Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/89


 [87]
O cgto ha il Re, (ſtto ha il ſuo popul caro
     Ch Gineura aprouar s’habbi ínocéte
     Tutti ha ſperaza che Dio moſtri chiaro
     Ch’impudica era detta ingiuſtamente,
     Crudel: ſuperbo: e riputato auaro
     Fu Polineſſo: iniquo, e ſraudolente:
     Si che ad alcun miracolo non ſia,
     Che l’inganno da lui, tramato ſia.

 [88]
Sta Polineſſo con la faccia meſta,
     Col cor tremante: e con pallida guancia
     E al terzo ſuon mette la lancia in reſta,
     Coſi Rinaldo inuerſo lui ſi lancia,
     Che diſioſo di ſinir la feſta,
     Mira a pattargli il petto con la lancia,
     Ne diſcorde al diſir ſegui l’effetto,
     Che meza l’haſta gli caccio nel petto.

 [89]
Fiſſo nel tronco lo tranſporta in terra
     Lóta dal ſuo deſtrier piū di fei braccia.
     Rinaldo ſmonta ſubito, e gli afferra
     L’elmo, pria che ſi lieui, e gli lo ſlaccia,
     Ma ql che nò può far piū troppa guerra
     Gli domanda merce con humil faccia,
     E gli confetta vdendo il Re e la corte
     La ſraude ſua, che l’ha 9dutto a morte.

 [90]
Non ſini il tutto: e in mezo la parola
     E la voce, e la vita l’abandona,
     11 Re, che liberata la r%liuola
     Vede da morte, e da fama non buona,
     Piū s’allegra, gioiſce: e raconſola:
     Che s’hauendo perduta la corona
     Ripor ſé la vedeſſe allhora allhora:
     Si che Rinaldo vnicamente honora.

 [91]
Et poi ch’ai trar de l’elmo conoſciuto
     L’hebbe, pch’altre volte l’hauea viſto.
     Leuo le mani a Dio, che d’un’aiuto
     Come era quel: gli hauea ſi bé prouiſto.
     Quell’altro cauallier che ſconoſciuto
     Soccorſo hauea Gineura al caſo triſto:
     Et armato per lei s’era condutto,
     Stato da parte era a vedere il tutto.

 [92]
Dal Re pregato ſu, di dire il nome,
     O di laſciarfi al men veder ſcoperto,
     Accio da lui foſſe premiato: come
     Di ſua buona itètion, chiedeuail merto,
     Quel dopo lughi preghi: da le chiome
     Si leuo l’elmo: e ſé paleſe e certo
     Quel che ne l’altro cato ho da ſeguire
     Se grata vi farā l’hiſtoria vdire.



CANTO SESTO



 [1]

M
Iſer chi mal’oprando ſi confida

     Ch’ognhorſtar debbia il maleſicio occulto
     Che quado ognaltrotaccia, itorno grida
     l’aria, e la terra iſteffa in ch’e ſepulto,
     E Dio fa ſpeffo, che ’l peccato guida
     Il peccator, poi ch’alcií di gli ha Idulto,
     Che ſé medeſmo: ſenza altrui richieſta
     Innauedutamente manifeſta.