La spedizione inglese in Abissinia (1887)/IV

IV

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III V

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IV.

Com’erano ordinati i servizii della spedizione.

A) Trasporti per mare. Stazione di sbarco.

Oltre a non poche navi da guerra, furono impiegati al trasporto delle truppe, degli animali da soma, e delle provviste per la spedizione: 291 grossi bastimenti del commercio espressamente noleggiati, ed un numero rilevante di vaporini rimorchiatori, barche e barcaccie d’ogni dimensione.

Per otto intieri mesi, ossia dal novembre 1867 al giugno 1868, quei grossi bastimenti furono continuamente in viaggio tra la baia di Annesle, l’Egitto ed i porti delle Indie; e sbarcarono sulla spiaggia di Zula, oltre ai 41000 uomini della spedizione, 35000 circa tra cavalli, muli, asini, buoi, cammelli ed elefanti, un migliaio di carri maltesi a due ruote per il servizio della stazione di sbarco, due locomotive a vapore, parecchi vagoni e tutto il materiale per 19 chilometri di strada ferrata, una quantità sterminata di selle e basti d’ogni modello e dimensione, casse d’ambulanza, lettighe, oggetti di vestiario, tende, legname per baracche, munizioni, biade e foraggi, viveri d’ogni sorta, dalla carne in conserva al tè, ai pickles, alla cioccolata.

Per facilitare lo sbarco, sia delle truppe che degli animali e delle provviste, furono immediatamente costruite due gittate parallele che si protendevano in mare per lo spazio di circa 250 metri; il tratto di spiaggia compreso tra le due gittate venne convertito in banchina; e s’ebbe così una specie di porto, a ciascun punto del quale potevano comodamente approdare le barche o barcaccie che si staccavano dai grossi bastimenti, e trasportavano a terra uomini, animali, o materiale.

Su ciascuna delle due gittate fu stabilito un binario: e ciascun binario, dividendosi e suddividendosi di mano in mano che s’allon[p. 17 modifica]tanava dal mare, metteva in comunicazione il porto coi diversi punti dell’accampamento, oppure colla ferrovia stessa che conduceva al piede delle montagne.

Per i primi giorni le provviste sbarcate furono raccolte in mucchi colossali, o sulla riva del mare, o sulle gittate, o lungo i binari; poi, poco alla volta, si rizzarono tende, si costruirono baracche, si tracciarono quartieri, si riescì a formare, in una parola, uno stabilimento dei più ordinati e regolari, a cui venne poi ad aggiungersi anche un vastissimo bazar dove negozianti italiani, tedeschi, inglesi, francesi, turchi, chinesi avevano botteghe di commestibili, vini, liquori, oggetti di vestiario, arnesi di cucina e così via.

Una cosa purtroppo mancava a questa stazione di sbarco (come manca del resto a tutta la costa del Mar Rosso); ed era l’acqua potabile . Si stabilirono quindi, su alcuni bastimenti e lungo la riva del mare, non pochi condensatori per la produzione dell’acqua distillata: e si calcolò che la produzione totale di siffatti condensatori fu di circa 37,000,000 di litri, e che il costo d’ogni litro fu di circa 30 centesimi di lira italiana.

Un’opera che venne a compire degnamente tutti i lavori ora accennati, fu la ferrovia che metteva in comunicazione il porto di Zula col campo di Komélu al piede delle montagne. Questa ferrovia, lunga 19 chilometri, fu cominciata nel dicembre 1867 e compiuta alla fine d’aprile 1868; non appena una sezione era terminata vi si stabiliva subito il movimento, e si formava alla testa della linea un deposito provvisorio di vettovaglie le quali si spingevano poi di mano in mano verso l’interno; così, in ultimo, si diminuì di un giorno il tempo necessario per i trasporti, e, cessato il bisogno di un gran numero d’animali al campo di Zula, si potè scemare di molto la costosissima produzione dell’acqua distillata.

Al finire della campagna questa ferrovia rese altri servizi non meno importanti: le truppe, giunte a Komélu, si fermavano sino a che non fossero pronti i bastimenti per il ritorno alle Indie: al momento voluto un treno le portava sino al mare, dove prendevano subito imbarco; ed in tal modo, dopo le lunghe fatiche della spedizione, esse evitavano almeno quell’ultima marcia ed un nuovo soggiorno sulle coste del Mar Rosso ai calori infocati di maggio e giugno.

Il suolo della spiaggia fu in alcuni punti un ostacolo serio al so[p. 18 modifica]lido armamento della ferrovia; in alcuni altri si dovettero scavare trincee; e, per superare i torrenti che attraversavano la linea, si gettarono otto ponti in ferro, alcuni dei quali a parecchie travate.

Senza tener calcolo del materiale portato tutto dalle Indie, dove aveva già servito, questi 19 chilometri di strada ferrata non costarono che 6000 sterline, ossia 150 mila lire.

B) Provvigionamento.

Era naturale che in una spedizione come questa, le principali speranze di sostentamento si fondassero su ciò che le truppe potevano trasportare al loro seguito: ed era non meno naturale che l’Inghilterra provvedesse ai bisogni dei suoi soldati con quella generosa grandezza che è uno dei suoi tratti caratteristici1.

Secondo il progetto di sir Robert Napier la stazione di sbarco doveva essere, come fu di fatto, la grande base di provvigionamento: lungo la linea di marcia si sarebbero stabiliti tre o quattro grandi depositi di viveri, munizioni, oggetti di vestiario e d’equipaggiamento; e finalmente in ognuno dei luoghi di tappa si sarebbe lasciata una piccola riserva di viveri e biade per le truppe di passaggio.

Perchè questo progetto potesse essere compiuto occorreva, in primo luogo, che il movimento verso l’interno si eseguisse abbastanza lentamente da permettere il contemporaneo accumularsi delle provvisioni alle spalle delle truppe, ed in secondo luogo che il treno fosse talmente numeroso e bene ordinato da poter mantenere comunicazioni non interrotte, ed ogni giorno più estese, tra la grande base di provvigionamento ed i successivi punti d’arrivo delle truppe.

Ora, il movimento era cominciato verso la metà di gennaio, e cinque mesi dopo, al più tardi, vale a dire verso i primi di giugno, bisognava assolutamente che le truppe, raggiunto o no il loro scopo, fossero di ritorno alla stazione di sbarco: poichè, appunto verso la fine di maggio, comincia in Abissinia la stagione delle pioggie, ed [p. 19 modifica]il corpo di spedizione non avrebbe potuto lasciarsi sorprendere da quella stagione sugli altipiani senza esporsi al rischio di rimaner privo di viveri, o, per lo meno, d’essere condannato per cinque o sei mesi all’immobilità.

Alla metà di marzo, vale a dire dopo due mesi di marcia, la testa di colonna non era ancora che a mezza via tra il mare e Magdalà; e la necessità di affrettarsi appariva ogni giorno più evidente. Ma se le truppe potevano spingersi celeremente avanti, esse non potevano certo farsi precedere nè tampoco seguire da colonne di muli abbastanza numerose per trasportare tutte le provviste necessarie per il resto della campagna. Quand’anche la cosa fosse stata possibile, l’ordinamento del treno in quel momento, come vedremo fra poco, vi si sarebbe opposto.

Si decise dunque che avrebbero marciato contro Magdalà due sole brigate (5000 combattenti circa); e che queste truppe, seguite da scarsissimi trasporti, avrebbero vissuto principalmente su ciò che offriva il paese; siccome poi non era prudente far calcolo su grandi mezzi, così diventava necessario eliminare, per quanto possibile, le bocche inutili.

In tal modo, a misura che la marcia si fece più celere, si videro diminuire prima i domestici, poi i bagagli, poi i viveri, sinchè in ultimo si fu ridotti ad una tenda conica ogni dieci ufficiali, all’abolizione completa del bagaglio personale, e ad una razione viveri composta di sola carne e farina.


Era veramente curioso il sistema col quale procedeva il commissariato nei suoi contratti cogli indigeni.

Numerosi messi, spediti avanti e sui fianchi, spargevano la notizia del passaggio delle truppe ed indicavano il punto di fermata.

Gli indigeni accorrevano a frotte portando ognuno un sacco di farina o di avena, oppure trascinandosi dietro un bue od un montone.

In un punto qualsiasi del campo un agente del commissariato aveva steso a terra un larghissimo tappeto di tela cerata, e, ritto in piedi nel mezzo, colle tasche della giubba pieni di talleri, faceva cenno agli indigeni di avvicinarsi: gli indigeni, rattenuti a stento da un cordone di soldati, porgevano i sacchi: l’agente del commis[p. 20 modifica]sariato, pesato un sacco con una mano, gettava con l’altra uno o due talleri, e la tela cerata scompariva ben presto sotto immensi mucchi di farina, o d’avena.

Frattanto in un altro punto del campo un altro agente visitava, comperava e faceva abbattere buoi e montoni; e in meno di due ore le truppe potevano recarsi a ritirare le razioni.

I prezzi medii in siffatti contratti erano i seguenti: un tallero sette chilogrammi di avena, un tallero tre chilogrammi di farina, e da dodici a quindici talleri un bue: in tal modo la razione degli europei, scarsa com’era negli ultimi tempi, veniva a costare in moneta italiana L. 3,50 circa, e quella degli indiani L. 2,50.

Non è forse fuor di luogo il ricordare qui che l’unica moneta europea conosciuta ed accettata in Abissinia è il tallero di Maria Teresa col millesimo 1780; il governo inglese, non volendo imporre le sue sterline, aveva pensato di far coniare a Vienna migliaia e migliaia di quei talleri, e di distribuirli al corpo di spedizione per facilitarne sin dal principio le relazioni cogli indigeni: il guaio era che non c’erano spezzati, e che per la più piccola cosa s’era obbligati di spendere un tallero, ossia L. 5,50 della moneta nostra.

Appena iniziate le marcie di ritorno, si ritrovò subito l’abbondanza; e le truppe furono ampiamente risarcite degli stenti sofferti nella prima parte della campagna. Il riordinamento del corpo dei trasporti aveva prodotto i suoi benefici effetti, e s’eran potuti formare lungo la strada numerosi depositi di viveri e d’oggetti di vestiario: nelle stazioni principali s’erano stabiliti forni di campagna per la fabbricazione del pane: in quasi tutti i luoghi di tappa s’erano scavati pozzi: a Zula poi, e specialmente al Bazar, non c’era ghiottoneria che non si potesse avere.

C) Trasporti per terra.

Non appena fu decisa la spedizione, parecchie commissioni, composte ciascuna di un ufficiale d’artiglieria, un ufficiale del commissariato, ed un veterinario, furono mandate dall’Inghilterra sulle coste settentrionali d’Africa, in Asia Minore, in Italia, Spagna e Grecia coll’incarico d’acquistare muli e spedirli in Egitto, a due campi di deposito espressamente stabiliti ad Alessandria e Suez. [p. 21 modifica]

In pari tempo altre commissioni, composte come le precedenti, furono mandate sulle rive del Mar Rosso all’incetta di cammelli; ed altre ancora se ne formarono in India per radunare cavalli da basto, asini, buoi ed un piccolo numero di elefanti.

Per trasportare i quadrupedi dalle coste del Mediterraneo ad Alessandria d’Egitto furono spedite dall’Inghilterra sette navi a vapore: si fece un contratto colle ferrovie egiziane per il viaggio da Alessandria a Suez: e per il servizio del Mar Rosso furono noleggiate altre sei navi a vapore.

Mentre così si procedeva ad acquistare e raccogliere quadrupedi, il governo locale delle Indie stava attendendo alla creazione di uno speciale Corpo dei trasporti per terra o Land-Transport Corps. Dopo molta discussione fu deciso che questo corpo sarebbe stato alla dipendenza del commissariato, — che un maggiore di fanteria dell’esercito di Bombay ne sarebbe stato il comandante, — che si sarebbero formate divisioni di 2000 animali ognuna, — che ad ogni divisione sarebbero stati addetti un capitano, 2 subalterni, 4 ispettori, 20 primi capi-squadra, 80 secondi capi-squadra, ed un conducente per ogni due animali: — tutto il personale poi, eccetto gli ufficiali, doveva esser reclutato per la circostanza.

Come siasi proceduto a tale riguardo, è difficile saperlo esattamente; — si aprirono, a quanto pare, uffici di arruolamento ad Alessandria, al Cairo, a Suez, ed il corpo risultò composto dei peggio sfaccendati che si trovavano in Egitto tra gli indigeni e le colonie estere: quelli che sapevano borbottare qualche parola d’inglese e mostravano d’essere più svelti degli altri, furono subito creati ispettori o capisquadra, e tutto parve ben presto in ordine.

Ma era facile prevedere quali risultati avrebbe potuto dare un corpo reclutato in tal modo tra gente di tante nazionalità diverse, e privo affatto di qualsiasi ordinamento militare.

Alcuni dei conducenti, appena sbarcati al campo di Zula, trovarono conveniente di abbandonare le loro bestie e gettarsi nelle montagne ad attendervi il passaggio delle carovane; altri, più discreti, presero il congedo e si ridussero nel bazar al servizio dei commercianti; altri scapparono; i rimasti si trovarono, così, avere un numero soverchio di animali da custodire, e finirono per lasciarli quasi in abbandono. [p. 22 modifica]

Si cercò subito di por riparo a così gravi inconvenienti; e si decise infatti di congedare tutti i conducenti reclutati in Egitto, di chiamare in loro vece altrettanti Indiani, e di dare i posti d’ispettori a graduati di truppa. Ma questa riforma richiedeva tempo, e frattanto bisognava provvedere senza indugio al servizio dei trasporti.

È facile immaginarsi come potè procedere nei primi tempi questo servizio. La costanza, l’energia, la tenacità degli ufficiali inglesi trionfarono, poco alla volta, di tutto; ma la celerità stessa colla quale fu condotta la spedizione fece sì che i vantaggi del migliore ordinamento non si poterono apprezzare che nelle marcie di ritorno, come fu già accennato parlando del provvigionamento.

Le malattie e le morti dei quadrupedi salirono, nei primi tempi, a proporzioni inquietanti. Già sin dal principio, per un equivoco assai difficile a spiegarsi, erano giunti alla baia d’Annesley bastimenti carichi di muli, mentre non erano ancora stabiliti i condensatori per la produzione dell’acqua potabile: le povere bestie, appena sbarcate sulla spiaggia, si erano facilmente sottratte alla svogliata e scarsissima sorveglianza dei conducenti, per trascinarsi verso l’interno in cerca d’acqua e di cibo; ma, già spossate dalle fatiche del lungo viaggio, avevano ben presto finito per ammorbare col puzzo dei loro cadaveri le adiacenze del campo.

Le fatiche non interrotte, qualche cattivo modello di basto, la poca perizia dei conducenti, la quasi totale assenza di servizio veterinario, contribuirono anche più tardi e per un certo tempo, a mantenere lo stato sanitario dei quadrupedi in condizioni poco soddisfacenti.

Fatto sta che il numero d’animali che si dovettero provvedere per la spedizione fu quasi il doppio del previsto, e che il servizio dei trasporti usò e in gran parte consumò:

16000 muli;

6000 cammelli;

1600 cavalli;

1800 asini;

7000 bullocks;

44 elefanti. [p. 23 modifica]

D) Servizio sanitario.

Il servizio sanitario era prestato da medici militari inglesi ed indiani.

Quattro bastimenti ancorati nella baia di Annesle erano stati ridotti ad ospedali, tre per le truppe inglesi, uno per le indiane: il servizio, sia di biancheria, che di medicinali e di vitto vi era fatto senza riguardo alcuno di spesa, e portava quasi una certa impronta di lusso.

A terra ogni stazione principale di provvigionamento aveva un dato numero di tende destinate al servizio d’ospedale; v’erano inoltre le infermerie dei corpi, ugualmente stabilite sotto tende; quando poi un corpo si metteva in marcia, gli ammalati leggieri seguivano la colonna in lettiga oppure a dorso di mulo, e gli ammalati gravi erano mandati agli ospedali delle stazioni principali.

Allora però si verificava un inconveniente abbastanza grave: quello cioè che un ammalato doveva fare talvolta da quattro a cinque tappe per giungere all’ospedale, e che in questo frattempo correva rischio di morire per strada senza nemmeno vedere l’ombra di un medico o di una medicina, a meno che fosse abbastanza fortunato da incontrare un corpo di truppa in marcia.

Infermerie per quadrupedi non ve n’erano affatto, ed i cavalli o muli ammalati erano lasciati indietro ed affidati alle cure dei comandanti delle stazioni e dei luoghi di tappa.

Fortunatamente, grazie al clima saluberrimo degli altipiani, lo stato sanitario delle truppe fu sempre eccellente, e la media degli ammalati si mantenne entro limiti assai ristretti.

La mortalità fu minima: 156 uomini sull’intero corpo di spedizione, ossia neppure il 4 per 1000.

E) Servizio postale.

Tutte le corrispondenze che giungevano in Abissinia, o ne partivano, facevan capo all’ufficio postale della stazione di sbarco, incaricato di farle proseguire.

Tra la baia di Annesle, Suez ed i porti dell’India il servizio era [p. 24 modifica]fatto, dapprincipio, non direttamente ma per intercettamento. In altre parole un vapore partiva ogni settimana dalla baia d’Annesle, ed andava ad intercettare in un determinato punto del Mar Rosso i postali che facevano servizio tra Suez ed i porti dell’India.

Ma fallito più volte l’intercettamento, e mancato, per conseguenza, lo scambio delle corrispondenze, si stabilì ben presto un servizio diretto. Da allora in poi si ebbero ogni settimana nella baia di Annesle due partenze, una per l’Egitto, l’altra per le Indie, e due arrivi, l’uno dalle Indie, l’altro dall’Egitto.

Nell’interno il servizio di posta era fatto da appositi distaccamenti di cavalleria distribuiti lungo la linea di marcia, e tutto procedeva colla massima regolarità; una lettera impiegava tredici giorni tra l’Italia e la baia d’Annesle, e nell’interno viaggiava in ragione di 40 chilometri circa al giorno.

F) Telegrafo.

Questa celerità non poteva tuttavia bastare alle esigenze del comando in capo; e, per avere più rapide comunicazioni, si pensò di stabilire un servizio telegrafico tra la stazione di sbarco e gli altipiani lungo la linea di marcia delle truppe. Fu incaricata di tale servizio la compagnia dei Royal Engineers la quale, in tre mesi di lavoro, giunse a stendere circa 300 chilometri di filo spingendosi così a metà strada tra il mare e Magdalà.

G) Fotografia.

Il servizio di fotografia, pure affidato alla stessa compagnia, diede per risultato 78 quadri, tra vedute di punti caratteristici od importanti, e gruppi di ufficiali, soldati, ed indigeni.

H) Segnali.

I Royal Engineers erano incaricati anche del servizio dei segnali; consistevano questi in banderuole a varî colori, le quali, agitate e combinate in diverso modo, esprimevano l’uno o l’altro dei vocaboli o comandi militari di più frequente o più comodo uso, secondo un sistema adottato già dagli americani durante la guerra di secessione. [p. 25 modifica]

I segnalatori ebbero però ben poche occasioni di rendersi utili; una volta sola furono visti all’opera, e, precisamente, sull’altipiano di Talanta per trasmettere ordini ad un piccolo corpo di truppe incaricato di una ricognizione nella sottoposta valle del Bascilo. Non occorre dire che siffatto sistema di segnali sarebbe solo applicabile ad operazioni a distanza dal nemico, ed in terreno montuoso o assai scoperto.

I) Pozzi.

Di ben maggiore utilità furono i Pozzi scavati dai Royal Engineers coll’apparato Norton.

Questo apparato consiste in un tubo di ferro terminato a cono, che si introduce nel terreno e vi si fa penetrare fino a che vada ad incontrare la superficie dell’acqua: qualora il primo pezzo di tubo non sia abbastanza lungo, si avvita alla sua estremità superiore un secondo pezzo, poi un’altro e così via.

Quando finalmente il tubo ha incontrato l’acqua, questa vi penetra subito attraverso alcuni forellini praticati poco sopra il cono, e la stessa pressione naturale la fa salire in su: allora non rimane più che applicare al tubo un corpo di tromba.

Questo apparato Norton, come ben si comprende, non serve che in terreni leggieri e dove l’acqua si trovi a profondità non maggiore di nove metri; ma esso soddisfa pienamente alle esigenze ordinarie delle truppe in campagna: In taluni punti si trovarono pozzi già scavati dagli indigeni: ed i Royal Engineers, dopo averli allargati ed armati, applicavano loro un sistema di tromba che mi parve semplice e comodo. Consiste questo in un tubo di ghisa che si introduce nel pozzo sino a che l’estremità inferiore vada a pescare di qualche decimetro nell’acqua; dentro il tubo, per mezzo d’una ruota a manovella, vien messa in movimento una catena lungo la quale son fissati, di tratto in tratto, dischi metallici di diametro corrispondente all’ampiezza del tubo: l’acqua, spinta dai dischi, sale colla catena sino alla sommità del tubo e va a versarsi in un recipiente destinato a contenerla.

Questo sistema di tromba porta il nome di Patent Bastier’s Chain Pump. [p. 26 modifica]

H) Forni.

Un servizio che lasciò alquanto a desiderare fu quello dei forni di campagna: gli operai incaricati avrebbero forse potuto seguire fino ad un certo punto le truppe in marcia, oppure tener dietro a breve distanza e spedire innanzi il pane; ma le difficoltà dei trasporti si opposero a questo sistema, e successe così che, lasciata la prima stazione sull’altipiano, le truppe non ebbero più pane fresco se non nelle marcie di ritorno, e si dovettero accontentare, per tre mesi circa, di biscotto e ciupati, ossia stiacciate di farina impastata con acqua e poi abbrustolita.

Note

  1. Il costo totale della spedizione fu calcolato a 9 milioni e mezzo di sterline, ossia a circa 240 milioni di lire italiane.