Storia dell'arte in Sardegna dal XI al XIV secolo/Capitolo X.

CAPITOLO X.

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Capitolo IX. Capitolo XI.

[p. 159 modifica]Codrongianus — Chiesa e rovine della S.S. Trinità di Saccargia.


CAPITOLO X.

CHIESE DEL SECONDO GRUPPO ARCHITETTONICO.
BADIA DELLA S.S. TRINITÀ DI SACCARGIA.


Nelle chiese del secondo gruppo architettonico prevalgono quelle forme artistiche che nelle città di Toscana preludiarono alle vaghe e ridenti gallerie, di cui s'inghirlandarono in Pisa il Duomo e le chiese di S. Paolo in Ripa d'Arno, di S. Michele in Borgo e di S. Caterina, ed in Lucca le chiese di S. Michele, di S. Martino e di S. Pietro Somaldi, forme, che derivarono da un intima ed armonica fusione del classicismo dei maestri toscani con la tecnica ardita dei costruttori dell' Alta Italia.

Le arcate a tutto sesto poggianti su strette lesene e su colonne incastrate nel muro, derivate indubbiamente dall'architettura romana ed assunte come motivo fondamentale spiccatamente latino in S. Miniato a Firenze, si ripetono con poche modificazioni in tutte le chiese medioevali dell'isola, che hanno le particolarità e le caratteristiche del secondo gruppo.

Quest'ordine di arcate forma il piano inferiore delle facciate delle [p. 160 modifica]chiese di Saccargia, di S. Pietro di Sorres, di S. Maria di Tergu, d'Ottana e di molte altre.

L'influenza classica si manifesta anche nelle porte architravate a fil di muro, nelle ricorrenze orizzontali, negli ornamenti inspirati all'arte greco-romana ed in special modo in quel senso di misura e di ritmo, che contradistingue le chiese medioevali di Sardegna.

L'elemento modificatore romanico s'esplica colle false arcate. Le gallerie, lievemente e pittoricamente accennate in S. Miniato, non sono più simulate ma costrutte in pietra da taglio con colonnine di marmo e si spingono alla cornice di finimento, seguendo le pendenze del tetto.

In questo secondo gruppo abbiamo i primi tentativi della penetrazione dell'elemento romanico delle gallerie nella struttura basilicale toscana. Più che gallerie sono arcate poco rilevate poggianti su esili colonnine appoggiate al muro oppure su pilastrini sporgenti una diecina di centimetri dal vivo del paramento in pietra da taglio.

Esse dovettero precedere indubbiamente le forme costruttive e decorative delle chiese toscane sovramenzionate, in cui le gallerie sono discoste dal muro della chiesa con colonnine isolate, le quali colla struttura organica dell'edificio sono unicamente collegate mediante mensole poggianti sui capitelli ed incastrate nel muro, per cui sopra il basamento, in cui svolgonsi le ampie arcate classiche, si hanno due pareti distinte, una interna costituente il massiccio del muro, l'altra esterna decorativa, tutto un merletto finissimo, ma che non è organicamente collegata colla struttura della chiesa.

Questa si potrebbe togliere e la statica dell'edificio non ne risentirebbe detrimento alcuno. Queste sono le forme smaglianti, ricche e più evolute dell'architettura pisana; quelle invece svolgentisi nelle chiese di Sardegna del secondo gruppo, cui corrispondono in Lucca S. Giusto, S. Agostino, S. Maria del Giudice ed in Pisa S. Frediano, S. Pierino, appartengono ad un periodo più arcaico e sono costruzioni meno ornate, meno ricche, meno appariscenti, pur avendo nella semplicità delle lince, sobrie una squisitamente eleganti, tali pregi da costituire modelli nobilissimi d'architettura religiosa.

La Chiesa della S.S. Trinità di Saccargia è il primo monumento in Sardegna, nel quale l'architettura pisana appare nettamente definita. [p. 161 modifica]La bellezza architettonica e l'antichità delle sue origini imprimono a quest'edificio uno strano fascino, reso ancor più suggestivo per i ricordi storici, che in gran numero ed interessanti ad essa si connettono.

Sull'origine di questa chiesa e sulla fondazione del monastero abbiamo un condaghe, che il Tola inserì nel suo Codex Diplomaticus Sardiniae all'anno 1116 e che è indubbiamente una scrittura posteriore compilata su un'ossatura storica, riconosciuta esatta dallo stesso Bonazzi che si mostrò poco proclive verso questi apografi di carte medioevali.

Narra l'ignoto compilatore di questa cronaca che currende su annu Codrongianus — Chiesa della S.S. Trinità di Saccargia.de su Segnore nostru Iesu Christu Milliquentu et seygui, Indictione nona, quinta octobris. In su tempus qui Papa Paschalis Segundu regiat sa santa Ecclesia de Roma, tenende su Pontificadu de su Imperiu de sa Corte Imperiale Romana. Et in custu tempus in sa insula de Sardigna regnabat prò Iuyghe et Segnore de su Regnu de Logudore su Cristianissimu Costantinu, figiu qui fuit de luyghe Mariane quondam una cun sa prudente de Deu devota donna Marcusa mugiere sua, sa quale fuit de Arvaré de su Samben de Gunale. Tenende su sceptru de su imperiu regale in su dictu regnu de Logadore in Sardigna, sos quales segnori gihaant grandemente e [p. 162 modifica]bonamente, dande obediencia et honore a sa sancta Faclesia, et a su sanctu Padre de Roma, per modu qui fuint amados grandemente dae totus su populu per issu bonu regimentu et faguer issoro. Et regnante ambos umpare su Codrongianus — Chiesa della S.S.Trinità di Saccargia (planimetria).dictu Iuyghe Costantine cum sa dicta donna Marcusa mugiere sua, faguende justa et sancta vida in servissiu de Deus, appisint figios et figias; et in quo piaguiat a Deus, non de lis podiat regnare, qui totu lis morian. [p. 163 modifica]Inuhe deliberaint de andare a visitare sa Ecclesia de sos tres gloriosos martyres, zo est sanctu Gavinu, Proptu et Ianuariu de Portu de Turres, su quale fuit habitadu dae mercantes Pisanos, et altera gente assay, et inivi faguer devotas oraciones, et humiles pregarias cum officios et missas, et luminarias mannas, pregande a Deus, et a sos gloriosos martyres, qui lis concederent unu figiu o figia pro herede inssoro. Et in ipso facto, fata sa deliberacione, si tucaint, et partidos qui furunt dae sa habitacione cum grandissima gente a pee et a caddu, cum piaguere mannu et triumphu, essendo in camminu apisint a faguer nocte in sa Ischia de Saccargia. Et inivi per virtude de Deus, et de sa gloriosa virgine Maria lis fuit demostradu visibilmente, qui si issos queriant sa gracia, qui in cuddu logu edificarent una Ecclesia a honore et laude de sa sanctissima Trinidade, zo est de su Padre, de su Figius, et de su Spiridu Sanctu; et inivi faguerent unu monasteriu de sanctu Benedictu de su Ordine Camaldulense. Inuhe, vistu su dictu Iuyghe Costantinu, et donna Marcusa mugiere sua sa visione angelica, detisinunt recatu de grande moneda, gasi comente aviant su podere, et apisirunt mastros Pisanos, et edificarunt sa Ecclesia et monasteriu de sa Trinidade.

Ho voluto riportare questo brano del condaghe giacchè, sfrondandolo di quanto l'annalista a glorificare le miracolose origini del tempio volle aggiungere di suo, ci fa conoscere che la Chiesa della S.S. Trinità di Saccargia venne cretta sotto gli auspici del giudice Costantino e della pia consorte Marcusa ai primi del secolo XII da artefici pisani.

Costantino fu dei gentiluomini italiani di quel tempo uno dei più illustri: Lorenzo da Varna nel poema sulla conquista delle Baleari, laddove parla dell'onorata accoglienza fatta dal giudice di Torres, ch'era Costantino, alla flotta pisana destinata per quell'impresa, lasciò scritto:

. . . . . pariterque resumunt
Turrenses aditus, ubi Costantinus habebat
Sedes, rex clarus multum celebratus ab omni
Sardorum populo.

Il condaghe riferisce infine le solennità della consacrazione ed attraverso le fredde pagine colla mente si rivive in quei giorni, in cui fra l'esultanza dei giudici e delle genti del Logudoro consacravasi un [p. 164 modifica]tempio squisitamente italiano, per il quale la Sardegna veniva, gentile intermediaria l'arte che fiori sulle rive dell'Arno, riattacata nobilmente alla madre patria.

Leggendola, la mente si porta ad epoca e ad ambienti, in cui se molto si soffriva, molto si viveva.

Mossero dalla reggia di Torres Costantino, che un poeta pisano canto saggio e valoroso, e la pia sua consorte Marcusa, che un fatal destino dovea più tardi strappare dal suo regno e dalle gioie del mondo.

Facevano certo corruscare la sua fronte i ricordi e le visioni dei suoi figli, che il fato inesorabile aveva tutti strappato all'affetto suo. Per i pingui pascoli della Crucca ella s'avanzava trepidante verso l'opera votiva, colla quale intercedeva per aver un figlio non più vittima di inesorabili eventi, ma conservato al suo affetto di madre e di regina. Attorniavano la coppia regale i donnicelli, i maiorales, i lieros e, preceduto dall'arcivescovo di Torres, uno stuolo di sacerdoti, di chierici e di pie genti. Uno stesso fato, uno stesso sentimento di pietà verso la coppia così provata alle sciagure spinse Gualfredo, arcivescovo di Cagliari, al lungo e disagioso viaggio, sospinse Pietro, il presule di Bosa, ad abbandonare le fiorite rive del Temo, in cui si specchiavano le muraglie vagamente ornate di S. Pietro, ed indusse al pio pellegrinaggio Alberto di Sorres, Pietro di Bisarcio ed i vescovi di Solci, di Castra, di Ploaghe e d'Orotelli. E la imponente cavalcata, cui partecipava quant'era di più eletto nell'isola, procedeva lentamente, inneggiando a Maria, per i scoscesi sentieri svolgentisi fra i piani della Crucca e le colline di Figolina e di Codrongianus. E quando giunse nella bella vallata di Saccargia, circondata da verdi colline, quando apparve nello splendore di forme le più vaghe e le più nobili la mirabile chiesa scintillante di colonnine e di marmi, il fascino della bellezza e l'incantesimo dell'arte dovettero far dimenticare all'attonita turba il triste fato che la fece andare, per salutar con gioia la bella apparizione, preludiante ad uno spirito novello, ad un'alba lieta e feconda nell'arte e nella vita.

Mentre nella navata dolcemente illuminata dalla tenue luce diffondentesi dalle strette finestre salivano le preci e gli occhi degli oranti riguardavano meravigliati la bella Madonna dell'abside, che più non aveva il nero cipiglio delle Marie bizantine ma che già lasciava intravedere quel sorriso che più tardi doveva brillare nelle Madonne di Duccio di Siena e di Cimabue, mentre fra le spigliate colonnine della [p. 165 modifica]Codrongianus - Fianco e campanile della S.S. Trinità di Saccargia. [p. 166 modifica]cella campanaria i bronzi, forse fusi nelle officine di Lucca, sonavano a distesa, gli artefici pisani, i maestri della chiesa doveano narrare alle genti del Logudoro le speranze, le ansie, i pericoli, i caduti e la vittoria conseguita nel compimento del più bel tempio dell'isola. Ed a questi racconti di battaglie e di vittorie d'arte il pensiero degli ascoltatori dovea portarsi a quella città, da cui s'irradiava tanta vaghezza di forme, e seguire col pensiero le navi di Pisa, solcanti le azzurre acque del Tirreno dalla foce dell'Arno ai frastagliati lidi dell'isola a portar in questa colla poesia di Buschetto coi bronzi e colle iridescenti coppe votive, che nei tramonti dovranno riflettere gli ultimi raggi del sole, i marmi ed i porfidi di cui s'intarsieranno le alte pareti.

Per esser più esatti, Costantino non eresse ex novo la chiesa, ma ampliò, abbellendola, l'antica, intorno alla quale erano le case (domus) ed i fabbricati che indubbiamente doveano formare la donnikalia di Saccargia, menzionata in antichissimi documenti.

Si conosce infatti una bolla di Pasquale II colla data del 1414, colla quale i monaci camaldolesi ricevettero la sanzione apostolica per la riunione in una sola congregazione delle chiese e dei monasteri che possedevano in Italia, fra i quali è menzionato il monastero di Saccargia.

Anche il condaghe accenna ad un'ischia di Saccargia, che indubbiamente dovea esser abitata se Costantino e Marcusa vi fecero notte.

Ora questi nuclei di popolazione formavansi intorno a chiesette rurali, per lo più appartenenti ai giudici, a maiorales e molto spesso ad ordini religiosi.

Non è improbabile che la regale coppia, dopo aver implorato nella grandiosa Basilica di S. Gavino di Torres la grazia desiderata, siasi poi rivolta ai camaldolesi, facendo voto d'ampliare e d'abbellire la chiesa ed il monastero. Sta di fatto che questo ebbe da Costantino cospicue elargizioni, per cui l'ordine potè in seguito svolgere nel giudicato di Torres un'azione preponderante non solo nelle vicende religiose, ma anche in quelle politiche e sociali.

E per due secoli ancora la badia di Saccargia fu per l'isola non solo il tempio della fede, ma anche il centro luminoso da cui s'irradio la fiorente scuola di Pisa.

Poi vennero nuove genti, nuovi sentimenti: le svelte colonnine [p. 167 modifica]vennero strappate dalle gallerie della facciata: le coppe iridescenti, che le navi pisane avevano portato dalle terre di Spagna tormentate dai Sara ceni, vennero spezzate; s'internarono le belle colonnine del portico dentro massicci ed informi pilastri; si murarono le bifore della torre campanaria e si nascosero gli affreschi con deformi altari.

Disertato il cenobio dai monaci, si fece della cospicua badia un beneficio semplice, il quale dietro sovrana proposta veniva conferito dal pontefice agli ecclesiastici più benemeriti del regno.

Ai primi del XVI secolo il monastero era completamente abbandonato e la chiesa dovea esser in non buone condizioni, giacchè il Fara, menzionando l'oppidum Saccargiae, dice che quivi era templum SS. Trinitatis anno 1116 a ludice Costantino quadratis lapidibus albis et nigris fuit conditum, cum insigni Abbatia Ordinis Camaldulensis, qua etiam nunc deserta et deformata jacet1.

Questa secolare incuria fece ruinare il monastero, le di cui imponenti rovine ne attestano la grandiosità e la bellezza; la chiesa venne deturpata in mille guise e fu fortuna se a noi pervenne ancora in piedi, dando modo al Ministero dell'Istruzione Pubblica di compiere un'opera di salvataggio, al quale modestamente ini fu dato di contribuire col progettare e dirigerne i lavori di restauro, consolidando le antiche strutture e ripristinando le originarie forme toscane.


Gli elementi costruttivi e stilistici confermano pienamente quanto abbiamo desunto dalle memorie storiche.

La Chiesa della S.S. Trinità ha la pianta a forma di croce latina con due cappelle traversali coperte da volte a crociera, mentre il tetto con cavalletti a vista copre la navata longitudinale.

Le pitture dell'abside costituiscono un monumento pittorico di sommo pregio per l'epoca in cui vennero eseguite (XIII secolo), per la conservazione senza restauri o ritocchi posteriori e pur svolgersi in esse in modo completo con forme non frequenti l'iconografia di Gesù.

Queste pitture sono state eseguite da artisti medioevali con arte romanica, ma sono in esse tali reminiscenze bizantine da farci conchiudere che in Sardegna la pittura medioevale, al pari dell'architettura, anche [p. 168 modifica]quando si svolsero forme dovute a nuove correnti artistiche provenienti da Pisa, continuò a subire l'influenza della tecnica e dell'arte orientale.

Nella conca dell'abside è dipinto il Salvatore entro una mandorla contornata da angeli ed arcangeli.

Gesù è assiso in trono tenendo fra le mani il sacro libro e sotto Codrongianus — Chiesa della S.S. Trinità di Saccargia (facciata).svolgesi ma fascia decorativa dai colori smaglianti, ottenuti per lo più con terre rosse e verdi, a stelle, a dischi ed a punte.

Inferiormente a questa fascia sono i dodici apostoli fra i quali campeggia la Madonna, dalle forme tuttora rigide e stecchite, ma il cui viso è già allietato da quel sorriso e da quell'espressione di vita, preannunzianti la nuova scuola italiana.

Sotto questi apostoli rigidamente allineati e vestiti di tuniche orientali si stende un'altra fascia decorativa ed inferiormente a questa sono diverse scene della vita di Gesù meritevoli, come tutto l'insieme, di uno speciale studio.

Una bellissima ed elegantissima fascia a palmette limita in basso queste scene iconografiche e nel basamento stendesi un velario maestrevolmente disegnato.

La composizione dell'abside è interessantissima ed è inspirata ai musaici greci.

La rarità di questi affreschi e la composizione rimasta integra e completa rendono oltremodo preziosi questi dipinti che, nelle poche traccie di pittura romanica esistenti in Italia, costituiscono un monumento [p. 169 modifica]pittorico d'indiscutibile valore, che io ho creduto bene di porre in rilievo nella fiducia che altri, con maggiore lena e forza della mia, lo illustri degnamente.

Altre traccie di pitture ebbi modo di rilevare nella parete a destra ed una figura di S. Gavino, il santo protettore del Logudoro, disegnata con mano sicura e capace, ci attesta della loro origine (secolo XIV) e del loro pregio.

Gli affreschi dell'abside trionfano in un ambiente più che semplice assolutamente spoglio di ogni manifestazione artistica. Originariamente colle pareti affrescate, colle transenne, col pulpito e cogli altri accessori di una chiesa ben fornita la sala basilicale avrà dovuto avere altro aspetto, ma oggi la monotonia delle lunghe e nude pareti della navata longitudinale e delle due cappelle laterali non è rotta se non dagli affreschi dell'abside e da una bella pila marmorea, in cui un drago, mirabilmente scolpito, s'attorciglia lungo il fusto cilindrico.

Uscendo all'aperto, non si può non restare ammirati per tanta bellezza di paesaggio e d'arte; questa si fonde mirabilmente con quello. La chiesa s'erge gaia e smagliante fra le rovine dell'antico monastero in un piano fertilissimo, che i monaci aveano reso irriguo con una rete di canali.

La bella ed alta torre campanaria s'innalza per oltre quaranta metri, raggiungendo coll'ardita cuspide l'altipiano che da Ploaghe si estende a Campomela e chiudendo colle alte pareti la vallata di Saccargia, nella quale dall'altra parte le alture di Codrongianus degradano verso il piano, suddividendosi in fresche e piccole valli, in collinette boschive ed in prominenze rocciose.

A tanta freschezza di paesaggio corrispondono le gaie ed eleganti linee della facciata e del campanile e tutte le parti sono così bene fra loro accordate e connesse, così cospiranti ad un effetto che l'occhio. non sa staccarsi da un insieme così armonico.

La parte superiore della facciata ricorda nelle linee architettoniche la Chiesa di S. Giusto a Lucca ed il frontone della Cattedrale di Volterra, pur presentando un'aspetto più gaio e più ricco.

Nel frontone si svolge una serie ascendente di false arcate poggianti su quattro colonnine e sui pilastri angolari. Le colonnine, due delle quali sono più piccole delle altre due centrali. hanno i fusti di trachite scura ed i capitelli e le basi di calcare bianco, finamente ornati [p. 170 modifica]Codrongianus — Chiesa della S.S. Trinità di Saccargia
(arcata del portico).
[p. 171 modifica]e sagomati. Le arcate sono ancor esse di calcare e spiccano nel paramento a filari bianchi e neri. L'arcata centrale è decorata nobilmente. con ovoli e perline derivanti dalla ornamentazione classica.

Negli sfondi di queste arcate campeggiano quelli ornati ad intarsio così frequenti nell'architettura pisana: sono rose decorate e rombi degradanti, che l'arte toscana trasse da forme bizantine e che qui trovarono elegante applicazione, stendendo una sottile e leggiadra trama di intrecci geometrici intorno alle coppe iridescenti.

Nell'arcata centrale del frontone è aperta una finestra crociforme, corrispondente ad altra esistente nel frontone sopra l'abside.

Le basi delle colonnine poggiano tutte sopra una fascia orizzontale sagomata, sotto la quale si svolge un altro ordine di false logge con cinque arcate e quattro colonnine, tutte d'eguale altezza. Anche in questo come nell'ordine superiore sono grandi ornati ad intarsi. L'arcata centrale contorna nobilmente una bifora elegantissima con un'esile colonnina, sulla quale s'impostano per mezzo del capitello — pulvino ornato con foglie d'acqua — le due arcate per tutto lo spessore del muro. Questi due ordini di gallerie s'ergono sopra un porticato, in cui i muri per mezzo di arcate poggiano su pilastri angolari e su eleganti colonnine.

Alcuni scrittori, fra i quali il Fiori Arrica e lo Spano, vollero vedere in questo portico il nartex delle basiliche paleo-cristiane, ma, se si riflette all'uso ed al carattere di questa forma primitiva cristiana, alla mancanza del cantaro, alle ristrette dimensioni ed all'inopportunità di una forma costruttiva non più adatta alle consuetudini religiose, non si potrà non convenire che l'asserzione manca in modo assoluto di fondamento.

Nelle opere di restauro, che per conto del Ministero dell'Istruzione Pubblica ebbi la fortuna di dirigere nel 1894, potei fare su questo portico studi e rilievi, dai quali mi risultò in modo ineccepibile che esso non è coevo alla costruzione della chiesa, e della facciata, In questa, tutta ad un solo piano verticale, sotto la galleria orizzontale, in cui trionfa la bifora, si aveva l'intercolonio del primo ordine composto di tre false arcate poggianti sui pilastri d'angolo e su due esili colonnine incastrate nel muro.

La non coevità del portico colla facciata è resa manifesta anche da caratteri decorativi. Nella facciata abbiamo cornici elegantemente [p. 172 modifica]intagliate con ovoli e capitelli di gusto classico imitanti con arte e tecnica medioevale le forme classiche.

È la tradizione del fogliame e dell'ornato greco-romano che domina nelle squisite e festose forme architettoniche del frontone e della Codrongianus — Chiesa della S.S. Trinità di Saccargia (colonna del portichetto).susseguente galleria, mentre nel portico sono altri sentimenti artistici e s'intravedono altri maestri.

Pur adattando armonicamente le nuove linee e ricorrenze agli clementi costruttivi dell'antica facciata. gli artefici che eseguirono il portico, s'affermarono genialmente nelle forme decorative. Sulle fascie degli archi si rincorrono, s'inseguono i più strani animali e mostri. Agli angoli dei grossi capitelli delle esili colonnine, che sopportano il pronao, sostituiscono le classiche volute quattro gatti alati e nella cornice del pilastro angolare a sinistra alcune vacche accovacciate interrompono l'ornamentazione floreale.

Domina in tutte queste forme decorative quel sentimento che popolò di flora e fauna simbolica le chiese dell'Alta Italia e che invece trovò vittoriosa resistenza nella Toscana, la classica Fontana degli Architettori a dirla con una frase del Duca Federico d'Urbino.

Malgrado queste ornamentazioni l'insieme del portichetto, nel quale le masse rilevate e le masse liscie sono distribuite con un sentimento decorativo davvero mirabile, è così vago, così toscano, mi si passi la frase, che non esito a ritenerla opera squisita da compensare ad usura l'alterazione portata alla primitiva facciata, della quale mediante gli elementi costruttivi e decorativi raccolti nella [p. 173 modifica]direzione dei lavori di restauro mi è possibile presentare un esattissimo disegno di ripristinamento.

Lo scopo che indusse i monaci comaldolesi a far costrurre questo portico risulta evidente dall'uso stesso, cui presentemente è adibito. E per accertarlo è fuor di posto risalire alle regole liturgiche delle prime basiliche cristiane, venendo quest'aggiunta eseguita per soddisfare esigenze tutt'altro che spirituali e cioè per il bisogno di un riparo dalla pioggia e dal sole prima e dopo le funzioni religiose.


Nella sommità dei muri laterali e dell'abside svolgesi la cornice ad archetti pensili poggianti su mensoline; il paramento non è a grossi conci esattamente squadrati ma a piccoli cantoni calcarei alternantisi a grossi filari trachitici.

Ad un lato della bella chiesa fra la facciata e la capella traversale s'eleva la torre campanaria che è la più completa e più elegante costruzione di tal genere che si abbia in Sardegna.

Essa resta isolata dalla chiesa, essendo distante circa un metro dal muro laterale a sinistra. Un'arcata permette l'accesso al vano inferiore della torre, coperto da una volta a crociera gettata con cunei squadrati di pietra vulcanica. In essa è praticata una piccola apertura (bottola) per la quale si accede mediante scala in legno al primo ordine.

Diversi impalcati in legno sostenuti da travi incastrati nel muro con sollievo di mensole in pietra da taglio costituiscono i diversi piani della torre, comunicanti fra loro mediante scale in legno.

All'esterno abbiamo i quattro lati rivestiti con conci di calcare chiaro e di trachite scura a filari alternati. Quattro pilastri angolari rafforzano la massiccia costruzione, ingentilita da finestre che gli artefici resero più belle, più ricche e più svelte man mano che innalzarono le mura.

Incominciarono col rompere il massiccio della parte inferiore della torre con una stretta feritoia: più su il vano si allarga e diventa una vera finestra ad arco a tutto sesto, che assume una forma meno rude. Al piano sovrastante sono quattro finestre bifore, ciascuna per lato, ed infine nella cella campanaria quattro finestre trifore, in cui le colonnine sono sormontate da pulvini ornati colle stesse foglie che rilevammo nel capitello della finestra della facciata. [p. 174 modifica]

La rude costruzione s'è inghirlandata e lassù in alto sembra sorridere fra le coppe iridescenti al bel paesaggio stendentesi fra piani ubertosi, fra le fresche vallate e fra le brulle montagne.

Codrongianus — Chiesa della S.S. Trinità di Saccargia. Facciata originaria (disegno di ripristinamento).Sopra la cella campanaria la torre s'adorna ancora del coronamento d'archetti pensili, svolgentisi sotto una cornice robustamente modanata, dalla quale si slancia una piramide ardita, costrutta con cantoni trachitici, per por- tare in alto la cuspide sagomata, sulla quale probabilmente poggiava una volta la Madonnina, così cara agli artefici pisani.


La Chiesa di Saccargia non sorse di getto come le chiese di S. Gavino di Torres e di S. Pietro di Sorres dalla mente di un archi tetto. Abbiamo, è vero, un insieme, in cui tutte le parti costruttive e decorative sono fuse mirabilmente, ma questa fusione s'ottenne in diverse epoche. Devesi unicamente al gusto degli architetti ed all'opera dei secoli che smorzò i troppo irritanti contrasti, se si conseguirono i risultati che presentemente si ammirallo.

L'esistenza di un'antica chiesetta, anteriore alla bella costruzione dovuta alla pietà di Costantino di Torres e della sua consorte. è resa manifesta da diversi elementi costruttivi. In un muro laterale e precisamente in quello a destra si avverte lungo tutta la sua lunghezza un netto distacco fra il paramento inferiore e quello superiore, distacco [p. 175 modifica]evidentissimo per la diversa lavorazione del paramento in pietra concia e per una risega sporgente dai 10 ai 12 centimetri.

Nella parte inferiore sono aperte tre finestre feritoie, mentre superiormente ne sono aperte altre due. Questi rilievi dimostrano che originariamente la Chiesa di Saccargia era bassa e disadorna. giacchè la sommità dei muri laterali giungeva alla linea della risega. Dovea essere a mio parere una delle solite chiesette romaniche, appena sufficiente per servire ai bisogni religiosi, abbastanza limitati. della villa o meglio della donnikalia di Saccargia, costituita da un nucleo di popolazione agricola addetta alla lavorazione dell'ischia fertilissima.

I camaldolesi che aveano già iniziato nel giudicato di Torres quella politica d'espansione che die' loro una preminenza sugli altri ordini, ottennero prima l'ubertosa vallata coi casolari e coi servi di Saccargia e poscia dalla pietà di Costantino l'ampliamento della chiesa e forse anche la costruzione del grandioso convento, di cui tuttora si ammirano le suggestive rovine.

Si fu allora che si scoperchio l'antica chiesetta, innalzandone i muri laterali e si demolì l'antica facciata, certo disadorna, per costrurne una nuova con forme che già fiorivano in Toscana e che preludiavano all'architettura del Duomo, del Battistero, di S. Paolo in Ripa d'Arno in Pisa, di S. Michele e di S. Martino in Lucca.

Contemporaneamente si elevò l'altro frontone, si costrusse l'abside corrispondente alla navata longitudinale e s'eresse la bella torre campanaria. Più tardi nel XIII secolo si affrescarono le pareti absidali e si esegui il portichetto, una costruzione originale che non ha riscontri nelle chiese di Toscana.

Questo portichetto fu il canto del cigno dell'arte toscana in Saccargia. Allontanati i camaldolesi, sparirono i vigili ed intelligenti custodi del sentimento artistico che avea inspirato le costruzioni di Saccargia, Caddero le brunite mura del monastero e la sfarzosa chiesa diventò, com'è presentemente, una filiale della parrocchia di Codrongianus. Abbandonata per tanti secoli alla mercè di contadini, nella sala della chiesetta si costrussero altarini di stucco, pulpiti di legno e collocaronsi quadri più che mediocri.

E fu ventura ch'essi non potevano disporre d'adeguati mezzi, giacchè indubbiamente le loro velleità artistiche sarebbensi manifestate con costruzioni ed aggiunte ben più perniciose per il monumento. Le [p. 176 modifica]misere condizioni dei nostri paesi la salvaguardarono da irrimediabili manomissioni; si murarono, è vero, le colonnine del portico, si chiusero diverse aperture, si lasciò che gli uragani asportassero le colonnine e che le acque consumassero tratti di cornice, ma le linee decorative e costruttive rimasero integre. Rimesse le colonnine ove mancavano, aperte le arcate e le finestre del campanile e tolte le murature in cui erano internate le colonne del portico, le antiche e belle forme rifulsero di nuovo, senza che mai abbia cessato dal sorridere la madonnina dell'abside da che l'artista, al quale il pennello mal si prestava alle concezioni di un'arte più giovane C più vera, l'avea dipinta sulle liscie pareti.


Codrongianus.
Chiesa della S.S. Trinità di Saccargia.
(interno).

  1. Fara, The Choreographia Sardiniae, pag. 81.