Trezzo e il suo castello/XIV
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Capitolo XIV.
Trezzo forma al presente il XII commune del mandamento XV di Cassano d’Adda, circondario I della provincia di Milano, da cui dista 33 chilometri e 250 metri.
La popolazione ammontava nel 1866 a 3639 individui, tra cui 1879 maschi, e 1760 femine. I nati in media annua salgono a 170, i morti a 130, i matrimonii a 351. Li elettori amministrativi inscritti nel detto anno erano 108, e i politici 34. Appartiene al 240 collegio elettorale politico, di cui oggidì ha la rappresentanza l’onorevole deputato cav. avvocato Giuseppe Robecchi. I giurati inscritti sono 23, e li elettori della Camera di commercio 8.
Il dialetto è esclusivamente milanese, giacchè Trezzo appartenne sempre per la sua positura a Milano; tuttavia, sì per l’accento, come per l’intrusione di alcuni vocaboli, si accosta alquanto a quello della confinante provincia bergamasca.
Vi è la posta delle lettere e un drappello di guardie finanziarie. Vanta anche una propria banda musicale, costituitasi nell’ottobre del 1856 per sottoscrizioni private, e le cui uniformi furono provedute dal sig. Stefano Arnaboldi ora defunto.
La media dei coscritti nell’ultimo quinquennio, come si è rilevato dalle liste di leva, ascende a 19 tra la l.ª e 2.ª categoria.
I decorati con medaglia commemorativa nelle guerre combattute per l’indipendenza e l’unità d’Italia negli anni 1859-60-61 sono 17, fatta astrazione da 20 altre domande ancora pendenti, fra le quali, 6 per le guerre del 1848 e 49, e 4 per la campagna del 1866 del corpo de’ volontari. Il dott. Giuseppe Biffi del fu Ferdinando, proprietario, si è offerto di acquistare a favore di quelli fra cotesti militi non forniti di mezzi la rispettiva medaglia. Da ultimo ci è caro ricordare che, con decreto del 6 di dicembre del 1866, il cannoniere Carlo Ambrogio Galli del reggimento 2.° d’artiglieria, ebbe la menzione onorevole per il coraggio mostrato durante l’assalto di Borgoforte, il 5 di luglio, riportando una ferita alla testa da scheggia di granata. Il commune gli offriva un premio di L. 50.
Tra i possidenti di terre e ville voglionsi mentovare le famiglie Arnaboldi, Bassi, Biffi, Crivelli (la cui villa2 va adorna di quadri di molto pregio artistico, tra i quali alcuni di Appiani e di Bossi), Galimberti, altre volte Bianchi, Marocco, Mazza, Medici e Melzi.
Vi sono anche più filatoi di seta con incannatojo, uno di Emilio Mantegazza, altro di Antonio Galbiati. I Corda di Vaprio poi verso l’estremità del castello fanno estrarre la puddinga, dando così lavoro a buon numero di operai.
Ha un estimo di scudi 81,594.4.1 pari ad italiane lire 326,380. La media della sovrimposta communale d’un decennio, p. es., dal 1857 al 1866, è di lire 11,619,13 corrispondente a lire 3,10 circa per ogni abitante.
È amministrato da un Consiglio communale composto di venti membri e rappresentato da una Giunta municipale che consta di quattro assessori e di due supplenti, oltre il sindaco ed il secretano.
Il conciliatore di Trezzo è in oggi lo stesso sindaco, suo cancelliere il secretario municipale Tranquillo Besana3. Noi faciamo voti perchè ai conciliatori communali, che sono i veri giudici del popolo, siano ampliate le attribuzioni, cioè sia concessa la facultà di poter giudicare sopra controversie per oggetti di valore anche di gran lunga superiore alle prescritte lire 30.
Mercato. — Giacomo da Trezzo, scultore del re di Spagna residente in Madrid, porse supplica in nome del suo commune per ottenere licenza di istituirvi un’annua fiera libera, ed un mercato settimanale. Il re di Spagna scrisse allora (15 di settembre, 1566) al duca di Alburquerque governatore di Milano, incaricandolo di assumere informazioni tanto sulle necessità del borgo, e sui vantaggi presumibili della invocata concessione, quanto sull’eventuale pregiudizio che ne potesse derivare alla regia camera ed ai terzi. Com’era naturale, l’Alburquerque si rivolse per tale effetto (19 di dicembre) ai Magistrato delle Entrate Ordinarie del nostro Stato. Ma, se abbia avuto luogo o no la concessione, i documenti non ce lo dimostrano. Quel che è certo si è, che il commune di Trezzo, dietro propria domanda, ottenne nell’anno VI republicano (27 di settembre, 1797)4 di poter attivare un mercato settimanale di vitto vaglie, in un giorno però che non coincidesse con li altri mercati nei luoghi circonvicini, ed escluso fino a nuova disposizione il bestiame bovino.
Porte e vie. — li borgo era munito di porte, cioè una presso la chiesa di S. Marta, sulla quale è dipinto lo stemma dei feudatarii Cavenago5, altra detta di S. Caterina dalla parte di Concesa, ed una terza denominata di S. Bartolomeo che metteva alla Brianza, oltre un gran portico al principio della via Valverde. Questo e le ultime due porte furono demoliti, già da molti anni per allargare la via.
Le vie principali sono: — Valverde — Ai molini — Professor Pozzone — Barnabò Visconti — Ermigli6 — Del Sole — Giardini — S. Caterina — Della Torre — S. Marta — Della Brianza — Degli Orti.
Piazze. — S. Rocco7 — S. Bartolomeo — Figini.
Vicoli. — Dei Tetti — Del Ghiaccio — Ronchetto — Del Bue.
Nel territorio contansi 15 strade (1), e in base alla popolazione, si ha circa quattro metri di strada communale per ogni abitante. Il commune spende per la manutenzione stradale in appalto l’annua somma di L. 2218 e per il diritto di passaggio sul l’Adda, per mezzo del porto di barche, L. 125 35 ogni anno8.
E qui troviamo opportuno di far parola anche dei varii progetti di ponti sull’Adda, non che della strada a rampe che mette al porto. Carlo Armand di Lione, che già da più anni soggiornava in Milano, porgeva un’istanza nel 1835 al Governo per la costruzione d’un ponte sospeso a filo di ferro nel medesimo luogo dove anticamente esisteva il ponte sull’Adda, di cui si vedono ancora le tracce vicino al castello di Trezzo. Chiedeva, inoltre in compenso della spesa da sostenersi a tutto suo carico, che gli venisse concessa per 60 anni la percezione dei pedaggi in base alla vigente tariffa di passaggio, che serviva per il porto delle barche. Ma, esaminato accuratamente il progetto, sebbene non fossero pochi i vantaggi che ne potevano scaturire per la più pronta communicazione con le terre bergamasche, tuttavia, prescindendo anche dalla rilevante spesa d’attuazione, non si potè a mono di riconoscere che sarebbersi con quello evidentemente lesi i diritti degli affittuarj del porto, senza corrispondere alle esigenze di un più largo commercio.
Allorchè trattavasi di eseguire per mezzo di una società una ferrovia da Monza a Bergamo, passando per Trezzo, ed erano già incominciati i primi lavori di costruzione, si poneva il 10 d’aprile del 1840 la prima pietra del ponte e viadutto sull’Adda di fronte al nostro castello dall’ingegnere Giulio Sarti, in presenza della Rappresentanza provinciale di Bergamo, e di quella Camera di Commercio, non che del signor Giovanni de’ Putzer delegato dalla ditta Kolzhammer di Bolzano, e degli ingegneri Krenzlin e Pirovano. A ricordo del fatto fu collocata sotto la stessa pietra dal lato bergamasco una pergamena in tubo di piombo con analoga leggenda, Armata dagli intervenuti. Se non che la ferrovia non fu eseguita in quella parte; rimangono però tuttora le due basi di ponte laterali al fiume.
In appresso si invitarono i communi di Colnago, Busnago, Cornate, Grezzago e Roncello ad esprimere il loro voto, se, nel caso di costruzione d’un ponte sull’Adda a Trezzo, sarebbero concorsi. La risposta fu negativa.
Ciò non pertanto nel 1845 li appaltatori Bernasconi e Biasini imaginarono un ponte di ghisa a specchi9, e ne stesero in via affatto privata un ragionato progetto di costruzione, dichiarando che eglino stessi avrebbero assunto l’opera per non oltre L. 200,000. Se non che, oltre l’ostacolo dell’ingente spesa, l’officio tecnico non lo trovò attuabile in pratica per la mancanza di permanente solidità, giacchè, rotto un pezzo, si sarebbe sfasciato il ponte10.
Principale appiglio al reclamo dei ponti progettati era la cattiva condizione della strada che metteva al porto, divenuta pericolosa ai rotanti e ai quadrupedi non solo, ma anche per li stessi pedoni, rendendo più limitata la communicazione col Bergamasco. Perciò si fece la proposta di riattarla, e, superati vari ostacoli, il municipio finalmente l’approvò con la piena adesione degli estimati. Cosicchè le due rampe conducenti all’Adda furono nel 1858 accresciute di altre due co’ rispettivi parapetti cordonati di ceppo tondeggiato, mediante la spesa communale di circa lire 18000.
In questo lavoro giovò molto il consiglio del signor Giovanni Pagani, custode del Naviglio, assai pratico ed intelligente in simili materie. Tuttavia il vantaggio proveniente dalla nuova strada sarebbe di gran lunga maggiore, quando i vicini communi della Bergamasca imitassero l’esempio dei Trezzini.
Posti da banda cotesti progetti, il deputato del borgo Giuseppe Biffi che anelava di erigere un ponte o in ferro o in pietra in vista del vantaggio che i terrazzani ne ritrarrebbero, ideò una società per azioni con alcuni principali proprietarii. E però innanzi tutto voleva assicurarsi che il Governo cedesse a suo favore il pedaggio per un dato corso di anni. Il che non gli fu concesso.
Idrometro. — Tra li idrometri posti lungo l’Adda nel 1838 per determinare le altezze d’aqua nelle diverse occasioni di piena o di magra del fiume, dobbiamo accennare quello che vedesi sotto Trezzo poco prima dell’incile dei canale della Martesana. Superiormente alla strada alzaja si pose una lastra di pietra in corrispondenza all’idrometro, nella quale sono segnate le due piene straordinarie del 1829 e 1855.
Porto di Trezzo. — Entrando la seconda metà del secolo XV il custode del porto lasciava di leggieri commettere estorsioni, e favoriva il contrabando, laddove durante il dominio dell’ultimo Visconti (Filippo Maria) era stato commesso ad uomini onesti e stimati, quali furono un messer Vanino d’Agrate, messer Marco Pozzobonello, messer Dionigi Biglia, messer Scaramuzza Balbo, messer Antonello Arcimboldo, messer Ottolino Zoppo, don Francesco Maletta, il magnifico Pietro Maria Rosso, e don Robando Lampugnano11. Durante il governo spagnuolo come sui porti di Brivio, Imbersagoe Canonica, così la regia camera riscoteva un’imposta o pedaggio sul nostro. Era di denari 6 per ogni pedone, 12 per ogni uomo a cavallo, soldi 2 per ogni carrozza, 3 per ogni carro carico, quando il ponte era in corda, e il doppio, se fuori. Ma nel 1578, essendo caduto questo dazio nelle mani di ingordi appaltatori, l’aggravio divenne maggiore, e perfino arbitrario. Perciò il governatore D. Antonio da Guzman marchese d’Ayamonte fece compilare una tariffa12.
Dati geologici ad agrarj. — Il terreno è di varia natura. Un esteso strato di arena silicea, esente da ghiaja e ciottoli sta sotto alla base della collina di Trezzo coperto da un banco di puddinga. Tra le arene che si trovano anche lungo l’Adda, ve n’ha pure di quelle denominate aurifere.
Questo fiume comincia ad incassarsi nelle vicinanze di Cassano in una puddinga che si eleva a pendio. Infatti, secondo misure barometriche eseguite dal cav. Antonio Stoppani professore di geognosia, la puddinga a Trezzo si eleva circa 40 metri, laddove presso Paderno ascende a circa 100. Alla sinistra dell’Adda nella provincia bergamasca esiste parimenti in copia la puddinga, massime sotto Brembate, Capriate, e San Gervasio, è analoga a quella che occupa il piano svizzero, ed appartiene al terreno miocenico, periodo di mezzo dell’epoca terziaria. Il ceppo chiamasi tanto lungo l’Adda, il Lambro, ed il Seveso, quanto a Milano, rustico se di grossi ciottoli, mezzano se di piccoli, ma discernibili anche a certa distanza, e gentile quando componesi di frammenti granulari.
Se poi rivolgiamo lo sguardo alle condizioni agrarie del nostro territorio, abbiamo: che ne’ secoli XVII e XVIII le terre si affittavano tutte a grano, e per la rama (brocca) a metà de’ frutti, rimanendo a carico de’ padroni il pagamento delle imposte. Il territorio si divideva in arativo semplice, vitato, bosco da taglio, costiere, brughiere e poco prato. Il terreno buono lavorativo rendeva all’anno, compresa la semente, due staja di frumento la pertica, e l’inferiore uno stajo solo. Il vitato dava di più una mina di vino la pertica, che, seminata a grano turco, ne produceva staja tre. I communi prezzi di vendita erano per l’aratorio semplice L. 40 la pertica, per il vitato L. 50, pel prato L. 40, e per il bosco L. 16. Notiamo non senza meraviglia come in queste memorie non si facia menzione de’ gelsi, di cui oggidì il territorio è ben fornito.
La superficie territoriale ascende a pertiche 14527 e tavole 22, pari ad ettari 951.
L’aria è pura e salubre. Ciò non esclude che vi siano malatie causate dalla stessa natura del clima e degli alimenti. Vi predominano quelle a fondo infiammatorio deciso, la pellagra, e d’estate anche le colerine. Tra le eccezionali, noteremo poi come il cholera morbus nelle varie sue invasioni in Lombardia, non lo risparmiò. Nel 1836 il primo caso di cholera che si manifestò in Trezzo fu nella persona di un Pietro Corci proveniente da Colico e Lecco, il quale morì il 15 di luglio in età d’anni 42. Subito dopo si sviluppò la malatia in modo che si ebbero 43 morti fino al giorno 31 d’agosto, epoca in cui scomparve affatto.
Il sig. Giuseppe Biffi offriva gratuitamente in que’ giorni una casa colonica attigua alla propria, nella contrada di s. Caterina, per il ricovero dei colerosi convalescenti. Il medico Giuseppe Cairoli, che molto si distinse nella cura di quei disgraziati, aveva fatto parte sotto Napoleone I del corpo dei Veliti, ed era stato decorato di medaglia. Nel 1849 Gaetano Ciocca, appena qui giunto da Bergamo, dove serpeggiava il fatal morbo, ne morì il 3 di settembre. Ma, fortunatamente, è l’unico caso che si conta in quell’anno.
Epoca ben più luttuosa per Trezzo fu il 1855, dal 21 di luglio ai 4 di settembre, nel qual tempo contaronsi 140 morti. Il chirurgo Antonio Cerasoli, tra li altri, con zelo instancabile ed alacrità prestava ai colerosi tutte le cure che l’arte medica può suggerire. Fu allora che, per tacere de’ communisti i quali gareggiavano anch’essi nella carità, il marchese Tiberio Crivelli cedette generosamente il proprio palazzo, affinchè fosse convertito in ospitale per li affetti del morbo.
Note
- ↑ Ecco il prospetto delle cascine dipendenti dal borgo, coll’indicazione dei rispettivi proprietarii e del numero degli abitanti.
1. Cascina Cassinazza di proprietà di Gio. Marocco abitanti 70 2. » Portesana » di Pietro Mazza » 58 3. » Nuova » del nob. cav. Gerolamo Bassi » 58 4. » S. Benedetto » di Mazza Pietro » 52 5. » Belvedere » de’ Medici e Taveggia » 42 6. » Rocca » del nob. Fr. Bassi » 122 7. » Rocchetta » di Giuseppe Villa » 9 8. » Colombi » del nob. Giovanni Appiani » 26 9. » S. Gaetano » di Gaetano Molina » 16 10. » Chioso » de’ nob. frat. Bassi » 37 11. » S. Carlo » de’ frat. Cavenago » 12 12. » Cassinetta » di Gio. Marocco » 23 13. » Brella » di Gaet. Presezzi » 14 14. » Figina » di Gius. Biffi del fu Luigi » 109 15. » Nesposta » di Gennaro Scotti » 30 16. » S. Martino » di Gio. de’ Mattei » 8 17. » Candiana » del dott. Gius. Biffi del fu Ferd. » 36 18. » Cassinello » di Matteo Perego » 4 19. » Tintorea » di Noè Chiesa » 4 - ↑ Appartenne fin verso la metà del secolo scorso ai Visconti di Brignano.
- ↑ Questi, che ci fu largo di varie notizie statistiche, sta ora compilando una Guida teorico-pratica sulla carica di conciliatore.
- ↑ Trezzo era allora il XIII capo-luogo del Dipartimento della Montagna appartenente alla Republica Cisalpina, il quale comprendeva le terre poste alla destra dell’Adda nel triangolo formato da Brivio, Vimercate e Cassano.
- ↑ Il sindaco cav. Giuseppe Mazza, a supplire alla mancanza dello stemma di Trezzo, intenderebbe di proporne alla competente autorità uno da lui ideato in base all’etimologia da noi indicata, ed alle tradizioni storiche. Desso consisterebbe in una torre sormontata da due torricelle merlate.
- ↑ Era una parte del luogo detto di Valverde ed ebbe il nome da un albero d’ermigli che ivi sorgeva. Armil o Ermil nel dialetto veronese significa albicocco (Prunus armeniaca).
- ↑ È desiderabile che questa piazza nel centro del borgo venga allargata. Il Municipio a commune vantaggio acquistò da un privato nel 1855 il pozzo ivi esistente, e lo rese servibile ai communisti, mediante lo sgombro dei materiali contenutivi. — La profondità delle sorgenti sotto la superficie del suolo è di metri 31 50.
Noi le accenniamo qui secondo il numero d’ordine:Denominazione delle strade. Lunghezza. 1. Strada di circonvallazione Metri 447 00 2. Sentierone » 153 50 3. Strada ai confine di Colnago » 3001 — 4. Tronco alla cascina Candiana » 280 — 5. Tronco alla cascina Rocca » 184 — 6. Strada al confine di Grezzago » 1845 — 7. Strada al confine di Concesa » 150 — 8. Strada al confine di Busnago » 245 — 9. Strada al confine di Roncello » 3487 50 10. Strada diretta alla cascina Portesana » 2045 — 11. Strada diretta alla cascina Nuova » 806 50 12. Strada all’Adda ed al Tintore » 282 90 13. Strada Vittorio Emanuele e tronco ai Molini » 694 70 14. Viale alla Chiesa » 216 — 15. Sentiere all’Adda » 89 60 Totale Metri 13927 70 - ↑ In un manoscritto posseduto dal conte Giulio Porro intitolato: Statuti delle aque e strade fatti nel 1345 per commandamento di Giovanni e Luchino Visconti leggesi a pag. 44 che «El borgo de Trezo con Salianese e con le cassine di Fra de la pieve de Pontirolo» erano tenuti alla manutenzione di braccia 7744 di strada.
- ↑ Ne fu esposto a Brera nel 1846 il modello in ghisa.
- ↑ Notizie di cui andiamo debitori alla cortesia del sig. Giuseppe Biffi.
- ↑ Così dal già citato Memoriale dell’Isolano,
- ↑ Vedila presso Ignazio Cantù, Vicende della Brianza, T. II. p. 171, in nota.