Piccola morale/Parte prima/X. Illusioni della vista riferite al morale
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X.
ILLUSIONI DELLA VISTA RIFERITE AL MORALE.
Tutti diciamo, e assai spesso, che i sensi ci sono ministri d’inganno. Mi sembra che ragguagliando gl’inganni cagionati dal senso a quelli che ci provengono dalla nostra immaginazione se ne potrebbe trarre qualche utile avvertimento. L’occhio, a modo d’esempio, quanto all’ingannarci, non la cede a verun altro stromento delle nostre sensazioni. Fermiamci ad alcune delle illusioni più comuni che da esso ci siano prodotte.
Siamo in barca o in carrozza: chi badasse a quanto gliene dice la semplice vista, non avrebbe ragione di credere che gli alberi, le case, e tutte intere le rive fossero esse pure in un continuo movimento di fuga? Passiamo al morale. Trasportati da qualche impetuosa passione, che avanza nel corso ogni più veloce barca e cavallo, assai facilmente si attribuiscono agli altri quelle commozioni violenti onde siamo agitati noi stessi. Come i sordi sono soliti di parlare a voce altissima, del pari l’uomo malizioso sta in guardia ad ogni parola che gli sia detta, per vedere se contenga nessuna coperta allusione, nessuna recondita insidia. Il focoso Roberto vede in ogni minimo atto di quegli con cui viene a parole una minaccia; e come egli sta per menare le mani, gli sembra già che quelle del suo avversario siano in moto per fargli offesa. Calpurnia, ambiziosetta anzichè no di quella bellezza che la natura non gli volle concedere che molto incompletamente, in ciò stesso ond’ella difetta trova difettose le persone con cui conversa; con tanta ragione con quanta sembra a chi naviga o trotta che i boschi e le colline navighino o trottino in sua compagnia. Io, fatto esperto da reiterate osservazioni, voglio d’ora innanzi quando taluna mi dice: vedi come il pallore ha preso campo sul volto di Corisca! voglio, dico, guardare in volto a quella taluna che mi parla, sicuro di trovarvi senza più pallidezza non ordinaria.
Altra illusione della vista. Come ci troviamo in luogo che sia sgombro, lo spazio di esso ci sembra assai minore di quello ci apparirebbe se l’occhio nostro avesse una grande quantità di oggetti su cui riposarsi. Simile inganno prendiamo con certi cervelli zeppi di mille cognizioni svariate, le quali ci fanno acquistare un concetto molto alto de’ cervelli suddetti. Eppure si potrebbe dire il più delle volte: tutto quello che vi sembra ricchezza non è più che ingombro, e il giro di quella intelligenza in tanto vi sembra sì vasto, in quanto, lungi dal considerarne il contenuto complessivamente, vi arrestate ad esaminare cosa distinta da cosa. Mutate il genere dell’esame, approfondate le ricerche circa ogni oggetto che vi si para dinanzi, e vedrete come presto toccherete la periferia.
Nella distanza i contorni vanno a mano a mano sfumando, le forme angolari si cangiano in circolari. Eguale inganno riceviamo dalla nostra morale estimativa delle cose lontane. Quante scabrosità, che allora solamente ci sono fatte sensibili quando vi mettiamo sopra le mani! Come quell’indole mansueta di agnello, tanto che agognava a prendere di me possessione, ora che mi tiene in sua balía è vipera, è basilisco? Chi avesse detto a Livio di mettersi a tale o tal altra impresa, fin tanto che il giorno della prova era lontano, e non vi avea altro da spender che parole, lo avreste udito rispondere: fate capitale di me, e della volontà mia più deliberata; ma oggi che siamo al fatto, oggi che possono annoverarsi tutti gli ostacoli, risponde: serbate l’opera mia pel caso disperato; se pure allora si lascierà trovare in casa.
E i vapori frapposti che ingrandiscono a dismisura gli oggetti che sono da essi avviluppati? Non ci si vede chiaro l’intenebramento degli intelletti quando la passione se n’è impadronita? Voi potete ben credere, lettori mici, ch’io non amo di guadagnarmi il bel titolo di seccatore, e che per altra parte ho in molta stima la vostra sagacia continuate dunque, se vi garba, il confronto di per voi stessi; se ne siete ristucchi, cessate, e buon per me se me ne sono avvisto per tempo.