Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/92


 [18]
yuello Hippogrypho grade e ſtrano augello
     Lo porta via: co tal pſtezza d’ale
     Che laſcieria di lungo tratto quello
     Celer miniſtro del ſulmineo ſtrale,
     Non va per l’aria altro animai ſi (hello:
     Che di velocita gli Coffe vguale
     Credo ch’apena il tuono: e la ſaetta
     Véga I terra dal ciel co maggior fretta.

 [19]
Poi che P augel traſcorſo hebbe gra ſpatio
     Per linea dritta: e seza mai piegarſi
     Con larghe ruote: homai de l’aria ſatio:
     Comincio fopra vna iſola a calarti,
     Pari a quella oue dopo lungo ſtratio
     Far del ſuo amante: e lungo a lui celarti
     La vergine Arethufa paſſo in vano
     Di ſotto il mar per camin cieco e ſtrano.

 [20]
Non vide ne ’l piú bel ne ’l piú giocodo
     Da tutta l’aria: oue le penne ſtefe:
     Ne ſé tutto cercato haueſſe il mondo:
     Vedria di queſto il piú gentil paeſe,
     Oue dopo vn girarti di gran tondo
     Co Ruggier ſeco: il grade augel diſceſe,
     Culte pianure: e delicati colli:
     Chiare acq3: óbroſe ripe: e prati molli.

 [21]
Vaghi boſchetti di ſoaui allori:
     Di palme: e d’ ameniſſime Mortelle:
     Cedri: & Aranci: e’ hauean ſrutti: e fiori,
     Conteſti in varie ſorme e tutte belle:
     Facean riparo a i ſeruidi calori
     De giorni eſtiui: co lor ſpeſſe ombrelle,
     E tra quei rami con ſicuri voli:
     Cantando ſé ne giano: i Rofignuoli.

 [22]
Tra le purpuree roſe: e i bianchi gigli
     Ch tiepida aura freſchi ogn’ hora ſerba
     Sicuri ſi vedean Lepri: e Conigli:
     E Cerui con la ſronte alta e ſuperba:
     Senza temer ch’alcun gli uccida: o pigli
     Paſcano: o ſtianfi rominando l’herba:
     Saltano i Daini: e i Capri iſnelli e deſtri
     Che ſono i copia: i qi luoghi capeſtri.

 [23]
Come ſi preſſo e V Hippogrypho a terra
     Ch’eſſer ne può men periglioſo il ſalto:
     Ruggier con fretta de l’arcion ſi sferra:
     E ſi ritruoua in ſu l’herboſo ſmalto,
     Tuttauia in man le redine ſi ferra:
     Che nò vuol che ’l deſtrier piú vada i alto,
     Poi lo lega nel margine marino:
     A u verde Mirto, í mezo u lauro, e u pio

 [24]
E quiui appreſſo oue ſurgea vna ſonte
     Cinta di Cedri: e di feconde Palme:
     Poſe lo ſcudo, e P elmo da la ſronte
     Si traſſe, e diſarmoſſi ambe le palme,
     Et hora alla marina, & hora al monte
     Volgea la faccia all’aure ſreſch & alme
     Che l’alte cime, con mormorii lieti
     Fan tremolar de i Faggi, e de gli Abeti.

 [25]
Bagna tal’hor ne la chiara onda e ſreſca
     L’aſciutte labra, e co le man diguazza,
     Accio che de le vene il calore eſca
     Ch gli ha acceſo il portar de la corazza
     Ne marauiglia e giá ch’ella gl’increſca,
     Che non e ſtato vn far vederti i’piazza,
     Ma ſenza mai poſar d’ arme guernito
     Tre mila miglia ogn’ hor corrèdo era ito