Opere minori (Ariosto)/Poesie attribuite/Rinaldo ardito/Canto I
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CANTO PRIMO.
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1 Così poteansi ritenere appena
I cavalier di non entrar la zuffa;1
E a ciascuno il tardare era gran pena,
Nè può star fermo e si apparecchia e buffa:
Di quei si parla che hanno animo e lena;
Chè a un vil codardo incresce ogni baruffa,
Come chi va alla forca e che prolunga
Perchè quanto più può tardi vi giunga.
2 Artiro e Salomone alla avanguarda,
L’uno affricante e l’altro cristïano,
Stan per ferirsi in punto, e ciascun guarda
Al segno general del capitano:
Or, dato il segno, alcun più non ritarda,
E all’inimico va con2 l’arme in mano:
Ma prima ch’entri in così orribil guerra,
Ferraguto vo’ trar dall’acqua3 in terra.
3 Ormai tanto che dentro vi è caduto,
Che non dovrebbe aver di ragion sete.
Sapete come cadde Ferraguto?
Con quale astuzia cade augello in rete:
Egli avea già nell’acque il cuor perduto,
Nè ad altro pensa che alla strema quiete;
Chè essendo armato, e d’armi di gran pondo,
Non potendo nuotar, discese al fondo.
4 Nè crediate ch’al fondo già restasse,
Anzi4 di là dal fondo fu tirato;
Chè una dama gentil subito il trasse
Fuora delle acque in luoco assai più grato:
Nè già pensò che ’l ciel tanto lo amasse,* 1
Vedendosi nelle onde trabuccato;
Ma il cielo il tutto a suo modo dispensa,
E spesso all’uom avvien quel che non pensa.
5 Come chi per errore o per disgrazia,
Cui sotto il ceppo ha il col’5 per esser morto,
E fatta gli vien poi subito grazia
Prima che moja o per ragione o torto;
Che attonito rimane e il ciel ringrazia,
E quasi muor di subito conforto:
E così appunto a Ferraguto accadde,
Vedendosi ritrar dove pria cadde.
6 Fu in una ciambra6 il cavalier condutto,
Che tutta di cristallo era smaltata:
Il palco tutto a specchi era costrutto,
E intorno intorno tutta ad ôr frissata.7
Vedendosi il barone ivi ridutto,
Gli fu tal sorte allor non poco grata;
E tutto che suspetto ancora stava,
Pur più ch’in l’umide acque ivi sperava.
7 E vôlto Ferraguto alla donzella:
— Deh dimmi, dama (disse), se ti aggrada,
Chi sei, e come è qua stanza sì bella,
Che in fondo alle acque mi par cosa rada. —
A Ferraguto allor rispose quella:
— Sappi ch’io fui nemica a quella Fada8
Che poco anzi occidesti, e d’ogni intorno
Faceva a’ circonstanti9 injuria e scorno.
8 E quella son che ti donai quel tanto
Lucido, adomo e prezïoso scuto,
Con che vinto hai la Fada e ogni suo incanto,
A te di onore e a’ circonstanti ajuto:
E d’infiniti sol ti puoi dar vanto
Avere un tal trionfo oggi ottenuto,
Di che grato non solo agli uomin sei,
Ma fatto ne hai piacere insino a i Dei.
9 La Fada di coloro era nemica,
Che d’altre che di lei fussero amanti;
Anzi ogni industria usava, ogni fatica
Per rovinarli: e ben ne ha occisi tanti,
Che indarno è lo espettar, baron, ch’io dica
Quanti ne ha uccisi la malvagia, e quanti
Presi e in prigione morti per disagio,
Vietando loro il cibo e il stare ad agio.
10 Onde tanto costei Venere adonta,
Che sol di lei cercava aspra vendetta;
E* 2 a tale impresa in fin persona pronta
L’amorosa mia don’ gran tempo espetta:
Ma solo hai vendicato ogni sua onta,
E però ne serai persona eletta,
A Vener grato, e per il tuo valore* 3
Fortunato serai sempre in amore.
11 E quantunque infelice per adrieto
Sempre sii stato in l’amoroso laccio,
Nell’avvenir serai giocondo e lieto,
Poi che distolte10 ne hai di tanto impaccio.
E perchè intendi quel che ti è secreto,
Quel che richiesto m’hai io non ti taccio:
Sappi che ninfa son nasciuta in l’acque,
E di questo liquor sto corpo nacque.
12 Delle Najade son la più onorata,* 4
Chè così d’acqua son le ninfe dette:* 5
Liquezia ho nome e, a Venere dicata,
Sono delle sue care e più dilette;* 6
Ed a te fui col bel serto mandata* 7
Per animarti a far le sue vendette:
Questa è mia stanza. E qui poserà tanto
Ch’io torni a rivederlo in l’altro canto.11
Note
- ↑ L’originale: ciuffa.
- ↑ Nel Codice, invece di con, è scritto costantemente: cum.
- ↑ La prima edizione, qui ed altrove: aqua.
- ↑ Qui ed altrove, il Manoscritto: Anci.
- ↑ I primi editori posero qui questa nota: «Trovansi in questi Canti troncate molte voci di due e di tre sillabe, che regolarmente non consentirebbero il troncamento: però non mancano esempi tra gli antichi rimatori di quest’uso più che licenza, che non si riferiscono per brevità; e le più comuni sono: col per collo, car per carro, tor per torre, tor per toro, don per donna, fal per fallo, parol per parole, schier per schiera, fer per ferro; le quali si notano qui tutte insieme, per non ripeterle ai luoghi respettivi.» Alle parole così tronche abbiamo aggiunto l’apostrofo, per renderne più pronta l’intelligenza.
- ↑ Camera.
- ↑ Fregiata, adorna.
- ↑ Per fata, maga, dallo spagnuolo fada o hada. — (A.-G.)
- ↑ MS.: circumstanti. E così altre volte.
- ↑ Distolte, per liberate. — (A.-G.) — Fors’è da leggere: disciolte.
- ↑ Secondo i saggi prodotti del Baruffaldi (Vita di messer Lodovico Ariosto, pag. 310-314), chiuderebbesi con questi due versi il Canto quarto, e dovrebbero così leggersi: Quest’è mia stanza, e qui poseran tanto Ch’io torni a rivederli in altro canto.