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«Invano pensavo intensamente a Simona, al suo stato, alle mie sacre promesse: quando più forte era la mia decisione, ecco Cosema lì, davanti a me, affascinante, bella, che mi incantava col suo sorriso, col suo sguardo fisso nel mio, col quale mi diceva tante cose che non osava esprimermi a voce. — Signor Iddio! che spasimi, che tentazioni, che guerra! Piangevo come un bambino, e più di una volta, nella notte fonda, mentre imperversava la procella, fui per fuggire da quell’inferno, dicendomi ch’era meglio morire fra i monti, che vivere così. Perchè mi avevano salvato? Perchè?...

«Il dolore interno accresceva il mio male; avevo la febbre nel sangue e nel cervello e mi pareva di odiare Cosema a cui dovevo tanto; Cosema che ogni notte veniva a darmi il solito bacio, all’oscuro. Così non poteva durare. Finii col credere che tutto fosse un sogno, un’opera del demonio, e fisso in quest’idea decisi di accertarmene. Non l’avessi mai fatto!...

«Una notte, mentre Cosema mi baciava, le afferrai le mani e spalancando gli occhi la fissai alla luce incerta del fuoco. Ella non disse nulla, ma tremò tutta e aspettò che parlassi.

«— Cosema... che vuol dire ciò?.. — chiesi severamente.

«Essa si lasciò cadere in ginocchio e nascondendo il volto fra le mani mormorò: — Perdonami!... T’amo da morirne!...