Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 26 — |
confrontandola con la notte, più triste ancora, che trascorreva.
— Prosegui! — disse Simona. Il suo accento non era più feroce, i suoi occhi stavano fissi al suolo e tutta l’espressione truce del suo volto andava sfumando insensibilmente. Elias se ne accorse e sussultò di speranza, poi riprese:
«Quando rinvenni era giorno alto. Mi trovai steso in un letto caldo, in fondo a una cucina grandissima, nel cui centro, nel focolare di pietra, ardeva un enorme fuoco il cui tepore giungeva sino a me. Dalla quantità delle stoviglie e delle masserizie che arredavano la cucina arguii di trovarmi in casa di gente benestante; una ragazza preparava il pranzo accanto al focolare e al suo costume la riconobbi per fonnese. Dunque ero a Fonni!... Chi mi ci avea trasportato? Chi mi aveva salvato?... Che differenza fra il mio stato di dieci ore prima e il presente! fra il letto di neve, sotto il cielo nero e la nebbia, con la morte allato, e il letto caldo in cui mi svegliavo, e la bella ragazza che mi stava vicino, forse spiando il mio ritorno alla vita!...
«Si, proprio una bella ragazza! Quando, accortasi di me, mi si accostò, la guardai meravigliato, chiedendomi se non era una visione. Non avevo mai visto una bellezza simile; solo la nostra Madonna del Latte dolce, nei giorni di festa.
«Così gli occhi grandi e neri, così i capelli, così la pelle color di rosa, la bocca piccola, il