanendo per altro nel suo esercizio subordinato alla direzione della Giunta degli studi. Altre annue lire 400 erano pel medico al quale la communità ne aggiungeva per conto proprio altre 200. Così il commune, che in addietro pagava al medico lire 400, veniva [p. 153 modifica]scaricato di 200 lire annue. Il chirurgo similmente percepiva lire 500, ed 80 l’ostetrice. Medico, chirurgo ed ostetrice erano eletti dai feudatari in unione coi fabricieri, dipendenti però nell’esercizio delle rispettive professioni dai regolamenti della Facultà medica. Finalmente lire 1600 passavano alla Scuola dei Poveri, e insieme col reddito delle sustanze già ad essa appartenenti, servivano, sodisfatti i pesi, a pagare i medicinali per li ammalati ad uno speziale eletto dagli stessi fabricieri, e ciò mediante fede di povertà da esibirsi dagli infermi. Volendosi poi provedere questi ultimi anche di un vitto conveniente, il pio istituto accordava loro 14 once di carne e soldi due di pane di frumento ogni due giorni. A tal uopo il medesimo concedeva viglietti stampati, sottoscritti dal primo fabriciere e dal preposto o coadjutore, per un numero determinato di giorni, e si designava il macellajo ed il fornajo che dovevano ritirare i viglietti per ricevere poi il pagamento dai luogo pio. — Il restante del produtto si convertiva in elemosina, e in doti per li abitanti di Trezzo nella seguente misura. I viglietti d’elemosina dovevano essere di venti soldi ciascuno, e le doti di lire 80, fissandone il numero i fabricieri in fine d’anno in base agli avanzi del luogo pio. La distribuzione delle doti si faceva in una delle feste natalizie collegialmente dai fabricieri, e il cancelliere rogava Tatto dell’elezione delle zitelle. Quindici giorni prima della distribuzione si affigeva ogni anno un avviso con cui [p. 154 modifica]si invitavano le concorrenti ad esibire le opportune carte, cioè le fedi di battesimo, di povertà, e di buoni costumi. Il tesoriere eseguiva il pagamento delle doti, ritirando li atti dell’elezione, e sulla fede dei seguito matrimonio. Era proibito il conferire più doti ad una sola zitella, il matrimonio dovea celebrarsi nel termine di un triennio dopo l’elezione, altrimenti l’assegno diveniva nullo. Quattro di quelle doti erano lasciate all’elezione dei conti Cavenaghi feudatarii e de’ loro eredi e successori, fermo però che le medesime fossero distribuite a’poveri abitanti del borgo. Perciò il Commune fece erigere al proposto Nazari in segno di riconoscenza un monumento colla seguente iscrizione:

d. o. m.
augustino de nazariis ob.
s. t. d. oppidi tritii præposito
quod
templo suppelectilem
successoribus adjutorem
juventuti ludimagistrum
ægrotis medicum chirurgum
medicamina et alimenta
dum convaluerint
puerperis egentibus obstetricem
puellabus dotem
pauperibus præsentem pecuniam
redditu in id annuo adsignato
scutorum DCLXXX
reliquerit
maria theresia augusta adprobante
optime merito
monumentum
obiit IV non. jan. MDCCLXVIII ætatis LXXXV

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Sopra di questa lapide si trova il suo busto in marmo.

Finalmente, per tacere di altre pie disposizioni, accenneremo quella con cui nel 1801 un Andrea Rota largiva tutto il suo alla già menzionata Scuola de’ Poveri. A’ nostri giorni poi un Giovanni De Mattei, con suo testamento del 19 d’agosto, 1850, legava lire 210 annue per baliatico a favore dei figli poveri.

Tutte queste cause pie, che danno complessivamente un annuo reddito nitido di lire 6470 circa, sono oggidì amministrate da una Congregazione di Carità composta de’ signori cav. dott. Giuseppe Mazza presidente, nob. cav. Girolamo Bassi deputato6, preposto don Angelo Camera, Emilio Mantegazza, Gaetano Molina e Tranquillo Besana secretano.

Scuole. — Tra le riforme civili di Giuseppe II è d’incontestata utilità l’istituzione delle scuole normali intese a rendere l’istruzione elementare più ragionevole, generale, ed uniforme di quello che fosse in passato. Nel luglio del 1788 le communità di Trezzo e di Concesa7 godevano già del privilegio di una scuola gratuita in base al piano del 10 di novembre, 1768, sull’eredità del [p. 156 modifica]preposto Nazari. Il locale che a ciò serviva era un’ampia sala capace di più di 100 allievi, alla quale trattavasi allora di aggiungere un’altra stanza per la scuola delle fanciulle. Riordinatesi le scuole normali, il Governo assegnò a tal uopo ai communi un fondo sussidiario. Trezzo serbò la scuola nella casa dove già sussisteva, e dovette da principio supplire da sè alle spese necessarie per li adattamenti e per la provista de’ mobili, sotto riserva però d’un futuro riguardo per un’equa reintegrazione. Tra i primi maestri elementari in Trezzo contansi il prete Giuseppe Lovera e un Carlo Antonio suo nipote, al quale fu imposta la condizione d’insegnare nella suppressa chiesa di san Stefano in Val verde8, assumendola in affitto a suo carico. Con deliberazione poi del consiglio communale del 2 di novembre del 1863, fu instituita oltre una scuola serale pei maschi, anche la dominicale per le femine. Li alunni inscritti alla scuola elementare maschile nell’anno scolastico 1866-67 sommano a 200, quelli della scuola serale a 177. Le alunne inscritte alla scuola elementare feminile sono 180, quelle alla festiva 90. E qui ci è caro l’aggiungere come il maestro in Trezzo sig. Giuseppe Nero, in occasione che si dispensò il premio fondato dal già ministro Natoli, nel maggio del corrente anno, ottenne una menzione d’onore in [p. 157 modifica]riguardo al suo lungo e zelante magistero di 46 anni, e per l’utile opera prestata all’Istituto degli Istruttori.


La flora nulla presenta di speciale, ad eccezione del cytisus sessilifolius che scendendo per l’onde dell’Adda approdò agli scogli di Trezzo.

In quanto alla fauna oltre la passera solitaria, che, come già abbiamo avvertito, s’annida nelle fenditure del castello, venne presa colà, nel 1839, una cicogna bianca; volatile assai raro in Lombardia.

Chiuderemo con un cenno sui pesci dell’Adda di più frequente pescagione in prossimità del castello. Sono dessi la bottatrice (mil. bottrisa, lat. lota vulgaris), il barbio o balbo (balbus fluviatilis), il carpano (cyprinus carpio), la tinca (tinca vulgaris), il vairone (leuciscus maticellus), la scardola o piotta o pesce del diavolo (scardinius), la trota (salmo trutta), le lamprede (petromyzon planeri e ammocœtes branchialis), il temolo (thimallus vexillifer), il cavezzale, detto anche cavedano o cavazzino (leuciscus cavedanus), il ghiozzo (mil. bottino o bottola, lat. gobius fluviatilis), il persico (perca fluviatilis), la ghisla o ghisela (mil. usellina, acanthopsis tœnia), la salenna (forse il cyprinus nasus), che si trova anche nel Lario; finalmente i pesci chiamati in luogo sanguinetti e baracani. [p. 158 modifica]

Podestà di Trezzo.

Rimanevano d’ordinario in carica per un biennio ed offrivano una idonea sigurtà.


1455, 10 marzo, Ambrogio de’ Ghioldi entrò in officio gratuitamente per interposizione della duchessa col mensuale stipendio di fiorini 10

1456, 23 ottobre, Ambrogio de Villani

1458, 1 novembre, Antonio da Carcano conseguì la podesteria per un biennio pagando fiorini 85

1460, 1 novembre, Giovanni degli Aliprandi, pagò lire 120 e soldi 10

1462, 1 novembre, Stefano da Marliano, pagò fiorini 86. Fu confermato per altri due anni

1467, 1 novembre, Giovanni Antonio da Robiate

1468, 1 novembre, Giorgio da Cusano

1473, 29 dicembre, Francesco Cusani

1474, 6 genajo, Giovanni Pietro dei Pegi

1526, 6 marzo, Jacopo Filippo Isolani

1534, 3 genajo, Rocco di Landriano

1534, 10 febrajo, Bartolomeo Guenzio

1538, 3 genajo, Nicolò de Andreis

1540, 3 genajo, Giovanni Fermo da Riva

1544, 2 genajo, Nicolò de Andreis

1546, 5 febrajo, Diego de Cordova [p. 159 modifica]

1550, 24 genajo, Bernardo Cattaneo

1552, 15 genajo, Nicolaus de Andreis

1554, 26 genajo, Federico de Guinzoni

1557, 2 genajo, Marco Antonio de Andreis

1560, 16 genajo, Jacopo Majano spagnuolo

1560, 29 genajo, Biagio dei Grabi

1564, 22 febrajo, Marco Antonio de Andreis

1566, 9 genajo, Giovanni Antonio Cusani

1568, 18 febrajo, Marco Antonio de Andreis

1570, 14 genajo, Giovanni Antonio Cusani

1574, 6 febrajo, Giovanni Battista de la Corna

1576, 28 genajo, Giovanni Battista da Zogno

1580, 25 febrajo, Michele de Vittoria

1581, 4 marzo, Marco Antonio de Andreis

1582, 9 genajo, Nob. Marco de Andreis

1586, 11 marzo, Jacopo Antonio Scotti

1590, 11 genajo, Giovanni Francesco Astolfo

1592, 5 marzo, Giovanni Andrea de Andreis

1594, 18 febrajo, Francesco Astolfo

1596, 10 febrajo, Àlifero Antonio Caldirano de Avila

1598, 11 genajo, Francesco Grabini

1598, 13 febrajo, Giovanni Francesco Astolfo

1600, 6 luglio, idem

1602, 11 febrajo, Domenico Finto

1604, 6 aprile, Didaco Sanches

1606, 25 febrajo, Nicolao Monaco Giurecons.

1608, 5 febrajo, Jacopo La Torre Giurecons.

1609, 21 genajo, Giovanni Battista Crivelli

1610, 16 genajo, Giulio Cesare Albuzio

1612, 20 giugno, Francesco Ferrano Giurecons. [p. 160 modifica]

1615, 17 marzo, Giovanni Andrea Bergamio Giurecons.

1616, 5 maggio, Latino Capredoni Giurecons.

1624, 8 agosto, Giovanni Aliega Giurecons.

1628, 13 maggio, Andrea Reciocchi Giurecons.

1642, 20 genajo, Fabrizo Antonio Guasco

1646, 2 giugno, Giuseppe de Arce e Cabrerà Giurecons. fiscale della Martesana.

Dopo quest’epoca non ci fu dato di rinvenire nei documenti altri nomi di podestà. Se non che prima dell’anno 1859, invece del podestà o sindaco, il commune era diretto da tre deputati con un agente communale, i quali erano sorvegliati dal commissario distrettuale.

Risorta a novella vita l’Italia, furono sindaci di Trezzo negli anni

1859, Luigi Maggi

1862, Nob. Gerolamo Bassi

1864, Cav. dott. Giuseppe Mazza già consigliere e delegato di prefettura a Novara.

Preposti e Vicarî foranei

della chiesa plebana.

1. Pietro Carminati rettore anno 1570
» » curato » 1573
2. Cesare Nava curato, e poi preposto » 1573
3. Carlo Andrea Bassi preposto » 1610

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4. Carlo Franc. Valvassore preposto anno 1633
5. Cristoforo Cattaneo » » 1639
6. Francesco Ignazio Riccardi » » 1666
7. Giovanni Battista Repossi » » 1672
8. Giovanni Ambrogio Muttoni » » 1689
9. Giovanni Battista Frascaroli » » 1706
10. Agostino Nazari » » 1723
11. Carlo Giuseppe Meazza » » 1768
12. Andrea Pozzone da Trezzo » » 1807
13. Giovanni Martinenghi9 » » 1828
14. Angelo Camera r. subeconomo » » 1856


Note

  1. Dobbiamo queste notizie confermate anche da atti esistenti presso, la curia arcivescovile di Milano, alla gentilezza dell’odierno prevosto Angelo Camera.
  2. Ciò vuoisi probabilmente attribuire all’avere l’antica e vasta pieve di Pontirolo, a cui Trezzo apparteneva, aderito verso i tempi di Teodolinda e di s. Gregorio Magno allo scisma detto dei tre capitoli, promosso dai Patriarchi d’Aquileja.
  3. Delle altre due parti dell’antica pieve di Pontirolo una fu unita a Treviglio ed era quella che comprendeva Pontirolo stesso, la Canonica e Castello Rozzone; la terza rimaneva tutta sotto la republica Veneta nel Bergamasco e fu sottoposta alla chiesa dei ss. Pietro e Paolo di Verdello.
  4. V. Dozio, Notizie di Vimercate e sua Pieve, pag, 21.
  5. Il Nazari, da prima preposto di Canobio, era passato alla nostra prepositura nel 1723.
  6. Il di lui padre nob. Paolo Bassi fu nominato il 28 d’agosto del 1830 amministratore del Luogo Pio di Trezzo; ed è il medesimo che in appresso fu anche podestà di Milano dall’agosto al novembre del 1848.
  7. Durante il Governo Italiano Concesa era aggregato a Trezzo, unione che si verificherà di nuovo quanto prima per adesione unanime dei due Communi interessati.
  8. Così detta perchè prima era sparsa di piante e non di fabricati.
  9. Riproduciamo l’iscrizione relativa che appare sopra un monumento con medaglione in marmo nella sacrestia:

    a memoria e onore
    del prevosto giovanni martinengo
    da melegnano
    anima candida affettuosa caritativa
    che educati più anni i chierici
    ne’ diocesani seminarii
    resse vent’otto anni questo borgo
    questa pieve
    e consumato da infaticabile zelo
    morì d’anni 65 ai 10 giugno 1856
    in benedizione.

    Per ordine del Martinenghi e dei fabricieri marchese Tiberio Crivelli e Mapelli Carlo, nel 1855 fu eseguito dall’artefice Giacomo Villa un grande armadio di noce a foggia di tavola, lungo m. 3,40, largo 2,45, con coperchio a tre pezzi snodati per la custodia degli arredi sacri, posto nella detta sacristia.