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Quiui ſtado, il deſtrier e’ hauea laſciato
Tra le piú defe fraſche alla ſreſca òbra
Per ſuggir ſi riuolta ſpauentato,
Di nò ſo eh, ch détro al boſco adòbra,
E fa crollar ſi il Mirto oue e legato,
Che de le ſròdi itorno il pie gli igóbra,
Crollar fa il Mirto: e fa cader la ſoglia
Ne ſuccede perho che ſé ne ſcioglia.
[27]
Come ceppo tal’hor che le medolle
Raree vote habbia: e poſto al fuoco ſia:
Poi che per gra calor, quell’aria molle
Reſta confluita, ch’in mezo l’empia,
Dentro riſuona, e con ſtrepito bolle,
Tanto che quel furor truoui la via,
Coſi murmura, e faide, e ſi coruccia
Quel Mirto oſſeſo, e al ſine ap la buccia
[28]
Onde con meſta e ſlebil voce vſcio
Eſpedita, e chiariſſima fauella,
E diſſe, ſé tu fei corteſe e pio,
Come dimoſtri alla preſenza bella,
Lieua queſto animai da l’arbor mio,
Baſti che ’l mio mal jjprio mi flagella:
Senza altra pena, ſenza altro dolore
Ch’a tormétarmi anchor véga di ſuore.
[29]
Al primo ſuon di quella voce torſe
Ruggiero il viſo, e ſubito leuoſſe,
E poi ch’uſcir da l’arbore s’accorfe
Stupefatto reſto piú che mai foſſe,
A leuarne il deſtrier ſubito corſe
E con le guancie di vergogna roſſe,
Qual che tu ſii perdonami tdicea)
O ſpirto humano: o bofehereccia Dea.
[30]
Il non hauer ſaputo che s’ aſconda
Sotto ruuida ſcorza, humano ſpirto
M’ha laſciato turbar la bella ſronda:
E far ingiuria al tuo viuace Mirto,
Ma non reſtar perho che non riſponda
Chi tuti ſia, ch’i corpo horrido & hirto,
Con voce, e rationale anima viui:
Se da grandine il ciel ſempre ti ſchiui.
[31]
Et s’ hora o mai potrò queſto diſpetto
Con alcun beneſicio compenſarte:
Per quella bella donna ti prometto:
Quella che di me tien la miglior parte,
Ch’ io faro con parole e con effetto
C haurai giuſta cagion di me lodarle,
Come Ruggiero al ſuo parlar ſin diede
Tremo quel Mirto da la cima al piede.
[32]
Poi ſi vide ſudar ſu per la ſcorza:
Come legno dal boſco all’hora tratto,
Che del fuoco venir ſente la ſorza
Poſcia ch’i vano ogni ripar gliha fatto,
E comincio, tua corteſia mi sforza
A diſcoprirti in vn medeſmo tratto,
Ch’iofoſſi prima, e chi cjuerfo m’haggia
In queſto Mirto, in ſu l’amena ſpiaggia.
[33]
Il nome mio ſu Aſtolfo: e Paladino
Era di Francia, assai temuto in guerra,
D’Orlando, e di Rinaldo era cugino,
La cui fama alcun termine non ferra,
E ſi ſpettaua a me tutto il domino:
Dopo il mio padre Othò: de l’Inghilterra
Leggiadro e bel ſui ſi che di me acceſi
Piú d’una Donna, e al ſin me ſolo oſt’efi.