Storia dell'arte in Sardegna dal XI al XIV secolo/Capitolo XI.

CAPITOLO XI.

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Capitolo X. Capitolo XII.

[p. 177 modifica]Borutta — Chiesa di S. Pietro di Sorres e rovine della Canonica


CAPITOLO XI.

LA CATTEDRALE DI S. PIETRO DI SORRES.


Un impenetrabile mistero avvolge l'origine le vicende della Chiesa di S. Pietro di Sorres; non si conosce nè il nome dell'architetto, nè l'epoca in cui venne costrutta.

Essa sorge isolata fra le rovine della canonica nella sommità di una collina che domina la vallata, in cui si svolgono le bianche casette di Torralba, Bonannaro e Borutta.

Non un avanzo che indichi l'antica città di Sorra, sparita quasi per incantamento nelle terribili lotte, sature d'odi e di rancori, che imperversarono nell'isola agli scorci del XV secolo.

Essa fu la cattedrale della diocesi Sorrense, di cui un vescovo Alberto, il primo della scrie storicamente accertata, comparisce nella donazione della Chiesa di S. Nicolò di Trullas, precedentemente menzionata. Egli col consenso di Costantino e Marcusa conferma la donazione nel 1113: Ego Albertus episcopus Soranae ecclesie confirmo et subscripsi1.

In diplomi posteriori sono ricordati i vescovi Giacomo, Giovanni, Agostino [p. 178 modifica]ed altri delle serie che si chiude con Giacono di Podio, morto nel 1505. Con bolla di Giulio II del 8 Dicembre 1503 la diocesi di Sorres venne soppressa.

Ma queste ed altre notizie, se attestano dell'antichità della diocesi e della sua chiesa, non ci danno elementi per poter stabilire, anche in via di congettura, l'origine di una delle più belle chiese medioevali d'Italia.

Le notizie sulle condizioni della diocesi Sorrense, quali furono al XV secolo, si conoscono estese e particolareggiate, essendoci pervenuto un codice Sorrense in cui sono narrati gli avvenimenti più importanti ad essa riferentisi, gli ordinamenti e le consuetudini regolanti la vita monastica dei canonici.

Questo codice è certamente interessantissimo come testo della lingua logudorese, perchè getta uno sprazzo di luce sulle costumanze e sulle condizioni del clero sardo nel medioevo, ma per la storia del monumento non ha interesse alcuno, non dandoci non una notizia, non una traccia per riandarne le vicende.

La Chiesa di S. Pietro di Sorres, una delle più complete e leggiadre costruzioni medioevali, ha in sè l'espressione della solidezza statica ed in pari tempo la scioltezza del movimento e dello slancio.

La regione circostante la collina di Sorres fu testimone ed oggetto di grandi svolgimenti geologici.

Presso Cheremule si trova un cratere spento e le colate vulcaniche sono così ben definite da sembrare consolidate da poco. Queste colate basaltiche si estendono per tutta la regione e si alternano a giacimenti di calcare conchiglifero ed a strati di calcoschisti.

Queste colate e stratificazioni permettono di disporre in una spazio relativamente ristretto di una grandissima varietà di pietre: calcoschisti grigi, teneri e facilmente decomponibili, calcari bianchi ed infine trachiti di diversi toni, dal nero cupo al verde ed al rossiccio, di diverse durezze, da quella leggiera come pomice ai basalti più duri.

Fu quest'abbondanza di materiali lapidei che permise ai costruttori della Chiesa di S. Pietro di Sorres di metter in esecuzione quanto potea loro sorridere nella concezione di un'opera che dovea rivaleggiare con le più belle costruzioni dell'epoca.

Ignorasi se precedentemente all'attuale fosse altra chiesa: l'iniziarsi la serie storicamente accertata dei vescovi con Alberto del 1113 fa [p. 179 modifica]presumere che ciò non sia. Ad ogni modo è certo che nell'altipiano di Sorres non esiste traccia di costruzione anteriore, non un frammento nei muri della chiesa e dell'annessa canonica che abbia appartenuto ad altro edificio.

Borutta — Chiesa di S. Pietro di Sorres (facciata).

La bella chiesa sorse tutto di getto quale la concepì il valente artefice che la disegnò.

Essa è a tre navate con due serie di pilastri in pietra concia, sui quali s'impostano le arcate a tutto sesto. Unico esempio in Sardegna, ha la navata centrale coperta da volte a crociera invece che da cavaletti a vista. Queste volte di una certa ampiezza poggiano sui pilastri e [p. 180 modifica]sono separate le une dalle altre da arcate in pietra da taglio. In corrispondenza alle volte della navata centrale sono le voltine, egualmente a crociera, delle navate laterali, separate ancor esse da archi impostantisi sui pilastri isolati e su lesene incassate nelle murature.

Il vano della chiesa è piuttosto ristretto, ma l'architetto, elevando gli svelti pilastri a filari alternati, svolgendo le arcate a cunci di trachite rossa Oscura e di calcare bianco e gettando le volte con piccoli conci di pietra vulcanica leggerissima, seppe creare un'insieme così organico con un succedersi di arcate, di volte e di pilastri da render l'illusione, per chi esamini l'interno, che si stia in un tempio molto più vasio e grandioso di quel che non sia realmente.

Meritevoli di studio sono i capitelli dei pilastri, alcuni sagomati ed altri decorati con ornamentazioni floreali, che, squisitamente eseguite in calcare morbido, si conservano tanto bene da sembrare uscite da poco dal cantiere degli ornatisti.

La navata centrale è terminata dall'abside circolare, in cui la parete è rivestita con cantoni in pietra da taglio. L'interno della chiesa di Sorres non fu nè concepito, nè eseguito per esser affrescato ed infatti non lo fu mai, conseguendosi invece effetti grandiosi ed eleganti coll'alternatività dei filari bianchi e scuri e colle diverse strutture dell'edificio, messe in rilievo con maestria di forma e di tecnica.

Niente di falso, di superficiale in questa costruzione, in cui ogni elemento costruttivo rifulge da sè senza appiccicature di ornati, di sagome e d'altra forma decorativa.

Splendido esempio di quell'architettura organica a volte che segnò la più spiccata divergenza fra le forme costruttive delle basiliche paleocristiane e quelle delle chiese lombarde, l'interno della Chiesa di Sorres offre tale armonia di proporzioni, da indurci a ritenere che ad erigerla venisse chiamato uno dei più valenti architetti dalla fiorente scuola pisana.


Fino a pochi anni or sono davanti l'apertura dell'abside elevavasi una grande ancona che raggiungeva la sommità dell'arco e che con elegante e gotica architettura in legno riquadrava mediocri ed alterate pitture su tavola, ma per esser l'ossatura di legno marcita in modo da non poter resistere ulteriormente e da non potersi consolidare se Don rinnovando per più di due terzi le gotiche cornici la si rimosse dispo[p. 181 modifica]nendo gli scomparti pittorici sulle pareti. Così si potè liberare l'abside, terminante nobilmente, secondo il concetto dell'architetto, la navata centrale e mettere in evidenza l'antico altare.

Questo è un modello squisito, che non si può immaginar più semplice ed in pari tempo più elegante. È formato da una tavola lapidea sostenuta Borutta — Chiesa di S. Pietro (abside).da quattro colonnine, aventi i capitelli squisitamente lavorati con forme ioniche.

Nella parete della navata laterale a destra, sostenuto da due mensole, è un piccolo sarcofago, avente in un lato l'effigie di un vescovo. È un lavoro mediocre del XIII secolo in cui le piccole dimensioni inducono a ritenere che esso sia stato un postumo omaggio dei canonici di Sorres [p. 182 modifica]a qualche illustre e venerato presule della diocesi. Forse, molto tempo dopo il decesso, si volle onorarne la memoria con un monumento figurato ed a questo scopo si tolsero le spoglie dalla primitiva sepoltura per deporle, ridotte in un cumulo d'ossa, nel piccolo sarcofago scolpito.

Nella chiesa esiste ancora un rozzo sarcofago ricavato da un masso monolitico di calcare, che ha ad un lato grafita una croce vescovile. Non è improbabile che questo raccogliesse gli avanzi del vescovo effigiato nella Chiesa di S. Pietro.

Addossato ad un pilastro presso il presbiterio è un pulpito di vaga fattura. Esso è posteriore alla costruzione della chiesa, come può desumersi dai tagli eseguiti nel pilastro per collocarlo a sito e dalle linee decorative, inspirate a quel gotico sobrio e squisito che fiorì in Toscana nel XIV secolo, prima che trascendesse a quelle forme ricche si, ma triste e monotone, che si vollero chiamare smaglianti e che in fondo rappresentano una degenerazione del puro gotico primitivo. Il pulpito ha le forme sobrie e corrette di quest'architettura, che certo fu poetica e suggestiva in sommo grado e di cui è inarrivabile esempio la Chiesa Abbaziale di S. Galgano in territorio di Siena.

Il pergamo è di forma quadrangolare ed è sostenuto da arcate trilobati poggianti su fasci di colonnine dai capitelli goticamente intagliati. Le lastre del parapetto sono vagamente decorate a meandri ed intrecci goticamente disegnati ed inclusi in cerchi. Nella lastra del parapetto, posta di fronte alla navata principale, è scolpito il simbolico agnello sostenente la croce.

Agli angoli sono quattro colonnine con capitellini delicatamente scolpiti con arte gotica.

Il presbiterio è sollevato di tre gradini dal piano della chiesa e tuttora sono a posto le chiudende presbiteriali. Sopra la gradinata stanno ritte due transenne, in cui un delicato artefice esegui in leggiero rilievo vaghissime e minute ornamentazioni. È una finissima merlatura ricavata nel calcare schistoso, a cui originariamente dovean dare mirabili effetti policromi gl'intarsi di marmi e di porfidi preziosi. Ricorda le lastre della vasca battesimale del Battistero di Pisa.


Se l'interno è ammirevole per gli effetti prospettici, che l'architetto seppe trarre con pochi mezzi, e per la finitezza dell'esecuzione inspirata [p. 183 modifica]Borutta — Chiesa di S. Pietro di Sorres (facciata e fianco). [p. 184 modifica]a sentimenti d'arte ed a raziocinio di scienziato, l'esterno colpisce per la ricchezza delle ornamentazioni e per la integrità delle strutture decorative che oggi sono quali furono or sono ottocento anni, senza manomissioni, senza un'aggiunta, senza una modifica, senza restauri all'infuori di quei lievissimi che nel 1895 furono eseguiti sotto la mia direzione per cura del Ministero dell'Istruzione Pubblica e ch'ebbero unicamente lo scopo di consolidare alcune parti crollanti e di rimettere qualche colonnina mancante.

E quest'integrità non è disturbata da alcun fabbricato vicino, sorgendo la chiesa fra le rovine della canonica medioevale che rendono ancor più suggestivo l'ambiente, lungi da ogni centro abitato, con un paesaggio per sfondo che poco deve differire da quello che era, quando gli artefici di Pisa innalzarono il bel tempio.

La facciata di S. Pietro in una prima impressione ricorda per il materiale e per la struttura generale la Chiesa di S. Maria del Giudice in quel di Lucca, pur essendo a questa di molto superiore per grandiosità di linee, per accuratezza e per delicatezza d'esecuzione.

Essa è divisa in quattro ordini, il primo dei quali comprende cinque arcate d'ampiezza classica impostantisi su pilastrini gentilmente sagomati oppure ornati con forme greco-romane, rese Con arte e con tecnica medioevale.

L'influenza classica si estrinseca non solo in queste false arcate ma anche nelle modanature, nelle ornamentazioni a fogliami, nelle basi atticamente sagomate e più che altro nella porta architravata a fil di muro senza le cordonate concentriche e decrescenti, di cui si compiacque l'architettura romana e di cui rilevammo un interessante esempio nella porta principale della Basilica di S. Gavino di Torres.

Le lunette degli archi sono abbellite con le ornamentazioni a rombi degradanti ed a rose, che l'architettura pisana tolse da forme bizantine.

Il portale è di belle proporzioni e di un certo effetto, che l'architetto seppe trarre con pochi elementi decorativi e giovandosi dell'arcata centrale e dei pilastrini, per inquadrarne nobilmente l'apertura.

Due piedritti monolitici di trachite con capitelli sagomati, usati come sottomensole, sostengono l'architrave, ancor esso monolitico, sopra il quale si svolge, sempre a fil di muro, un arco di scarico in cui i cunei di calcare bianco s'alternano con quei di trachite nera.

Anche quì è da rilevare il diverso spessore dell'arcata alle imposte [p. 185 modifica]ed alla chiave, ottenuto mediante l'eccentricità di essa rispetto all'arco dell'intercolonio. Lo sfondo della lunetta è di trachite nera ed in esso campeggia una croce chiara ottenuta con conci di calcare.

Il secondo ordine componesi di sette arcate, poggianti sulle due pilastrate d'angolo, su quattro colonne e su due pilastrini. Le arcate in questo secondo ordine si restringono e le colonnine s'accorciano, mostrandoci gli adattamenti delle forme classiche alla penetrazione romanica delle piccole gallerie.

Anche in queste arcate le lunette sono decorate con rombi degradanti, con rose, con stelle incluse in cerchi e con intrecci intarsiati. Borutta — Chiesa di S. Pietro di Sorres (planimetria).L'arcata centrale inquadra una bifora, in cui due archi impostano su un architrave, sostenuto da due colonnine invece che da una sola con pulvino. Abbiamo adunque una variazione degna di rilievo del motivo architettonico generalmente usato nell'architettura bizantina e seguito poscia dagli architetti romanici.

Anche questo secondo ordine è di belle proporzioni e di bell'effetto, ma sarebbe stato più gradevole se invece dei massicci pilastri intermedi l'architetto avesse collocato due colonnine come per le altre arcate. È innegabile che la leggerezza e l'armonia della galleria è rotta bruscamente da questi pesanti pilastri. E poichè l'architetto, che di segnò ed indubbiamente diresse i lavori di S. Pietro, fu artista di gusto. [p. 186 modifica]la presenza di questi due pilastri non può spiegarsi se non con ragioni statiche e costruttive. Forse al costruttore non sembrò prudente che sopra esili colonnine impostassero due arcate, sulle quali parzialmente vanno a gravitare i pilastri angolari della navata centrale.

È da notarsi che nei due mezzi frontoni, indicanti le inclinazioni delle coperture delle navate laterali, la linea ascendente non è seguita dalla galleria con variazione nelle altezze delle colonnine come negli edifici di Pisa, ma si svolge invece tutta quanta orizzontale fra due fascie sagomate.

Borutta — Chiesa di S. Pietro di Sorres (pulpito).Ciò, se depone dell'influenza classica sullo svolgimento delle forme toscane nell'isola, ancor più intensa che nella terra d'origine, rende però monotone le linee architettoniche della facciata, pregevole per tanti altri rispetti.

Al terzo ordine corrispondente alla navata centrale tre arcate s'impostano sui pilastri angolari e su due mensoloni sporgenti dal muro. Abbiamo quindi una discontinuità nella forma delle gallerie, ma questa non fu nel concetto dell'architetto c probabilmente neanche nella facciata originaria.

A ritenere ciò si è indotti non solo per criteri stilistici, ma anche per certe circostanze di fatto che si fu in grado di rilevare, quando eseguironsi i lavori di restauro. I due mensoloni, su cui impostansi gli archi, oltre ad esser di una qualità di calcare differente da quello delle altre parti decorative, sono rozzamente scalpellati e palesano nell'artefice incapacità di disegno e di lavorazione, mentre tutte quante le forme ornamentali della chiesa, sia nelle cornici vagamente intagliate, sia nei capitellini di gusto classico, sia nelle transenne del coro, eccellono per un'esecuzione delicata e stilisticamente accurata, che attesta una maestranza di valenti ornatisti, alla quale certamente non dovette appartenere il grossolano esecutore delle due mensole. [p. 187 modifica]

Sono certo di non errare, asserendo che anche in quest'ordine le false arcate in origine impostavano su colonnine, che, rimosse o cadute posteriormente, vennero sostituite per economia con due rozze mensole.

Anche negli sfondi di queste arcate abbiamo le solite ornamentazioni ad intarsio.

Il frontone è assolutamente liscio, ed il paramento a filari alternati di trachite scura e di calcare bianco è rotto unicamente da una finestrina circolare.

Questa interruzione nel motivo ascendente delle gallerie è in stri- dente contrasto colla struttura architettonica e decorativa della rimanente facciata. È inconcepibile che l'architetto, dopo aver profuse le grazie più squisite dell'ornamentazione nei tre sottostanti ordini, siasi limitato agli effetti dell'alternatività dei filari nel fastigio, proprio in quella parte, in cui solitamente il costruttore acuisce il suo ingegno e svolge le sue attitudini artistiche.

Scartato che questa semplicità sia voluta ad arte, giacchè dimostrerebbe nel costruttore cattivo gusto, mentre tutto mostra il contrario, presentansi le seguenti due ipotesi: la facciata non venne ultimata, od ultimata, venne deturpata togliendo i partiti architettonici e decorativi svolti nel frontone.

Io ritengo più attendibile quest'ultima, giacchè la chiesa è finita nei suoi minimi dettagli tanto all'interno quanto all'esterno e non è ammissibile che gli artefici, che curarono con una diligenza, non scemata da alcun preconcetto di sospensione, anche le particolarità delle cornici di coronamento della navata centrale, non avessero già eseguite le decorazioni del frontone.

Di più, abbiamo il frontone posteriore sovrastante l'abside, che non solamente convalida l'ipotesi da noi sostenuta, ma ci dà il modello delle false arcate che doveano svolgersi nel frontone della facciata con archi ascendenti secondo la pendenza del tetto ed impostantisi su colonnine di differente altezza.


Le forme architettoniche della facciata di S. Pietro di Sorres risentono più che gli edifici di Pisa le tradizioni latine. Le cinque false arcate del primo ordine ricordano il classico intercolonio della basilica di S. Miniato; le pendenze delle gallerie, mercè le diverse altezze delle [p. 188 modifica]Borutta — Chiesa di S. Pietro di Sorres.
1) Cornice dei muri della navata centrale — 2) Cornice dei muri delle navate laterali e dell'abside — 3) Pilastro nell'interno — 4) Pila — 5-6) Ornati ad intarsio — 7) Capitello nelle lesene della facciata — 8) Finestrina.
[p. 189 modifica]colonnine, sono eliminate quasi del tutto: le arcate sono ampie e la decorazione s'uniforma all'ornato classico.

Essa è notevole sovratutto per il gusto e per l'eleganza degli ornati che paiono scolpiti col fiato più che collo scalpello.

Chi si fa pur tuttavia a riguardare quest'edificio, pregevole per le forme ampie e severe e per la squisita decorazione, non può non trovare di sgradevole effetto l'eccessiva l'altezza della parte inferiore a confronto della navata centrale. Manca alla facciata ed alla chiesa quello slancio di forme che si rileva nelle altre chiese medioevali ed in special modo in S. Giusta.

È d'avvertire però che a produrre quest'impressione molto contribuisce l'esser la facciata monca delle archeggiature del frontone.

Rimettendo col pensiero le forme decorative del frontone posteriore nel timpano della facciata e restituendo le colonnine alla galleria sottostante si ravviserà forse il monumento sotto altro e più gradevole aspetto, il quale in origine era reso più smagliante dalle ornamentazioni cosmatesche a finissimi intarsi di pietre e di marmi preziosi occupanti come nei monumenti di Pistoia gli spazi compresi fra le arcate e le fascie orizzontali.

Nei muri esterni delle navate laterali rompono il bel paramento in calcare, d'un tono caldo e simpatico per la bella patina, diverse finestrine feritoie ed una porta architravata all'uso toscano. Sulla sommità svolgesi la decorazione romanica di archetti pensili che poggiano su mensoline e che differiscono dalle archeggiature delle altre chiese medioevali della Sardegna per una maggior eleganza e ricchezza d'ornamentazioni. Le mensoline sono vagamente intagliate con arte finissima: sono cento motivi ornamentali che svolgonsi uno più geniale dell'altro. Gli spazi compresi fra le cornici di coronamento in calcare bianco e gli archetti sagomati ancor essi in calcare sono intarsiati con lastre di trachite nera. Negli sfondi delle lunette l'artista si sbizzarri con intrecci geometrici, ottenuti con intarsio di lastrine trachitiche scure sul fondo chiaro: sono rose, sono riquadrature stelle a punte, dischi e croci che spiccano leggiadramente sul bianco calcare.

La stessa archeggiatura svolgesi nell'abside in cui la cornice di coronamento è classicamente intagliata con ovoli e dentelli. Nei muri della navata centrale gli effetti di contrasto fra la pietra trachitica scura ed il calcare bianco, che sono appena accennati nei muri laterali e nell'abside, sono ottenuti estensivamente coll'alternatività di filari chiari e [p. 190 modifica]scuri. L'effetto è tanto più imponente in quanto questo contrasto si esplica sopra un basamento a tinte chiare, in cui qualche soutile filare di trachite timidamente comparisce nel terso paramento.

Ed anche qui può rilevarsi uno dei tanti ripieghi, di cui servivansi gli architetti medioevali per ottener effetti di eleganza sobria e scevra di monotonia: i filari non sono egualmente alti ma la loro altezza varia in relazione alle dimensioni dei filari di calcare bianco in modo d'aversi Borutta — Chiesa di S. Francesco di Sorres (finestra dell'antica canonica).un campo inegualmente suddiviso in cui il bianco predomina.

Nella sommità dei muri laterali della navata centrale abbiamo una diversione dalle solite forme decorative romaniche: non più l'archeggiatura che costantemente rilevammo nella nostra lunga disamina d'edifici medioevali, ma una cornice a denti di sega che non ha riscontri nella decorazione pisana e che ha invece molto analogia colle cornici del duomo di Murano, di Santa Fosca a Torcello e dell'ab side di S. Marco a Venezia.

Sotto la cornice sagomata svolgesi il fregio, in cui sono questi intarsi triangolari ottenuti con lastrine di trachite sul calcare. La cornice ed il fregio sporgono dal vivo del muro e paiono sostenuti da una serie di mensoline elegantemente intagliate. Genialmente risolta ci apparisce la difficoltà della sporgenza della cornice agli spigoli dei muri mediante ben congegnate mensoline d'angolo. Boruta Chiesa di S. Pietro di Sorres finestra dell'antica canonica.


Alla grande corte della canonica di una signorilità unica prospettano finestre di squisita eleganza. ottenuta con l'alternatività dei cunei calcarci e trachitici. Contorna l'arco di ciascuna apertura una [p. 191 modifica]fascia intarsiata vagamente con lastrine di trachite rossiccia su fondo chiaro.

Questi rilievi costruttivi e stilistici ci permettono d'assegnare l'ere zione della chiesa all'epoca di maggior risveglio artistico nell'isola, cioè al XII secolo. Probabilmente essa devesi al giudice Costantino di Torres, che fu sovrano molto avveduto e largo verso il clero e verso gli ordini monastici per l'influenza della consorte Marcusa, che la storia ricorda come sovrana oltremodo pia e devota.

A questo giudice dobbiamo la costruzione delle altre due chiese di Saccargia e di Tergu e non è improbabile che con eguale sentimento elevasse la Cattedrale di Sorres, che colle altre due ha molte analogie stilistiche e, come queste, distinguesi per la bellezza e l'eleganza delle ornamentazioni.


Borutta — Chiesa di S. Pietro di Sorres (portale).

  1. Tola, Codex Dipl. Sard., Sec. XII, pag. 191.