La scuola moderna o sia la maestra di buon gusto/Atto II
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ATTO SECONDO
SCENA PRIMA1.
Rosmira e Doralba.
Rosmira. Ma degg’io?...
Doralba. Sì ben, dovete,
Stabilito che sia, farvi la sposa.
Rosmira. Pretenderete dunque
Della mia libertà farvi tiranna?
Ed io per compiacervi,
Dovrò sacrificarmi
Ad un uom così vecchio, e difettoso?
Doralba. Non avete giudizio,
Egli è ricco, e ciò basti;
Quest’è il solo pensier che tocca a noi.
Rosmira. Ma prendetelo voi.
Doralba. Io non cerco marito.
Rosmira. E pur Ergasto
Vi piacerebbe.
Doralba. A me? mi meraviglio.
Ma trovar non potria
Congiuntura2 migliore della mia.
Rosmira. Credo però, ch’ei non vi pensi punto.
Doralba. Casca morto di me.
Rosmira. Vi lusingate;
Altrove son diretti
I suoi sguardi, i sospiri,
E leggo nel suo volto
Ciò che gli sta nel cor.
Doralba. Brava di molto!
Ora non più parole:
Il mancargli sarebbe inconvenienza.
Rosmira. E perdere dovrò chi tanto adoro,
Per unirmi a costui? No, che il mio duolo,
Giunto allora all’eccesso,
M’ucciderebbe nel momento istesso.
Non voglio all’idol mio
Mancar di Fè giammai:
Ah, che chiudendo i rai,
Saprò adorarlo ancor.
L’ultimo estremo addio
Io gli darò morendo:
L’amo fedel, e intendo
Fido serbargli il cor. (parte
SCENA II.
Doralba sola.
Di Belfior ti vuò sposa, e liberarmi
Così d’una rival. Allor che Ergasto
Perduta abbia la speme,
Forse che gradirà di questo core
La viva fiamma, e il mio cocente amore.
Per me troppo è ingiusto amore,
Ma son dolci le sue pene,
E costante al caro bene
Vo’ serbargli3 fedeltà.
Vuol che peni questo core
Il rigor d’avverso fato;
Ma pietoso e alfin placato 4
Forse un dì si renderà. (parte
SCENA III5.
Galleria.
Drusilla e Lindoro.
Che quella mia cugina
Quasi pianger mi fa. Trovai Lesbino,
Parlai per essa, e par che sia pentito
D’aver promesso d’essergli marito.
Drusilla. Ei n’ha ragion: quel vecchio di Belfiore
Vuol maritar la figlia
Senza darle la dote. Al giorno d’oggi,
Credimi, non è in uso
Le figlie maritar per il bel muso.
Voglion esser quattrini in quantità.
Ricchezza e non beltà si stima adesso.
Un tempo il nostro sesso
Era più rispettato;
Ora sono le donne a bon mercato.
Lindoro. Io per altro fo stima
Di voi, non della dote.
Drusilla. Eh scioccarello,
Non diresti così, se tu provasti
Meco i giorni infelici:
Son la fame e l’amor due gran nemici.
Buon per noi, che il tuo zio
Fa il tuo negozio e il mio.
Lindoro. Sì, dite bene;
Credo sia doppia pena
Aver la sposa, e non aver da cena.
Drusilla. Vanne; mandami qua le mie ragazze.
Vuò divertirmi un poco,
Voglio farle cantar.
In tutto saggia e destra,
Ma nell’innamorar siete maestra.
Siete furba, siete scaltra,
Ne sapete più d’ogn’altra.
Chi lo sente, chi lo sa,
Bravo, bravo mi dirà. (parte
SCENA IV6.
Drusilla, poi Belfiore.
Certo l’accordo anch’io;
Ma si san contenere i spirti accorti
Più delle bocche strette e i colli torti.
Questo è lo stil ch’ho in uso:
Non domando, non dono, e non ricuso.
Belfiore. Si può venir? (di dentro
Drusilla. Padron, signor Belfiore;
Venga pur, mi fa onore.
Belfiore. Io non vorrei
Cotante cerimonie;
Vuò che andiamo alla buona,
Fra noi non ci è padrone, nè padrona.
Drusilla. Fo il mio dover. (fa una riverenza
Belfiore. Eh via con quest’inchini:
Io non stimo le smorfie, ma i quattrini.
Drusilla. E pur al giorno d’oggi
Le riverenze e i titoli
Più del disnar si stimano.
Vi son di quei che mangiano
A desinar pochissimo,
E si sazian col titol d’illustrissimo 7.
Illustrissimo di qua,
Illustrissimo di là,
Ma la fame li tormenta,
Ma si stenta, e non si sa.
Belfiore. Orsù, risoluzione.
Mi piace il vostro spirito;
Io non parlai per gioco.
Su, datemi la mano.
Drusilla. Adagio un poco.
Così tutto ad un tratto?
Vuò che prima facciam un qualche patto.
Belfiore. Dite su, che v’ascolto.
Drusilla. Sapete, io non ho dote.
Belfiore. Lo so, ma non importa.
Drusilla. Voi siete un po’ vecchietto.
Belfiore. Sì, ma senza difetto.
Drusilla. La morte può venire.
Belfiore. Tutti dobbiam morire. _
Drusilla. Ma se morite voi, che farò io?
Belfiore. Vi farò donazion di tutto il mio.
Drusilla. Va ben, ma dopo morte
Non la potrete far; fatela adesso.
Belfiore. Gran drittura del sesso!
Dunque tutto interesse è il vostro amore?
Drusilla. Caro signor Belfiore,
La donna ama ed apprezza
O gioventù, o ricchezza;
Se giovine non siete,
Senza che parli più, voi m’intendete.
Belfiore. Cara, avete ragione,
Vi farò donazione,
Tutto a voi lascierò l’argento e l’oro.
Drusilla. (Ed io lo goderò col mio Lindoro).
Belfiore. Ma chi è quella fanciulla,
Drusilla. È una una brava scolara,
Che oltre il ricamo, anche la solfa impara.
Belfiore. Voi gl’insegnate il canto?
Drusilla. Sì signor, sì signor.
Belfiore. Siete un incanto.
SCENA V.
Lauretta e detti, poi Ninetta.
Drusilla. Cara la mia Lauretta,
Cantatemi un’arietta;
Su via, fatevi onore
Alla presenza del signor Belfiore.
Belfiore. Sì, la mia ragazzotta,
Cantate con bravura.
Drusilla. Che poi vi donerà qualche freddura.
Lauretta. Signore, io non ne so;
Farò quel che potrò.
Professore non son, ma dilettante,
E sono principiante.
E poi farò con voi la scusa usata:
Io non posso cantar, son raffreddata.
Lungi da questo core,
Barbaro ingrato amore;
Fuggo gli acuti strali,
Pace sol bramo al cor.
So che l’amor tiranno
Solo è cagion d’affanno;
No, che provar non voglio
D’un barbaro il rigor.
Belfiore. Brava, brava, fanciulla!
Vi vorrei regalar, ma non ho nulla.
Lauretta. Signor, io vi ringrazio.
Ma quando sarò grande,
Vorrò esser al certo ben pagata.
Belfiore. Canta assai di buon gusto;
Con il tempo farà di gran fortune.
Drusilla. Eh signor, con il canto
Può far poca fortuna:
Se non avrà bel viso,
Se non sarà vezzosa ed avvenente,
Tutta la sua virtù non varrà niente.
Belfiore. E questa piccinina
Che cosa vien a far?
Drusilla. Canta ancor ella,
Ed ha spirito molto.
Belfiore. Oh questa è bella!
Nlnetta. Son qua; che mi comanda
La signora maestra?
Drusilla. Io bramerei
Che mi diceste un’aria
Col suo recitativo.
Ninetta. Volentieri,
Io non sono di quelle
Che si fanno pregar; sappia o non sappia,
Sol d’obbedir mi vanto.
Voi volete che canti? ed io vi canto.
Belfiore. Oh che spirto! oh che spirto!
Canta anch’essa il contralto?
Ninetta. Io son soprana,
Per servirla, signor.
Belfiore. Pare una rana.
Drusilla. Animo, in positura.
Ninetta. Eccomi pronta a far la mia figura.
Idolo mio diletto,
Ardo per te d’affetto;
Per te, dolce tesoro,
Ahimè! così tiranno.
Tu non curi il mio duol, sprezzi l’affanno?
Ma vanne, alma crudele,
Va tra le belve ircane,
Furia, barbaro, cane.
Stelle, che mi conforta?
Ahi che pena! che duolo! ahimè, son morta.
Ma qual morte è la mia?
Morir per un amante è gran pazzia.
Meglio, mi par, sarebbe
Vivere un poco ancora,
E gli uomini mandar alla malora.
Che bel contento,
Che bel diletto,
Senza il tormento
Che crucia il petto,
Goder in pace
La libertà!
Chi vive amante,
Pena e sospira;
Chè un cuor costante
Più non si dà.
Belfiore. Evviva, evviva! io vi prometto e giuro,
Che ricchezze farà; ne son sicuro.
Drusilla. Ed io vi torno a dire,
Come di sua sorella,
Che ricchezze farà, se sarà bella.
Belfiore. Pur troppo è ver; nel mondo
V’è questo pregiudizio,
Che più della virtute alletta il vizio.
Drusilla. Se volete sentir...
Belfiore. Per dirvi il vero,
Piaccionmi le ragazze e il loro canto;
Ma più assai mi consolo
Drusilla. Ma sì presto, signor...
Belfiore. Via, conclusione.
Andiamo a far rogar la donazione.
Drusilla. Vengo subito, andiamo.
Ragazze, qui restate anche un pochino:
Divertitevi pur per il giardino.
(Mi preme di tirar il vecchio in rete).
Signor, quando volete.
Belfiore. Eccomi pronto;
Se Drusilla è mia moglie, oh me beato! (parte
Drusilla. Chi non si sa aiutar, muore annegato. (parte
SCENA VI.
Lauretta e Ninetta.
Ninetta. È meglio che cantiamo.
Lauretta. E che cosa cantar?
Ninetta. Qualche duetto.
Lauretta. Senza compagnatura?
Ninetta. E cosa importa?
Noi siam ragazze alfine,
E vi sarà qualche virtuosa vecchia
Che mostra di saperne, e canta a orecchia.
Lauretta. Dunque a orecchia cantiamo.
Chi ci sente, lo sa; non ne sappiamo.
Spietato, oh dio! non tanto rigor.
Oh dio! che pena, che rio dolor!
Non v’è più crudele, crudele, di te;
Non v’è più fedele, più fido di me.
Va tra l’ircane belve, barbaro traditor;
Va tra le crude belve, esercita il tuo rigor.
Intanto io vado, io vado a morir. (parte
SCENA VII.
Camera in casa di Doralba.
Rosmira, Doralba, e poi Ergasto.
Belfior per vostro sposo?
Rosmira. Sempre farò così.
Doralba. Se lo perdete,
Lieta nel suo dolor voi non sarete.
Rosmira. Esercitate meco
La vostra crudeltà; non mi spaventa.
Mi chiuderò dentro un romito albergo,
Abbraccierò la morte,
Pria che prender Belfiore per consorte.
Dove sei, madre mia?
Se tu vedessi come
Si tratta la tua figlia abbandonata!
Ergasto. Vengo, o Doralba... Ma perchè Rosmira
Versa pianto, e sospira?
Doralba. Già sposa di Belfiore,
Piange solo perchè lasciar mi deve.
Rosmira. Anzi...
Doralba. Non più.
Ergasto. Rosmira,
Consolatevi pur.
Rosmira. Ch’io mi consoli?
Come farlo poss’io,
Se perdo..?
Doralba. Or via, partite,
E tanta debolezza nascondete.
Rosmira. Partirò, ma contenta non sarete. (parte
SCENA VIII.
Doralba ed Ergasto.
L’affanno dì Rosmira: all’aborrito
Imeneo di Belflior voi la sforzate.
Ah, perchè la negate
A me che sì l’adoro? Ah sospendete...
Eccomi al vostro piede.
Doralba. Oh Dio, sorgete.
(Intenerir mi sento).
Ergasto. Sospendete, o signora,
Per qualche tempo almen questi sponsali.
Questa grazia dimando.
Doralba. (Ei mi ricerca
Rosmira in guisa tal, che più non posso
A lui negarla). Io sentirò Belfiore;
S’egli sarà contento
Di cedervi Rosmira, allora (oh Dio 1
Dirlo non so) sarò contenta anch’io.
Ergasto. Qual ricompensa mai...
Doralba. Potevi del mio core...
Basta... nol so... sempre fu cieco amore.
Ergasto. Ma, Doralba, perdona;
Par che dagli occhi scenda
A te furtivo il pianto.
Che t’affligge? che fia?
Doralba. Nol so, ma sento
Un’incognita forza
Che a lagrimar m’astringe. Io non vorrei,
In vece di dolore,
Che fosse il pianto mio pianto d'amore.
Se lagrimar mi vedi,
Pianto sarà d’amore;
Ma rende a me piacer.
Celar mi sia permesso
Quel che nascondo in seno.
(Ei m’intendesse almeno,
Che allor gradir mia fiamma
Sarebbe il mio piacer). (parte
SCENA IX.
Ergasto solo.
Or mi diventa cara,
Se mi cangi in piacer la pena amara.
In questo sen contento
Sento brillare amor,
E il languido mio cor
Ritoma in pace.
Dopo un crudel tormento,
Dopo il più rio penar,
La calma ritrovar
Consola e piace. (parte
SCENA X.
Drusilla, poi Belfiore.
Benedetto notaro!
Fatt’ha la donazione a modo mio.
Crede Belfior che serva
Sol dopo la sua morte, ed io, se voglio,
Con questa donazion oggi lo spoglio.
Noi donne ne sappiam più assai del diavolo.
Belfiore. Dove siete, Drusilla?
Dove mai vi cacciate?
Sul più bel m’impiantate?
Drusilla. Eccomi qua.
Belfiore. Non mi fate penar, per carità.
Drusilla. Ma da me che volete?
Belfiore. Cara, voi lo sapete,
Stringervi fra le braccia
Col nodo marital. La donazione
Fatta per questo v’ho.
Drusilla. (Quanto è minchione!)
Per far i matrimoni
Vi voglion testimoni,
Altre solennità voglionvi ancora.
Non si può far per ora.
Belfiore. Ed io mi sento
Struggere per la pena ogni momento.
Drusilla. Cancaro! siete vecchio,
Ma avete del gran foco!...
Siate più buono, ed aspettate un poco.
Belfiore. Ma se aspettar non posso;
Ma se ho l’inferno addosso;
Se mi sento abbruciar...
Drusilla. Uh poverino!
Acqua fresca, acqua fresca.
Belfiore. Eh, vi vuol altro.
Drusilla. E che mai vi vorria per consolarvi?
Belfiore. Stringere il matrimonio, ed abbracciarvi.
Drusilla. Voi mi amate dawvver?
Belfiore. Crepo per voi.
Drusilla. Sospirate per me?
Belfiore. Divento matto,
Smanio, peno, deliro.
Belfiore. Ma voi per me che fate?
Mi amate, o non mi amate?
Drusilla. Io mi dileguo
Come la neve al sol, la cera al foco;
Mi sento a poco, a poco,
Mancar il cor nel petto.
Caro il mio bel vecchietto,
Amo, credete a me;
Peno anch’io per amor (ma non per te).
Belfiore. Dunque, se voi mi amate ed io vi adoro,
Che facciamo noi qui belli e impalati?
Eh andiam.
Drusilla. Dove?
Belfiore. A sposarci.
Drusilla. È ancora presto.
Belfiore. Creperò, se si tarda.
Drusilla. (Il Ciel volesse!)
Belfiore. Ohimè! non posso star, convien che vada.
Drusilla. Vadi, signor (e crepi per la strada).
Belfiore. Visetto bello, amabile,
Ohimè! non posso più.
Mi sento venir su
Un certo non so che;
Vorrei, mio ben, con te;
So che m’intendi già.
La pena mia insoffribile
Più tollerar non so;
Via, cara, se si può,
Via, ditemi di sì;
Più vivere così
Belfiore non potrà. (parte
SCENA XI9.
Drusilla, poi Leonora, poi Belfiore.
Come i vecchi da noi trattati sono.
Finché godete il dono
Di bella gioventù, sposa cercate:
Che se voi aspettate
A maritarvi con il pel canuto,
Piangerete il bel tempo invan perduto.
Leonora. Eh, signora maestra mia padrona,
Favorisca di grazia. Ho inteso dire
Un certo non so che. Di sincerarmi
Son venuta a pregarla.
Drusilla. Io son pronta, signora, a sincerarla.
(Questa frasca mi punge).
Leonora. Un certo fatto
Raccontato mi fu, ma non lo credo.
Diconmi 10 che mio padre,
Senza alcuna ragione,
Faccia a lei donazione;
Ma ciò creder non puote il mio pensiero.
Drusilla. Eh lo creda, lo creda, è vero, è vero.
Leonora. Come? dispone il padre
Con danno della figlia?
Chi a far ciò lo consiglia?
Drusilla. Il proprio core.
Leonora. Dite piuttosto il vostro finto amore.
Tutto so, signorina;
Ma innanzi domattina
Domanderò giustizia,
Scoprirò la malizia,
Lui fingendo d’amar, ama Lindoro.
Drusilla. Non è vero, mentite;
Non fingo, come voi, semplicità.
Ma il padre lo saprà;
Saprà che quel visetto modestino,
Fingendo amar la scola, ama Lesbino.
Leonora. Tutta vostra bontà: son fatta destra
Sotto l’abilità di tal maestra.
Drusilla. Povera semplicetta!
Tu ne sai più di me.
Leonora. Ma io non rubo
La roba altrui, per far la mia fortuna.
Drusilla. A me questo? Cospetto della luna!
Io non so chi mi tenga
Non ti faccia provar lo sdegno mio
Con queste mani.
Leonora. Eh, ho le mani anch’io.
Drusilla. Temeraria, insolente,
Sfacciata, impertinente:
a or prendo un bastone.
Leonora. Ma tagliata sarà la donazione.
Drusilla. Questo non sarà mai.
Leonora. Dimani lo vedrai.
Drusilla. Ed io ti scannerò11 pria di domani.
Leonora. Alto vi dico, che ho ancor io le mani.
Drusilla. Petulante, sfacciatella.
Leonora. Assassina, menzognera.
(a due Sì, mi voglio vendicar.
Belfiore. Alto, alto, pazzarella.
Drusilla. Venga qua, signor Belfiore.
Leonora. Signor padre, ascolti me.
Drusilla. Sposo amato.
Leonora. Genitore.
Drusilla. Quella vostra figliolina...
Leonora. Quella sposa modestina...
Drusilla. Vi schernisce.
Leonora. Vi tradisce.
(a due Ve lo giuro in verità.
Belfiore. Ahi, che sento! che sarà?
Dimmi tu, ma come è andata? a(Leonora
Drusilla. Tutto, tutto io vi dirò.
Belfiore. La mia figlia è innamorata? (a Drusilla
Leonora. Tutto, tutto io scoprirò.
Belfiore. Maledette, state zitte,
Nulla intendo, e nulla so.
Drusilla. Voglio dirvi...
Leonora. Dir volea...
Belfiore. Oh che imbroglio! Più non voglio
Con due pazze delirar12.
Drusilla. Qua venite...
Leonora. Qua sentite...
Belfiore. Siete pazze da legar13. ‘
(a tre Che dispetto - che ho nel petto 14!
Mi potessi almen sfogar!
Fine dell’Atto Secondo.
Note
- ↑ Questa scena e la seguente mancano nella Maestra di scola.
- ↑ Fenzo: congiontura.
- ↑ Zatta corregge: Serbo ognora.
- ↑ Zatta: Ma pietoso, ma placato.
- ↑ Questa scena è divisa in due nella Maestra scola, come si vede nell’Appendice.
- ↑ Vedi il principio e la fine di questa scena nella Maestra di scola, in Appendice.
- ↑ Fenzo: di Lustrissimo.
- ↑ Il principio di questa scena fu conservato nelle Maestra di scola, atto II, sc. 9.
- ↑ Il principio di questa scena fu conservato nella Maestra di scola (Verona, 1749). atto II, cc. 4; e il resto, con lievi varianti, nell’ultima scena dello stesso atto.
- ↑ Ed. di Verona: Dicono.
- ↑ Ed. Verona: schiaffarò.
- ↑ Ed. Verona: contrastar.
- ↑ Nel testo: ligar.
- ↑ Ed. Verona: Sento in petto.