Opere minori (Ariosto)/Poesie attribuite
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POESIE
attribuite a lodovico ariosto.
Il luogo assegnato da noi al Rinaldo Ardito, e alle altre poesie che a questo si accompagnano, dà bastantementeFonte/commento: E.C. pag.475 a conoscere, come invece d’industriarci quant’è da noi nel risolvere le questioni antiche e le novellamente insorte su tal fatta di versi, abbiamo anteposto di rimanerci nello stato di dubbiezza, per ciò che spetta alla loro legittima provenienza dall’intelletto di Lodovico Ariosto. La cagione che, sopra tutte, ci fe rifuggire da una simile fatica, si è, rispetto al poema, la penuria del tempo in cui versiamo; la quale non ci ha permesso di fare di quello una tanto minuta notomía, che con sè un’altra ne tira più lunga benchè più dilettevole, quanta alcerto bisognerebbe volendo mettere ogni parte di esso al confronto delle parti consonanti o rassomiglianti od anche disformi del Furioso. Altri, frattanto, hanno a ciò agevolato la via cogl’indici delle materie che sono trattate in queste opere; e noi confortiamo i filologi e gli estetici italiani che vogliano a tal carico sobbarcarsi; essendochè il lasciare insolute per secoli quistioni di tal natura, e in ispecie quand’abbiano per soggetto prototipi siccome Dante o il Boccaccio, il Machiavelli o Lodovico, non può insinuare negli stranieri una troppo favorevole opinione dell’eccellenza de’ nostrali nella critica letteraria.
La ricerca a cui vogliamo sospingere i fratelli nostri di patria e di studî avrebbe assai minore difficoltà, ove il Rinaldo apparisse composto dal Ferrarese negli anni suoi giovanili. Perchè non potendo non farsi in quello sensibili ad ogni qualità di lettori e certa rozzezza di locuzione, e certa frettolosa trascuratezza anche per ciò che riguarda ai concetti ed alle invenzioni, non dovrebbero tai cose far maraviglia nell’Ariosto; uomo di ricca vena e mal rattenibile; che più e migliori maestri ebbe in latinità di quel che sia nel volgare, creduto da molti e sino a’ dì nostri non meritevole di studio; che giunse un po’ tardi, e a forza di diligenza e di lima, a quella maravigliosa bellezza di stile, e non mai senza macchie, che oggi si ammirano nel Furioso e in altre sue opere; che, infine, dicea di sè stesso di aver cominciato a scrivere in lingua ferrarese, di aver quindi appreso migliori vocaboli nello Studio di Bologna, e poi dato opera all’eleganza in Firenze, in Siena e per tutta Toscana, ma non sì che mai potuto avesse ne’ suoi dettati disinfingere la pronunzia lombarda: confessione che ognuno può leggere nel primo Prologo della Commedia Il Negromante. Ma quando poi l’uomo si avvegga che nel Rinaldo sono allusioni storiche, per le quali è dimostrato che l’autore di esso scriveva non solo dopo la vittoria estense della Bastía e la battaglia celebre di Ravenna (Rin. Ard., c. III, st. 4), accadute nel 1512, ma benanche dopo la prigionía del re Francesco di Francia (ivi, st. 2 e 5), seguíta nel 1525; la mente in certo modo confondesi, e vien quasi meno ogni facoltà discretiva, sembrando veramente impossibile che messer Lodovico, il quale avea già dato in luce il suo gran poema ed era già intento a prepararne quella tanto migliorata edizione del 1532, potesse allora perdere il suo tempo in questi mal preparati nè meglio condotti abbozzi di un novello lavoro epico, a cui non sappiamo per verun indizio ch’egli avesse mai vôlto il pensiero. Contuttociò, molti tra i modi stessi del dire, tra quei colori che diconsi poetici, le abitudini quasi tutte del cominciare e finire i canti e le stanze, del passare da una ad altra materia, e (che più è) ancora i morali e patriottici sentimenti, non di rado ci rappresentano nell’autore di quest’ultimo una penna, un pensiero e, in somma, un’anima stessa con colui il quale aveva cantato d’Orlando: di maniera che, non sapendo indurci ad attribuire all’età sua ben matura e a lui proprio i Frammenti di cui parliamo, vorremmo almeno crederli nati in sua casa e usciti di tal persona che il Furioso avea tutto quanto (com’è palpabile) per lo senno a mente, e con Lodovico avesse come partecipato agl’intenti ed alle fantasie di cui quello s’informa. Onde prendiamo ardire di esporre un nostro sospetto, che sarà forse temerario, ma non vogliamo si dica prosuntuoso; cioè che autore del Ranaldo (com’è segnato sempre nel Manoscritto) sia forse quel Gabriele Ariosto, che conduceva a fine la Scolastica del fratel suo; o fors’anche Virginio, figliuolo del poeta, che scriveva anch’egli un prologo ad una delle commedie paterne, ed altri versi italiani. Per quest’ultima supposizione spiegherebbesi anche meglio come que’ Canti trovar si possano ricopiati ed emendati dalla mano stessa di Lodovico Ariosto.
Primo a far pubblica menzione del Rinaldo Ardito, come fattura inedita dell’autore del Furioso, fu Gianfrancesco Doni, nell’opera divulgata col nome di Seconda Librería. Al Doni, però, mal uomo nè sempre veritiero, non fu creduto, anche perchè nessuno tra i coetanei del poeta, e nè anco Virginio Ariosti, avea di ciò mosso parola, e così pur niuno tra gli eruditi o i biografi posteriori. Contuttociò, un Manoscritto autografo, o da parer tale, di quel poema trovòssi dopo circa due secoli nella raccolta di opere a stampa ed a penna formata dal dotto medico ferrarese Giuseppe Lanzoni, morto nel 1730; dalla cui casa fe passaggio alla librería dei marchesi Bevilacqua. Ma nè anche in quel tempo era chi desse al mondo notizia di un siffatto cimelio; sino a che, nel 1807, il giuniore Baruffaldi non fecesi a riparlarne, producendone altresì alcuni saggi, nella Vita di Lodovico Ariosto (pag. 172); ma senza manifestarci, qual che ne fosse la cagione, dov’egli già lo avesse veduto. Si udì poi farsi, nel 1812, da Francesco Reina la promessa di pubblicarlo intero nella raccolta dei Classici Italiani; ma non se ne videro, allora o più tardi, gli effetti. Rimane similmente ignoto il come quel Codice pervenisse alle mani di un argentese, che fu padre a un Vincenzo Faustini canonico di quella città; il quale, come ereditario possessore, ebbelo di poi venduto ai signori Giuseppe Aiazzi e Innocenzo Giampieri, che in Firenze ne fecero una molto accurata edizione nel 1846. Le circostanze di tal vendita; la concorrenza, benchè serotina, ai compratori fatta dal Comune di Ferrara; l’offerta dei due Toscani a quest’ultimo di retrocedere la preziosa reliquia, sono cose che qui non vengono replicate, perchè non attinenti al nostro proposito, e perchè i lettori possono istruirsene mediante un opuscolo che i sopralodati già pubblicarono (Firenze, Baracchi, 1847) con questo titolo: Replica degli editori dei Frammenti del Rinaldo Ardito ec. ad un Articolo inserito nel numero 13 del Mondo Illustrato, che si pubblica a Torino.
L’ordine con che si ristampano i detti Canti o Frammenti è il medesimo col quale essi vennero prodotti dai primi editori, che di ciò rendono assai buon conto nella loro Prefazione (pag. xvi-xix). Riportiamo altresì tutte le varianti che questi trovarono nell’autografo, ed avevanci esibito a piè di ciascuna pagina, in un secondo ordine di note, richiamate per via di lettere alfabetiche. In quanto alla grafía dei vocaboli, alla puntuazione ed altre accidenze di tal natura, stimammo bene di ridurle all’uso più moderno, sempre che questo ci fu possibile senza alterare lo stile o il carattere proprio dello scrittore: e ciò perchè essendo da pezza così rammodernato il Furioso in tutte le stampe, ritorni, a chi voglia instituirlo, più agevole il paragone da farsi tra quello e il Rinaldo. Nelle note si tenne lo stesso metodo che può osservarsi in tutta la presente edizione: cioè, che alcune copiammo delle fatte da quei benemeriti, compendiando per brevità i loro nomi nelle due iniziali A.-G.; altre acconciammo o scrivemmo secondo il nostro gusto, o secondo ci parve opportuno per la migliore intelligenza e pel giudizio da proferirsi intorno ad un poema, poco sin qui curato, ma che un giorno forse diverrà oggetto di assai più attenta considerazione.