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namento. E il buon pro che ce ne viene! Quelle picciole creature, appunto perchè attesa la loro picciolezza hanno gli occhi più vicini alla terra, conoscono meglio di noi ove mettere il passo, e quando anche inciampino, la loro caduta è meno pericolosa. Noi al contrario, uomini fatti, con quel nostro andarcene colla testa alta, non ci accorgiamo del ciottolo che ci viene tra i piedi ed è cagione della nostra caduta. Quel cielo a cui non ci è dato di arrivare, e intorno al quale pur sempre si aggirano con ostinata curiosità le nostre ricerche, ne ruba il tempo e l’attenzione, che meglio s’impiegherebbe da noi nel conoscere la strada per la quale passiamo, e le condizioni del terreno che ne sostenta. Ad ognuna delle nostre vergognose stramazzate quanto opportunamente si approprierebbe il rimprovero della fantesca al greco filosofo, caduto nella fossa in quello che stava specolando le stelle!

Si mena un grande rumore dell’aiuto che prestiamo ai fanciulli, del bisogno ch’essi hanno di noi. Buone genti, vi prego di paragonare i sinistri che succedono ai fanciulli colla frequenza e moltiplicità de’ pericoli a’ quali si pongono. La è legge di provvidenza: guai se la loro custodia dovesse essere affidata alle nostre cure! Quanto non sono più spesse e solenni le nostre cadute! E perchè? In quello che noi facciamo vogliamo sempre cacciarvi, entri o non entri, di fronte o di traverso, quel nostro così