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gliore attività de’ loro organi, mangiare di buon appetito, dormire del miglior gusto, svegliarsi pressochè ogni mattina vergini dell’impressioni del ieri; e questa, sempre considerata entro certi confini, è vera filosofia.

Ma soprattutto mi riesce molto ammirabile ne’ fanciulli quell’assoggettarsi a ciò che non è loro dato di superare; e quando questo sia pur fattibile ad essi, il correre dirittamente ai mezzi che possono giovarli nella loro intrapresa, anzichè perdersi nelle discussioni speculative, che intorbidano l’intelletto senza punto giovare l’esecuzione del disegno. Le idee astratte di diritto e di dovere sono ad essi sensibilmente impartite dalle necessità in cui si trovano, e finche durano quelle necessità non immaginano punto di svincolarseue. Noi, col nostro cianciare e discutere senza fine, che profitto ne ricaviamo per la tranquillità della nostra vita? Alimentare il bruttissimo sentimento dell’odio, fratello carnale dell’impotenza. Questi sogni, queste astrazioni, dietro le quali perdiamo il tempo e la pace come il ragazzo che dà la caccia alle farfalle dell’orto, vengono ad occupare il posto lasciato vuoto da quelle fantasie che noi chiamiamo pregiudizii e miserie dell’età prima. Eppure! qual dei due è più da deridere e da compiangere: il fanciulletto che spalanca tanto d’occhi all’udire i racconti della befana, che crede avervi chi con quattro grame parole faccia diventar sanguigna