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filosofo che non so diventare ascoltando le lezioni di certi dottori, i quali sarebbero pure un gran che a questo mondo se la sapienza crescesse in proporzione della barba. E per questa ragione gli vo studiando i cari fanciulli; se non che dopo averli studiati m’accorgo che le teoriche son belle e buone, ma che il difficile sta nella pratica.

Le mie prime parole potranno avere non so che sembianza di paradosso; ma prima di negar loro ogni credenza pregherei i miei discreti lettori a vedere se, togliendo quel tanto che possono contenere di esagerato, rimanga alcun che da potersi studiare con qualche vantaggio. I fanciulli non ragionano, si dice comunemente. Ragionano anzi moltissimo, e meglio forse di noi, con una logica che male non si chiamerebbe istintiva, diversa affatto dalla nostra così lambiccata ed artifiziale. Sì, perchè sì: ecco la formula principale dei loro ragionamenti. Questa identità, o corrispondenza che vogliamo chiamarla, da essi trovata fra due idee, è pure l’ultimo termine al quale arrivino ordinariamente le nostre cognizioni, e la terza idea che da noi si frammette, o si deriva da quelle due, è per lo più falsa, o vuota di significato e di relazione. Perchè tal cosa? Perchè tal altra? Contentiamoci di rispondere co’ fanciulli: perchè sì. La nostra superbia incollerisce a questa secchezza di ragionamento, e si trae dietro lo strascico delle frasi a palliar l’ignoranza.

Oh! noi abbiamo l’esperienza, oltre il ragio-