Trattato della neve e del bere fresco - Versione critica/1
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Traduzione dallo spagnolo di Giovan Battista Scarampo (1574)
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TRATTATO
DELLA NEVE
E DEL BERE FRESCO.
RACCOLTO PER M. Giovan
Batista. Scarampo, dal Trattato del
Monardo Medico di Siviglia, et
ridotto in lingua Toscana.
detti Elementi, et il fuoco gira et abbraccia l’aere, distendendosi fino al Ciel della Luna. Tutti questi corpi semplici, sono in continuo moto, come vediamo nelle impressioni, che in essi si fanno. Solamente la terra è immobile, come centro del tutto, però alterabile in ogni sua parte. La terra è mista assai d’acqua, et d’aere: Solo il fuoco non ha mistione d’altro Elemento: L’aere, è un corpo molto principale; il quale si divide in tre parti. L’una è chiamata suprema, per essere contigua alla regione del fuoco, et è calda, et secca per la vicinità, che ha seco, ricevendo in sè molto delle sua qualità; la quale è chiara et pura: per non potervi ascendere, nè venti, nè nuvole, et questa si chiama parte, ò regione celeste. La parte poi più bassa, propinqua all’acqua, et alla terra, è grossa, torbida, piena di vapori, et percossa da raggi del Sole, la cui ripercussione fà, che questa parte venga anchor essa ad essere calda à somiglianza della suprema. Et per questo, quella di mezzo trovandosi fra questi due estremi viene ad essere fredda. Ne per altra causa si raguna, et accoglie il freddo in questa parte di mezzo, che per fuggire il calore de gl’estremi suddetti. Ma è da sapere che questa regione, che noi diciamo di mezzo ha in sè parti più, et meno fredde. Percioche la parte vicina à noi altri, non è cosi fredda, come quella, che stà contigua alla parte superiore del fuoco; et però quanto più i vapori saliscono in alto, tanto più si condensano, et ingrossano. In questa mezza regione dell’aere, si generano le nuvole, la rugiada, le pruine, le pioggie, le nevi, le grandini, le nebbie, et tutte le altre impressioni, come tuoni, lampi, baleni, stelle dette cadenti, comete, et quante apparizioni, la sù per mezzo de vapori caldi et humidi, ò caldi et secchi, infiammati dal fuoco, à gl’occhi de risguardanti si mostrano. Et la principal materia, di che si generano tutte le impressioni sopra narrate è la nuvola: la quale si fà di molti vapori, che dalla bassa parte alla mezza regione dell’aria per virtù del Sole, s’inalzano, dove accogliendosi in un corpo diventa spessa, et quasi solida per la fredezza di esso luogo. Per questa cagione adunque la nuvola, è quasi madre et materia commune di tutte le impressioni, che nell’aere si formano; Et perciò viene ad essere anchor madre et materia della neve: essendo la neve generata di essa nella mezza regione dell’aere. Di modo, che la neve non è altro, che un vapor freddo, et humido, il quale inalzatosi arrivò fino alla mezza region dell’aere, formando in esso il corpo della nuvola, con una mezzana frigidità, la quale non è tanto gagliarda, come quella che genera la grandine, ne tanto rimessa, come quella, che genera l’acqua. Et però quel vapore avanti, che si trasmuti in acqua si gela, et rompendosi cade in pezzi, che sono bianchi, per essere inclusa in esso maggior freddezza, che nell’acqua semplice. Il che ci mostra Galeno nel libro della Istoria filosofica, per autorità di Anassimene, dicendo. Dell’aere condensato si formano le nuvole, et del medesimo, ma più ingrossato, si genera la pioggia: et il medesimo agghiacciandosi fà la neve, et se più si condensa, et indura, se ne fà la grandine. L’istesso Galeno nel libro de utilitate respirazionis, dice: Le nuvole congelate diventano neve, che è la materia d’onde si fà la pioggia. Cade la neve in luoghi alti, i quali per loro natura son freddi, et però lungamente vi si conserva. Di rado cade nelle valli, et se pur vi cade, è minuta, et subito si liquefà et distrugge. Non cade ne liti marittimi, se non radissime volte, per il calore del mare, et per li venti, che quindi continuamente spirano. I suoi contrarij sono, il caldo, et l’humido. Ma molto maggiore il vento australe; Et nel libro nono de simplicibus, dice, Che sono stati filosofi quali hanno detto, la neve richiudere in se parti calde; percio che presa in mano riscalda à guisa del fuoco. Et nel quarto de medesimi libri afferma, che andando egli sopra la neve, se gli riscaldarono i piedi; Ma la cagione di questo effetto non è perche la neve sia calda, ò che habbia parti calide, ma perche con la sua freddezza proibisce chel caldo interno non habbia per onde uscire, et per questa causa l’arsura che diciamo, la qual pare, che ne incenda. Etche sia il vero ponendosi in tal caso le mani ò piedi nell’acqua calda, si apriranno subito i meati per virtù del calore, et uscendo fuori il caldo interno, resteranno le mani, et i piedi freddi. Quando è aere di tramontana cade la neve quasi sempre nel verno, et principalmente, in terre, e paesi montuosi, ne mai se non per miracolo in region calda. Quando cade è di bellissima, et graziosa vista, cadendo in bianchissimi fiocchi, quietamente senza tempesta, et senza vento. Et di essa la gioventù prende maraviglioso diletto scherzandovi. Non apporta mai danno, percioche se ben fà con la sua freddezza indurire la terra, dissolvendosi poi la intenerisce, et ingrassa, ammazzando l’herbe cattive. Et come dice Aulo Gellio, fa crescere le buone, et le rende fruttifere, et però è in proverbio (Anno di neve) Anno di bene, è gratissima a’ montanari, et cacciatori, percioche nel tempo, ch’ella fioccha, essi fanno maggior preda di selvaticine. Dice anchora Galeno, che la neve prohibisce ch’el pesce non si corrompa, anzi che per lungo tempo il conserva, fà parimente che non si putrefacciano le carni: Il che si vede nelle montagne, dove spesse volte si trovano fra la neve corpi morti d’huomini, et di fiere cosi agghiacciati, che non si corrompano, come fussero imbalsamati. Dice anchora l’istesso Galeno, che il sognarsi neve, è indizio di infirmità fredda, Ma quanto più la neve si viene attempando, tanto più si fà dura, et perde la sua bianchezza. Finalmente s’indurisce in modo, che ne monti forma edifizij, et balze di tal maniera, che pare habbino à durare i secoli.
Diverse altre qualità buone haverei à dir della neve, ma lascio di raccontarle, per trattarne solamente una, che è la più grande, et piu principale, ch’ella habbia, et che hoggi è posta in uso da tutto il mondo. Et questa è, che con essa si rinfresca talmente quel che beviamo, che con ogni sicurezza lo rende si temperatamente freddo, come il nostro gusto, et la nostra salute puo tollerare. Il che, è di tanta sodisfazione che stimo non si trovi cosa, la quale possa far’un simile effetto, ne con più gusto, ne con più suavità.
Tratteremo adunque primieramente (poi che l’effetto de la neve è di rinfrescare) che cosa sia ber fresco: a che sorte di persone convenga quest’uso, et quali siano quelli, che possino con ogni sicurezza farlo, così per conservazione della loro sanità, come per medicina à qualche spezie d’infermi.
Hebbe origine il bere fresco dalla necessità, che tutti generalmente habbiamo della nostra conservazione, percioche è uno appetito naturalmente innato in tutti gl’animali, per dar pasto, et restaurare quell’humido, nel quale è posta la nostra vita, et che continovamente si perde. Et per questa cagione la natura produsse l’acqua; la quale è fredda, et humida, accioche bevendo si ripari quanto si può à questo continuo mancamento. Et però Hippocrate, Galeno, Dioscoride et gl’altri dicono, che l’acqua hà da esser priva d’ogni sapore, d’ogni odore, et d’ogni colore: che ha da esser lucida, chiara, leggiera, et fredda. Perche l’acqua di si fatte condizioni restaura l’humido vitale, et fà digerire il cibo, accioche possa penetrare nel fegato, et quivi trasformarsi in sangue. Dice Galeno, che una delle principali qualità dell’acqua buona, è che sia fredda, perche essendo tale, hà in se molte virtù, delle quali necessariamente, vien’ad esser priva la calda. Avicenna parimente la loda molto, dicendo cosi. La verità è, che l’acqua fredda fà si, che conforta lo stomaco: giova à coloro, che hanno il ventre lubrico, et à coloro, che patiscono flussi, et scorrenze di corpo di qual si voglia sorte, et da qual parte si vengano; Et à quelli anchora, che per causa di tali scorrenze si trovano infermi. Quindi ci fa conoscere Avicenna, quanto convenga l’uso dell’acqua fresca à coloro, che patiscano si fatti mali, et maggiormente, se fussino causati da humori caldi. Il che vediamo in alcuni, i quali con una bevuta d’acqua fredda si guariscano de flussi colerici, et in alcuni altri, che bevendola freddissima si sanano de dolori, et passioni di stomaco. Si come Galeno racconta nel settimo del suo Methodo, dicendo. In un giorno, anzi in un’hora con una buona bevuta d’acqua fredda habbiamo risanati molti infermi et deboli di stomaco: Alcuni de quali non solo con acqua fresca di fonte, ma con l’acqua rinfrescata sotto la neve, nel modo, che si costuma in Roma. Et per questo credo io, che Cornelio Celso comandi nel primo libro a’ deboli di stomaco, che dopo il mangiare bevino acqua freddissima, et il medesimo comanda à coloro, che patiscono flussi colerici, et scorrenze d’humori caldi. Fortifica anchora secondo Avicenna tutte le virtu interne, et aiuta mirabilmente le loro operazioni, per darne ad intendere quali; và di mano in mano esplicando; la digestiva, l’attrativa, la retentiva, et l’espulsiva. Dice anchora nella seconda del primo. L’acqua fredda è la miglior di tutte l’altre, perche è quella, che à sani accresce l’appetito del mangiare, et rende gagliardo lo stomaco, et poco avanti disse. L’acqua, che non è fredda, corrompe la digestione, et fa, che il cibo nuoti nello stomaco: Non leva la sete, causa Hidropesia, corrompendo tutto quello, che prima si digerisce, et con l’innato calore và consumando il corpo. Questo medesimo conferma Isac, Aliabas, Rasis, et molti altri, i quali tutti affermano l’acqua fredda convenire alle complessioni temperate, essendo la calda nociva, et cagione di molte infirmità. Una cosa comanda Avicenna, nella terza del primo et è che colui, che desidera ber freddo, faccia prima buon fondamento col cibo, mangiando per qualche spazio, anzi dice di più, che il ber freddo non si ha da far tutto in un colpo, ma à poco, à poco: Percioche così giova in duo modi, l’uno, che si prende maggior piacere bevendo, massimamente per restar’una parte di quell’appetito naturale, per la seconda et terza bevuta: l’altro, che non si reprime, ò suffoca il calor naturale, come si puo vedere, nel vaso quando bolle, nella quale gittandosi tutta l’acqua in un colpo, lascia di bollire, ma à poco à poco, non manca dell’opera sua; Per questo adunque comanda il buon Medico, che volendosi ber freddo, si bea con vaso di bocca stretta, essendo i vasi di bocca larga un’ampla licenzia a coloro, che gustano troppo il bere. Ma se con vasi di questa sorte si pigli vento, ò nò, mi rimetto al dottor Viglialobos, che n’ha trattato.
Si trahe adunque dalle cose dette, che coloro, che beono freddo, non hanno da bere subito nel principio del pasto: contra il qual precetto fan molti. I quali non prima si pongono il boccone fra denti, che voglion subito bere freddissimo, et perche lo stomaco è voto, non resta di ricever danno: Il qual danno, attribuiscon poi subito alla frigidità del bevuto, et non al mal’ordine, che tengono; Il qual mal’ordine havendo ben considerato Avicenna disse; Il ber freddo, senza il precetto dato da lui, è causa di molte infirmità. Ma se si bee con ordine, cosi nel tempo, come nella quantità, fa i giovamenti predetti; Per tanto miri ciascuno come bee, et come si conviene, et in se medesimo faccia l’esperienza del tutto. Et se il bere freddo nella maniera detta da noi li gioverà, che continovi. Ma se qualcuno è infermo, o mal complessionato non faccia questa esperienza, perche io m’ho proposto di persuader coloro, a’ quali il bere freddo non può causar danno. Percioche molti Signori et Prencipi, che l’hanno in costume, se non beono freddo, si toglie loro l’appetito del mangiare, ne prendono gusto delle cose, che mangiano, ma l’ingolano con tristezza, percioche non sodisfà loro, quello che beono: anzi col bere caldo riempiono lo stomaco di ventosità, ne possono in modo alcuno far buona digestione. Ma chi sarà colui, purchè sia mediocremente sano, che nel maggior caldo della state, soprafatto dalle faccende, et stanco dal lungo esercizio, venendo à mangiare con l’anhelito frequente, con le fauci arse, et con la lingua secca, lasci di bere freddo? massimamente, che oltre la delattazione del gusto, li seguano i giovamenti predetti, et si soccorre alla necessita, et al travaglio, senza offender punto la sua complessione. Alche fare ne da animo Galeno dicendo. Nel tempo dell’estate, nel quale il nostro corpo si truova non pur caldo, ma tutto infiammato, habbiamo da usar cibi, che ne rinfreschino, anchora che sieno di mal nutrimento, come susine, more, pere, mele, ciriegie, poponi, zucche, et anco frutte più fredde. Dice anchora in simili tempi possiamo ancho usare altri cibi freddi, come sarieno piedi porcini cotti nell’aceto, latte rappreso, et simili; anzi dice, che queste medesime cose si debbono rinfrescare. Deesi per tanto rinfrescare anchora tutto quello, che habbiamo da bere, anzi annacquare il vino freddo con l’acqua fredda, ò di fontana, ò rinfrescata sotto la neve. Se dunque si hà da rinfrescare quello, che si mangia, quanto più quello, che si bee? Et poi che Galeno ha fatto lunga digressione intorno à quanto conviene di fare nel tempo dell’estate, circa il mangiare et bere, fresco, dichiara quali hanno à bere di questa maniera, et dice. Quelli che hanno da bere fresco sono coloro, che hanno molte faccende, et pensieri di molte cose, come Governatori di Città, et di Republiche, i loro ministri, che partecipano de medesimi travagli, et pensieri. Coloro parimente che con molto et aspro esercizio travagliano il corpo, et spezialmente i soldati, et quelli che cavalcano à lungo et frettoloso cammino. Volendo sotto questi essempi rinchiudere ogni esercizio, et fatica tanto del corpo, quanto dell’animo, havendo finalmente trattato di simili materie, si modera sotto questa forma dicendo. Coloro però, che non vivono con si fatti pensieri et fastidij, ma in ozio et in piacere, si come non hanno molto caldo che li sforzi à bere molto freddo, cosi se n’astenghino, et bevino solo con acqua naturalmente fredda, et senza porla à rinfrescare con altro artificio, percioche questi tali non hanno bisogno di bere freddissimo. Soggiunge ben poi, che nel tempo della state, ò d’altro gran caldo, anchorche costoro vivino oziosi, et senza alcuno esercizio, possono nondimeno bere con acqua fredda, volendo inferire, che se in qualche paese, come sarebbe il meridionale, non vi sarà acqua fredda, che si ponga à rinfrescare; in modo però, che non diventi freddisima. L’istesso han confermato ne libri de sanitate tuenda, et in quello particolarmente del mal de Rognoni, dove dice. l’uso dell’acqua fredda con neve si conviene à tutti coloro, che per natura son caldi, ò carnosi, et corpulenti, et à quelli, che travagliano assai, et questi dice, possono berla freddissima, et tanto piu se vi sono usati: percioche mediante l’uso la sopportano meglio, et con manco danno, che non farebbono coloro, che non vi fussino assuefatti, i quali hanno à bere freddo con più considerazione et rispetto. Et benche l’acqua habbia in se tante virtu, et sia causa di tanto bene, di quanto habbiamo accennato per conservazione della sanità, ne hà nondimeno di molto maggiori in curare alcune febbri, et infirmità. Laonde Hippocrate et Galeno trattano particolarmente di essa: et Galeno principalmente nel nono del Methodo, et in quello delle cause antecedenti, dove riprende Erasis, et tutti quegl’altri, che a’ febricitanti vietano l’uso dell’acqua fredda. Et nel primo del Methodo riprende per la medesima causa Atesalo. Et nel settimo si vanta haver sanato molti di passione di stomaco con l’acqua freddissima naturalmente, ò rinfrescata con neve; Et nell’ottavo, nono, decimo, et undecimo dell’istessa Methodo, ci cura le febbri, et altre diverse infirmità. Et in vero l’acqua freddissima, e un’eccellente rimedio; presa però con le debite condizioni. Et nell’undecimo dice, che le febbri acute si curano co’l cavar sangue, et con l’acqua fredda, et spezialmente le febbri di sangue, ò quelle, che di sangue hanno havuto assai mistione. Hora dalle cose predette si vedrà quanto sia necessario di rinfrescare l’acqua nella neve, quando però non si trovi tanto fredda, quanto convenga al nostro contento, et alla nostra conservazione, et per la cura di molte infirmità. Il che tutto habbiamo trattato con brevità, accioche sia un fondamento della nostra fabrica, et del nostro disegno, il quale è di manifestare il modo, che si deve tenere per rinfrescare con la neve.
Et perche quello, che si hà da rinfrescare sotto di essa neve è l’acqua ò ’l vino, et tutto quello in somma, che di rinfrescamento ha bisogno, tratteremo qui sotto quanto dell’acqua sara necessario.
L’acqua è fredda in duo modi, l’uno come si cava dalla sua fonte viva, et nascente. Et questa se è fredda quanto bisogna, non conviene di raffreddarla maggiormente, purchè tenga tanta freddezza, che sodisfaccia alla nostra necessità, senza procacciare altra cosa, che più la raffreddi. L’altra sorte, è quella che non è tanta fredda quanto conviene, cosi per il nostro gusto, come per la conservazione, et salute del nostro corpo. Anzi per non essere fredda quanto bisogna, è causa di tutti quei danni, che habbiamo di sopra narrati. Et pero nostro intento è trattare di queste acque non tanto fredde, ò sia per loro natura, ò per essere in paese caldo, et andremo discorrendo in che modo si hanno da rinfrescare, accioche con la loro calidità non ne facciano nocumento, et accioche rinfrescate quanto conviene, siano tanto di nostro gusto, che le possiano bere senz’alcun danno. Per tanto descriverremo qui tutti i modi, che per rinfrescare si usano, et di quelli sceglieremo il migliore et piu sicuro, ponendo gl’inconvenienti, che in ciascuno si trovano. Quattro sono i modi, i quali si usan’hoggi per tutto il mondo da rinfrescare. Prima con Aria; secondo ne Pozzi; terzo con Salnitro; et quarto con Neve. Il primo, avvenga, che sia commune, et usato per tutto, è stato però, et è proprio de gl’Egiziani, per non havere ne pozzi, ne neui, et quel del Salnitro non l’hanno mai conosciuto. Galeno fà una lunga digressione del modo di rinfrescare con aria, et dice cosi. Gli habitatori d’Alessandria, et di tutto l’Egitto, per rinfrescare l’acqua et poterla bere nel tempo dell’estate, la scaldono, et cuocono prima, et poi la mettano in vasi di terra, et gli pongano la notte al sereno, ò sù le finestre, ò nelle loggie. et innanzi che surga il sole, gli tolgono via, et lavano i detti vasi di fuori con acqua fredda, et poi gl’intorniano di pampani, ò di lattughe, ò d’altre simil foglie, et herbe fresche, et nella parte più sotterranea della casa li conservano. Questo modo medesimo si usa al di d’hoggi per tutto il mondo, se bene con manco diligenzia, non cocendosi l’acqua, ma ponendosi solamente al sereno. Raffreddasi anchora con Otri, attaccando le pelli piene d’acqua all’aria, che le rimena et dibatte continovamente: il qual modo si usa nella maggior parte di Spagna. Altri rinfrescano, ponendo i vasi al sereno, et prima che si levi il Sole gl’involtano in alcune vesti, ò pelli, il qual modo è proprio de Pastori, et di genti di villa.
Questo modo però dì rinfrescare con aria, patisce molti inconvenienti, essendo l’aria corpo facilmente alterabile, et recettivo di qual si voglia corruzione: et per questo si può ancho facilmente infettare, et cosi infettato guastare subito l’acqua, imprimendo in essa mentre la raffredda della sua mala qualità. Il che dimostra benissimo Avicenna nella seconda del primo dicendo. L’aria è cattiva, ritenendo la mistione di molte cose non buone, come di vapori, d’odori, di fumi cattivi: et quella maggiormente, che s’imprigiona tra muri, ò che passa per luoghi, ne quali siano acque corrotte, herbe, ò piante putride, corpi morti, et simili. percioche và ricevendo in se la mala qualità di questi, et di quelli, et per tal cagione i medici antichi prohibiscono, che l’acque non si ponghino à rinfrescare all’aria nel tempo di peste, percioche l’aria mal qualificata imprime anchor nell’acque le male qualità sue. Un'altro inconveniente ne segue, et è, che non tutte le volte si può rinfrescare l’acqua all’aria, percioche alcune notti, ò le più della State sono in molti paesi caldissime, di modo, che non solo non rinfresca l’acqua, ma si riscalda, et se pure acquista qualche poco di frigidità, non dura piu, che per la mattina, quando ve n’è manco bisogno. L’istesso avviene nell’Autunno, et nell’Inverno, quando però in si fatte stagioni (come usano anchor molti) si vuole rinfrescare all’aria; percioche le pioggie, le tempeste, le nuvole, e l’altre diverse alterazioni non danno luogo, che si rinfreschi, di tutte queste cose n’è maestra ottima l’esperienza.
Un’altra maniera si usa di rinfrescare con aria, ch’è la piu sana, et manco dannosa di tutte l’altre, mediante la quale non s’imprime nell’acqua alcuna mala qualità, et viene usata da molte persone di grado, per rinfrescare solamente quello, che hanno da bere. Et questo è, che ponendosi acqua, ò vino in vaso di terra, o di metallo, massime con bocca larga, si fà vento intorno con un panno lino bagnato, più ò manco grande d’un lenzuolo, secondo l’occasione, et commodità. Il qual vento hà da esser continuo, et senza intermissione per lungo spazio avanti il mangiare, et sino à tanto, che si levino le tavole, et con questo modo si rinfresca benissimo, percioche l’aria calda attaccata à quei vasi si toglie con questo moto continuo, succedendo d’hora in hora il più fresco: il che vediamo ancora per prova facendone vento al viso, dal quale rimovendosi l’aria calda attaccata, succede il nuovo, che rinfresca.
La seconda maniera di rinfrescare, è ne pozzi: dentro de quali si lasciano i vasi pieni la maggior parte del giorno; et talhora tutta la notte. Il qual modo patisce anchora molti inconvenienti; cosi per causa dell’acqua, nella quale si raffredda, come del luogo dove si mette, et maggiormente nell’acque publiche per essere più immonde. Chiaro è, che l’acqua de pozzi è terrestre, grossa, et cruda, per istarsi continovamente nelle viscere della terra et si come è acqua senza esito, non puo non acquistare alcuna putredine, non venendo mai percossa da raggi del Sole, ne visitata dall’aria chiara, et vitale: et però si vede continovamente piena di fumi, di vapori, et spesso d’alcuni animaletti, che nascono di putrefazzioni. Chi dirà adunque, che penetrando la freddezza di questi pozzi, il vaso, et la sustanza del vino, et dell’acqua posta dentro di lui, non vi penetri anchora inseparabilmente con la fredezza almeno la maggior parte di queste male qualità? le quali quanto possino giovare con lunghezza al cuore, et à tutto il resto del corpo (lascio giudicarlo à chi hà intero il giudizio, et il conoscimento delle cose della natura. Però Galeno bonissimo Giudice di questo, dice. Il vaso, che si hà da porre nel pozzo debbe esser pieno, et benissimo chiuso; Et al contrario si lascia intendere circa il modo di rinfrescare all’aria, dicendo. Il vaso non hà da esser pieno, accioche in quello spazio voto entri l’aria fresca della notte, et maggiormente penetri, et rinfreschi tutta la sustantia dell’acqua, ò del vino.
Ordinariamente si pone à rinfrescare ne pozzi con vasi di rame, ò di latta di Milano. Il rame, se non è bene stagnato dentro, imprime subito mala qualità in quello, che si rinfresca, percioche la humidità del pozzo genera subito in lui una certa ruggine verde, et questo si fà in pochi giorni consumandosi la stagnatura di dentro. il che non solamente è di molto danno, et pericolo, ma di poco avvertito. La latta di Milano, è fatta di ferro, sottoposto anchor'esso mediante la humidità detta del pozzo ad irruginirsi et fare il medesimo danno, che il rame. Perciò molti fanno bene; à porre il vino, et l’acqua in vasi di vetro, ò invetriati, ò d’argento, da quali riceveranno sempre manco danno. Coloro adunque, che pur vorranno per necessità rinfrescare con acqua de pozzi, meglio faranno à farla cavare, et mutarla spesso intorno al vaso, che in essa si pone. Percioche l’acqua cavata, perde assai di quei vapori grossi, et cattivi, percotendola il Sole, et visitandola l’aria: Et tanto sia detto de gl’inconvenienti del pozzo.
La terza maniera di rinfrescare è co’l Salnitro, invenzione de marinari, et spezialmente de naviganti su le Galere; Percioche non potendo quivi rinfrescare l’aria, massimamente in tempo di calma, ne essendovi pozzi, ne neve, la necessità ha loro insegnato questo rimedio, anchor che cattivo, per li molti inconvenienti, che ne seguono.
E opinione d’alcuni, che’l Salnitro rinfreschi non per se, ma per accidente, essendo egli di natura caldo: et perche è cosa chiara, che un contrario fugge naturalmente l’altro, vogliano, che la parte fredda, ch’è nell’acqua, fuggendo il calor del Salnitro, ch’è il suo contrario, si riconcentri, et ritiri dentro, et cosi venga à rinfrescarsi con la sua medesima freddezza, et s’eccita maggiormente il calor del Salnitro agitandosi continuamente, dentro quell’acqua, dove le cose hannosi à rinfrescare.
Altri dicono, che per il Salnitro l’acqua s’ingrossa, et fatta piu densa habbia anchora qualità piu fredda, la quale aiutata dal calor del Salnitro, che la fà ritirare nelle parti interne, maggiormente raffreddi, percioche ogni cosa fredda raffredderà tanto più, quanto più haverà le sue parti dense. Et però dice Galeno, che nessuna cosa di sustanzia tenue, et delicata, può essere freddissima. La onde si vede che tanto piu le cose operano, et sono di maggior virtù, quanto piu sono in loro stesse ristrette, et unite. Altri dicono, che il Salnitro habbia virtù attuale fredda, et che agitandosi con l’acqua divenga maggiormente fredda, come per esperienza si vede nelle Saline, et nelle Allumiere, nelle quali doppo l’essersi lungamente rimenato il sale, et l’allume, l’acqua resta freddissima.
Questa maniera di rinfrescare è dannosissima, perche riscalda il fegato, causa maggior sete, et à lungo andare febri ardenti, infiamma il polmone: leva l’appetito del mangiare, et insomma ne apporta diverse infirmità, delle quali io lascio di trattare, per non esser lungo oltra il dovere. Già habbiamo detto, come i vapori terrestri, risolvendosi in pioggie nella mezza regione dell’aria, si gelano talhora per la molta frigidità di quella parte, et se ne genera la neve: di modo, che son quasi un’istessa cosa, l’acqua piovana, et l’acqua ch’esce della neve: poi che ambedue nascono d’un’istessa materia. Ben’è vero, che l’acqua della neve, è alquanto più grossa, per la densità, ch’ella hebbe della freddezza dell’aria. la onde l’acqua della neve, non è cosi cattiva come alcuni la fanno, massime, che molte genti, come i Scithi ordinariamente la beono. Però Hippocrate dice, Vediamo che dalle nevi disfatte si fanno grandissimi i fiumi, delle cui acque per ordinario, et senza alcun danno beono i Contadini. Di queste si veggono infiniti in Spagna, et in Alemagna, ma quasi senza numero nelle Indie occidentali, dove i maggiori fiumi son quasi fatti di quelle nevi, che distruggendosi da le più alte montagne calano à basso, delle cui acque beono tutti generalmente per non trovarsene d’altra sorte, quasi nella ampiezza di tutto quel paese.
I Romani tirati dal diletto, et dalla curiosità, beevano l’acqua, che usciva dalla neve, la quale colavano per mezzo d’alcune pietre, accioche si purificasse. Atheneo recita non sò che versi di Sopita antichissimo Poeta, ne quali dice, che nel suo tempo beveano et la neve, et l’acqua che della neve usciva. Pericrate historiografo Greco famosissimo, racconta, che ne suoi tempi si bevea parimente neve, et non pur nelle Città, ma ne gli esserciti. Varrone in una sua epistola riprende quei del suo tempo, i quali non pure volevano bere rinfrescato con neve, mà l’istessa neve. Atrate scrittore parimente d’Historie, fà una lunga diceria della neve usata ne suoi tempi con molto gusto et diletto. Senofonte, fra le cose memorabili, che scrisse, fà menzione di molte genti, le quali bevevano non pur la neve, ma continuamente l’acque, che da essa uscivano. I Romani insomma la usarono assai; però Plinio nel libro xxxi. della sua naturale historia dice. Nerone fu il primo, che facesse cuocere l’acqua per rinfrescarla dentro la neve; percioche l’acqua rinfrescata in questo modo, riceve piu presto il freddo, et piu intensamente: oltra che è più sana, essendo, che per il cuocerla, si disgregano le sue parti più grosse, et terrestri, et essa rimane sottile, et delicata, et tale, che facilmente si digerisce. Plinio secondo, in una sua epistola dice scrivendo a uno suo amico. Tra le altre cose, ch’io t’hò apparecchiate per desinare, è molta neve da rinfrescare tutto quello, che beverai. Et il primo Plinio suo zio, già nominato di sopra nel xviiii. della sua naturale historia, si duole della troppa diligenzia che tenevano gl’huomini del suo tempo in serbare la neve dell’inverno, per il caldo della state, dicendo. Abbassano ì Monti per serbare la neve à caldi della state, facendo mutare gl'ordini alla natura: et i mesi caldissimi, et pieni d’arsura et di siccità, si grande è la curiosità delle genti, fanno abondar di neve in quel modo, che abondano quelli, à cui per natural disposizione, è concesso d’haverne copia. Questo dice Plinio, Percioche ne suoi tempi, et da poi, fu cosa molto generale à serbare la neve dell’inverno, per il tempo della state. Heliogabalo Imperatore haveva fatto in uno monticello dun suo horto una profondissima fossa, nella quale riponeva l’inverno grandissima quantità di neve, portata dalle vicine montagne di Roma, et ne giorni caldi n’adornava le sue splendidissime cene. Chares Mitileneo nell’historia, che scrisse d’Alessandro, dice. Nella ricca città di Petra in Asia, erano ordinariamente trenta fosse, nelle quali si riponeva della neve l’inverno per servizio d’Alessandro, et de suoi nel tempo della state. Hoggidì per il medesimo effetto si serba anchora non solamente in Asia, ma in una gran parte d’Africa, et in tutta Europa, et maggiormente ne paesi dominati dal Turco, et spezialmente in Constantinopoli dove è tanto l’uso di essa, che si vende publicamente tutto l’anno. Il medesimo fà tutta Alamagna, Fiandra, Ungheria, Bohemia, et tutte quelle altre parti, ma spezialmente Parigi, dove portano sino di Fiandra, che vi sono piu di sessanta leghe, pezzi grossisimi di ghiaccio: Il medesimo si fà in castiglia. Anzi molti Signori grandi han fatto case à posta nelle montagne per serbarvela. et molti l’usano quivi cosi d’Inverno come di state.
Dicano i devoti della neve, che l’acqua, ò ’l vino rinfrescato con essa, anchora che freddissimo, non gl’offende cosi, come fa quello, che naturalmente è tale per la stagione. Allegando per ragione, che se beono un vaso pieno d’acqua di pozzo, ò di fontana surgente, fà loro male, ma rafreddata con neve, non patiscono danno alcuno. Per tanto io mi maraviglio oltra modo, che in Siviglia Città principalissima di Spagna, dove sono tanti mercanti, et tanti huomini di negozio, et Signori di qualità, cosi terrazzani, come forestieri, non sia alcuno, che ne tempi caldi vi porti, ò faccia portar neve; Massime che dal principio della Primavera, quasi per tutto l’Autunno, v’e un caldo si fatto, che non senza grandissima angoscia si sopporta, et l’acque sono quasi bollenti. Non hanno già voluto fare così in Genova, Città fra le principali d’Italia, ricchissima, et piena di tanta nobiltà di gentil huomini, et Signori, i quali vivendo con le maggiori delizie, et delicatezze del mondo, conosciuta da un pezzo in quà questa del bere fresco con la neve, si sono ingegnati la maggior parte d’haverne non solo copiose conserve per uso particolare, ma molti ancora fondando il loro esercizio, et traffichi in questo mestieri, accio che ognuno ne possa havere, hanno dato opra di fare delle medesime conserve, per venderla la state, alla quale particulare delizia, hanno molto da invidiare i Veniziani, de quali mi stupisco non la usino, ò cerchino d’usarla, approvandosi per la maggiore di tutte le altre. Il medesimo potrei anchor dire dell’altre Città, non pure d’Italia ma di tutta Europa, tanto piu, quanto che il bere freddo fa quell’utile, che con l’authorità di Galeno, et Avicenna habbiamo già dimostrato. Nondimeno passando più innanzi concludo, che ciascuno miri la sua disposizione, et essendo in tutto ò mediocremente sano, puo nel tempo della state, senz’alcun danno bere più ò manco freddo, percioche il bere freddo tempera il fegato, reprime il calore: genera appetito: conforta lo stomaco; aiuta oltra modo le quattro virtù, che habbiamo già dette, nelle operazioni loro; ravviva gli spiriti rilassati: fà gustare quanto si mangia: toglie la sete: assicura da l’ubriachezza, et temperando il calore de rognoni prohibisce, che nella vescica non si generi pietra. Fa parimente molti altri buoni effetti, come l’uso, et l’esperienzia ne insegna. Mà non è luogo questo da farci piu lungo discorso, basta che il migliore, et più sicuro modo di rinfrescare, è con la neve. Et accio che questo si provi con authorità d’huomini gravi, intendiamo prima Avicenna, il quale nella seconda del primo a Cap. xvi. dice, La neve et l’acqua gelata, quando sono nette, et senza immondizia, nè sono cadute sopra arbori, ò vero herbe cattive, ò che non habbia mescolanza di terra, ò d’altre brutture; Et che il ghiaccio non si altresi d’acque cattive, et infette, ma la neve netta, et pura, et puro et netto il ghiaccio, si può (dice) non solo con esso rinfrescare tutte le cose, mà sicuramente mescolarlo con quanto si beve. Questo dice Avicenna per darci ad intendere, che l’acqua, che esce dalla neve, et dal ghiaccio, essendo netta, et pura, non è differente dalla bontà delle altre acque migliori. Vero è, che l’acque della neve, et del ghiaccio, son più grosse, per esser vapori condensati nella piu fredda parte dell’aria, come habbiamo detto. Rasis nel terzo libro, che scrive al Re Almansor, dice anchora cosi. L’acqua della neve, rinfresca il fegato riscaldato: Et subito beuta sopra al mangiare in picciola quantità fortifica lo stomaco, et accresce l’appetito. Poi soggiugne subito; l’acqua la quale non ha tanta frigidità, che possa dar gusto à chi la bee, fà gonfiare il ventre, non leva la sete: guasta l’appetito, consuma il corpo: et finalmente conclude, non esser cosa di giovamento. Io intendo tutto questo per la conservazione della salute humana, della quale egli tratta. Il medesimo afferma anchora nel quarto, parlando del preservarsi dalla peste, et comanda à bere acqua di neve: Et nel Cap. ventesimo sesto dell’istesso libro soggiugne, che la mattina si bea neve con zucchero. Gli Arabi, con l’uso della neve, et con l’acqua rinfrescatavi; curarono diverse infermità. Et però Avicenna comanda, che ne dolori caldi di stomaco si rinfreschi il bere con neve: et ne dolori del fegato procedenti da riscaldazione, comanda anchora, che si ponga la neve sopra il dolore, quando pero egli sia acuto et gagliardo. Et incerte infermità si fatte si è veduto molte volte con simili rimedij risanarsi diversi. Nel dolore altresi delle gengie comanda rinfrescare l’acqua con neve, et à poco à poco sciacquarsi con essa la parte dogliosa. Et nell’undecimo del terzo, trattando del tremore del cuore dice. Se il male sarà gagliardo, et con infiammazione, il paziente bea acqua fredda, ò acqua di neve con essa mischiata, ma però à lente et picciole ingollate, l’una doppo l’altra, et non ad un fiato solo, per le cause predette. Dice il medesimo Rasis nel settimo del continente, tre cose parlando della medesima passione. Prima, che gl’infermi beino, s’è possibile, continovamente acqua di neve, et maggiormente se la infermità fusse causata da humor melanconico. Secondo, li consiglia che vadino à vivere in paese freddo: Et quando non possino cio fare, che beino del continovo ò neve, ò acqua di neve. Terzo conclude, che coloro, i quali non trovano rimedio à si fatto male, che si conservino beendo ordinariamente acqua di neve. Et io hò veduto un Cavaliere molto principale, il quale havendo una passione acerbissima di cuore, e non poteva respirare, et tutto enfiato e non haveva dormito di molti giorni. onde con farsi cavar sangue, et bere continovamente acqua di neve si risanò, et non senza maraviglia di molti che lo tenevano per morto.
Amato lusitano nella settima Centuria, racconta un caso d’uno, il quale havendo una febbre ardentissima, non poteva per l’estrema infiammazione della gola inghiottire; et che però con un pezzo di ghiaccio ingollato a poco à poco, et senza intermissione, non pur si liberò da quelle difficultà dell’inghiottire, et della infiammazione della gola, ma notabilmente se gli allentò la febre.
Devesi adunque bere rinfrescato con neve, tanto piu, quanto che nelle corti de maggiori Prencipi del Mondo, si è sempre usata, et si usa generalmente, et senz’alcun danno, come ne hà dimostrato fin qui, et dimostra tutto il giorno l’esperienza. Anzi habbiamo molti esempi notabili, che ha conservato mirabilmente i sani, et risanato gl’infermi. et io ne ho conosciuti molti, i quali essendo mal complessionati, hanno racquistato la sanità beendo freddo con neve; il che intermettendo poi si sono di nuovo infermati. Però Galeno dice, che à coloro, i quali son caldi di stomaco, è necessario bere freddo con neve. Et altrove usa molto l’acqua cotta, et rinfrescata con neve. Et in molti luoghi rinfresca le medicine con neve. L’istesso fanno gl’Arabi et simili.
Per le cose adunque predette, si conosce chiaramente, quanto appresso gl’antichi, fu celebrata, et usata la neve, cosi per conservazione della loro salute, come per cura delle infirmità, essendo questo il migliore, et più sicuro modo di rinfrescare, il più netto, dilettevole, et delicato. Percioche quel freddo, che si tira dalla neve, è salutifero, senza che il rinfrescato riceva alterazione alcuna di nocumento. Vero è che non conviene usar continuamente la neve bevuta nell’acqua, ò nel vino, ò l’acqua, ò ’l vino passato per essa: percioche cosi bevuta genera molti mali, i quali, se subito non si sentono, alla vecchiezza si scuoprono: et però ne parla Galeno nel libro dove tratta del male de Rognoni, et in quello de buoni, et cattivi cibi. Ma perchè Avicenna esplicò più partitamente i mali, che se ne generano, io scriverrò qui tutto quello, ch’egli ne dice, nella terza del primo nel Cap. ottavo. Coloro, dice, che del continovo beranno la neve, o l’acqua di essa, riceveranno molti danni. percioche si fatto uso offende i nervi, aggrava lo stomaco, et tutti gl’altri membri interiori, et spezialmente aggrava l’anhelito. Et in somma nessuno la berà che non si senta notabil danno, se non presente futuro: eccetto che l’huomo non sia sanguigno.
Hora per le cose dette pare, che l’uso della neve sia totalmente cattivo, fuor che dovendo servire per medicina, Et però io concludo, che la neve, non si debbe bere, ma rinfrescare solamente con essa ogni sorte di bevanda: essendo che nell’uso di rinfrescare con essa gli Antichi, non han posto nè danno, ne dubio alcuno. Nè noi per esperienzia vediamo, che nè segua altro, che i giovamenti predetti: godendo come dice Plinio, del diletto, et piacere della freschezza, senza che le qualità della neve n’offendano. Il che conferma anchor Martiale dicendo. Non si bea la neve, mà quello vi si rinfresca, nel modo, che la sete ingegnosa ne hà imparato.
Possono poi sicuramente bere freddo, ò raffreddato con neve quelli, che sono di complessione temperata, ò collerica, calda et infiammata; i pieni di carne; i caldi di fegato, et di stomaco; i sanguigni; quelli che vanno à lungo et frettoloso camino, ò che altrimenti fanno lungo et aspro esercizio: che travagliano con la mente in molti negozij, ò Militari, ò Civili, et ciascheduno in somma, che patisca febbre molto calda, mà sopratutto coloro, che vi sono usati. Non conviene all’incontro à quelli, che sono molto vecchi, ò in età grave; ne à quelli, che vivono in ozio, et senza fatiche, ò mentali ò corporali. Ne à quelli che patiscono crudità di stomaco, causate da humori freddi, Ne à gli Asmatici, ò patienti dificulta di respirare. Ne à coloro che sono attratti ò deboli di nervi: Ne à quelli che non possono digerire per humori, ò altre cause fredde; Ne à soggetti alle ventosità. Ne à giovanetti. Ne a’ figliuoli teneri, et simili. Anzi i bambini, et figliuoli teneri per la debilità de nervi, et de membri di dentro, non hanno mai da bere vino senz’acqua.
E ancho da sapere, che la freddezza del vino rinfrescato non offende tanto come quella dell’acqua rinfrescata. Et che una delle cose, che piu rimetta, et reprima la fumosità, et gagliardezza del vino è di raffreddarlo quanto si può. Tre cose per tanto sono quelle che indeboliscono le forze del vino, ò annacquarlo bene, o gettarvi dentro una midolla di pane, accioche riceva in se i fumi, et sottili spiriti del vino, ò porlo per qualche spatio di tempo in acqua freddissima, o in neve: Percioche quanto più intensamente si raffredda, più si reprimono i suoi fumosi vapori, et manco penetrano la testa, et le giunture: il che si conosce dall’istesso vino; peroche quando è ben raffreddato resta piu debole, fi che essendo freddissimo par’acqua.
Vi sono però alcuni, i quali senza pensar piu oltre dicano infiniti mali del rinfrescare con neve, nè sanno se dicano male, ò bene: basta che s’astengono d’usarla. Et io cosi tra me stesso ho più volte riso d’un gentil’huomo, il quale trovandosi à tavola d’un gran Cavaliero, non volse mangiare pur’una ciliegia rinfrescata con neve; dicendo publicamente, che li sarebbe stata di grandissimo danno, huomo di poca pratica, et nuovo tra le buone delizie del mondo. Ma che sia parimente costume antico di gettar neve sopra le frutte, racconta Galeno, che egli la gettava sopra le Celse, ò More che vogliamo dire. Molti anchora si lasciano intendere d’esser vissuti lungo tempo senza questo uso, et che cosi vogliano vivere il rimanente della lor vita. Et non considerano, che per vivere basterebbe solamente carne di Vacca, Fave, et Cipolle: Però queste cose non danno buon nutrimento, ne sodisfazione, essendo altra cosa, et d’altro nutrimento il mangiare carne di Vitella, Pernicie, Fagiani, et Galli d’India al lor tempo, che i cibi di cattivo gusto: Et molta differenzia è anchora mangiar Vitella con salsa, et Pernice con limone, che senza, perchè l’uno è mangiare per necessità, et rusticamente senza buon gusto, et l’altro da huomini (come si suol dire, di saporita et delicatissima gola. Il medesimo dico del bere fresco ò tiepido; percioche, il bere rinfrescato con neve, e secondo il gusto del palato, il diletto del cuore, et l’appetito, che hà la nostra medesima natura per conservarne. All’incontro il bere tiepido è con disgusto, con tristezza, et con danno di tutto il corpo. Guardiamo di grazia come gl’antichi posero tanta felicità nel bere fresco, et maggiormente nel rinfrescato con neve, perche erano genti saggie, et di giudizio, et che con molta diligenza procuravano la conservazione della loro salute. Ciascuno però hà da mirare à quello, che le par convenevole, secondo la sua sanità, uso et costume, imparando sempre dalla esperienza maestra ottima di tutte le cose. Co’l mezzo della quale potra venire lasciando, ò seguendo questa maniera di rinfrescare, secondo l’utile, ò ’l danno che li parrà giornalmente di riceverne.
Devesi bene avvertire, che nel principio, che si comincia à bere rinfrescato con neve, si sente gran sete, massime fra giorno. Passati però sette, o vero otto giorni, non si sente piu, anzi si và molte volte à tavola non pur senza sete, mà senza bisogno di bere.
La neve si conserva perpetua in alcune montagne, et spezialmente in diversi luoghi dell’Apennino, dell’Alpi, et delle montagne di Granata; nelle quale per gran caldo che faccia, non si disfà mai tutta. Il che non vediamo avvenire ne monti Pirenei, dove ne cade assai l’Inverno, mà venendo i giorni più caldi si dilegua in modo, che non ne resta pur segno.
Conservasi la neve in parti fredde, et secche. Percioche l’humido e ’l caldo sono i suoi contrarij. Calcasi bene quando si ripone, durando piu, et dileguandosi meno. Chares Mitileneo, dice, che si hà da conservare la neve calcata, et coperta con foglie, et rami di quercia: mà la paglia è cosa esperimentata che la conserva piu. Il che conferma anchora Santo Agostino nel primo libro della Città d’Iddio, dicendo. Chi hà dato virtù si fredda alla paglia, che conservi la neve, et chi ancho gliela die si calda, che faccia maturare i frutti immaturi? Duo modi principali si usano hoggi da rinfrescare con neve, l’uno è sotterrare i fiaschi, ò altri vasi pieni, in neve, ò in ghiaccio: il che si fà, ne luoghi dove n’è quantità: l’altro è più facile, et si fà con pochissima neve, empiendosi il bicchiere di quanto si hà da bere, et ponendoseli sopra un vasetto di vetro, ò d’argento, ò di latta di Milano, et simili con poca neve, accomodato però in modo, che il detto vasetto entri nella bocca del bicchiere, che col suo fondo tocchi il vino, ò l’acqua, che si ha da rinfrescare, gittando via di mano in mano la neve, che si dilegua; Percioche dileguandosi non rinfresca. Et à questo modo si fa quello, che si hà da bere, piu et meno freddo, secondo che l’huomo desidera, et come si è detto con pochissima neve.
Altri rinfrescano facendo girare à nuoto un vasetto pieno di neve in quello si ha da rinfrescare, gittandone però d’hora in hora la neve disfatta, et aggiungendo dell’altra. Il medesimo si fà con un cannone lungo di latta di Milano ponendovelo dentro; Ma questo modo si usa per rinfrescare in vasi grandi, et à dirla l’uno et l’altro di questi modi son tardi.
Altri pongano la neve in una cesta di quella paglia minuta, che cuopre il grano mentre è nella spiga, et il vaso di quello si hà da rinfrescare, si pone entro la neve. Il qual modo è anchor buono, et presto, ne bisogna patir fatica in levar via la neve dileguata, passando essa per la cesta, et à questo modo si rinfrescherà anchora con pochissima quantità di neve, la quale si conserverà anchor più per rispetto della detta paglia.
Rinfrescasi parimente bene, et in un medesimo tempo l’acqua, e ’l vino, con vaso di stagno, ò d’altro metallo convenevole, fatto à guisa d’un Castello, in forma quadra, con una fossa tra il Castello et la muraglia che hà d'intorno, la qual muraglia è vota dentro, et empiesi d’acqua, et la Torre, ch’è posta in mezzo di vino, et la fossa, ch’è tra l’una et l’altra di neve, et cosi l’acqua, come il vino haverà la sua cannella di fuora, onde si possa cavare separatamente l’un dall’altro.
Hora usi ciascuno la neve, et li sopradetti modi di rinfrescare, in quella guisa, che più giudicherà necessario per la sua salute, massimamente nel tempo caldo della state, quando i corpi sudano, et quasi ardendo vengano meno, et si rilassano. Poi che come habbiamo dimostrato, questo uso essere di giovamento mirabile, & di tanto gusto & piacere, che mi pare non si possa lodare à bastanza.
Per le suddette ragioni adunque, ciascuno havrà potuto conoscere, che cosa è neve; in qual parte; & come si generi, in quanti modi si rinfreschi con essa, & l’utile, che n’apporta. Et particolarmente si è detto del modo di rinfrescare all’aria, ne pozzi; & col salnitro; & gl’inconvenienti che da questi modi ſeguono. Insomma si è concluso con buone ragioni, & autorità, che il bere caldo indebolisce lo stomaco: fa gire à nuoto per esso quel che si mangia: corrompe la digestione: rilassa il corpo: consuma gli spiriti; genera ventosità: impedisce le buone operazioni del fegato: causa continua sete: non sodisfà alla necessità: apporta malenconia: & in somma fà tutto il contrario del bere freddo, dico, ò naturalmente freddo, o rinfrescato con neve; percioche il bere freddo conforta lo stomaco: & se gliè debole il fortifica: prohibisce il flusso degl’humori salsi, & colerici: aiuta le quattro virtù, digestiva, attrattiva, retentiva & espulsiva: toglie la sete, accresce l’appetito: fa digerir meglio: prohibisce la pietra: & à caldi di complessione vietà l’imbriacarsi: tempra il fegato riscaldato: leva l’incendio del palato, & di tutto il corpo: ne conserva nel tempo di peste. Et finalmente beendosi acqua fredda dopo ’l mangiare aiuta gagliardamente la digestione: leva anchora quei dolori acuti, che vengano per causa calida: guarisce il tremor del cuore: allegra i malenconici: rende manco fumoso il vino: conserva le frutte: & per concludere il tutto in poche parole, si può dire che sia una medicina quasi incognita, ma nobile, & necessaria per la nostra salute. Et tanto sia detto del ber fresco.
IL FINE.