Capitolo II

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I III
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II.


Il quindici settembre Pietro entrò al servizio dei Noina. Era di sera; una sera nuvolosa e tetra, il cui ricordo rimase impresso nella mente del giovine servo come il ricordo di un triste sogno.

Le donne lo accolsero con freddezza, quasi con diffidenza, ed egli si sentì triste quando entrò nella cucina ancora buia e attaccò il suo cappotto nell’angolo vicino alla porta.

Maria accese il lume e versò da bere al nuovo venuto.

— Bevi, - gli disse, guardandolo acutamente.

— Salute a tutti, - rispose Pietro: e mentre beveva il vino rossastro, il vino di media qualità riservato ai servi ed alle persone povere, anche egli fissò la giovane padrona.

Così vicini, bellissimi entrambi, nei loro costumi caratteristici, servo e padrona apparivano, ed erano, campioni magnifici d’una stessa razza: eppure una distanza enorme li divideva.

Pietro era alto e scultorio; indossava un giubbone di scarlatto scolorito dall’uso, foderato di [p. 18 modifica]grosso velluto turchino, e al disopra del giubbone una specie di giacca senza maniche, di pelle d’agnello conciata rozzamente, ma ben tagliata e lavorata e adorna di filetti rossi. La sua figura era elegante e pittoresca, nonostante la poca nettezza delle sue vesti da lavoratore. Anche il suo volto era terreo, bronzino, dal profilo purissimo, allungato dalla linea dei capelli neri dritti sulla fronte e dalla barbetta nera a punta.

I grandi occhi grigi, assai dolci e luminosi, contrastavano con l’espressione selvaggia delle sopracciglia folte e riunite, e delle labbra ardenti e sprezzanti.

Anche la giovane padrona era alta, bruna, agile; coi suoi capelli nerissimi e crespi, raccolti a grosse trecce sulla nuca, la carnagione dorata, i lunghi occhi neri che brillavano sotto la fronte bassa, i cerchi d’oro coi pendenti di corallo che parevano nati assieme con le piccole orecchie diafane, ella ricordava le donne arabe nate dal sole e dalla terra voluttuosa, dolci ed aspre come i frutti selvatici.

Una linea d’impareggiabile bellezza tagliava la delicata punta del naso, il labbro inferiore e il mento di Maria. Quando ella rideva, due fossette apparivano sulle sue guancie e altre due, più piccole, agli angoli degli occhi: perciò ella rideva spesso.

Con tutto questo Maria dispiacque a Pietro, e Pietro dispiacque a lei.

Zia Luisa, col corsetto allacciato e il capo avvolto nella benda gialla, preparava la cena; zio Nicola non era ancora rientrato. [p. 19 modifica]

Pietro sedette in un angolo, dietro la porta, e cominciò a osservare le due donne con curiosità diffidente.

— Domani tu andrai nel nostro chiuso della valle: tu sai dov’è? - chiese Maria.

— Altro che, - rispose Pietro, sollevando la testa col solito gesto sprezzante.

— Il chiuso confina con la vigna, - disse zia Luisa, senza voltarsi. - Saprai anche questo.

— Lo so, lo so. Chi non conosce la vostra vigna?

— Sì, è la più bella vigna di Baddemanna, - disse la vecchia padrona. - Ci costa, e Nicola Noina ha speso, oltre che i suoi soldi, tutto il suo tempo per coltivarla; ma almeno sappiamo che abbiamo una vigna!

— Lo sappiamo, - rispose il servo, come una eco, ma con voce triste.

— Verrò spesso a trovarti, - disse Maria, curvandosi per deporre una bottiglia vicino a Pietro.

Poi gli mise davanti, su uno sgabello, un canestro col pane d’orzo, il formaggio, un piatto con carne e pomi di terra, e aggiunse:

— Mangia. Ecco il babbo che viene.

Nel cortile silenzioso s’udi il passo zoppicante di zio Nicola, e Pietro si rallegrò pensando al padrone.

— Salute, e benvenuto, - salutò questi, entrando nella cucina. - Che brutta sera: la mia gamba soffre come una donna in parto. Ebbene, mangiamo anche noi. E sta allegro, Pietro Benu! [p. 20 modifica]sei fra gente amica, tra persone oneste e allegre. Sì: poveretti ma allegretti.

Zio Nicola sedette davanti a un piccolo tavolo senza tovaglia; le donne misero un canestro per terra, sedettero e cenarono.

La conversazione continuò, poco animata. Dopo cena Pietro chiese il permesso di uscire; incontrò altri giovani paesani coi quali s’era dato appuntamento, e tutti insieme formarono il coro del canto nuorese e andarono a cantare davanti alla porta delle loro innamorate.

Anche Pietro volle cantare sotto le finestre della casa dove Sabina serviva:

«Furadu m’as su core, pili brunda...»



Nei giorni seguenti Pietro fu mandato a lavorare nel chiuso ed a guardare l’uva e le frutta che maturavano nella vigna.

Come aveva annunziato, Maria scendeva nella valle quasi tutti i giorni, a piedi od a cavallo, e pareva non curarsi del giovine servo; talvolta ella ripartiva senza avergli rivolta una parola.

Pietro, che costruiva una specie di argine lungo il ruscello, in fondo al podere, vedeva Maria vagare tra i filari della vite, lassù, nella vigna illuminata dal sole ancora violento. Al di sopra della vigna sorgevano le roccie chiare dell’Orthobene, battute dal sole, e al di sopra delle roccie, sul [p. 21 modifica]cielo d’un azzurro abbagliante, gli elci immobili pareva guardassero pensosi l’orizzonte opposto.

Una vegetazione selvaggia copriva i fianchi della valle; tra il verde cinereo dei fichi d’india e degli olivi brillava il verde smeraldino della vite, e la vitalba s’intrecciava al lentischio lucente.

Qualche roccia, forse un giorno precipitata dalla montagna, sorgeva qua e là negli anfratti e in riva al torrentello che rinfrescava i piccoli orti in fondo alla valle. L’edera e la pervinca coprivano le roccie; sentieri appena tracciati scendevano e salivano, tra i rovi e i cespugli; macchie gigantesche di fichi d’india, dalle foglie pesanti nate le une sulle altre, incoronate di frutti e di fiori d’oro, sporgevano sui ciglioni e s’arrampicavano sulle chine.

Maria, in semplice gonnella d’indiana grigiastra, col bustino di velluto verde che appariva come una macchia un po’ più morbida e viva fra il verde della vigna e dell’oliveto, vagava qua e là a passi svelti, agile e pieghevole; si curvava ad esaminare i grappoli, si allungava per toccare un frutto quasi maturo, spiccava con una canna i fichi d’india dorati. Come certi insetti verdi che prendono il colore del cespuglio ove son nati, ella pareva un’emanazione della valle feconda: aveva la flessibilità della vite e la maturità carnosa e un po’ voluttuosa del fico d’india.

Ma, appunto come il fico d’india, ella non sapeva nascondere le spine, e Pietro la guardava [p. 22 modifica]con occhi torvi, accorgendosi che ella lo disprezzava, non solo, ma diffidava di lui.

— Ella viene qui per vigilarmi. — pensava. Ha paura che le porti via la sua roba; se mi provoca le insegno io la creanza. Le dò uno schiaffo.

Ma ella non lo provocava; solo qualche volta gli rivolgeva la parola, accennandogli i lavori da eseguire.

Era fredda e dignitosa: Pietro cominciava ad odiarla, e desiderava andarsene presto dal chiuso per non veder più il viso ipocrita e gli occhi scrutatori che lo insultavano tacitamente.

— Si vede che questa gente non ha mai avuto dei servitori, — egli pensava, e per dispetto, per puntiglio, lavorava alacremente, vegliava, non toccava un solo frutto.

Un giorno, in ottobre, mentre egli tagliava i pampini perchè il sole penetrasse meglio fino ai grappoli, Maria gli passò vicino e disse:

— Perchè non mangi mai uva, Pietro?

— Conti i grappoli, dunque? — egli rispose, curvo, ma sollevando gli occhi per guardarla o scuotendo la testa col suo gesto sprezzante.

Maria arrossì: capì d’essersi tradita, ma cambiò abilmente discorso.

— Pietro, — disse, riparandosi gli occhi con la mano per guardar meglio verso il confine della vigna, dove s’allineavano i peri dalle foglie gialle, carichi di frutti maturi che al sole parevano di cera pronti a liquefarsi. — dopodomani coglieremo le pere. [p. 23 modifica]

Anch’egli guardò verso i peri.

— Come volete.

— Senti: tu, dopodomani mattina cògli le pere, ed io nel pomeriggio vengo qui col cavallo e le porto via. Credi tu che stieno in quattro cestini? Farò due viaggi.

Siccome Pietro s’allontanava tra i filari con un fascio di pampini fra le braccia, ella gli andò dietro.

— Che annata di pere! L’anno scorso ce le hanno tutte rubate. Quest’anno le venderemo e ne ricaveremo almeno una ventina di lire. Cosa dici tu, Pietro?

— Io? Non so. Non ho mai venduto pere.

— Sì, ce le hanno rubate, l’anno scorso. Quest’anno tu le hai ben guardate: ti regalerò mezza dozzina di sigari.

— Io non fumo, - egli disse, quasi beffardo.

Ma la giovine padrona si mostrava così espansiva e buona, quel giorno, ch’egli si domandò se non s’era ingannato giudicandola cattiva.

Ma mentre egli gettava un altro fascio di pampini in fondo al filare, Maria gli disse:

— Senti, Pietro. Meglio, dopodomani verrò prestino, verso le due pomeridiane. Coglieremo assieme le pere e le porteremo via in una sola volta.

— Ecco, ella ha paura che nel coglierle ne metta a parte un mucchio. Ah! avarona, sorniona indiavolata...

Ma tutto ad un tratto ella pronunziò tre parole magiche, che lo rallegrarono tutto. [p. 24 modifica]

— Farò venir Sabina...

— E verrà Sabina, e verrà Sabina - continuò a ripetere Pietro fra sè, anche dopo l’invocata partenza di Maria.

Le mosche, gli insetti nascosti fra i pampini, il picchio che batteva il becco sul pioppo bianco del ruscello, l’usignuolo che gorgheggiava sul noce, le foglie che sussurravano, ogni pietruzza che rotolava sulla china, ripetevano le due buone parole.

Solo nella serenità chiara del crepuscolo, il giovine servo sentiva il suo cuore palpitare di gioia.

Tutto ciò che v’era di torbido nella sua anima ardente e scontrosa dileguavasi come la nebbia al sorgere del sole.

— Verrà Sabina.

Fra le macchie giallognole indorate dall’ultimo riflesso del tramonto appariva e spariva un ciuffo di capelli biondi... Versi appassionati d’antiche canzoni echeggiavano nelle lontananze azzurre, fra le roccie ove forse dormono gli spiriti dei vecchi poeti selvaggi.

Quando alla luminosità cerula del crepuscolo si fusero i primi bagliori della luna nuova che declinava dietro gli olivi, e una scintilla brillò tra il pioppo ed il noce, nell’acqua corrente. Pietro risalì verso la capanna, e si stese su un muricciuolo, con gli occhi perduti verso lo sfondo della montagna.

La brezza spirava così leggera che le foglie non avevano più un sussurro: solo un brivido silenzioso cangiava soavemente la tinta dei pampini e [p. 25 modifica]degli olivi, che il riflesso della luna spruzzava di perle. Un coro di grilli saliva dai cespugli; s’udiva il rumore eguale del ruscello, e un carro, lontano, roteava nello stradale bianco alla luna, sospeso quasi fra la valle e la montagna: e quei rumori vaghi, melanconici, sempre eguali, accrescevano il senso di silenzio e di solitudine dominante intorno al giovine servo. Egli sentiva inconsapevolmente la dolcezza dell’ora. Il sonnolento benessere del riposo e del fresco, dopo una calda giornata di lavoro, gli copriva la persona come una coltre di velluto; qualche cosa di vaporoso, simile alla luce vaga del novilunio, gli irrorava l’anima primitiva: erano sogni semplici di paesano, desideri d’uomo giovane, immagini di poeta contadino.

— Verrà Sabina. — E il mondo dei sogni, dei desideri, delle immagini si allargava, si allargava in grandi cerchi crepuscolari; il presente si confondeva con l’avvenire, il bisogno ardente di baci impetuosi con la speranza di mangiare un giorno nello stesso canestro con la donnina bionda e buona massaia.

— Ella verrà, — pensava il servo, con un brivido di voluttà. — Se quell’altra indiavolata ci lascierà soli, io la prenderò e la bacerò così, come un pazzo. Ella ha la bocca fresca come una ciliegia...

Il desiderio ardente si smorzava in un sogno positivo:

— Avremo una casetta, un carro, un paio di buoi: ella farà il pane, io andrò in qualche lavorazione per guadagnare di più... [p. 26 modifica]

La luna sorrideva ai sogni di Pietro, come sorrideva ai sogni e buoni e rei di altri sognatori dispersi nei campi, simile a una regina che sorride a tutti senza veder nessuno.

L’indomani Maria non venne al podere. Pietro si inquietò alquanto, sebbene lo confortasse la speranza poco pietosa d’un accidente sopravvenuto alla giovine padrona: salì fino allo stradale e scrutò la lontananza. Passavano donne e fanciulli carichi di cestini di fichi d’India, carri colmi d’uva, paesani d’Oliena sui piccoli cavalli rassegnati; Maria non venne.

— Diavolo, — pensò Pietro, ritornando alla vigna, — ecco, la prima volta che l’aspetto ella non viene. Vada al diavolo!

Anche l’indomani, anima viva non turbò la solitudine del podere: ma a misura che le ore passavano, Pietro sentiva una inquietudine insolita. Verranno? Non verranno? Il sole varcò il centro del cielo, le ombre degli ulivi cominciarono ad allungarsi. Ed ecco, il cane, legato sotto i peri dorati, cominciò ad abbaiare, ergendosi sulle zampe posteriori, coi piccoli occhi rossi rivolti allo stradale. Pietro indovinò, ancora prima di guardare.

Maria e Sabina, entrambe a cavallo, scendevano galoppando come due spiritate: fra un nembo di polvere grigia apparivano i loro visi rossi, [p. 27 modifica]illuminati dal sole del pomeriggio, e i cavalli lucenti di sudore che si sbattevano furiosamente la coda sui fianchi.

Giunte davanti al canocello smontarono, e scesero nella vigna tirandosi dietro i cavalli che allungavano il collo per strappare qualche foglia dagli alberi. Pietro non s’era mosso, nonostante il suo vivo desiderio di andare incontro alle fanciulle, ma il cuore gli batteva, e appena Maria varcò il limite della vigna egli si alzò e salutò.

— Ebbene. Pietro, che nuove? — gridò Sabina, tirando forte la corda del cavallo. — Da quando non ci vediamo!

Egli la guardò fisso e le sorrise.

— Dà qui, — disse, aiutandola a legare il cavallo ed a scaricar la bisaccia gonfia che conteneva due grandi cestini di canne, mentre Maria si arrabbattava a legare l’altro cavallo, che aveva cacciato il muso entro un cespuglio e si scuoteva tutto.

Sabina era molto ben vestita, con un bustino di velluto rosso e la camicia bianchissima; il fazzoletto slegato lasciava scorgere il collo nudo, lungo e bianco, circondato da cordoncini di seta nera.

La sua bellezza delicata e pura non offuscava certo la voluttuosa bellezza di Maria; ma più che bella Sabina era graziosa, e la ciocca di capelli che le sfuggiva dal fazzoletto e le velava la fronte e talvolta anche gli occhi le dava un’aria infantile.

Come ella piaceva a Pietro! Gli occhi di lei, chiari e languidi, un po’ socchiusi, lo affascinavano. [p. 28 modifica]

Legato il cavallo, ella sedette per terra e si levò le scarpe. Il servo la guardava con insistenza, ed ella se ne accorgeva con piacere; ma ad un tratto Maria, rossa e sudata, si volse e gridò sdegnosamente:

— Pietro, sei incantato? Potresti venire a legare questa bestia infernale che ti somiglia.

Egli non rispose. S’avvicinò e legò il cavallo. Un’ombra gli aveva oscurato il viso.

Anche Maria si levò le scarpe e ricominciò a gridare, incitando il servo a sbrigarsi.

— Presto, presto, presto. Tu hai del tempo, Pietro Benu, ma noi abbiamo fretta. Presto, che il diavolo ti comandi.

Allora egli s’arrampicò su una pianta, con un cestino al braccio, e cominciò a staccare le pere.

Le due cugine coglievano i frutti dai rami bassi, e ridevano fra loro, ammiccandosi e spingendosi. Qualche volta tendevano il grembiale già a metà colmo e Pietro lasciava cadere qualche pera meno matura che rimbalzava fra le altre.

— A me, ora.

— No, a me.

— Sempre a te, — disse Maria, tendendo il suo grembiale. — Pietro, a me, ora: attento! Ecco.

— No, a me. — gridò Sabina, spingendo la cugina. — Su, quella là, vedi, quella pera che sembra d’oro.

— Sì, a te; attenta, te la butto sul seno! — egli rispose, sorridendo e fissando il viso sollevato di lei. [p. 29 modifica]

Infatti il bel frutto maturo le sfiorò il petto, balzò sul grembiale, ne fece cadere il contenuto.

— Ab, — gridò Sabina, infantilmente spaventata, mentre Maria curvavasi già a raccogliere le pere cadute per terra. — Maria, non sgridarmi!

Col viso tra il fogliame d'oro Pietro rideva come un bambino. Un momento si fermò e guardò le due cugine che si bisticciavano.

— Tu mi hai spinto...

— No, sei stata tu, tu che hai lasciato andar le cocche del grembiale.

— Pietro, chi è stato? — chiesero, sollevando entrambe il viso.

— Ebbene, sono stato io!

Esse risero, e per la prima volta Pietro s’accorse delle fossette di Maria, e vide che vicino al viso ardente e al busto agile e colmo della cugina, Sabina appariva pallida e magra.

— Uno è fatto, — egli disse, scivolando agilmente dal pero. Giunto a terra salutò l’albero spoglio facendo un segno di addio. — All’anno venturo, se vivremo!

Maria gli tolse il cestino dal braccio e s’allontanò alquanto per vuotare le pere nella bisaccia.

— Perchè mi guardi così? — domando Sabina, incontrando lo sguardo di Pietro.

— Ho da dirti due parole, — egli rispose, abbracciando il tronco d’un altro pero.

Ella capì, ella sapeva già quali erano queste «due» grandi e misteriose parole. Ella le attendeva, e avrebbe voluto udirle subito. Ma la cugina [p. 30 modifica]ritornava. Un fugace rossore colorì il viso pallido della giovine serva; i suoi occhi languici brillarono, e la sua voce tremò di desiderio:

— Dimmele ora, Pietro...

— Un altro giorno, — egli disse, piano, accennando Maria con gli occhi. — Verrai alla vendemmia, non è vero?

Ella non rispose nè sì, nè no; egli s’arrampicava sul pero, e gli pareva di salire verso il cielo. Sì, ella lo amava, poichè aveva arrossito e tremato. I loro occhi avevano parlato.

Da quel momento i due giovani non risero, non scherzarono, non parlarono più. Pietro coglieva le pere dai rami alti; le due cugine quelle dei rami bassi. Qualche pera cadeva da sè. Il sole attraversava il fogliame lucente, e i bei frutti, tiepidi e molli, profumavano l’aria d’intorno.

Invano Maria cercò di riaccendere la conversazione: gli altri due tacevano. Sabina, ridiventata pallida, non osava più sollevare il volto e nascondeva tra le foglie del pero le mani tremanti; Pietro, con le gambe aperte e i piedi appoggiati su due rami, sentiva nel viso tutto il calore del sole pomeridiano, e i suoi occhi pareva riflettessero lo scintillio degli olivi ondeggianti sulla china.

Terminata la raccolta delle pere, egli caricò le bisacce colme sulla groppa dei cavali, e le due cugine si rimisero le scarpe. Maria non si allontanò una sola volta; pareva lo facesse apposta. Al momento di partire disse:

— Vogliamo fare il giro del podere, cugina? [p. 31 modifica]

— Sicuro, — rispose Sabina.

— Vuoi girare anche te, Pietro Benu? — chiese allora Maria, deridendo il giovane servo che s’affannava intorno ai cavalli scalpitanti.

— Il diavolo vi raggiri, — egli rispose, indispettito.

Le ragazze si misero a ridere, e corsero via, giù per il piccolo sentiero soleggiato, spingendosi per le spalle.

Non seppe veramente perchè, Pietro diventò triste. Seguiva con lo sguardo le due cugine e le vedeva scendere giù per il sentiero, correndo e ridendo. Poi esse scomparvero fra le macchie e riapparvero vicino al ruscello, coi loro corsetti colorati come fiori. Il riso sonoro di Maria si fondeva col rumorio dell’acqua corrente: Sabina, curva sulla piccola cascata sotto il noce, si lavò il viso e lo asciugò col lembo della sottana. A un tratto ella guardò in alto, lontano, verso il punto ov’era Pietro, e sollevò una mano; poi disse qualche cosa a Maria. Entrambe scoppiarono a ridere. « Sì, — pensò Pietro, — devono parlare di me!» Sabina forse confidava alla ricca cugina la mezza dichiarazione d’amore ricevuta dal servo, ed entrambe ne ridevano. No, Sabina non l’amava; egli s’era scioccamente ingannato.

Anch’ella doveva essere ambiziosa come la cugina ricca, ed egli era povero, non aveva casa, non possedeva neppur un carro, un paio di buoi, un aratro.

E Maria, ora che sapeva il segreto del suo cuore, lo avrebbe continuamente deriso. [p. 32 modifica]

Quasi certo che le due ragazze si beffavano di lui, Pietro volse le simile indispettito e s'allontanò.

— Addio, — gli disse Sabina, tirandosi dietro, su per la china, il cavallo carico.

Egli la guardò, ma non rispose. Ella si volse parecchie volte, e giunta sullo stradale s'affacciò sul paracarri. Poi le macchiette colorate delle due cugine, coi loro cavalli carichi, sparvero allo svolto dello stradale, nella luce rossa del tramonto che incendiava le rocce della montagna, e Pietro rimase solo nell'omhra della valle. Anche sull'anima sua era caduto un velo d'ombra.

— Ho fatto male a indispettirmi, — pensava. — No, ella non rideva di me: ella mi vuol bene. Ma io son povero, e il povero è come l'ammalato; ogni piccolo urto lo fa soffrire. Basta, rimedierò. Ella verrà alla vendemmia; io la pregherò di venire con me, nel filare ove io coglierò l’uva. Andremo avanti, avanti, lontani dagli altri, e mentre io con la falciuola spiccherò i grappoli ed ella li raccoglierà, ci diremo tante cose. Poi io l'aiuterò a caricarsi il cestino sul capo, e ci guarderemo: forse potrò anche baciarla... Sì, Maria è più bella, ma Sabina è più buona.

— Ah, l’altra, — pensò dopo un momento, rivedendo con un impulso di desiderio la figura voluttuosa della giovane padrona, — come è cattiva! Non ci ha lasciato soli un momento! Vorrei fosse qui, ora: la butterei per terra, la bacerei morsicandola. Ecco, vipera: tu non vuoi che gli altri si amino, tu non hai voluto che io baciassi tua [p. 33 modifica]cugina. Ecco, a te questi baci cattivi; a Sabina i baci buoni... perchè tu sei cattiva, e Sabina è buona.

— Ecco, qui, forse qui. Qui va bene — disse poi a voce alta, fermandosi sotto una specie di pergolato, dietro una roccia in fondo alla vigna. Qui potremo baciarci...

L’immagine insidiosa di Maria era scomparsa; restava, dietro la roccia coperta di vite, la dolce figurina della serva bionda, col cestino dell’uva sul capo.

Ma intanto nella vigna erano scese molte cutrettole dalla coda fremente, e piluccavano l’uva prima di andarsene a dormire nei loro nidi di foglie. E Pietro dovette svegliarsi dal suo sogno amoroso per correre verso la vigna, battendo le mani e fischiando. Lo stormo delle cutrettole si sollevò, rumuroso e allegro, sperdendosi nell’aria pura del primo crepuscolo: la brezza trasportava giù, fino ai piedi di Pietro, le foglie cadute dai peri.