Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 6

Canto 6

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Canto 5 Canto 7

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CANTO SESTO



 [1]

M
Iſer chi mal’oprando ſi confida

     Ch’ognhorſtar debbia il maleſicio occulto
     Che quado ognaltrotaccia, itorno grida
     l’aria, e la terra iſteffa in ch’e ſepulto,
     E Dio fa ſpeffo, che ’l peccato guida
     Il peccator, poi ch’alcií di gli ha Idulto,
     Che ſé medeſmo: ſenza altrui richieſta
     Innauedutamente manifeſta.

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 [2]
Hauea creduto il miſer Polineſſo
     Totalmente il delitto ſuo coprire:
     Dalinda conſapeuole d’appreffo
     Leuandoſi, che ſola il potea dire,
     E aggiugèdo il fecòdp al primo ecceflb
     Affretto il mal: che potea differire
     E potea differire, e ſchiuar ſorſè:
     Ma ſé ſteffo ſpronando a morir corſe.

 [3]
E perde amici aun tempo e vita e ſtato
     E honor, che ſu molto piú graue dano,
     Diſſi di fopra, che ſu assai pregato
     Il cauallier ch’anchor, chi ſia nò fanno,
     Al ſin ſi traſſe l’elmo, e ’l viſo amato
     Scoperſe: che piú volte veduto hanno,
     E dimoſtro come era Ariodante
     Per tutta Scoria lachrymato inante.

 [4]
Ariodante: che Gineura pianto
     Hauea per morto, e ’l ſratel piato hauea,
     Il Re, la corte, il popul tutto quanto:
     Di tal bontá, di tal valor ſplendea,
     Adunque il peregrin mentir di quanto
     Dianzi di lui narro, quiui apparea,
     E ſu pur ver che dal ſaſſo marino
     Gittarfi in mar lo vide a capo chino.

 [5]
Ma come auiene a vn diſperato ſpeffo
     Che da lontan brama e diſia la morte:
     E l’odia poi che ſé la vede appreſſo:
     Tanto gli pare il paſſo acerbo e ſorte,
     Ariodante poi ch’in mar ſu meſſo
     Si penti di morire, e come ſorte,
     E come deſtro: e piú d’ ognaltro ardito:
     Si meſſe a nuoto e ritornoſſi al lito.

 [6]
E diſpregiando e nominando ſolle
     Il deſir c’hebbe di laſciar la vita,
     Si meſſe a caminar bagnato e molle,
     E capito all’hoſtel d’ un’ Eremita:
     Quiui ſecretamente indugiar volle:
     Tanto che la nouella haueſſe vdita:
     Se del caſo Gineura s’ allegraſſe:
     O pur meſta e pietoſa ne reſtaffe.

 [7]
Inteſe prima che per gran dolore:
     Ella era ſtata a riſchio di morire,
     La fama andò di queſto in modo ſuore:
     Che ne ſu in tutta l’iſola che dire,
     Contrario effetto a quel che per errore
     Credea hauer viſto co ſuo gra martire:
     Inteſe poi come Lurcanio hauea
     Fatta Gineura appreſſo il padre rea.

 [8]
Contra il ſratel d’ ira minor non arie
     Che per Gineura giá d’amore ardeſſe,
     Ch troppo empio e crudele atto gli parie
     Anchora che p lui fatto l’haueſſe,
     Sentendo poi, che per lei non comparſe
     Cauallier che difender la voleſſe:
     Che Lurcanio ſi ſorte era: e gagliardo
     Ch’ognu d’ adargli 9tra hauea riguardo

 [9]
Et chi n’ hauea notitia il riputaua
     Tanto diſcreto, e ſi faggio, & accorto,
     Che ſé non foſſe ver quel che narraua
     Non ſi porrebbe a riſchio d’eſſer morto,
     Per queſto la piú parte dubitaua
     Di non pigliar queſta difeſa a torto,
     Ariodante dopo gran diſcorſi:
     Penſo all’accufa del fratello opporfi,

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 [10]
Ah laſſo io non potrei (ſeco dicea)
     Sentir per mia cagion perir coſtei,
     Troppo mia morte ſora acerba e rea
     Se inanzi a me morir vedetti lei,
     Ella e pur la mia donna: e la mia dea
     Queſta e la luce pur de gliocchi miei,
     Couien ch’a dritto e a torto p ſuo ſcápo
     Pigli l’imprefa: e reſti morto in campo.

 [11]
Soch’io m’appiglio al torto, e al torto ſia
     E ne morrò: ne queſto mi (conforta:
     Se non ch’io ſo che per la morte mia
     Si bella Dona ha da reſtar poi morta,
     Vn ſol conſorto nel morir mi ſia:
     Che ſel ſuo Polineſſo amor le porta
     Chiaramente veder haura potuto,
     Che nò s’è moſſo anchor p dark- aiuto.

 [12]
E me: che tato eſpreffamente ha oſſeſo:
     Vedrá per lei ſaluare a morir giunto:
     Di mio fratello inſieme, il quale acceſo
     Tato fuoco ha, vèdicherſimi a vn puto,
     Ch’ io lo faro doler, poi che compreſo
     Il ſine haura del ſuo crudele affluito:
     Creduto vendicar haura il germano
     E gli haura dato morte di ſua mano.

 [13]
Concluſo e’ hebbe queſto nel penſiero:
     Nuoue arme ritrouo, nuouo cauallo:
     E fopraueſte nere, e ſcudo nero:
     Porto ſregiato a color verde giallo,
     Per auentura ſi trouo vn feudiero
     Ignoto in quel paeſe: e menato hallo,
     E ſconoſciuto (come ho giá narrato)
     S’ appreſento contra il fratello armato.

 [14]
Narrato v’ho come il fatto ſucceſſe *
     Come ſu conoſciuto Ariodante,
     Nò minor gaudio n’ hebbe il Re e’ haueſle
     De la ſigliuola liberata inante,
     Seco penſo: che mai non ſi poteſſe
     Trouar vn piú fedele: e vero amante:
     Che dopo tanta ingiuria: la difeſa
     Di lei cotra il ſratel proprio hauea pſa.

 [15]
E per ſua inclination (ch’assai l’amaua)
     E per li preghi di tutta la corte:
     E di Rinaldo che piú d’altri inſtaua:
     De la bella ſigliuola il fa conſorte,
     La duchea d’Albania ch’ai Re tornaua
     Dopo che Polineſſo hebbe la morte:
     In miglior tempo difeader non puote,
     Poi che la dona alla ſua ſiglia in dote.

 [16]
Rinaldo per Dalinda impetro gratia
     Che ſé n’andò di tanto errore eſente,
     Laqual per voto: e perche molto fatia
     Era del mondo: a Dio volſe la mente,
     Monacha s’ andò a render’ ſin in Datia,
     E ſi leuo di Scotia inmantinente,
     Ma tèpo e homai di ritrouar Ruggiero,
     Che ſcorre il ciel ſu l’animai leggiero.

 [17]
Benché Ruggier ſia d’ animo conſtante
     Ne cangiato habbia il ſolito colore:
     Io non gli voglio creder: che tremante
     Nò habbia dètro piú che ſoglia il core,
     Laſciato hauea di gran ſpatio diſtante
     Tutta l’Europa: & era vſcito ſuore
     Per molto ſpatio, il ſegno che preferitto
     Hauea giá a nauiganti Hercole inuitto.

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 [18]
yuello Hippogrypho grade e ſtrano augello
     Lo porta via: co tal pſtezza d’ale
     Che laſcieria di lungo tratto quello
     Celer miniſtro del ſulmineo ſtrale,
     Non va per l’aria altro animai ſi (hello:
     Che di velocita gli Coffe vguale
     Credo ch’apena il tuono: e la ſaetta
     Véga I terra dal ciel co maggior fretta.

 [19]
Poi che P augel traſcorſo hebbe gra ſpatio
     Per linea dritta: e seza mai piegarſi
     Con larghe ruote: homai de l’aria ſatio:
     Comincio fopra vna iſola a calarti,
     Pari a quella oue dopo lungo ſtratio
     Far del ſuo amante: e lungo a lui celarti
     La vergine Arethufa paſſo in vano
     Di ſotto il mar per camin cieco e ſtrano.

 [20]
Non vide ne ’l piú bel ne ’l piú giocodo
     Da tutta l’aria: oue le penne ſtefe:
     Ne ſé tutto cercato haueſſe il mondo:
     Vedria di queſto il piú gentil paeſe,
     Oue dopo vn girarti di gran tondo
     Co Ruggier ſeco: il grade augel diſceſe,
     Culte pianure: e delicati colli:
     Chiare acq3: óbroſe ripe: e prati molli.

 [21]
Vaghi boſchetti di ſoaui allori:
     Di palme: e d’ ameniſſime Mortelle:
     Cedri: & Aranci: e’ hauean ſrutti: e fiori,
     Conteſti in varie ſorme e tutte belle:
     Facean riparo a i ſeruidi calori
     De giorni eſtiui: co lor ſpeſſe ombrelle,
     E tra quei rami con ſicuri voli:
     Cantando ſé ne giano: i Rofignuoli.

 [22]
Tra le purpuree roſe: e i bianchi gigli
     Ch tiepida aura freſchi ogn’ hora ſerba
     Sicuri ſi vedean Lepri: e Conigli:
     E Cerui con la ſronte alta e ſuperba:
     Senza temer ch’alcun gli uccida: o pigli
     Paſcano: o ſtianfi rominando l’herba:
     Saltano i Daini: e i Capri iſnelli e deſtri
     Che ſono i copia: i qi luoghi capeſtri.

 [23]
Come ſi preſſo e V Hippogrypho a terra
     Ch’eſſer ne può men periglioſo il ſalto:
     Ruggier con fretta de l’arcion ſi sferra:
     E ſi ritruoua in ſu l’herboſo ſmalto,
     Tuttauia in man le redine ſi ferra:
     Che nò vuol che ’l deſtrier piú vada i alto,
     Poi lo lega nel margine marino:
     A u verde Mirto, í mezo u lauro, e u pio

 [24]
E quiui appreſſo oue ſurgea vna ſonte
     Cinta di Cedri: e di feconde Palme:
     Poſe lo ſcudo, e P elmo da la ſronte
     Si traſſe, e diſarmoſſi ambe le palme,
     Et hora alla marina, & hora al monte
     Volgea la faccia all’aure ſreſch & alme
     Che l’alte cime, con mormorii lieti
     Fan tremolar de i Faggi, e de gli Abeti.

 [25]
Bagna tal’hor ne la chiara onda e ſreſca
     L’aſciutte labra, e co le man diguazza,
     Accio che de le vene il calore eſca
     Ch gli ha acceſo il portar de la corazza
     Ne marauiglia e giá ch’ella gl’increſca,
     Che non e ſtato vn far vederti i’piazza,
     Ma ſenza mai poſar d’ arme guernito
     Tre mila miglia ogn’ hor corrèdo era ito

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 [26]
Quiui ſtado, il deſtrier e’ hauea laſciato
     Tra le piú defe fraſche alla ſreſca òbra
     Per ſuggir ſi riuolta ſpauentato,
     Di nò ſo eh, ch détro al boſco adòbra,
     E fa crollar ſi il Mirto oue e legato,
     Che de le ſròdi itorno il pie gli igóbra,
     Crollar fa il Mirto: e fa cader la ſoglia
     Ne ſuccede perho che ſé ne ſcioglia.

 [27]
Come ceppo tal’hor che le medolle
     Raree vote habbia: e poſto al fuoco ſia:
     Poi che per gra calor, quell’aria molle
     Reſta confluita, ch’in mezo l’empia,
     Dentro riſuona, e con ſtrepito bolle,
     Tanto che quel furor truoui la via,
     Coſi murmura, e faide, e ſi coruccia
     Quel Mirto oſſeſo, e al ſine ap la buccia

 [28]
Onde con meſta e ſlebil voce vſcio
     Eſpedita, e chiariſſima fauella,
     E diſſe, ſé tu fei corteſe e pio,
     Come dimoſtri alla preſenza bella,
     Lieua queſto animai da l’arbor mio,
     Baſti che ’l mio mal jjprio mi flagella:
     Senza altra pena, ſenza altro dolore
     Ch’a tormétarmi anchor véga di ſuore.

 [29]
Al primo ſuon di quella voce torſe
     Ruggiero il viſo, e ſubito leuoſſe,
     E poi ch’uſcir da l’arbore s’accorfe
     Stupefatto reſto piú che mai foſſe,
     A leuarne il deſtrier ſubito corſe
     E con le guancie di vergogna roſſe,
     Qual che tu ſii perdonami tdicea)
     O ſpirto humano: o bofehereccia Dea.

 [30]
Il non hauer ſaputo che s’ aſconda
     Sotto ruuida ſcorza, humano ſpirto
     M’ha laſciato turbar la bella ſronda:
     E far ingiuria al tuo viuace Mirto,
     Ma non reſtar perho che non riſponda
     Chi tuti ſia, ch’i corpo horrido & hirto,
     Con voce, e rationale anima viui:
     Se da grandine il ciel ſempre ti ſchiui.

 [31]
Et s’ hora o mai potrò queſto diſpetto
     Con alcun beneſicio compenſarte:
     Per quella bella donna ti prometto:
     Quella che di me tien la miglior parte,
     Ch’ io faro con parole e con effetto
     C haurai giuſta cagion di me lodarle,
     Come Ruggiero al ſuo parlar ſin diede
     Tremo quel Mirto da la cima al piede.

 [32]
Poi ſi vide ſudar ſu per la ſcorza:
     Come legno dal boſco all’hora tratto,
     Che del fuoco venir ſente la ſorza
     Poſcia ch’i vano ogni ripar gliha fatto,
     E comincio, tua corteſia mi sforza
     A diſcoprirti in vn medeſmo tratto,
     Ch’iofoſſi prima, e chi cjuerfo m’haggia
     In queſto Mirto, in ſu l’amena ſpiaggia.

 [33]
Il nome mio ſu Aſtolfo: e Paladino
     Era di Francia, assai temuto in guerra,
     D’Orlando, e di Rinaldo era cugino,
     La cui fama alcun termine non ferra,
     E ſi ſpettaua a me tutto il domino:
     Dopo il mio padre Othò: de l’Inghilterra
     Leggiadro e bel ſui ſi che di me acceſi
     Piú d’una Donna, e al ſin me ſolo oſt’efi.

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 [34]
Ritornando io: da quelle iſole eſtreme
     Che da Leuante: il mar Indico laua:
     Doue Rinaldo, & alcun’ altri inſieme
     Meco fur chiuſi in parte oſcura e caua:
     Et onde liberate: le ſupreme
     Forze n’ hauean: del cauallier di Braua,
     Ver ponente io venia: lungo la ſabbia
     Che del Settentrion ſente la rabbia,

 [35]
E come la via noſtra: e il duro e fello
     Diſtin, ci traſſe: vſcimmo vna matina
     Sopra la bella ſpiaggia: oue vn cartello
     Siede ſui mar de la poſſente Alcina,
     Trouammo lei ch’uſcita era di quello,
     E ſtaua ſola in ripa alla marina
     E ſenza rete: e ſenza hamo trahea
     Tutti li peſci al lito che volea.

 [36]
Veloci vi correuano i Delphini
     Vi venia a bocca apta il groſſo Tonno,
     I Capidogli, coi Vecchi marini.
     Vengon turbati dallor pigro ſonno,
     Muli: Salpe: Salmoni: e Coracini,
     Nuotano a ſchiere i piú fretta che pOno
     Piſtrici: Phifiteri: Orche: e Balene:
     Eſcon del mar con monſtruoſe ſchiene.

 [37]
Veggiamo vna Balena la maggiore
     Che mai per tutto il mare veduta foſſe:
     Vndeci paſſi e piú dimoſtra ſuore
     De l’onde falſe le ſpallaccie groſſe,
     Caſchiamo tuti inſieme in vno errore:
     Perch’era ferma, e che mai no ſi ſcoffe:
     Ch’ella ſia vna Ifoletta ci credemo:
     Coli diſtáte ha l’un da l’altro eſtremo.

 [38]
Alcina i peſci vſcir facea de l’acque:
     Con ſemplici parole: e puri incanti,
     Con la fata Morgana Alcina nacque:
     Io no ſo dir s’a vn parto: o dopo: o inati,
     Guardómi Alcina: e ſubito le piacque
     L’aſpetto mio come moſtro ai ſembiati,
     E penſo con aſtutia: e con ingegno,
     Tornii ai compagni e riuſci il diſegno.

 [39]
Ci venne incontra con allegra faccia
     Con modi gratioſi: e riuerenti:
     E diſſe cauallier: quando vi piaccia
     Far’ hoggi meco i voſtri alloggiameli:
     Io vi faro veder ne la mia caccia
     Di tutti i peſci ſorti differenti:
     Chi ſcagliofo: chi molle: e chi col pelo
     E faran piú: che non ha ſtelle il cielo,

 [40]
E volendo vedere vna Sirena
     Che col ſuo dolce canto acheta il mare
     Paſſian di qui: ſin ſu quell’altra arena
     Doue a queſt’ hora ſuol ſempre tornare
     E ci moſtro quella maggior Balena
     Che come io diſſi: vna iſoletta pare
     Io che ſemp fuitroppo (e men’ increſce)
     Volonterofo andai fopra quel peſce.

 [41]
Rinaldo m’accènaua: e ſimilmente
     Dudo, ch’io no v’ andaſſi: e poco valſe,
     La fata Alcina con faccia ridente
     Laſciando glialtri dua: dietro mi falſe,
     la Balena all’ufficio diligente
     Nuotando ſé n’andò per l’onde falſe,
     Di mia feiocchezza toſto ſui pentito
     Ma troppo mi trouai lungi dal lito.

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 [42]
Rinaldo ſi caccio ne l’acqua a nuoto
     Per aiutarmi: e quaſi ſi ſommerſe:
     Perche leuoſſi vn ſurioſo Noto:
     Ch d’ombra il cielo: e ’l pelago coperſe,
     Quel che di lui ſegui poi, nò m’e noto,
     Alcina a confortarmi ſi conuerſe,
     E quel di tutto, e la notte che venne:
     Sopra ql moſtro í mezo il mar mi tene.

 [43]
Fin che venimmo a queſta Iſola bella
     Di cui gran parte Alcina ne poſſiede:
     E I ’ ha vſurpata ad vna ſua ſorella
     Che ’l padre giá laſcio del tutto herede,
     Perche ſola legitima hauea quella:
     E come alcun notitia me ne diede:
     Che pienamente iſtrutto era di queſto:
     Sono queſt’ altre due nate d’ inceſto.

 [44]
E come ſono inique e federata
     E piene d’ogni vitio inſame e bratto,
     Coſi quella viuendo in caſtitate
     Poſto ha ne le virtuti il ſuo cor tutto,
     Contra lei queſte due ſon congiurate,
     E giá piú d’uno eſercito hano inſtrutto
     Per cacciarla de l’iſola, e in piú volte
     Piú di cento cartella l’hanno tolte.

 [45]
Ne ci terrebbe hormai ſpanna di terra
     Colei che Logiſtilla e nominata:
     Se no che quinci vn golſo il paſſo ferra
     E quindi vna montagna inhabitata:
     Si come tien la Scotia: e l’Inghilterra
     Il monte e la riuiera ſeparata,
     Ne perho Alcina ne Morgana reſta
     Che non le voglia tor ciò che le reſta,

 [46]
Perche di vitii e queſta coppia rea:
     Odia colei, perche e pudica e ſanta,
     Ma per tornare a quel ch’io ti dicea,
     E ſeguir poi com’io diuenni pianta:
     Alcina in gran delitie mi tenea:
     E elei mio amore ardeua tutta quanta:
     Ne minor ſiamma nel mio core acceſe
     Il veder lei ſi bella, e ſi corteſe.

 [47]
lo mi godea le delicate membra,
     Pareami hauer qui tutto il ben raccolto
     Che ſra i mortali i piú parti ſi ſmembra,
     A chi piú & a chi mèo: e a neſſun molto
     Ne di Francia ne d’altro mi rimembra
     Stauomí ſempre a contèplar quel volto
     I Igni penderò, ogni mio bel diſegno
     In lei ſinia: ne paſſaua oltre il ſegno.

 [48]
Io da lei altretanto, era o piú amato
     Alcina piú non ſi curaua d’altri,
     Ella ogn’ altro ſuo amate hauea laſciato
     Ch’inázi a me ben ce ne fur de glialtri,
     Me còſiglier me hauea di e notte alato
     E me ſé quel che commadaua a gli altri,
     A me credeua: a me ſi riportaua,
     Ne notte o di con altri mai parlaua.

 [49]
Deh perchevo le mie piaghe toccando
     Senza ſperanza poi di medicina?
     Perche l’hauuto ben vo rimembrando
     Quando io patiſco eſtrema diſciplina?
     Quando credea d’eſſer felice: e quando
     Credea: ch’amar piú mi doueſſe Alcina,
     II cor: che m’hauea dato ſi ritolſe:
     E ad altro nuovo amor tutta ſi volſe.

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 [50]
Conobbi tardi il ſuo mobil’ingegno,
     Vſato amare, e difamare a vn punto,
     Nò era ſtato oltre a duo meſi in regno:
     Ch’ u nouo amate al loco mio ſu aſſunto
     Da ſé cacciommi la fata con ſdegno:
     E da la gratia ſua m’hebbe diſgiunto,
     E ſeppi poi, che tratti a ſimil porto
     Hauea mill’altri amanti: e tutti a torto.

 [51]
E perche eſſi non vadano pel mondo
     Di lei narrando la vita laſciua,
     Chi qua, chi la, per lo terren fecondo
     Li muta: altri in Abete: altri in Oliua:
     Altri i_ Palma: altri i_ Cedro: altri (ſecodo
     Che vedi me) ſu queſta verde riua:
     Altri in liquido ſonte, alcuni in ſiera:
     Come piú agrada a quella fata altiera.

 [52]
Hor tu che fei per non vſata via
     Signor venuto all’Iſola fatale,
     Accio ch’alcuno amante per te ſia
     Cóuerſo in pietra: o i onda, o fatto tale,
     Haurai d’Alcina ſcettro e ſignoria,
     E farai lieto fopra ogni mortale,
     Ma certo ſii: di giuger toſto al paſſo
     D’etrar: o i_ fiera: o i_ ſote: o i_ legno: o i_ fſaſſo

 [53]
Io te n’ho dato volentieri auiſo:
     No ch’io mi creda: ch debbia giouarte
     Pur meglio ſia: che non vadi improuiſo
     E de coſtumi ſuoi tu ſappia parte,
     Che ſorſè come e differente il viſo,
     E differente anchor l’ingegno: e l’arte,
     Tu ſaprai ſorſè riparare al danno:
     Quel che ſaputo mill ’altri non hanno.

 [54]
Ruggier che conoſciuto hauea p fama
     Ch’Aſtolfo alla ſua donna cugin’ era:
     Si dolſe assai che in ſteril piata e grama
     Mutato haueſſe la ſembianza vera,
     E per amor di quella che tanto ama
     (Pur ch ſaputo haueſſe T che maniera)
     Gli hauria fatto ſeruitio, ma aiutarlo
     In altro non potea: ch’in confortarlo.

 [55]
Lo fe al meglio che ſeppe, e domadolli
     Poi ſé via c’era ch’ai regno guidaſſi
     Di Logiſtilla, o per piano, o per colli:
     Si che per quel d’Alcina non andaſſi,
     Che ben ve n’era vn’ altra ritornolli
     L’arbore a dir: ma piena d’aſpri faſſi,
     S’andado vn poco inazi alla man deſtra
     Saliffe il poggio: i ver la cima alpeſtra.

 [56]
Ma che non penſi giá: che ſeguir poſſa
     Il ſuo camin p quella ſtrada troppo,
     Incontro haura di gente ardita, groſſa
     E ſiera compagnia con duro intoppo,
     Alcina ve li tien: per muro e ſoſſa
     A chivoleſſe vſcir ſuor del ſuo groppo
     Ruggier quel Mirto ringratio del tutto
     Poi da lui ſi parti dotto & inſtrutto.


 [57]
Venne al cauallo e lo diſciolſe: e preſe
     Per le redine: e dietro ſé lo traſſe,
     Ne come fece prima piú l’aſcefe:
     Perche mal grado ſuo non lo portaſſe,
     Seco penſaua come nel paeſe
     Di Logiſtilla a ſaluamento andaſſe,
     Era diſpoſto, e fermo vſar ogni opra
     Che no gli haueſſe Iperio Alcina fopra

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 [58]
Penſo di rimotar ſui ſuo cauallo
     E per l’aria ſpronarlo a nuouo corſo,
     Ma dubito di far poi maggior fallo:
     Ch troppo mal ql gliubidiua al morſo,
     Io paſſero per ſorza, s’ io non fallo
     (Dicea tra ſé) ma vano era il diſcorfo)
     Non ſu duo miglia lungi alla marina
     Che la bella citta vide d’Alcina.

 [59]
Lontan ſi vide vna muraglia lunga
     Che gira intorno, e gran paeſe ferra
     E par ch la ſua altezza al ciel s’ aggiiiga
     E d’oro ſia da l’alta cima a terra
     Alcun dal mio parer qui ſi dilunga
     E dice ch’eli’ e alchimia, e ſorſè ch’erra,
     Et ancho ſorſè meglio di me intende,
     A me par oro poi che ſi riſpléde.

 [60]
Come ſu preſſo alle ſi ricche mura
     Che ’l modo altre non ha de la lor ſorte
     Laſcio la ſtrada che per la pianura
     Ampia e diritta andaua alle gran porte:
     Et a man deſtra a quella piú ſicura
     Ch’ al mòte giá, piegoſſi il guerrier ſotte
     Ma toſto ritrouo l’iniqua ſrotta
     Dal cui furor gli ſu turbata e rotta.

 [61]
Non ſu veduta mai piú ſtrana torma
     Piú monſtruofi volti: e peggio fatti,
     Alcú dal collo i giú d’huomini ha ſorma
     Col viſo, altri di Simie altri di Gatti,
     Stapano alcun con pie caprigni l’orma:
     Alcuni ſon centauri agili & atti:
     Son gioueni impudenti, e vecchi ſtolti:
     Chi nudi: e chi di ſtrane pelli inuolti.

 [62]
Chi ſenza ſreno is’ un deſtrier galoppa:
     Chi lento va, con l’aſino o col bue:
     Altri faliſce ad vn centauro in groppa:
     Struzzoli molti han ſotto Aqle e Grue
     Poſi altri a bocca il corno: altri la coppa
     Chi femla: e chi maſchio: e chi amédue
     Chi porta vncino: e chi ſcala di corda:
     Chi pai di ferro, e chi vna lima ſorda,

 [63]
Di queſti il capitano ſi vedea
     Hauer gonſiato il vètre: e ’l viſo graſſo,
     llqual ſu vna teſtuggine ſedea
     Che con gran tarditá mutaua il paſſo,
     Hauea di qua e di la chi Io reggea,
     Perch egli era ebro: e tenea il ciglio baffo
     Altri la ſrote gliaſciugatia e il mèto
     Altri i panni ſcuotea per fargli vento,

 [64]
Vn e’ hauea húana ſorma i piedi e ’l vètre
     E collo hauea di cane orecchie e teſta,
     Còtra Rugiero abaia accio ch’egli ètre
     Ne la bella citta ch’a dietro reſta,
     Riſpoſe il cauallier noi faro mentre
     Haura ſorza la man di regger queſta,
     (E gli moſtra la ſpada di cui volta
     Hauea l’aguzza punta alla ſua volta.)

 [65]
Quel móſtro lui ferir vuol d’una lacia,
     Ma Ruggier preſto ſé gli auèta addoſſo
     Vna ſtoccata gli traſſe alla pancia
     E la ſé vn palmo riuſcir pel doſſo,
     Lo ſcudo imbraccia: e qua e la ſi lancia,
     Ma l’inimico ſtuolo e troppo groſſo:
     l’un qnci il púge, e l’altro qndi afferra,
     Egli s’ arroſta, e fa lor aſpra guerra.

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 [66]
L’un fin’ a denti, e l’altro fin’ al petto
     Partendo va, di quella iniqua razza,
     Ch’alia ſua ſpada non s’oppone elmetto
     Ne ſcudo, ne panziera, ne corazza,
     Ma da tutte le parti e coſi aſtretto,
     Che biſogno faria per trouar piazza,
     E tener da ſé largo il popul reo,
     D’hauer piú braccia e ma che Briareo.

 [67]
Se di ſcoprire haueſſe hauuto auiſo
     Lo ſcudo che giá ſu del Negromante:
     Io dico quel ch’abbarbagliaua il viſo,
     Quel ch’all’arcioe hauea laſciato Athláte
     Subito hauria ql brutto ſtuol conqſo
     E fattoſel cader cieco dauante:
     E ſorſè ben che diſprezzo quel modo
     Perche virtude vſar volſe e non frodo.

 [68]
Sia quel che può, piutoſto vuol morire,
     Che renderti prigione a ſi vii gente,
     Eccoti intanto da la porta vſcire,
     Del muro ch’io dicea d’oro lucente,
     Due giouani ch’a i geſti: & al veſtire
     Non eran da ſtimar nate humilmente,
     Ne da paſtor nutrite con diſagi,
     Ma ſra delitie di real palagi.

 [69]
l’una e l’altra ſedea s’ un Liocorno
     Candido piú, che candido Armelino,
     L’una e l’altra era bella, e di ſi adorno
     Habito, e modo tanto pellegrino:
     Ch al’huom guardado egtèpládo Uomo
     Biſognerebbe hauer occhio diuino:
     Per far di lor giuditio, e tal faria
     Beltá s’ haueſſe corpo: e Leggiadria.

 [70]
L’una e l’altra n’andò, doue nel prato:
     Ruggiero e oppreſſo dalo ſtuol villao:
     Tutta la turba ſi leuo da lato:
     E quelle al cauallier porſer la mano,
     Che tinto in viſo di color roſato
     Le donne ringratio de l’atto humano:
     E ſu contento (compiacendo loro)
     Di ritornarti a quella porta d’oro.

 [71]
l’adornamento che s’ aggira fopra
     La bella porta, e ſporge vn poco auante
     Parte non ha che tutta non ſi cuopra
     De le piú rare gemme di Leuante:
     Da quattro parti ſi ripoſa fopra
     Groſſe colonne d’integro Diamante,
     O vero o falſo, ch’ali’ occhio riſponda.
     Non e coſa piú bella o piú gioconda.

 [72]
Su per la ſoglia, e ſuor per le colonne
     Corron ſcherzando laſciue donzelle:
     Che ſé i riſpetti debiti alle donne
     Seruaſſer piú, farian ſorte piú belle,
     Tutte veſtite eran di verdi gonne,
     E coronate di ſrondi nouelle:
     Queſte co molte oſſerte, e co buon viſo
     Ruggier fecero entrar nel paradiſo.

 [73]
Che ſi può ben coſi nomar quel loco
     Oue mi credo che naſceſſe Amore:
     No vi ſi ſta ſé no in danza, e in giuoco:
     E tutte in feſta vi ſi ſpendon l’hore:
     Penſier canuto ne molto ne poco
     Si può quiui albergare in alcun core:
     Non entra quiui diſagio: ne inopia
     Mavi ſta ogn’ hor col corno pie la copia

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 [74]
Qui: doue con ſerena e lieta ſronte
     Par ch’ogn’hor rida il gratioſo Aprile,
     Gioueni e dòne ſon, qual preſſo a ſonte
     Canta con dolce, e dilettoſo ſtile:
     Qual d’un arbore all’óbra, ql d’un mòte
     O giuoca, o daza, o fa coſa no vile,
     E qual lúgi da glialtri, a vii ſuo fedele:
     Diſcuopre l’amoroſe ſue querele.

 [75]
Per le cime de i Pini, e de gli Allori:
     De glialti Faggi, e de gl’hirſuti Abeti:
     Volan ſcherzado i pargoletti Amori
     Di lor vittorie altri godendo lieti:
     Altri pigliando a ſaettare i cori:
     La mira quindi, altri tendendo reti:
     Chi tempra dardi ad vii ruſcel piú baffo
     E chi gli aguzza ad vn volubil ſaſſo.

 [76]
Quiui a Ruggier vn gra corſier ſu dato
     Forte, gagliardo: e tutto di pel ſauro,
     C hauea il bel guernimento ricamato
     Di pretioſe géme, e di fin’ auro
     E ſu laſciato in guardia quello alato
     Quel ch ſoleavbidire al vecchio Mauro
     A vn giouene, che dietro lo menaffi
     Al buon Ruggier, co men frettofi paſſi.

 [77]
Quelle due belle giouani amoroſe:
     C hauea Ruggier da l’épio ſtuol difeſo
     Da l’épio ſtuol, che dianzi ſé gli oppoſe
     Su ql camin: e’ hauea a ma deſtra preſo.
     Gli diſſero Signor le virtuoſe
     Opere voſtre, che giá habbiamo inteſo,
     Ne fan ſi ardite: che l’aiuto voſtro
     Vi chiederemo a beneſicio noſtro.

 [78]
Noi troueren tra via toſto vna lama
     Che fa due parti di queſta pianura,
     Vna crudel che Eriphilla ſi chiama:
     Difende il potè, e sforza, e igana e ſura:
     Chiunque andar ne l’altra ripa brama,
     Et ella e giganteſſa di ſtatura:
     Li denti ha lúghi: evelenofo il morſo
     Acute Pugne: e graffia come vn’Orfo.

 [79]
Oltre che ſempre ci turbi il camino
     Che libero fari a: ſé non foſſe ella:
     Spelici correndo per tutto il giardino
     Va cliſturbado hor qſta coſa hor qlla:
     Sappiate che del populo aſſaſſino
     Che vi aſſali ſuor de la porta bella,
     Molti ſuoi ſigli ſon: tutti ſeguaci
     Empii come ella: inhoſpiti e rapaci.

 [80]
Ruggier riſpoſe : non ch’una battaglia,
     Ma per voi faro pronto a farne cento,
     Di mia pſona in tutto quel che vaglia
     Fatene voi: fecondo il voſtro intento,
     Ch la cagiò ch’io veſto piaſtra e maglia
     Non e per guadagnar terre: ne argento:
     Ma ſol per farne beneſicio altrui,
     Tanto piú a belle donne come vili.

 [81]
Le donne molte gratie riferirò,
     Degne d’un cauallier: come qll’era,
     E coſi ragionando ne venire,
     Doue videro il ponte e la riuiera:
     E di Smeraldo ornata: e di Zafiro
     Su l’arme d’or, vider’ la donna altiera
     Ma dir ne l’altro canto differiſco
     Come Ruggier con lei ſi poſe a riſco.