Storia di Torino (vol 2)/Libro I/Capo I

Libro I - Capo I

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Libro Primo


Capo Primo


Sito, ampiezza, fortificazioni, ed altre materiali vicissitudini della città, dai tempi più remoti fino al secolo xvi.


La città di Torino è situata sul dolcissimo estremo pendio della sinistra riva del Po, la dove questo re de’ fiumi riceve le acque della Dora Riparia. Giace al grado 5° 21’ 25" di longitudine orientale dall’Osservatorio Reale di Parigi, e 45° 4’ 81" di latitudine boreale. Se la scaldano i raggi del sole d’Italia, i geli dell’Alpi, che si drizzano poco lontane, a ponente, [p. 10 modifica]causano improvvisi mutamenti di temperatura, e i lieti colli che incassano a levante il corso del Po, arrestando le esalazioni fluviali, le tramandano umidità, e la involgono spesso di nebbia.

Turrita e murata anche prima de’ Romani esser dovea la città capitale de’ popoli Taurini, poichè vietò il passo ad Annibale l’anno 221 avanti l’era volgare.

Divenuta sotto Cesare colonia Romana, s’adornò di tutti que’ monumenti, di cui si vestivano, ad imitazione di Roma, i municipii e le colonie. Templi, teatri, anfiteatri, circhi, bagni pubblici, trofei, archi trionfali dovettero nobilitarla. La porta meridionale fu chiamata Marmorea, a perenne indizio della sua magnificenza, e sorgeva al di qua dal sito dove la via di S. Tommaso riesce a quella di Sta Teresa. La medesima via metteva alla porta settentrionale (porta palatii), che, edificata nel secolo d’Augusto, è ancora in piedi; ed è l’edifizio che s’intitola dalle due torri che lo fiancheggiano; costrutte colla schietta eleganza delle opere militari del popolo Romano, di que’ mattoni che sfidano il tempo e i morsi distruggitori de’ venti aquilonari, assai meglio che i marmi e le pietre.

La porta Marmorea fu demolita nel 1675. I suoi marmi furono destinati all’abbellimento della chiesa di Sta Teresa, che s’innalzava a non molta distanza ed un po’ a levante della medesima. [p. 11 modifica]

Alle torri della porta settentrionale vennero aggiunti, nel 1404, i merli che le incoronano, e più tardi la specie d’attico che sormonta l’edifizio intermedio.1 In gennaio del 1519, cominciando a far rumore le prave dottrine di Lutero, s’aggiunse, per decreto de’ decurioni, sopra la porta quell’occhio dove si vede lo sfolgorante monogramma di Cristo, a solenne protesta che Torino manterrebbe sempre inviolato il deposito della cattolica fede.2

Nel 1699, essendosi aperta più a ponente, presso l’antica porta di S. Michele (nella piazza delle Frutta) un’altra porta, che si chiamò porta Vittoria, fu chiusa la porta Palatina. Ma prevalse nel popolo l’uso di chiamar col nome dell’antica porta la nuova, che s’era aperta da Vittorio Amedeo ii. Si trattò allora ne’ consigli del duca di demolire la porta Palatina colle sue torri, ma Antonio Bertola, ingegnere ed architetto valentissimo, s’oppose, mostrando l’importanza di quella mirabile struttura; e il duca, meglio consigliato, la rispettò.3

Il popolo chiamava quelle torri il carcere d’Ovidio. Su che si fondi questa tradizione non è agevole il dirlo. Non appare che Ovidio sia mai venuto in Piemonte. Nè si può supporre che qui passasse quando andò in esiglio, poichè non è la region Subalpina la via di Tomi.

Oltre a questo monumento rimangono molte are votive, molte iscrizioni onorarie, molte funebri, avanzi [p. 12 modifica]di frontoni, di pubblici edifizi e di trofei, raccolti la più gran parte ed ordinati nelle logge della Regia Università.

Nel 1830, scavandosi nella piazza delle Frutta i fondamenti del nuovo palazzo della Sacra Religione de’ Ss. Maurizio e Lazzaro, trovossi lungo l’antico muro romano un deposito d’anfore vinarie, che furono tema d’erudite investigazioni al collega cavaliere di S. Quintino. E quando si formò la gran chiavica in via di Dora Grossa, abbiam veduto ad oltre due metri di profondità il battuto della strada romana, formato di grossi e larghi macigni, poligoni irregolari, ed il muro romano poco oltre la chiesa de’ Gesuiti.

Negli scavi fatti non molto dopo in piazza Castello pe’ ristauri dell’edifizio a cui fa capo la galleria di Beaumont, si è scoperto il muro romano di cinta che correva dal sud al nord, appoggiandosi da l’un lato alla torre, su cui è costrutta la specola. Era formato di grossi e perfetti mattoni, alcuni de’ quali con impugnatura, e col bollo del fabbricante.

Appare da questi riscontri manifesta la forma e l’estension di Torino, quand’era colonia romana. Era quadrata, appunto come un accampamento. Le sue mura circoscriveano lo spazio che corre tra il palazzo di Madama e la metà dell’isola de’ Gesuiti, le torri del Vicariato e la casa del conte di Sant’Albano nella via di S. Tommaso. [p. 13 modifica]

Era città piccola, ma forte per mura e per torri, e più ancora per l’indole bellicosa de’ popoli Taurini.

Ai tempi di Vitellio, quando i Baiavi e i Britanni, che teneano guernigione in Torino, levarono il campo, alcuni fuochi lasciati accesi misero in fiamme la città.

Più volte probabilmente, al tempo dei re barbari e dei duchi Longobardi, Torino, fatta campo di battaglia, ebbe a patire l’istessa sorte. E sebbene il fuoco essersi vegga sovente causa di migliorare e d’ampliar le strutture, e di convertire il legno in mattoni, i mattoni in pietre ed in marmi, tuttavia, perchè perite erano le arti che aveano, al tempo della grandezza romana, ingentilito la faccia del mondo, la città ne rimase deformata, non abbellita; e solo in epoca ignota si estese dal lato d’occidente per la lunghezza di due isolati, fin alla linea della metà di piazza Susina o Paesana. E ciò prima del secolo x, nel qual tempo il novello ingrandimento conteneva4 la chiesa di Sant’Andrea, la più bella che fosse allora in Torino, riedificata dal monaco Bruningo in capo della città, in mezzo alle case dei nobili5 (ora la Consolata).

Sul finire del secolo ix era il muro della città armato di densissime torri, e girava tutto all’intorno una comoda galleria, sopra la quale ergevansi forti opere di difesa.

Amolo, vescovo di Torino, avendo quistione coi cittadini, fu cacciato dalla propria sede, e durò tre [p. 14 modifica]anni in esiglio. Tornato poi con un esercito, distrusse, per castigare i cittadini, le torri e le mura della città.6

È da credersi che siffatta distruzione non fosse che parziale, e che non molto dopo il comune ristorasse que’ danni se non col magisterio delle costruzioni romane, tuttavia con un’arte assai più soda e durativa che la moderna.

Ninna variazione si fece al perimetro delle mura fino al secolo xvii, come si può vedere nelle geografie del cinquecento, che tutte descrivono la nostra città di forma quadrata; e nella più antica pianta di Torino che si conosca, unita alla prima edizione dell‘Augusta Taurinorum di Filiberto Pingone(1577), e delineata da Giovanni Carracha, pittor fiammingo.

Nel secolo xiv, dopo l’invenzione delle armi da fuoco, usavansi a difendere le porte della città antemurali, o barbacani, detti anche false braghe costrutte innanzi alle medesime, o que’ corpi di fortificazione staccati e triangolari, che chiamansi rivellini. Eravene uno, nel 1385, a porta Fibellona.7

Nel 1410 la città soddisfece a Giorgio Fosello la mercede dovutagli pel rivellino che avea costrutto a porta Fibellona. Nel 1426 il consiglio, essendosi mostrato men pronto a far eseguire le opere di fortificazione prescritte dal capitano generale del Piemonte, fu posto in arresti, e provvide il 10 di agosto in conformità dei desiderii d’un uomo che usava argomenti così efficaci. [p. 15 modifica]

Nel medesimo secolo costruivansi baluardi o bastioni; ma non erano che ripari di terra. Fra le opere di fortificazione prescritte in dicembre del 1467 alla città di Torino da Claudio di Seyssel, maresciallo di Savoia, trovasi una cannoniera da farsi nella torre grossa di porta Fibellona, che batta per lungo la strada che conduce ad essa porta (quae verberet a longo itineris ipsius portae): opere di difesa da farsi nei due rivellini della medesima; un terzo rivellino presso alla riva della stessa porta, con una cannoniera che spazzi lungo lo stesso rivellino; un baluardo fra la torre nuova e la vecchia (all’est); un baluardo alla prima torre di porta Marmorea (al sud); un altro baluardo avanti a porta Nuova (al sud); una cannoniera alla torre di porta Susina; tre baluardi da porta Susina fino alla torre di Nostra Donna (Consolata); una cannoniera nella torre di S. Michele; una torre fuor delle mura, innanzi al vescovado; un’altra fra la torre lunga e quella di S. Lorenzo; un baluardo presso al castello.

Ciascuna torre doveva armarsi d’una spingarda, d’una colovrina e di varie balestre.8

Sul cominciar del secolo xvi nacque in Italia, e per opera d’Italiani, l’arte della moderna fortificazione co’ bastioni terrapienati ad angoli, che spazzano i fossi e battono la campagna. Con tali principii Giuliano da S. Gallo edificava nel 1509 la fortezza di Pisa, e Andrea Bergauni da Verrua fabbricava nel [p. 16 modifica]1519 i baluardi di Nizza, dove Bartolomeo di Campigliene fabbricava fin dal 1449 un castello ed una cittadella.9

Nel 1533 un maestro, di cui si tace il nome, veniva chiamato dal duca a Torino per fare i bastioni e fortificar la città. Quattro grossi se ne costrussero agli angoli della medesima; ma quando giunsero i Francesi in aprile del 1536, erano appena cominciati piccoli e deboli ripari di terra, uno innanzi al castello, gli altri agli angoli della città.10

I Francesi, dopo d’aver distrutto nel 1536 i borghi, si diedero a fortificare la città, e compirono ed ingrossarono i bastioni già cominciati, circondando la città di nuove mura, adoperandovi il danaro e le braccia de’ cittadini che sosteneano vanamente, al re, non a loro appartenersi il carico delle fortificazioni.

Nel 1546 si rispianò piazza Castello. Nel 1555 si ricostrusse il bastione di S. Giorgio, ossia della Consolata. Nel 1558 fu compiuto il bastione degli Angioli all’angolo nord-est della città. In gennaio del 1559, maestro Vittonetto fabbricò la gran piattaforma di porta Susina.11

Emmanuele Filiberto migliorò ogni cosa, e ponendo ad esecuzione un pensiero che i Francesi aveano avuto e ventilato, costrusse sui disegni di Francesco Pacciotto d’Urbino, all’angolo sud-ovest della città, una cittadella pentagona, che fu tra le prime e più celebrate opere di simil genere. Ciò nel 1564.12 [p. 17 modifica]

Delle fortificazioni d’essa città a’ tempi d’Emma nuele Filiberto discorre quell’alto ingegno di Nicolò Tartaglia nel suo libro: De’ quesiti et inventioni diverse; ivi si legge: Che le quattro fazze di questa città con li detti baluardi ovver bastioni sono state fatte modernamente de muraglia noua grossissima, et hanno lasciato dentro di se tutta la muraglia vecchia con alquanto de interuallo tra la muraglia noua et la muraglia vecchia, et cadmio de’ quattro baluardi a due cannoni di dentro della noua muraglia, che guardano quello spazio ovver interuallo ch’è fra la muraglia noua et la vecchia. Nel mezzo di ciascuna muraglia, due forme piatte, ovver cavalieri che guardano li baluardi, e fosse che circondano la città, larghe passi quattordici, e nella, sommità, ovvero bocca, passi sedici, e alte passi quattro.

Lo stesso autore soggiunge, che i lati nord e sud delle mura correvano lo spazio di 360 passi; gli altri due lati, un po’ meno. Era dunque Torino di forma quadrilunga, e di circa millequattrocento passi di giro.

Ne’ tre secoli seguenti, l’ingrandimento di Torino, divenuta ferma residenza de’ monarchi, progredì molto veloce fino all’ampiezza di cui la veggiamo; ma prima di discorrerne, ragion vuole che si parli della regione circostante, che allora era campagna, ed ora in gran parte s’ammanta di nobili palagi, e di pulitissime case.

Note

  1. [p. 22 modifica]8 luglio 1404. Patto con maestro Nicolino, perchè faccia i merli alle torri di porta Palazzo, e perchè debba claudere el murare fenestras el vaydengas. — Liber consiliorum civitalis Taurini.
  2. [p. 22 modifica]Ordinetur quod sindaci depingi faciant nomen Chrispus in palatio comuni, et quatuor portis ciuitalis; item et depingi facere in mercato grani apud S. Siluestrum picturas prò memoria corporis Chrispi, quod inuenlum fuit ibi alias per miraculum. — Ordinati della città, num. 90, fol. 4. — Quest’ordine era già stato dato fin dal 26 d’agosto 1510, ma non pare che fosse stato eseguito. Ed il 19 maggio 1511 s’ordinava parimente che sulle quattro porte della città si scrivesse in lettere d’oro il nome Jhesus.
  3. [p. 22 modifica]Risulta da annotazione ms. del Berlola ad un esemplare dell’Architettura del Busca, che gli apparteneva, ed ora è da me posseduto. Le torri furono poi con men felice consiglio concesse ad uso di carceri del Vicariato, in maggio del 1724.
  4. [p. 22 modifica]Nell’opuscolo intitolato: Torino nel 1335, sulla fede d’un documento dell’Archivio arcivescovile, del 1271, ho affermato che S. Dalmazzo era extra et prope muros civitatis Taurini. Ora studiando più di proposito questa materia, e trovando molti indizii, anzi prove che m’avvertivano che fin dal 1260, ed anche assai prima S. Dalmazzo era una delle parrocchie urbane, esaminai di nuovo quel documento, il quale contiene la cessione fatta da Gaufrido, vescovo di Torino, ai frati di Sant’Antonio delle chiese di S. Dalmazzo e di S.Giorgio, in vai d’Oc; e trovai che l’indicazione extra el prope muros dovea intendersi della sola chiesa di S.Giorgio, e non della chiesa parrocchiale di S. Dalmazzo.
  5. [p. 23 modifica]Jam redititegratur ut foret praestantior cunctis sepia nobilibus hominibus in capite civitatis. — Chronicon Novalic., lib. v, cap. xxvii.
  6. [p. 23 modifica]Ammulus, episcopus Taurinensis, qui ejusdem ciuitalis turres et muros peruersitate sua destruxit: fuerat haec siquidem ciuitas condensissimis bene redimita turribus et arcus in circuitu per tolum deambulatorios cum propugnaculis desuper atque antemuralibus. — Chron. Novatic., lib. iii, cap. xxi.
  7. [p. 23 modifica]Lib. consil.— La porta Fibellona era allato al castello; onde si chiamò più tardi porta Castello.
  8. [p. 23 modifica]Ordinati della città di Torino, num. 79, fol. 15.
  9. [p. 23 modifica]Conto del tesorìer generale.
  10. [p. 23 modifica]Cambiano, Historico discorso — Monum. hist. patriae. — Scriptores, tom. i, col. 1833. Non trova appoggio ne’ documenti e negli autori contemporanei quanto si narra dal signor Milanesio intorno ad un bastione di S.Lorenzo, cominciato nel 1461, e finito, nel 1464, da un ingegnere chiamato Canale. — V. Cenni storici sulla città e cittadella di Torino.
  11. [p. 23 modifica]Dai libri degli Ordinati, Archivi della città, e dalle informazioni prese sulla vendita del palazzo arcivescovile, fatta al duca nel 1583. Archivi di corte.
  12. [p. 23 modifica]La cittadella, quale fu formata da Emmanuele Filiberto, occupava nel 1568 74 giornate, tavole 63 1ꞁ2. Colle aggiunte di Carlo Emmanuele i nel 1697, giornate 93, tavole 15, la cui indennità si liquidò in favor dei Gesuiti, a scudi 35 d’oro la giornata. Archivi camerali.