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8 | T R A T T A T O |
[versione diplomatica]
faccia l’eſperienza del tutto. Et ſe il bere freddo nella maniera detta da noi li giouerà, che continoui. Ma ſe qualcuno è infermo, o mal compleßionato non faccia queſta eſperienza, perche io m’ho proposto di perſuader coloro, a’ quali il bere freddo non può cauſar danno. Percioche molti Signori & Prencipi, che l’hanno in costume, ſe non beono freddo, ſi toglie loro l’appetito del mangiare, ne prẽdono guſto delle coſe, che mangiano, ma l’ingolano con tristezza, percioche non ſodisfà loro, quello che beono: anzi col bere caldo riempiono lo stomaco di ventoſità, ne poſſono in modo alcuno far buona digeſtione. Ma chi ſarà colui, purchè ſia mediocremente ſano, che nel maggior caldo della state, ſoprafatto dalle faccende, & ſtanco dal lungo eſercizio, venendo à mangiare con l’anhelito frequente, con le fauci arſe, & cõ la lingua ſecca, laſci di bere freddo? maßimamente, che oltre la delattazione del guſto, li ſeguano i giouamẽti predetti, & ſi ſoccorre alla neceßita, & al trauaglio, sẽza offender punto la ſua compleßione. Alche fare ne da animo Galeno dicendo. Nel tempo dell’estate, nel quale il nostro corpo ſi truoua non pur caldo, ma tutto infiammato, habbiamo da vſar cibi, che ne rinfreſchino, anchora che ſieno di mal nutrimento, come ſuſine, more, pere, mele, ciriegie, poponi, zucche, & anco frutte più fredde. Dice anchora in ſimili tempi poßiamo ancho vſare altri cibi freddi, come ſarieno piedi porcini cotti nell’aceto, latte rappreſo, & ſimili; anzi dice, che queſte medeſime coſe ſi debbono rinfreſcare. Deeſi per tanto rinfreſcare anchora tutto quello, che habbiamo da bere, anzi annacquare il uino freddo cõ l’acqua fredda, ò di fontana, ò rinfreſcata ſotto la neue. Se dunque ſi ha da rinfreſcare quello, che ſi mangia, quanto più quello, che ſi bee? Et poi che Galeno hà fatto lunga digreßione intorno à quanto conuiene di fare nel tempo dell’estate, circa il
[versione critica]
faccia l’esperienza del tutto. Et se il bere freddo nella maniera detta da noi li gioverà, che continovi. Ma se qualcuno è infermo, o mal complessionato non faccia questa esperienza, perche io m’ho proposto di persuader coloro, a’ quali il bere freddo non può causar danno. Percioche molti Signori et Prencipi, che l’hanno in costume, se non beono freddo, si toglie loro l’appetito del mangiare, ne prendono gusto delle cose, che mangiano, ma l’ingolano con tristezza, percioche non sodisfà loro, quello che beono: anzi col bere caldo riempiono lo stomaco di ventosità, ne possono in modo alcuno far buona digestione. Ma chi sarà colui, purchè sia mediocremente sano, che nel maggior caldo della state, soprafatto dalle faccende, et stanco dal lungo esercizio, venendo à mangiare con l’anhelito frequente, con le fauci arse, et con la lingua secca, lasci di bere freddo? massimamente, che oltre la delattazione del gusto, li seguano i giovamenti predetti, et si soccorre alla necessita, et al travaglio, senza offender punto la sua complessione. Alche fare ne da animo Galeno dicendo. Nel tempo dell’estate, nel quale il nostro corpo si truova non pur caldo, ma tutto infiammato, habbiamo da usar cibi, che ne rinfreschino, anchora che sieno di mal nutrimento, come susine, more, pere, mele, ciriegie, poponi, zucche, et anco frutte più fredde. Dice anchora in simili tempi possiamo ancho usare altri cibi freddi, come sarieno piedi porcini cotti nell’aceto, latte rappreso, et simili; anzi dice, che queste medesime cose si debbono rinfrescare. Deesi per tanto rinfrescare anchora tutto quello, che habbiamo da bere, anzi annacquare il vino freddo con l’acqua fredda, ò di fontana, ò rinfrescata sotto la neve. Se dunque si hà da rinfrescare quello, che si mangia, quanto più quello, che si bee? Et poi che Galeno ha fatto lunga digressione intorno à quanto conviene di fare nel tempo dell’estate, circa il
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