Racconti sardi/Di Notte/III

III.

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Di Notte - II Di Notte - IV
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III.


Elias tacque un momento, quasi ancora oppresso dal ricordo di quella triste notte, forse [p. 26 modifica]confrontandola con la notte, più triste ancora, che trascorreva.

— Prosegui! — disse Simona. Il suo accento non era più feroce, i suoi occhi stavano fissi al suolo e tutta l’espressione truce del suo volto andava sfumando insensibilmente. Elias se ne accorse e sussultò di speranza, poi riprese:

«Quando rinvenni era giorno alto. Mi trovai steso in un letto caldo, in fondo a una cucina grandissima, nel cui centro, nel focolare di pietra, ardeva un enorme fuoco il cui tepore giungeva sino a me. Dalla quantità delle stoviglie e delle masserizie che arredavano la cucina arguii di trovarmi in casa di gente benestante; una ragazza preparava il pranzo accanto al focolare e al suo costume la riconobbi per fonnese. Dunque ero a Fonni!... Chi mi ci avea trasportato? Chi mi aveva salvato?... Che differenza fra il mio stato di dieci ore prima e il presente! fra il letto di neve, sotto il cielo nero e la nebbia, con la morte allato, e il letto caldo in cui mi svegliavo, e la bella ragazza che mi stava vicino, forse spiando il mio ritorno alla vita!...

«Si, proprio una bella ragazza! Quando, accortasi di me, mi si accostò, la guardai meravigliato, chiedendomi se non era una visione. Non avevo mai visto una bellezza simile; solo la nostra Madonna del Latte dolce, nei giorni di festa.

«Così gli occhi grandi e neri, così i capelli, così la pelle color di rosa, la bocca piccola, il [p. 27 modifica]naso profilato, il collo lungo bianchissimo, la persona tutta, infine, tutta...

«Aveva una gonna sola, stretta, che le disegnava le anche ben fatte, e lasciava vedere i piccoli piedi calzati da scarpette piene di fiocchi, un corsetto nero di albagio, e il piccolo busto slacciato sulla camicia bianchissima, sotto le cui pieghe si modellava il seno nascente, perchè la fanciulla poteva avere al più diciotto anni.

«Se faccio tutti questi particolari, — proseguì Elias mentre gli occhi di Simona riprendevano il cupo lampeggiamento di prima, indovinando nella bella fanciulla fonnese la donna che le aveva rapita l’intera felicità della sua vita — è per spiegare in qualche modo la causa primiera del mio traviamento.

«Io dunque la guardavo incantato, e mentre essa mi accomodava le coperte sulle spalle un brivido mi passò per tutta la persona. Ahimè, lo confesso, in quel momento avevo scordato la bufera della notte, il mio cavallo morto fra la neve, le castagne perdute, la causa per cui mi trovavo in quel letto...

«— Come stai?.. — mi chiese la fanciulla tastandomi il polso. Son già cinque ore che tu vaneggi!.. Come ti chiami?

«— E tu?.. domandai io con voce rauca.

«— Dove sono?..

«— In casa mia! Mi chiamo Cosema P...

Stanotte il mio servo che passava per la [p. 28 modifica]montagna ti trovò, quasi morto, sulla neve. Ti prese sul suo cavallo e ti portò qui. Sei a Fonni sai! Dopo molte cure, rinvenisti verso le cinque di questa mattina, ma subito ti assalì la febbre e il delirio, sicchè non potei sapere chi tu fossi. Al tuo vestire credo che tu sii del villaggio di A..., ma non so chi tu sei!..

«Le raccontai la mia storia, non tacendole il motivo del mio viaggio e le mie prossime nozze con Simona.

«— Devi esser ben povero se, per comprare gli anelli, ti vedesti costretto a intraprendere un viaggio così!... — mi disse Cosema fissandomi coi suoi grandi occhi neri lucenti.

«— No, — risposi, — non sono tanto povero! Ho un chiusetto piantato a castagni che mi rende venti studi ogni inverno, ed ho buone mani per lavorare! Ma è neccessario che vada a Nuoro di tanto in tanto per vendere i miei prodotti. Ho anche il carro e i buoi, e il cavallo e la casa... non sono povero, no. E anche Simona mi porterà qualche cosa...

«Parlammo così lung’ora, con la massima confidenza, quasi ci fossimo conosciuti da molto; e Cosema, a sua volta, mi disse che era orfana e ricca. Amministrava da sè, essendo pochi mesi prima morto il suo tutore, e aveva una serva e due servi, uno contadino e l’altro, quello che mi aveva salvato, pastore. Possedeva la casa, un orto grandissimo, una tanca e molto bestiame. [p. 29 modifica]

«Quando mi volli levare, me lo impedì, dicendomi ch’ero malato e che il medico, chiamato la notte al mio letto, aveva ordinato di non lasciarmi non solo ripartire, ma neppure levare. — E restai! — Peppa, la serva, sopragiunta, mi diede una scodella di brodo e mi ripetè tutto ciò che la padrona mi aveva detto, compreso l’ordine del medico.

«Infatti il freddo e la febbre non tardarono a ricomparire; una febbre gagliarda che mi faceva ballare nel letto, che sconvolveva tutto a me intorno, in un vortice pazzo e vertiginoso. Rimasi così, tra la vita e la morte, per una settimana.

Nei lucidi intervalli pregavo Cosema di mandare a dire a Simona il mio stato per rassicurarla sulla mia tardanza, e la ragazza mi diceva sempre di sì, scongiurandomi a star tranquillo. — In quelle ore di sofferenza e di spasimo pensavo sempre a Simona, ma i miei occhi, il mio pensiero sconvolto dalla febbre vedevano Cosema, Cosema bella che andava di quà e di là per la cucina, in punta di piedi per non disturbarmi, che si chinava sovente sul mio letto, posandomi sulla fronte la mano bianca e fresca, che vegliava intere notti al mio capezzale, magnetizzandomi coi suoi occhi di bambina innocente e per ciò più pericolosa.

«Tutte quelle cure, quelle attenzioni che mi dava, senza quasi conoscermi, mentre destavano in me la più profonda delle riconoscenze, mi facevano pensare con dispetto alla strana [p. 30 modifica]indifferenza di Simona, la mia fidanzata che non dava segno di vita mentre io morivo lontano dal mio paese, morivo per causa sua e pensando a lei! È vero che anche gli altri miei parenti non si facevano vivi... ma io non badavo a loro, non pensavo a loro...

«Dopo una settimana cominciavo a sentirmi meglio e il medico mi disse che fra otto o nove giorni sarei stato in grado di ritornarmene al mio villaggio. Pensavo con dolore al cattivo esito del viaggio e al ritardo delle nostre nozze; il cavallo e le castagne non s’erano potute rinvenire, benchè Cosema avesse mandato il servo per la montagna. Una notte procellosa come quella in cui m’ero smarrito, allorchè sentii la porta della cucina aprirsi leggermente ed entrare una persona che sulle prime non distinsi bene.

«Poteva essere mezzanotte. Il vento romoreggiava sopra il letto e copriva ogni altro romore umano. Nel focolare il fuoco coperto di cenere mandava di tratto in tratto una fiammata azzurrognola che illuminava debolmente la cucina. A quel chiarore incerto credetti riconoscere Peppa nella persona entrata e pensai che venisse ad assicurarsi se stavo bene e se dormivo. Finsi di dormire, ma con gli occhi semi chiusi.

«La ragazza si avvicinò in punta di piedi al mio letto e si fermò, guardandomi a lungo, con gli occhi sfavillanti nella oscurità. Un tremito mi invase tutto, mio malgrado... [p. 31 modifica]

«Non era Peppa quella, no, era Cosema...

«Che mai voleva? Perchè mi guardava così? Perchè tremavo tutto sotto il suo sguardo?

«A un tratto si chinò su di me e mi baciò!..

«Le sue labbra ardevano come bragie ed io sussultai quasi m’avesse toccato un ferro rovente. Credendo d’avermi svegliato Cosema diede un passo indietro e andò leggermente a sedersi accanto al focolare. Ma io non mi mossi e continuai a fingermi dormito. Rassicurata, Cosema, rimuginò il fuoco e chinò il capo sulle braccia conserte sui ginocchi. Mi sembrò che piangesse... Non saprei dirvi ciò che intanto accadeva entro di me, ma certo avevo dimenticato il cavallo, le castagne e le nozze. Il bacio di Cosema mi ardeva il volto e mille confusi pensieri passavano nel mio cervello.

«Era un sogno dunque? Che significava ciò? Che Cosema si fosse innamorata di me, così, in pochi giorni, lei così bella, così giovine e ricca? Di me estraneo, sconosciuto, ch’ella sapeva promesso ad un’altra donna?...

«Non potevo credere ai miei sensi, ma intanto vedevo la bella fanciulla là, nella penombra, piangere silenziosamente, e la mente mi si sconvolgeva, e il sangue mi ardeva instintivamente. Mio Dio, mio Dio, che tentazione! Se Cosema mi avesse ribacciato, m’avrebbe perduto, non ostante tutti i miei propositi.

«Però essa si ritirò senza neppure guardarmi. [p. 32 modifica]

«L’indomani la vidi pallida e con gli occhi rossi, ma non le dissi nulla. Solo, in un momento in cui non c’era mi vestii e mi assisi accanto al fuoco e quando essa entrò le dissi che volevo partire.

«— Hai ragione, — rispose essa con freddezza. — Ti abbiamo molto mal trattato, e certo non vedi l’ora di andartene.

«— Dio ne guardi! — gridai io. — Anzi avete fatto tutto ciò che io non meritavo! Mi avete salvata la vita ed io me ne ricorderò sempre.

Voglio andarmene per togliervi il disturbo. Ah, Cosema, cosa hai tu detto! Ma mi prendi per un animale? Io non so cosa fare per sdebitarmi di tutto ciò che ti devo. Parla; chiedimi ciò che tu vuoi e farò tutto per te...

«Non avevo ancora ben pronunziate queste parole che già me ne pentivo, perchè vidi gli occhi di Cosema brillare di gioia. Ah, se mi avesse chiesto l’impossibile... di amarla...

«— Allora rimani finchè sarai ben guarito! — rispose ella. — Rimasi. Tanto più che mi sentivo incapace di intraprendere il viaggio, così debole, e col tempo pessimo che regnava. Ma non mi sentivo tranquillo e un presentimento mi diceva che avrei finito col cedere alla misteriosa seduzione di Cosema. Lottavo con tutte le forze, ma l’immagine della bella ragazza, per lo più reale, s’imponeva al mio pensiero e il ricordo del suo bacio mi faceva tremare più della febbre. [p. 33 modifica]

«Invano pensavo intensamente a Simona, al suo stato, alle mie sacre promesse: quando più forte era la mia decisione, ecco Cosema lì, davanti a me, affascinante, bella, che mi incantava col suo sorriso, col suo sguardo fisso nel mio, col quale mi diceva tante cose che non osava esprimermi a voce. — Signor Iddio! che spasimi, che tentazioni, che guerra! Piangevo come un bambino, e più di una volta, nella notte fonda, mentre imperversava la procella, fui per fuggire da quell’inferno, dicendomi ch’era meglio morire fra i monti, che vivere così. Perchè mi avevano salvato? Perchè?...

«Il dolore interno accresceva il mio male; avevo la febbre nel sangue e nel cervello e mi pareva di odiare Cosema a cui dovevo tanto; Cosema che ogni notte veniva a darmi il solito bacio, all’oscuro. Così non poteva durare. Finii col credere che tutto fosse un sogno, un’opera del demonio, e fisso in quest’idea decisi di accertarmene. Non l’avessi mai fatto!...

«Una notte, mentre Cosema mi baciava, le afferrai le mani e spalancando gli occhi la fissai alla luce incerta del fuoco. Ella non disse nulla, ma tremò tutta e aspettò che parlassi.

«— Cosema... che vuol dire ciò?.. — chiesi severamente.

«Essa si lasciò cadere in ginocchio e nascondendo il volto fra le mani mormorò: — Perdonami!... T’amo da morirne!... [p. 34 modifica]

«Anch’io cominciai a tremare; pure, facendo il forte, esclamai:

«— Che hai tu detto? Ma non sai che sono ammogliato?...

«— Non è vero!.. So tutto... So che sei fidanzato e so lo stato in cui si trova Simona... Però so anche che tutto il villaggio dice che tu non sei il solo padre di...

«— Cosema! — gridai fuori di me. — Non calunniare nessuno! Dimmi che m’ami, che mi vuoi... ma non calunniare...

«— Dico ciò che ho inteso. Ma non gridare così! Peppa potrebbe svegliarsi e accorgersi di tutto.. Non perdermi perchè t’amo!...

«Era così supplichevole che, abbassando la voce, le chiesi fremendo la spiegazione delle sue orribili parole. E lei mi raccontò mille storie che non ricordo bene, che non sentivo bene, ma dalle quali emergeva chiara per me una sola cosa. Che io ero mistificato in una guisa infame e che Simona non m’amava, ma lo fingeva per coprirsi di una colpa di cui non io solo era il complice... Oh, che orrore, che orrore!

— Che miserabile!.. esclamò Simona, interrompendo il racconto di Elias, livida in volto, agitando le braccia. Ma Tanu, il fratello, che la pensava diversamente, ascoltando Elias con un sorriso acre d’incredulità, sicuro che tutto il racconto era una fiaba, la calmò a stento, e disse beffardo: [p. 35 modifica]

— Prosegui e sii più breve...

«— Sarò breve. Cosema mi promise delle prove, poi, tutto ad un tratto, si mise a piangere disperatamente, singhiozzando.

«— Ebbene, — chiesi io sorpreso, — e ora perchè piangi?..

«In realtà, non potevo trattenermi neppur io, e un nodo mi serrava la gola. Credevo e non credevo a ciò che Cosema m’aveva detto e mentre sentivo una pazza voglia di schiaffeggiarla, avrei voluto baciarla dicendole: T’amo, e disprezzo Simona!..

«— Perdonami... perdonami... — ripeteva essa con la voce rotta dal pianto. — So che non puoi amarmi, che ami quella... Perdonami se non ho potuto resistere... ma ti amo tanto... ma sento morirmi... ma se tu non avrai pietà di me accadrà qualcosa di fatale......

«— Cosema, Cosema, — le dicevo io, — come puoi tu amarmi? Io sono povero, e i tuoi parenti, anche se io t’amassi, non acconsentirebbero.

«— Io non ho parenti! Son padrona di me e farò ciò che mi piacerà. Ma tu non puoi, non vuoi amarmi, tu ami quella... — e accentava con disprezzo la parola quella, — tu mi lascierai morire...

«— Oh, Elias, se tu sapessi come soffro! Ti ho amato dal primo vederti e subito mi accorsi che la tua entrata in casa mia doveva portarmi [p. 36 modifica]la morte! Ma io non ti chiedo nulla, nulla. Se vuoi andartene vattene, ma ricordati di me... Fa conto di non aver inteso nulla dalle mie labbra e sposa Simona, ma quando sarai infelice rammentati che io sono più infelice di te.

«Così Cosema parlò lung’ora, sempre china su me, bruciandomi il volto col suo alito ardente, bagnandomi le mani con le sue lagrime. Non sapevo in qual mondo mi fossi e mi morsicavo le labbra, rattenendo a stento il pianto e le bestemmie che in pari tempo mi salivano dal cuore che mi saltava in bocca.

«Il fuoco si spense e rimanemmo all’oscuro.

«— Addio, addio!... disse Cosema. — Ora me ne vado. Domani partirai e non ci vedremo più. Ricordati di me, Elias, ricordati. Addio, addio... Vattene pure; io non ti chiedo nulla!..

«Non mi chiedeva nulla, ma intanto mi copriva il volto di baci e di lagrime; lagrime che parevano goccie di piombo liquido; baci lunghi, pazzi, che mi bruciavano le labbra, gli occhi, le guancie, che finirono col togliermi la ragione rimastami.

«— Cosema, — dissi con voce rauca, stringendole la testa fra le mani e ricambiandole i suoi baci, — t’amo e rimarrò!

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«Due giorni dopo, — conchiuse Elias, — un prete venne in casa di Cosema e ci sposò, [p. 37 modifica]segretamente. Io avevo sempre la febbre e operavo automaticamente, senza quasi avvedermi di nulla.

«Lo stesso giorno si fecero le pubblicazioni e tre settimane dopo davanti alla legge ero per sempre legato a Cosema. Sicchè, quando passati i primi ardori, ritornai in me, e mi avvidi del mal fatto, e mi convinsi che le voci correnti sul conto di Simona erano vere calunnie, era troppo tardi! — »