Trattato completo di agricoltura/Volume I/Propagazione/1

Disseminazione

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Propagazione - 2

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disseminazione.

§ 278. L’ordine naturale vorrebbe che prima delle altre coltivazioni s’avesse a parlare del Bosco, come quello che tutte naturalmente le precedette. Ma l’Agricoltura si propone di riprodurre a sua volontà qualunque specie di vegetale, anche boschivo, e quindi, per non ripetere le stesse cose, ho creduto dover far precedere le cognizioni pratiche sulla Disseminazione o propagazione naturale delle piante, e sulla loro propagazione artificiale. Siccome però diverse sono le cure che richiedono i semi delle piante boschive, da quelle che esigono i semi dei cereali, o delle piante a foraggio; così, per ora, mi limiterò ad alcune cognizioni generali, riservandomi a spiegarvi le diverse pratiche speciali, quando tratterò la Selvicoltura e la Coltivazione dei cereali, delle erbe dar foraggio e delle piante da frutto.

Naturalmente le piante si propagano per disseminazione, ossia pel distacco del frutto o del seme maturo dalla pianta madre. In questo momento il maggior peso del frutto, il peduncolo che tende a staccarsi colla maturanza, il vento, le pioggie, e gli stessi insetti servono a far cadere sul terreno, e spesso anche a ricoprire di terra i semi. In alcune piante s’aprono i pericarpi, e cadono soltanto i semi propriamente detti, come nelle acacie, fagiuoli, ravizzone, ecc., in altre, a pericarpo polposo o carnoso, cade intero il frutto, e la parte carnosa del pericarpo serve a rammollire il rimanente dei tessuti, ed a trasmettere la prima umidità al seme, onde più facilmente cominci a germogliare e s’aprano gl’involucri duri; quali sarebbero quelli del pesco, delle noci, del corniolo, ecc. Per ottenere poi la diffusione delle specie in luoghi lontani, e per evitare che i semi che si staccano, nascendo tutti al piede [p. 280 modifica]della pianta madre finiscano, col soffocarla, la natura provvide molti frutti di espansioni membranose, quasi ali, onde, per sè stessi o per la forza de’ venti, venissero portati più lungi, tali sono i semi dell’acero, del carpino, del faggio, e 69. Seme di acero.
70. Seme di abete.
di quasi tutte le piante resinose (fig. 69 e 70): altri invece sono rivestiti di peluria e piume, come quelli del salice e del pioppo. I frutti pesanti o carnosi sono trasportati o dagli animali o dalle acque, specialmente se il seme è circondato da un endocarpo osseo.

Caduti i semi al suolo, ognun vede che moltissimi dovranno perire, per mancanza di copertura che loro mantenga l’umidità e che ii ripari in parte dalla troppa luce, o perchè gli insetti li rodano o li trasportino in luoghi ove non possano germogliare; perciò la natura, che tende a ricoprirli almeno con foglie, largì alcune piante d’una gran quantità di semi (tabacco, papavero), e ad altre, in cui i semi sono scarsi, diede la facoltà di germogliare facilmente, oppure dotò di lunga vita.

Ma all’agricoltore importa di raccogliere, scegliere e conservare i semi delle piante che vuol coltivare, per seminarli poi nei tempi opportuni; gl’importa di lasciarne perire la minor quantità possibile, tanto durante la loro conservazione fuori terra, quanto nella semina che nella germogliazione; ed infine gl’interessa d’avere nuove piante ben costituite e robuste.

Infatti in tutti gli esseri organizzati e dotati della facoltà di riprodursi, si verifica che il nuovo prodotto presenta un maggior o minor vigore e durata a seconda che l’individuo che lo produsse, essendo bene o mal costituito, potè portare con maggiore o minor vigore un frutto, un seme, od una porzione di sè atta a riprodurre la propria specie.

Dev’essere per conseguenza prima cura dell’agricoltore quella [p. 281 modifica]di scegliere piante ben costituite e vigorose, da cui trarre i semi; e questi dovranno essere ben maturi se devono corrispondere allo scopo, e se vuolsi poterli conservare, senza che si guastino, fin a quel tempo che si ritiene opportuno alla semina. Oltre all’essere maturi importa che i semi siano stati fecondati, e quindi accade che talvolta ve ne sono molti d’infecondi, perchè le piogge hanno guasta l’opera della fecondazione dilavando il polline, oppure come accade col melgone, perchè siasi levato troppo presto il fiore maschio che sta alla cima. Devono inoltre i semi scelti essere scevri da altre sementi che non si vogliono lasciar sviluppare assieme. Un criterio che ci guida a giudicare fecondo e maturo un seme, è quello di vederlo ben conformato all’esterno, non rugoso, ben colorito, proporzionatamente pesante, di modo che immerso nell’acqua affondi, e che facilmente si stacchi dalla pianta. Il volume relativo è di poca importanza.

Importa poi molto all’agricoltore il poter conservare quei semi che non conviene seminare subito dopo il raccolto: spesso il terreno è troppo umido o troppo secco che non permette nè il lavoro, nè la regolare germogliazione; altre volte vogliamo conservare certi semi per uno, due o più anni; ed inoltre ove i climi sono a stagione marcata, certe semine non possono farsi convenientemente che in autunno, ed altre alla susseguente primavera; perciò è necessario conservare i semi sino a quelle epoche.

§ 279. Per conservare i semi atti alla propagazione, non solo abbisogna che siano fecondati, maturi e ben costituiti, ma importa eziandio che non possano soffrire nel tempo che passa fra il loro raccolto quello della disseminazione, che conservino cioè la facoltà di germogliare. Epperò si procurerà di tenerli in luoghi asciutti, freschi e ventilati, onde non fermentino e non vengano guasti dagli insetti. Taluni per difendere i semi dagli insetti suggeriscono di ben lavare i semi, farli asciugare e poi aspergerli di polvere di calce viva, di gesso e di ceneri; la pratica è buona, e serve a conservare alcuni grani che per sè non guasterebbersi, se non venissero danneggiati dagli insetti prodottisi in altri semi non bene costituiti.

La miglior regola è quella di fare una buona scelta di semi, e di mantenerli in luoghi freschi ed asciutti, essendo la carie e la comparsa degli insetti un effetto del grano già guasto, o perchè non maturo, o perchè fermentante per la poca idoneità del locale di conservazione troppo umido o troppo caldo. [p. 282 modifica]

Ad onta però d’ogni cura, dopo un tempo più o men lungo, qualunque seme perde la facoltà di germogliare. Le mandorle, le noci, le nocciuole, la perdono dopo un anno; altri semi dopo due, tre e più anni; i cereali generalmente la conservano per molto tempo; e si danno esempi di grani di frumento, di segale, e di legumi che germogliarono dopo più di cento anni dal loro raccolto probabile. In generale, un seme conserverà tanto meglio la facoltà di germogliare, quanto meno sarà esposto alle influenze atmosferiche, specialmente a quelle di umido e di caldo; e più ancora levandogli il contatto coll’ossigeno.

Abbiamo veduto che molti semi cadono naturalmente al suolo molto tempo prima di germogliare, indicando con questo che non tutti abbisognano d’un egual spazio di tempo per disporsi alla germogliazione. Infatti alcuni semi, come quelli del gelso, cadono in giugno e nascono immediatamente; il frumento cadendo nella stessa epoca ritarderebbe sino a che la stagione siasi resa più fresca ed umida; il pesco, la noce, la quercia nascono soltanto alla vegnente primavera; alcune piante resinose aspettano persino un intero anno.

E ciò dipende da che la germinazione, al pari della fioritura e della fruttificazione, esige una certa somma di calore e di umidità; e teme o s’arresta per una data minima o massima. Il frumento, per esempio, non germina se non quando la temperatura passi i +5°, ben inteso che vi sia la necessaria umidità, e che abbia ricevuta una somma di calore di circa 85°.

Se durante la germinazione interviene una temperatura minore, essa s’arresta, come s’arresterebbe seminando il frumento in luglio pel troppo caldo, che fra noi a 5 mill. nella terra sorpasserebbe i 40, o per l’aridità del suolo ordinaria in quel mese. Molti semi per una data minima o massima perdono anche la facoltà di più oltre riprendere la germinazione; altri invece, molto più se non son troppo superficiali e quindi non troppo esposti alle vicende atmosferiche, resistono anche ad un freddo intenso, ed anche ad un calor secco di oltre 50°.

Così quando l’agricoltore vorrà conservare semi che naturalmente cadano presto, ma che nascano tardi, per esempio un seme che cada in agosto e nasca nell’aprile susseguente, abbisognerà che lo mantenga in quelle condizioni naturali che favoriscono lo sviluppo del germe, allontanando soltanto quelle che gli sarebbero nocive, cioè la troppa umidità, il [p. 283 modifica]caldo-umido, il gelo e gl’insetti. Perciò è bene distenderli in sottili strati intercalati con terra leggera o sabbia fina, piuttosto secca che umida, facendone un ammasso sopra o sotto terra, in modo però che l’acqua non vi penetri agevolmente. Questa operazione dicesi stratificazione e supplisce alle condizioni naturali che dispongono un seme alla nascita; ed in primavera, quando veggansi i semi ben disposti, il terreno adattato e la temperatura sufficiente, si procede alla semina. Devonsi poi stratificare ed ammucchiare i semi in luogo aperto e non nelle cantine, onde mantenere la loro germogliazione in relazione colla temperatura atmosferica, essendo che, mantenuti nei luoghi sotterranei e più caldi, la germogliazione arriverebbe prima della stagione propizia alla semina, e le giovani pianticelle potrebbero soffrire pegli ultimi geli e per le brine della primavera.

La stratificazione che, come vedremo, meglio si applica ai semi d’alcune piante boschive, presenta anche il vantaggio che seminando i grani di già germinati, viene a rompersi parte della loro radicetta, e per conseguenza la nuova pianta più prontamente e meglio si ramifica nelle radici e quindi resiste meglio ai trapiantamento ed alle violenze esterne.

§ 280. L’epoca poi della semina dovrà scegliersi in seguito alla natura speciale di ciascuna pianta, cioè dovrà farsi quando la temperatura permette la germinazione; in autunno, prima che arrivino i freddi jemali; ed in primavera, quando la media diurna sia giunta al punto conveniente. Aspettando di troppo in autunno, o troppo anticipando in primavera, si corre rischio di perdere i semi pel troppo ritardo a nascere, stando essi in condizioni poco favorevoli alla conservazione. Quanto più un terreno avrà d’argilla, si dovrà seminar presto, perchè, come sappiamo, i terreni argillosi sono sempre più freddi degli altri.

In agricoltura diconsi poi coltivazioni d’inverno o d’autunno quelle i cui semi si pongono in terra nei mesi di agosto, settembre, ottobre o novembre, che vi rimangono nel verno, e riprendono la loro vegetazione e maturano nella primavera o nell’estate dell’anno seguente, come sono quelle del frumento, della segale; ed estive sarebbero quelle del melgone, dell’orzo, patate, legumi, ecc., perchè si seminano in primavera e portano il loro prodotto nella state dello stesso anno.

§ 281. Inoltre dovrà l’agricoltore seminare in un’epoca dopo la quale ciascun vegetale abbia tempo di ricevere la conveniente somma di calore per fiorire e fruttificare. Così se noi [p. 284 modifica]seminassimo il melgone in luglio, non potremmo vederne il frutto maturo, come invece avviene del miglio, del panico, ed in molti luoghi anche della fraina. E così dicasi di molti vegetali, che seminati in autunno, hanno tempo di fruttificare ed essere produttivi nell’estate venturo, laddove seminati invece in primavera talvolta non arriverebbero a perfetta maturanza prima dell’autunno, dovendo compiere la loro special somma di calore quando la temperatura decresce. Noi a questo proposito, sappiamo che generalmente la massima temperatura richiesta dai diversi vegetali deve cadere nell’epoca della maturazione del loro frutto.

Seminando adunque in autunno, la pianta, durante il verno ed il principio di primavera, mette a profitto tutte le giornate che le permettono di rafforzare ed estendere le radici, le quali, d’altronde approfondandosi, meno risentono del freddo atmosferico. Per tal modo, coll’aprirsi della stagione, la pianta procede rapidamente nella sua vita, e può raggiungere lo scopo finale, la fruttificazione. Vero è che ve ne sono alcune che possono maturare il loro frutto anche ad un calor decrescente, come vedemmo della vite, del melgone, delle patate, noci ed ulivi; ma questo fatto però, non vuol dire che non possano maturar meglio a calor crescente, ma piuttosto che la minima temperatura richiesta per la loro maturanza può trovarsi anche quando va diminuendo la temperatura media della stagione.

§ 282. Se noi osserviamo quel che succede in natura, vedremo che la maggior parte dei semi caduti naturalmente dalle piante, vanno perduti per mancanza di una copertura che loro mantenga una conveniente umidità ed oscurità, senza contar quelli che vengono distrutti dagli insetti, dagli animali e dai contrattempi atmosferici.

Non tutti i semi però esigono d’essere coperti di un egual strato di terra. E volendo ora stare alle norme generali, può dirsi che non devono mai essere interrati più profondamente di 0m,08; che i grani quanto più son duri e grossi devono essere posti a maggior profondità; che quanto più pronta è la nascita naturale dei semi, devono essere meno profondi; che nei terreni umidi e compatti devono stare più superficiali che nei terreni secchi e sciolti; e che i grani coperti, come quelli del trifoglio, possono spandersi alla superficie del suolo, ben inteso che il clima, il terreno o la stagione non siano troppo aridi. [p. 285 modifica]

§ 283. La semina, perchè riesca bene, richiede inoltre che il terreno sia nelle condizioni opportune alla germinazione, cioè soffice, umido e mondo di erbe. Se il terreno fosse duro, e poco permeabile all’aria, all’acqua ed al calore, sarebbe affatto contrario alla germinazione; oltre di che le tenere radici non potrebbero penetrarla per andar in traccia di alimento. Se fosse soffice ma secco il seme non potrebbe germogliare per mancanza di umidità, laddove se fosse anche troppo umido non potrebbe esser molto soffice, e sarebbe poco penetrabile dall’aria e dai calore. Finalmente il terreno mal lavorato ed ingombro d’erbe nuocerebbe alla semina, perchè queste, crescendo prima dei semi, li soffocherebbero coll’ombra e colle loro radici.

§ 284. La semina può farsi a gettata ed in linea. La semina a gettata si fa colla mano dell’uomo, gettando tanta semente sul suolo già lavorato, in modo che riesca tra un seme e l’altro tale distanza che basti allo sviluppo convenevole a ciascuna pianta; indi con uno strumento opportuno si spianano le piccole zolle di terra, e così vien ricoperto il seme. Questo modo di seminare è usato coi semi piccoli e particolarmente coi cereali e colle piante da foraggio.

§ 285. La semina in linea è piuttosto usata pei semi più grossi e per gli alberi. Essa può farsi tracciando colla zappa dei solchi più o meno profondi nel terreno previamente lavorato in cui si pongono i semi, che poscia si ricoprono colla terra dei bordi; oppure si praticano in linea dei fori nella terra, con caviglie di legno, nei quali mettonsi i semi. Si può anche seminare nei solchi che fa l’aratro lasciando ricoprire le sementi dai solchi successivi.

§ 286. Alcuni usano rammollire i semi, lasciandoli uno spazio più o men lungo di tempo nell’acqua pura, salata, acidula di stagni ed anche mista alla parte liquida de’ letamaj, ecc. Questo rammollimento, che nei cereali terrebbe luogo dell’ammucchiamento nei semi delle piante forestali, può esser utile soltanto quando vogliasi affrettare la germinazione nel caso che, avanzandosi la stagione, si faccia o troppo fredda o troppo calda ed asciutta. In ogni caso però abbisogna che al momento della semina il terreno sia umido e possa mantenersi tale almeno sino alla completa germogliazione.

§ 287. In tutti i tempi poi vennero suggerite varie preparazioni da farsi, specialmente ai cereali, ora allo scopo di [p. 286 modifica]rinforzare il germe e di avere una miglior germinazione ed una pianta più robusta, ora per salvarlo dal guasto degli insetti, ora per preservarlo dalle malattie più ordinarie dette ruggine, carie, carbone, ecc. Infatti, non solo anticamente, ma anche al giorno d’oggi, di tempo in tempo, sorge qualcuno a proporre, e meglio ancora a vendere, qualche preparazione che dovrebbe accelerare la nascita e la fecondità delle sementi; ma sempre il risultato contraddice le tante promesse e non trovasi alcuna differenza confrontando il prodotto d’altre sementi non preparate. E per verità, supponiamo pure che un seme siasi imbevuto nella propria sostanza cotiledonare dell’umore il più azotato, il più ricco di fosfati solubili, che mai sarebbe questa minima dose in confronto di quanto gli si può apprestare colla concimazione? Ma poniamo anco pure che questa dose sia efficace, e che acceleri e rinvigorisca la germogliazione, come mai potrà influire sull’abbondanza del frutto, se dopo pochi giorni di vegetazione la massa cotiledonare è scomparsa? Insomma, se invece di accettare ciecamente una novità, una scoperta, un segreto, ci abituassimo a riflettervi sopra anche solo un istante, o non resteremmo corbellati così spesso, o per lo meno avvezzeremmo gli scopritori a studiare un poco di più, ad essere più cauti o più coscienziosi, ed a scoprir meno di falso e qualche cosa più di buono.

Sul costume di adoperare la calce viva in polvere, il gesso, le ceneri, ecc., allo scopo di preservarlo dai guasti degli insetti abbiamo già parlato al § 279.

Utili invece sono quelle preparazioni che si fanno per preservare le nuove piante da alcune malattie che i semi potrebbero comunicar loro. Nel numero di queste malattie sonvi primieramente alcune muffe o piante parassite, i semi delle quali si attaccano al perisperma dei grani, e stanno latenti sotterra finchè, sviluppato il nuovo grano, lo investono e vivono a spese della sua sostanza. Per impedire quindi che il grano, che deve servire alla semina, possa comunicare al nuovo le muffe di cui egli fosse per avventura rivestito, si può lavarlo con acqua pura, o meglio con soluzioni atte a distruggere le muffe vegetali, quali sarebbero le soluzioni di calce, di varj solfati, e specialmente quella di soda, calce e sal marino, ecc., evitando però le sostanze velenose, le quali vengono comunicate alla nuova pianta quando, nel primo istante della germinazione, essa deve vivere a spese della massa [p. 287 modifica]cotiledonare imbevuta. Dopo aver bene aspersi o dilavati i semi, si fanno nuovamente disseccare, stendendoli in sottil strato al sole od all’aria, non ammucchiandoli di troppo anche in seguito.

§ 288. È opinione di molti che di quando in quando debbansi cambiare le sementi, cioè prenderle da altri luoghi invece di raccoglierle sullo stesso fondo. Questo cambiamento, a parer mio, può essere utile in certi casi ed inutile in altri. Voi già sapete che le piante tutte, a pari qualità di terreno, hanno una vegetazione strettamente legata colla qualità del clima (§ 158). Ora dunque può succedere che molti semi di piante ai luoghi caldi, portati fra noi, non possano vegetare; che altri invece vivano, ma senza poter fiorire nè fruttificare; e finalmente che altri possano fiorire e fruttificare imperfettamente ne’ primi anni, ma che se una volta possono maturare qualche seme, questo, posto nuovamente in terra, darà una pianta che più facilmente si adatterà al clima, e così col tempo potrà fruttificare. Ben vedesi però che in quest’ultimo caso la pianta, quanto meglio andrà accomodandosi al clima, si modificherà nella sua intima costituzione, ed un poco anche nella sua figura esteriore. Poniamo ora d’aver seminato un bellissimo riso di Java, un grosso melgone di Venezuela, od un bellissimo frumento d’Egitto, cosa credete voi che vi accadrà? — Se l’annata sarà calda forse avrete semi fecondi; ma il raccolto sarà tardo più dell’usuale, ed il grano ottenuto sarà rugoso e leggero; se all’incontro seminate il grano che avete ottenuto, e che io supposi fecondo, quantunque mal costituito, nell’anno successivo avrete forse un raccolto meno tardivo e di grano meglio conformato; e così d’anno in anno, fino a quando otterrete un seme maturo sì, ma non uguale a quello che traeste originariamente. In questo caso adunque se voi troppo spesso rinnovaste la semente, prendendola dai paesi originarj, avreste il danno di fare per alcuni anni consecutivi un meschinissimo raccolto.

Quando però le condizioni di clima, e la posizione geografica di due paesi non siano tra loro molto diverse, in allora vi sarà sempre la convenienza di trarre la semente da quello migliore, e di rinnovarla spesso, onde, acclimatizzandosi, non si modifichi perdendo quel pregio che si ricercava. Sarà bene il cambiare o rinnovare le sementi, quando a poco a poco si mescolino con altre diverse che non si vogliono; come si dovranno cambiare ogni qual volta, per le stagioni poco fa[p. 288 modifica]vorevoli, il grano fosse stato contrariato nella fecondazione o nella maturanza in modo da temersene cattiva riuscita per la semina.

§ 289. Qui dovrei parlarvi della convenienza d’introdurre sementi estere nella nostra agricoltura; ma di questo già ve ne feci alcun cenno al § 158 parlando dell’influenza del calore sulla vegetazione; ora però aggiungo che alle norme teoriche che vi devono guidare prima d’introdurre un nuovo vegetale, debbonsi aggiungere le pratiche, cioè, abbisognerà guardare la qualità del terreno che esso esige perchè meglio riesca; se questo stesso terreno colle nostre coltivazioni non dia già un maggior prodotto netto di quello che si presume dal nuovo, dovremo calcolare la quantità di lavoro che richiede, per conoscere quanto si debba detrarre dal prodotto, e per sapere se abbiamo sufficiente mano d’opera a buon patto. Finalmente, dovremo aver riguardo non solo al prezzo, ma anche alla facilità di vendita, od alla possibilità di consumare sul fondo il prodotto o qualche residuo. In qualunque modo dapprima poi s’istituiranno degli esperimenti, e questi dovranno farsi in piccolo ed in condizioni nè troppo favorevoli nè troppo sfavorevoli.

§ 290. Vi sono poi alcune piante annuali che, quantunque originarie di climi più caldi, ed aventi quindi bisogno d’una maggior somma di calore di quella che potrebbero avere nel nostro clima, pure seminate in piena terra, vi potrebbero vegetare abbastanza bene, quando potessero mettere a profitto tutto il calore della primavera, dell’estate e dell’autunno. Perciò vorrebbesi ch’esse si trovassero in piena vegetazione e in aperta campagna appena che in primavera fosse cessato il pericolo delle brine, onde poter aver tempo d’essere produttive avanti che sopraggiungano le brine ed i freddi autunnali.

A tale scopo si usa far nascere queste piante in luoghi riparati e caldi, ponendo i loro semi sui così detti letti caldi in gennajo od in febbrajo, per poi trapiantarle in campo aperto nell’epoca opportuna, quando siano già fornite di buona quantità di radici e d’uno stelo bastantemente sviluppato. Quest’usanza esisteva anche anticamente ed è utile pel tabacco, per le zucche, meloni, petroniani ed altri ortaggi.

§ 291. Per formare il letto caldo si sceglie una esposizione di mezzogiorno, e si cava un metro circa di terra per quella lunghezza e larghezza che noi crediamo conveniente; indi, sul fondo della fossa si dispone uno strato di letame di cavallo [p. 289 modifica]alto 0m,75 circa, poi al di sopra si dispone la terra per l’altezza di 0m,25 circa, più o meno a seconda del tempo che la pianta da seminarvisi deve restare sul letto caldo, e delle radici più o meno lunghe che naturalmente essa può mandare. Il letame non deve essere già fermentato, nè freschissimo; il migliore è quello che sia appena entrato in fermentazione; per meglio mantenerla in seguito e così ottenere una sorgente calorifera al di sotto della terra. È poi bene che il letame venga alquanto compresso e bagnato, onde meglio continui la fermentazione, poichè, tolto che le fosse il contatto dell’aria, essa diminuirebbe o cesserebbe affatto; laddove, bagnandolo, la fermentazione continua a’ spese degli elementi dell’acqua. La terra dev’essere crivellata, soffice e mista a letame assai minuto; mantenendola umida in seguito, ma non troppo bagnata, per non diminuire l’effetto calorifico del letame sottoposto. Il tutto poi si dispone a piano inclinato, onde ricevere più diretti i raggi solari che sono assai obliqui nei mesi di gennajo, febbrajo e marzo.

A mantenere una maggior temperatura nel letto caldo, e per difendere le piante germogliate, o già discretamente sviluppate, dai rigori del freddo e dalle brine, è necessario, durante la notte e nelle giornate nuvolose e fredde, ricoprirlo con telaj mobili coperti da vetri, da tela cerata, o da paglia; alzandoli nel verno quando vi sia il sole, e nelle ore diurne delle giornate nelle quali non gela, per poi abbassarli, prima di sera nel verno, o semplicemente tenendoli a poca altezza sopra le giovani pianticelle in primavera quando temansi le brine. Cessato il pericolo delle brine si passa alla trapiantazione in aperta campagna, restando così la pianta in circostanze di meglio ricevere la voluta somma di calore.

Queste sono le norme generali che devono regolare la semina o propagazione naturale delle piante; nel parlare poi delle varie coltivazioni vi esporrò le pratiche più speciali a ciascuna di essa. Frattanto vi darò alcune norme, parimenti generali, sul trapiantamento e sulla moltiplicazione e fecondazione artificiale.