Piccola morale/Parte prima/XI. Filosofia dei fanciulli

Parte prima - XI. Filosofia dei fanciulli.

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XI.

FILOSOFIA DEI FANCIULLI.

Io gli amo i fanciulli, novellizie dell’avvenire, destinati a subentrare nel cammino delle lagrime e dei desiderii, che la più parte di noi, senza aver ancora imparato a conoscere, ha forse più che mezzo varcato. Io porto molta invidia ai fanciulli, e vorrei farmi alla loro scuola più assai [p. 49 modifica]filosofo che non so diventare ascoltando le lezioni di certi dottori, i quali sarebbero pure un gran che a questo mondo se la sapienza crescesse in proporzione della barba. E per questa ragione gli vo studiando i cari fanciulli; se non che dopo averli studiati m’accorgo che le teoriche son belle e buone, ma che il difficile sta nella pratica.

Le mie prime parole potranno avere non so che sembianza di paradosso; ma prima di negar loro ogni credenza pregherei i miei discreti lettori a vedere se, togliendo quel tanto che possono contenere di esagerato, rimanga alcun che da potersi studiare con qualche vantaggio. I fanciulli non ragionano, si dice comunemente. Ragionano anzi moltissimo, e meglio forse di noi, con una logica che male non si chiamerebbe istintiva, diversa affatto dalla nostra così lambiccata ed artifiziale. Sì, perchè sì: ecco la formula principale dei loro ragionamenti. Questa identità, o corrispondenza che vogliamo chiamarla, da essi trovata fra due idee, è pure l’ultimo termine al quale arrivino ordinariamente le nostre cognizioni, e la terza idea che da noi si frammette, o si deriva da quelle due, è per lo più falsa, o vuota di significato e di relazione. Perchè tal cosa? Perchè tal altra? Contentiamoci di rispondere co’ fanciulli: perchè sì. La nostra superbia incollerisce a questa secchezza di ragionamento, e si trae dietro lo strascico delle frasi a palliar l’ignoranza.

Oh! noi abbiamo l’esperienza, oltre il ragio[p. 50 modifica]namento. E il buon pro che ce ne viene! Quelle picciole creature, appunto perchè attesa la loro picciolezza hanno gli occhi più vicini alla terra, conoscono meglio di noi ove mettere il passo, e quando anche inciampino, la loro caduta è meno pericolosa. Noi al contrario, uomini fatti, con quel nostro andarcene colla testa alta, non ci accorgiamo del ciottolo che ci viene tra i piedi ed è cagione della nostra caduta. Quel cielo a cui non ci è dato di arrivare, e intorno al quale pur sempre si aggirano con ostinata curiosità le nostre ricerche, ne ruba il tempo e l’attenzione, che meglio s’impiegherebbe da noi nel conoscere la strada per la quale passiamo, e le condizioni del terreno che ne sostenta. Ad ognuna delle nostre vergognose stramazzate quanto opportunamente si approprierebbe il rimprovero della fantesca al greco filosofo, caduto nella fossa in quello che stava specolando le stelle!

Si mena un grande rumore dell’aiuto che prestiamo ai fanciulli, del bisogno ch’essi hanno di noi. Buone genti, vi prego di paragonare i sinistri che succedono ai fanciulli colla frequenza e moltiplicità de’ pericoli a’ quali si pongono. La è legge di provvidenza: guai se la loro custodia dovesse essere affidata alle nostre cure! Quanto non sono più spesse e solenni le nostre cadute! E perchè? In quello che noi facciamo vogliamo sempre cacciarvi, entri o non entri, di fronte o di traverso, quel nostro così [p. 51 modifica]detto ragionamento; e mentre ce ne andiamo, come su gruccie, appoggiati ai nostri infallibili sillogismi, il piede ci falla e battiamo terra. I fanciulli hanno poche idee, se volete, ma le più necessarie, ma distinte, appunto perchè poche e perchè necessarie, e quelle poche non facendo ingombro ai loro giudizii, ragionano forse meglio di noi. Oh! siamo ancora al perchè sì: è forse per questo che vogliamo farsi beffe del loro discorso? Certo che non domandano, nè otterrebbero diplomi di dottore: ma forse opporrebbero a chi porta in testa la laurea certe loro ragioni da far mutola, o per lo meno diffidente di sè medesima, la sapienza togata.

Vi è tra’ miei lettori chi sia venuto a contesa coi fanciulli sopra gravi argomenti? E intendo parlare di quei fanciulli, ai quali non fu alterata per tempo la naturale dirittura delle idee; infondendo nel loro piccioletto cervello cognizioni precoci: intendo parlare di que’ fanciulli che riferiscono a soggetti più elevati la spontanea dialettica che adoperano nei loro giuochi, garrendo il compagno, o ventilando con esso qualsivoglia quistione. Chi ebbe la pazienza di attendere all’acume con cui colgono il lato debole d’una risposta, alla finezza con cui indovinano il manco d’una idea sottintesa, alla ingenuità con cui sciolgono gl’intrichi di un vostro sofisma, dovrà confessare che le mie parole non sono punto disformi dal vero. Oh quante volte [p. 52 modifica]fanno le viste d’acquetarsi ad una spiegazione che loro si dà di alcuna cosa, cui vuolsi che ignorino quale essa si sia veramente, ma la mente loro non ne rimane per nulla persuasa e capacitata!

Accade assai spesso che loro manchino le parole necessarie a rendere sensibili agli altri le proprie idee. Egli è per questo che molte volte le loro risposte sembrano incomplete o inesatte. Notate però i loro gesti, secondate i loro occhi, accompagnateli in fine in tutti que’ modi di muto e primitivo linguaggio, che vanno a mano a mano rendendosi intelligibili, come viene in noi cessando il bisogno di farne uso, attesa la sostituzione delle parole. Alcune volte ancora sono i particolari di un fatto che non conoscono, perchè que’ particolari escono dalla sfera de’ loro pensieri, ma giudicano ottimamente del fatto in generale. Se volessimo ascoltare la voce della ragione, mettendo silenzio alle passioni ed ai pregiudizii, quante volte non ci accaderebbe di conoscere che la perversità delle nostre sentenze deriva appunto dall’assoggettare ad alcune formule di discorso la verità!

Che senso profondo in certe loro risposte! Indugiavasi un fanciullo prendendo aria ad una finestra, e il padre: ritratti da quella finestra, chè lo starci più oltre ti farà male. E Guglielmino: papà, ci trovo tanto gusto a farmi male. Datemi risposta più calzante. Un adulto dottorino avreb[p. 53 modifica]be cominciato, se occorre, da una menzogna: oh non è questo un gran vento! Il che, quand’anche non sia falso, non incontra per nulla l’osservazione del padre. In secondo luogo si sarebbe giovato dell’esperienza: oh! ci fui altra volta, oh! ci stettero altri senza rimanerne infreddati. Quindi altra discussione circa il tempo: ci venni appena! E via via d’egual passo, sviando sempre la mente dal vero punto della quistione. Ma Guglielmino ti pianta lì di botto la più gagliarda delle obbiezioni, che, dichiarata, suona nei termini seguenti: caro papà, tu vuoi il mio bene, dacchè vuoi togliermi a ciò che può farmi male; ora sappi che io ci trovo gusto, quindi rimanendomi alla finestra non dissento punto dal tuo desiderio. Ognuno intende che qui non vuolsi fare l’apologia del sentimento racchiuso in questa risposta, bensì della convenienza che è in essa coll’avvertimento del padre.

Il futuro non è gran fatto penoso ai fanciulli. La risposta di Guglielmino ce ne ha dato una bella pruova. Pensano a quel tanto futuro che ha relazione immediata col loro presente. E in generale, mentre diciamo e crediamo che nelle menti fanciullesche ci sia un grande disperdimento d’idee, esse sono più raccolte e dirette ad un fine che non nelle menti già adulte. Oh non attendono a tante cose per le quali è funestata la nostra vita! E che per questo? Voi gli vedete appunto per questo, oltre che per la ini[p. 54 modifica]gliore attività de’ loro organi, mangiare di buon appetito, dormire del miglior gusto, svegliarsi pressochè ogni mattina vergini dell’impressioni del ieri; e questa, sempre considerata entro certi confini, è vera filosofia.

Ma soprattutto mi riesce molto ammirabile ne’ fanciulli quell’assoggettarsi a ciò che non è loro dato di superare; e quando questo sia pur fattibile ad essi, il correre dirittamente ai mezzi che possono giovarli nella loro intrapresa, anzichè perdersi nelle discussioni speculative, che intorbidano l’intelletto senza punto giovare l’esecuzione del disegno. Le idee astratte di diritto e di dovere sono ad essi sensibilmente impartite dalle necessità in cui si trovano, e finche durano quelle necessità non immaginano punto di svincolarseue. Noi, col nostro cianciare e discutere senza fine, che profitto ne ricaviamo per la tranquillità della nostra vita? Alimentare il bruttissimo sentimento dell’odio, fratello carnale dell’impotenza. Questi sogni, queste astrazioni, dietro le quali perdiamo il tempo e la pace come il ragazzo che dà la caccia alle farfalle dell’orto, vengono ad occupare il posto lasciato vuoto da quelle fantasie che noi chiamiamo pregiudizii e miserie dell’età prima. Eppure! qual dei due è più da deridere e da compiangere: il fanciulletto che spalanca tanto d’occhi all’udire i racconti della befana, che crede avervi chi con quattro grame parole faccia diventar sanguigna [p. 55 modifica]la luna; o l’uomo maturo che fabbrica utopie in ogni genere, e non sapendo distendersi per tutto il mondo, vorrebbe rappicciolire il mondo per tutto recarselo in una mano?

Il discorso potrebbe condursi alla lunga per molte pagine, ma il fin qui detto è bastante per dar da pensare a chi ne abbia voglia. È piuttosto conveniente il conchiudere con osservare che i fanciulli vogliono essere studiati, non foss’altro per imparare il modo con cui dobbiamo comportarci con essi. È stoltezza, e per certi rispetti è perfidia, quel dire, che pur s’ascolta molto frequentemente: eh! diciamo, eh! facciamo, già sono ragazzi e non intendono più che tanto. Non intendono più che tanto? Imbeveranno non foss’altro il sospetto, ove non arrivino alla verità. Infinita circospezione vuolsi ancora nelle risposte. Perchè la domanda è fatta da un fanciullo ogni risposta deve esser buona? Tutto al contrario. Egli è forza di scegliere la risposta più opportuna, la più precisa. Quando anche si credesse che non fossero atti a snodare il nostro sofisma, è questa una buona ragione per ingannarli? Soprattutto conviene guardarsi dal dir loro bugie. La verità può essere talvolta intempestiva a sapersi da loro; ma questo sarà danno semplice, quando il trovare una verità diversa da quella ch’era stata loro messa davanti è danno addoppiato. Noi ascoltiamo quanto essi ci dicono, ma sappiamo renderci conto delle occulte argomenta[p. 56 modifica]zioni con cui mettono a limbicco i nostri discorsi? Da una sola falsità che loro sia detta sapremino immaginare quante falsissime conseguenze sieno essi per derivare?

Tutti siamo stati fanciulli, ritorniamo un poco colla memoria a que’ nostri primi anni. Forse che le cose finora dette possano allora ricevere da ciascheduno di noi molte utili amplificazioni e rischiarimenti. A taluno potrebbe increscere un tale ritorno; io confesso di staccare assai volentieri la penna da queste carte per tornarmene un poco fanciullo. Ma perchè mi è forza scontrarmi coll’immaginazione nel volto di persone che i miei occhi più non vedranno sopra la terra? Perchè le più care parole che mi fossero dette, non posso sperare che mi siano più ripetute in tutta la vita? Oh! come mi è conceduto ritrovare le case, gli alberi, il fiume, testimonii della mia infanzia, potessi risuscitare chi colà visse in mia compagnia! Felice chi può pensare alla sua fanciullezza senza il concorso di perdite sì dolorose! Ma questi felici sono pur pochi!

               Misero l’uomo che morir dee biondo,
               O le tombe veder de’ suoi più cari!