La Cassaria (versi)/Atto quarto

Atto quarto

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Atto terzo Atto quinto
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ATTO QUARTO.




SCENA I.

VOLPINO.


Tante contrarietà, tanti infortunii,
Miser Volpin, da ogni lato ti assagliono,
Che potrai dir, se te ne sai difendere,
Che sei buon schermidor. O fortuna invida,
Come sempre con gli occhi intenti e vigili
Stai a mirar ciò che disegnan gli uomini,
Per côrre il tempo ove possi interromperli!
Con quanto affaticar, con quanto avvolgere
E stillar di cervel, già più di quindici
Giorni, ricerco, discorro e fantastico,
Con che arte io possa di mano a Crisobolo
Levar il prezzo da comprar la femmina;
O come io ciurmi e giunti questo Lucramo,
Sì che la lasci senza farci spendere!
Con che disir, con che sollecitudine
Aspettavamo il giorno, che partendosi
Dalla terra il patron, ci desse comodo
Di far l’uno o l’altro! Ecco partitosi
È il patron oggi; ecco ordita l’astuzia
Centra il ruffiano, chè se gli è la giovane
Tolta senza danari: or, quando tessere
Ce la crediam, chè poche fila restano,
Ecco alla posta fortuna malivola
Che fa in un tratto, io non so donde, nascere
Gente che ce la lieva. Aver parevaci
Provvisto e occorso1 a tutti li contrarii:
A questo nè provvisto nè pensatoci
Avevam pur. Il che non è per nuocere
Ad Erofilo sì nei desiderii,
Piaceri ed amor suoi, come nell’utile,
E in quel che sì gl’importa, che lasciandolo
Perir, potría di ricco farsi povero.
Egli è sì intento a investigar dove abbiano

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Costei condotta, che non dà audienzia
A cosa ch’io gli dica. In van ricordogli
Che vada al capitano di giustizia
A querelarsi, come fu il nostro ordine;
E che non lo facendo o differendolo,
Non è a minor pericolo di perdere
La cassa, che perduta abbia la giovane:
E forse riaver un dì la giovane
Potría, ma non la cassa, se dà spazio
Pur questa notte al ruffian di portarsela.
La qual cosa, oltra che serà certissima
Sua ruina e del padre, e sua ignominia,
Si susciterà contro una perpetua
Guerra in casa, e serà cagion ch’io misero
Mi marcisca in prigione, e che continua-
mente sia consumato in pene e strazii.
Oimè! forse anco mi saprei difendere
Da questa avversità, benchè gravissima,
Se un poco avessi a pensarci più termine,
Sol tanto ch’io potessi in me ricogliere
Lo spirto: ma da un lato sì mi stimula
Il timor che ’l ruffian le some carichi
Questa notte; dall’altro, che Crisobolo,
Che mi par tuttavía di veder giungere,
Non sia qui all’improvviso, e in guisa m’occupi,
Che non mi lasci pur tempo di avvolgermi
Un laccio al collo e dar de’ calci all’aria.
Or ora ho inteso da un servo di Pontico,
Che vien dal molo, che molti navilii
Son ritornati e tuttavía ritornano
Per li venti da mar, che non li lasciano
Uscir del porto e in terra li ricacciano.
Ma che lume veggo io venir? Dio, aítami,
Che non sia il vecchio! Oimè! gli è senza dubbio
Il vecchio, gli è il patrone, gli è Crisobolo.
Tu sei morto, Volpin: che farai, misero?
Misero, che farai? A chi ricorrere,
A chi voltar mi debbo? ove nascondere,
Ove fuggir, ove mi posso subito
Precipitar, e levar dai supplicii
Che veggo questa notte apparecchiarmisi?


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SCENA II.

CRISOBOLO, VOLPINO.


Crisobolo.Non mi debbe già increscer che vietatomi
M’abbia questo mal tempo d’ire a Procida.
Volpino.(A tuo figliuolo e a me ben ha da increscere.)
Crisobolo.Chè del restar, ancorchè volontario
Non fu, ho più guadagnato, che partendomi
Non avrei fatto.
Volpino.                            (Se guadagno o perdita
Ci sia, te n’avvedrai.)
Crisobolo.                                      Perchè al discendere
In terra ho trovato uno che già dodici
Anni non vidi...
Volpino.                         (Deh, perchè il medesimo
Non abbiam noi fatto di te?)
Crisobolo.                                                  E credevolo
Morto. Cento saraffi in Alessandria
Prestáigli; e tante merci, che valevano
Dugento, diegli per un anno a credito:
Poi poco appresso egli fallì, e credevomi...
Volpino.(Fallito ho io.)
Crisobolo.                         Di mai non ne riscuotere
Un grosso. Egli m’ha detto che in Arabia
È stato e in India...
Volpino.                                   (Farían per noi simili
Padroni, che così lontano andassino,
Ch’a ritornar tardassin gli anni e i secoli.)
Crisobolo.E ch’egli è fatto ricco; e dipartitici
D’insieme noi non siam, che numeratomi
Ha cento ottanta ducati, e promessomi
Di dare il resto, come si finiscano
Alcune merci ch’egli ha fatto mettere
Oggi in dogana: e mentre che indugiatici
Siamo a parlar di quelle cose incognite
A noi di qua, si è fatto notte, e l’aria
Oscura e buja.
Volpino.                          (Ah vile e pusillanimo
Volpino! ov’è l’audacia, ov’è l’industria,
Ov’è l’ingegno tuo? Tu del navilio
Siedi in poppa al governo, e vorrai essere

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Il primo a sbigottirti di sì picciola
Tempesta? Caccia ogni timore, e mostrati
Quel Volpino medesimo, che solito
Sei di mostrarti negli altri pericoli.
Truova le antique astuzie, e ponle in opera
Qui, dove ha di bisogno più, che avessino2
In altra impresa mai.)
Crisobolo.                                     Gli è senza dubbio
L’ora tarda.
Volpino.                       (Anzi l’ora è senza dubbio
Più presta che ’l bisogno e ’l desiderio
Nostro non era... anzi non potea giungere
Più a tempo. Venga, venga pur, che acconciomi
Son con la tasca,3 ed un giuoco apparecchioli
Di bagattelle, il più bello e mirabile
Che si vedesse mai.)
Crisobolo.                                 Poichè vietatomi
Ha il tempo ch’oggi non sono ito a Procida,
Ir non vi voglio più: farò con lettere
Il medesmo, e saràmmi a maggior utile
Il rimaner.
Volpino.                  (A noi sarà il contrario.)
Crisobolo.Perchè lasciar la mia roba in custodia
De’ fattori e famigli, è con pericolo;
Volpino.(Gli è stato un poco tardo ad avvedersene.)
Crisobolo.Massimamente ove si truovi un prodigo
Figliuolo, quale è il mio, che non si sazia
Mai di voler mattino e sera a tavola
Compagni, e non gli basta l’ordinario:
Di ciò ch’è in piazza di buono da vendere,
Costi quel che si vuol, vuol che si comperi.
Volpino.(Se questa volta fatto non avessimo
Altro che pasti, avresti a contentartene.)
Crisobolo.Ma così è stato il mio ritorno subito
A questa volta, che se avrà avuto animo
Di far alcun disordine, mancatogli
Sarà il tempo.
Volpino.                        (Te ne potrai accorgere

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Tosto: se fossi corso più che cervio,
Non so se a tempo anco potevi giungere.
Ma che cesso io a cavar le pallottole,
E non comincio a far il giôco?) Ah miseri,
Ah sciagurati noi!
Crisobolo.                                Quel mi par essere
Volpino mio.
Volpino.                       O città piena d’insidie,
Piena di ladri e di tristi!
Crisobolo.                                        Dio, ajutami.
Volpino.O pazzía d’imbriaco, o negligenza
Di manigoldo!
Crisobolo.                         Che cosa è?
Volpino.                                             Di che animo
Sarà il patron come n’abbia notizia!
Crisobolo.Volpin!
Volpino.             Ma ben gli sta: vada or, confidisi
Più in un gaglioffo, che nel figliuol proprio.
Crisobolo.Io tremo e sudo che qualche infortunio
Non mi sia occorso.
Volpino.                                 Lascia le sue camere,
Piene di tanta e tanta roba, in guardia
D’una bestia insensata, che lasciatele
Ha aperte tutto oggi, e mai fermatosi
Non è in casa.
Crisobolo.                         Volpin!
Volpino.                                      Se non la trovano
Questa notte, è spacciata.
Crisobolo.                                           Volpin, fermati.
Volpino.Ruinato è il patron.
Crisobolo.                                  Più tosto secchiti
La lingua, che sia ver. Volpino!
Volpino.                                                       Sentomi
Chiamar.
Crisobolo.               Volpino!
Volpino.                              Oh, gli è il patron!
Crisobolo.                                                          Che gridi tu?
Volpino.O patron mio!
Crisobolo.                          Che cosa c’è?
Volpino.                                                  Vô credere...
Crisobolo.Che c’è di mal?
Volpino.                           Che Dio t’ha per miracolo...

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Crisobolo.Che cosa c’è?
Volpino.                         Fatto tornar...4
Crisobolo.                                                  Su, narrami:
Che male è intervenuto?
Volpino.                                           Appena cogliere
Posso il fiato.
Crisobolo.                        C’hai tu?
Volpino.                                        Ma or veggendoti,
Comincio a respirar. Non sapea, misero!
A chi voltarmi.
Crisobolo.                         Di chi ti rammarichi?
Volpino.Morto era.
Crisobolo.                  Di che mal?
Volpino.                                        Ora risuscito,
Ch’io ti veggo, patron.
Crisobolo.                                        Che c’è?
Volpino.                                                      Nè perdere
Posso più la speranza...
Crisobolo.                                          Or di’ su, spacciala:
Che cosa c’è?
Volpino.                         Che tu non la recuperi.
Crisobolo.Che vuoi tu ch’io recuperi? Che diavolo
C’è? Nol posso oggi...
Volpino.                                      O patron!
Crisobolo.                                                       Da te intendere?...
Volpino.Il tuo servo.
Crisobolo.                      Che servo mio?
Volpino.                                                Il tuo Nebbia...
Crisobolo.C’ha egli fatto?
Volpino.                            T’ha fatto grandissimo
Danno.
Crisobolo.             C’ha fatto?
Volpino.                                   Tel dirò; ma lasciami
Un poco riposar, ch’altro che correre
Non ho fatto tutt’oggi, e appena muovere
Mi posso, ed ho difficoltade a esprimere
Le parole.
Crisobolo.                            Dinne una sola, e bastami:
C’ha egli fatto?
Volpino.                            Per sua trascuraggine

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T’ha ruinato.
Crisobolo.                       Finisci d’uccidermi;
Non mi tener, manigoldo, più in transito.5
Volpino.Egli ha lasciato rubar della camera...
Crisobolo.Che ha lasciato rubar della camera?
Volpino.Patron, di quella ove tu dormi proprio,
Della quale a lui solo hai consegnate le
Chiavi, la qual così raccomandatagli
Avevi...
Crisobolo.               Che cosa è della mia camera
Stato rubato? Dillo a un tratto, spacciati.
Volpino.La cassa.
Crisobolo.               Cassa?
Volpino.                            Quella che quei giovani,
Credo che sian Fiorentini, vi posero.
Crisobolo.Quella?
Volpino.             Quella.
Crisobolo.                          Oimè! quella che ho in deposito?
Volpino.Di’, che già avevi; ch’or non l’hai più.
Crisobolo.                                                                 Ah misero,
Ah più d’ogn’altro infelice Crisobolo!
Or esci della terra, e lascia in guardia
La tua casa a poltroni, a pazzi, a ebrii,
A gaglioffacci, impiccati! Potevola
Così lasciare in guardia a cotanti asini.
Volpino.Se la cantina ritrovi in disordine,
Di che la cura hai data a me, gastigami,
Patron, e fammi patir quel supplicio
Che vuoi: ma c’ho a far io della tua camera?
Crisobolo.Ecco discrezïone del mio Erofilo!
Così ha pensier, così sollecitudine
Delle mie cose e sue! Questo è l’ufizio
Di buon figliuol?
Volpino.                                Nè lui anco riprendere
In questo dêi. Che può far meglio un giovane,
Che suo padre imitar? Se tu del Nebbia
Non men ti fidi che di te medesimo,
Perchè a fidar non se n’ha anche egli, e credere,
Come credevi ancora tu, che assiduo

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Star dovesse alla cura e alla custodia
Delle tue cose; non, tosto che vôlto gli
Abbi le spalle, partirsi, e la camera
Lasciar aperta?
Crisobolo.                         Son disfatto. Oh povero,
Oh ruinato me!
Volpino.                         Patrone, pigliaci.
Tanto ch’è fresco il mal, qualche rimedio.
Poich’io ti veggo qui, non voglio perdere
La speranza che tosto non ricuperi
La cassa6 tua; e ben credo che t’ha Domene-
dio fatto a tempo tornar.
Crisobolo.                                        Hai vestigio,
Hai traccia su la qual mi possi mettere
Per ritrovarla?
Volpino.                           Tanto travagliatomi
Son oggi, e tanto son ito avvolgendomi
Di qua e di là, come un bracco, che credo di
Saper mostrar dove sia questa lepore.7
Crisobolo.Perchè non me l’hai già detto, sappiendolo?
Volpino.Non dico ch’io lo sappia certo; dicoti
Ch’io credo di saperlo.
Crisobolo.                                        A chi hai tu l’animo
Che l’abbia tolta?
Volpino.                              Tel dirò: ma tirati
Un po’ in qua; più ancora un poco; scostati
Da quella porta in tutto.
Crisobolo.                                        Di chi temi tu
Che possa udirci?
Volpino.                            Di colui ch’io dubito
Che l’abbia avuta.
Crisobolo.                              È sì appresso, che intendere
Ci possa?
Volpino.               È in questa casa, la qual prossima
Hai da man destra.
Crisobolo.                                Tu credi che toltala
Abbia questo ruffian che qui dentro abita?
Volpino.Lo credo, e ne son certo.

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Crisobolo.                                            Ma che indicio
N’ha tu?
Volpino.                Non pur io n’ho indicio, ma dicoti
Ch’io n’ho certezza. Ma, per dio, non perdere
Tempo in voler ch’io narri con che industria,
Con che fatica, con che arte a notizia
Ne sia venuto; ch’ogni indugio nuocere
Ti potría troppo: perchè ti certifico
Che ’l tristo s’apparecchia di fuggirsene
All’alba, tosto che le porte s’aprano.
Crisobolo.E che ti par ch’io faccia? Tu consigliami;
Che m’ha questo improvviso caso e subito
Sì oppresso, che non so dove mi volgere.
Volpino.Io ti consiglio che tu faccia intendere
Or ora al capitano di giustizia,
Che la cassa ti manca, e che involatati
L’ha questo tuo vicin ruffiano; e pregalo,
Che mandi teco il bargel, perchè entrandovi
Súbito in casa, e non gli dando spazio
Che fuggir possa o la cassa malmettere,
Sei certo di trovarla.
Crisobolo.                                   Ma che indicio
Di ciò gli posso dar? che prova fargline?
Volpino.Essendo egli ruffiano, non dà indicio
Chiaro, che sia anco ladro? E poi, dicendolo
Tu, non t’ha il capitano più da credere
Che non avría a dieci altri testimonii?
Crisobolo.S’altro indicio non c’è, siamo a mal termine.
A chi più dànno i gran maestri credito,
Che a gli ruffiani e a’ tristi? chi dileggiano,
Di chi si fan più beffe, che degli uomini
Dabbene e costumati? A chi più tendono,
Che a’ mercatanti e pari miei, l’insidie,
Ch’avemo nome d’esser ricchi?
Volpino.                                                      Lasciami
Pur venir teco, chè ben tali indicii
E conjetture gli darò, che credere
Ci potrà, le quai lascio, per non perdere
Tempo, d’ora narrartele. Affrettiamoci
Pur, e studiamo il passo, acciò indugiandoci
A dir parole, non dessimo spazio
Al ruffian di fuggire, o di nascondere

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Le robe altrove.
Crisobolo.                            Andiamo ora. Deh! fermati,
Ch’un’altra via mi s’appresenta, e vogliola
Pigliar.
Volpino.             Qual’altra miglior potrebb’essere
Di questa, e più sicura?
Crisobolo.                                          Vien qui, Nespolo;
Va sino a casa di Critone, e pregalo
Da parte mia, che a me qui venga subito,
E meni seco il fratello e suo genero,
Se v’è, alcun altro delli suoi: ma affrettali
Che vengan ratti: io qui gli aspetto. Spacciati,
Vola.
Volpino.          Che ne vuoi far?
Crisobolo.                                    Che testimonii
Mi sien qua dentro, ove entrar mi delibero
Senza aspettar bargello, e sopraggiungere
Improvviso al ruffiano, e ritrovandoci
La cassa, senza altrui mezzo, pigliarmela;
Chè ovunque io trovo la mia roba, è licito
Ch’io me la pigli. S’a quest’ora andassimo
Al capitano, so che vi andaressimo
Indarno: o che ci farebbe rispondere
Che volesse cenare; o ci direbbono
Che per occupazioni d’importanzia
Si fosse ritirato.8 Io so benissimo
L’usanze di costor che ci governano;
Che quando in ozio son soli, o che perdono
Il tempo a scacchi, o sia a tarocco o a tavole,
O le più volte a flusso e a sanzo,9 mostrano
Allora d’esser più occupati. Pongono
All’uscio un servidor per intromettere
Li giocatori e li ruffiani, e spingere
Gli onesti cittadini in dietro, e gli uomini
Virtuosi.
Volpino.               Se gli facessi intendere
Che tu gli avessi a dir cose che importano,

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Non crederei che ti negasse audienzia.
Crisobolo.E come si potría farglilo intendere?
Non sai, come gli uscieri ti rispondono?
— Non se gli può parlar. — Fàlli, di grazia,
Saper ch’io sono qui di fuor. — Commessemi
Ch’io non gli fêssi imbasciata.10 — Rispostoti
C’hanno così, non bisogna che replichi
Altro. Sì che, serà meglio ch’io proprio,
Senza altri mezzi, entri qua dentro e piglimi
Le cose mie; ma pur ch’elle vi sieno.
Volpino.Vi sono senza dubbio alcun: sì che entravi
Sicuramente, e pensato hai benissimo.
Crisobolo.Intanto che aspettiam Critone, narrami,
Fammi saper, come sai che involatami
Abbia la cassa il ruffiano, e che indicio
N’hai tu.
Volpino.                Saría a contarlo lunga istoria,
Nè ci sarebbe tempo. Facciamo opera
Pur di recuperarla; chè più comoda-
mente ti farò il tutto ad agio intendere.
Avrem tempo a bastanza.11
Crisobolo.                                             O non potendomi
Pur dire il tutto, dinne parte.
Volpino.                                                  Possovi
Cominciar, ma non già finir.
Crisobolo.                                                  Avrestine
Già detto un pezzo.
Volpino.                                   Poichè pur sei d’animo
Ch’io te lo dica, tel dirò. (Che diavolo
Gli dirò?)
Crisobolo.                   Non rispondi?
Volpino.                                            Sto in gran dubbio
Che non tardi Criton troppo, e dia comodo
Al ruffian di nascondere e malmettere
Le robe. Meglio è ch’io vada e solliciti
Che vengan ratti. (Vorrei pur con frottole
Tenerlo a bada finchè comparissero
Costor).

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Crisobolo.              Non andar, no; non credo indugino
Più troppo. Dimmi: steste ad avvedervene
Molto, dipoi che fu rubata?
Volpino.                                              Uditemi,
Chè vel dirò, se pur volete intenderlo.
Desinato avevamo, ed era Erofilo
Tornato a casa; il quale alcuni gioveni
Questa mattina convitato avevano.
Il Nebbia venne a ritrovarlo, e dissegli:
— Io voglio ir fuor di casa in un servizio:
Ecco, questa è la chiave delle camere
Di tuo padre, perchè intanto accadendoti
Vi possi entrar; — e gli la diè, senza esserli
Domandata.
Crisobolo.                    Questo assai buon prencipio
Fu d’ubbidirmi.
Volpino.                            Erofil, che malizia
Non vi pensava, la pigliò; andò il Nebbia
Fuor.
Crisobolo.          E perchè? Non gli avevo espressissima-
mente interdetto di mai non si muovere
Di casa e della guardia delle camere?
Volpino.Tu intendi. Stiamo così un pezzo in varii
Ragionamenti: entriamo d’un proposito
In un altro, siccome accade; all’ultimo
Venimmo a ragionar di caccia. Erofilo
Si ricorda d’un corno, ch’era solito
D’aver, e già molti giorni passavano
Che non l’avea veduto nè sentitone
Nôva: volse veder se nelle camere
Tue fosse: piglia la chiave lasciatagli
Dal Nebbia, ed apre l’uscio: entra; io lo seguito.
Tuo figliuol guarda, ed è primo ad accorgersi
Che non v’è cassa; si volta, e domandami
S’io so che riavuta color l’abbiano
Che appresso a te l’avean messa in deposito.
Io guardo, e resto morto, non che attonito,
Quando la cassa non ci veggo: dicoli
Che nella tua partita ricordavomi
D’avercila veduta, ove era solita
Di stare, in capo il letto. A un tratto avveggomi
Della sciocca malizia del tuo Nebbia,

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Che tosto che si è accorto che involata la
Cassa è stata, ha la chiave delle camere
Portata a tuo figliuolo, acciò participe
Lo faccia della colpa, la qual debbesi
Dare a lui solo tutta quanta. Pigli12 tu
Quel ch’io voglio inferir?
Crisobolo.                                           T’intendo; seguita
Pur. Io lo tratterò ben come merita.
Volpino.Fa il sciocco, ma gli è pieno più che ’l diavolo
Di malizia. Tu nol conosci.
Crisobolo.                                             Seguita.
Volpino.(Tardan costor sì a comparir, ch’io dubito
Di non aver tante ciance che bastino.)
Crisobolo.Tu hai la mente altrove.
Volpino.                                         La pigrizia
Ch’io veggo di costor, che ancor non vengono,
Mi tien sospeso e mi tol di memoria.
Ma, come io dico, patron caro, accortomi
Ch’io fui di questo, insieme con Erofilo
Comincio a dire, a pensare, a discorrere,
Chi la possa così aver tolta. Dicemi
Egli l’opinion sua, ed io anco dicoli
La mia: gran pezzo stiam senza risolverci
Che modo abbiam da tener, che via prendere
Per venir a notizia. Siamo in dubbio
Più che mai: non sappiamo ove ricorrere;
Non sappiamo ove volgerci, ove battere
Il capo. O patron caro, oggi trovatomi
Sono in tanto dolor, che bramavo essere
Morto e sepulto, anzi di mai non essere
Nato. Ma ecco Criton, quando il diavolo
Ha pur voluto, ed ha seco suo genero
Ed il fratel.
Crisobolo.                      Con tutte queste chiacchiere
Ancora non m’hai dato alcun indizio
Onde io possa arguir che ’l ruffian abbia la
Mia cassa avuta, più che alcun altro.
Volpino.                                                               Entravi
Sicuro, e se non la ritrovi, impiccami.

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S’io non sapessi ben, non avrei animo
Così gagliardamente di affermartelo.


SCENA III.

CRITONE, CRISOBOLO, VOLPINO.


Critone.(Per tutto son dei ladri; ma più copia
N’è qui ch’in altro luogo. Ove esser debbono
Securi i cittadin, se nelle proprie
Case rubati son? Ma ecco Crisobolo.)
Ci duol del caso: usa e vâlti dell’opera
Nostra dove ti par.
Crisobolo.                                 Io vi ringrazio.
Ben m’incresce a quest’ora darvi incomodo:
Un’altra volta tocchi, a benefizio
Vostro, a voi incomodarmi.
Critone.                                              Non accadono
Tai parole con noi.
Crisobolo.                           Vorrei, piacendovi,
Che voi veniste meco, e testimonii
Voi mi foste qua dentro, ove ho notizia
Che troverò la roba mia.
Critone.                                          Verremovi,
E volentier.
Volpino.                    Non più parole; entriamoci.
Crisobolo.Entriamoci.
Volpino.                    Voi altri ritiratevi
Qui lungo il muro, e i lumi si nascondano;
E lasciate picchiar a me. Come aprono,
Entrate tutti. Io non mi voglio muovere
Di su la porta, acciò mentre cercando la
Cassa voi andassi in un lato, egli mettere
Da un altro fuor la facesse, e nasconderla
In altra parte.
Crisobolo.                         Or su, picchia, e governaci
Come ti par che sia meglio a proposito.


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SCENA IV.

FULCIO, VOLPINO.


Fulcio.Son molti cianciatori che si vantano
Di far molte faccende e molto frappano,
E poi giunti alla prova non ardiscono
Di tentarle; fra’ quali io voglio mettere
Questo imbriaco di Volpin. Promesseci
Oggi di far a quel ruffian, con l’opera
D’un suo compagno, un giunto riuscibile
E veramente astuto, e con industria
Molto ben disegnato; e ad avvisarmene
Verrebbe immantinente che principio
Gli avesse dato, acciocchè poi seguissimo
Dal canto nostro noi, come era l’ordine.
Siam stati Caridoro ed io aspettandolo
Tutta sera, ne ancora abbiamo uditone
Novella. Io vo a trovarlo per intendere
Se mutati si sono di proposito,
O pur se qualche impedimento postoci
In mezzo, sia venuto ad interromperci.
Volpino.(Sento un che vien di là; par che s’approssimi
All’uscio nostro, e che vada per battere.)
Chi sei tu? olà, che cerchi? chi domandi tu?
Fulcio.O Volpino, altri non vô che te.
Volpino.                                                    O Fulcio,
Io non t’avevo conosciuto.
Fulcio.                                             Abbiamoti
Da aspettar più, che venghi con Erofilo
A far quel che fu detto? di proposito
Siete mutati pur?
Volpino.                            Fulcio, postoci
Ha il capo con tutte le corna il diavolo,
Non pur solo la coda, come dicono;
E tutti ha scompigliati li nostri ordini.
Fulcio.Che v’è accaduto?
Volpino.                              Ascoltami, e diròttelo.
Deh taci, taci.
Fulcio.                      Ma che moltitudine
È questa, che con tal rumore e strepito
Io veggo uscir della casa di Lucramo?


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SCENA V.

LUCRAMO, CRISOBOLO, CHITONE, FULCIO, VOLPINO.


Lucramo.A questo modo, uomo dabben, si trattano
I forestieri?
Crisobolo.                    I cittadin si trattano
A questo modo, latron?
Lucramo.                                        Non ti credere
Che passar me ne debbia così tacito:
Me ne dorrò sin al cielo.
Crisobolo.                                        Dolermene
Tanto alto già non voglio io, ma dorròmmene
Ben in loco ove la tua sceleraggine
Sarà punita.
Lucramo.                    Non ti dar a intendere,
Se ben io son ruffian, che non abbia essere
Udito...
Crisobolo.          Ancora hai di parlar audacia?
Lucramo.E ch’io non abbia lingua per esprimere
La ragion mia.
Crisobolo.                         Cotesta un palmo mettere
Ti farà il boja fuor di bocca. E che? essere
Potría più audace, se avesse trovata la
Sua roba in casa mia, come io trovata la
Mia13 ho qua dentro in casa sua?
Lucramo.                                                       Vogliomi
Porre e vô che li miei tutti si pongano
Al tormento, e farò a qual vogli giudice
Chiaro constar, che questa cassa datami
Ha un mercatante pegno, finchè ’l prezio,
Che ci siam convenuti d’una femmina
Che da me innanzi comperò, mi numeri.
Crisobolo.Ancora ardisci aprir la bocca, pubblico
E manifesto ladro?
Lucramo.                                Chi è più pubblico
E manifesto di te, che venendomi
A rubar, meni teco i testimonii?
Crisobolo.Ghiotton, se tu non parli con modestia...

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Critone.Non far parole seco, non rispondere
Alle sue ciance. Andiam, chè convenevole
Non è a un par tuo gridar con questa bestia.
Se da lui ti par forse di ricevere
Torto, domani chiamalo in giudizio;
Chè non è fuggitivo, com’14 tu: lasciati
Dinanzi al capitano di giustizia
Veder.
Lucramo.             Sì sì,15 ben mi vedrete: siatene
Sicuri: non passerà così facile-
mente, come vi date forse a intendere.
Ma sete troppi contra un sol: vedremoci
In loco ove di par potrò rispondere.
Crisobolo.Vedeste voi giammai tanta insolenzia?
Vedeste ladro di tanta arroganzia,
Come costui?
Critone.                       Non mai. La tua, Crisobolo,
È stata grande avventura.
Crisobolo.                                             Grandissima.
Critone.Ci comandi tu altro?
Crisobolo.                                   Che accadendovi,
Vi vagliate di me, come valutomi
Sono io di voi. Va, Volpino, accompagnali
A casa: piglia quel torchio: tu, daglielo.


SCENA VI.

FULCIO, VOLPINO, CRITONE.


Fulcio.Vuoi ch’io t’aspetti, Volpino?
Volpino.                                                    Sì, aspettami,
Perchè ho da ragionar teco.
Fulcio.                                                Sollecita
Di tosto ritornar.

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Volpino.                            Sarò qui subito.
Fulcio.Vai tu lontan?
Volpino.                         Anzi qui presso.
Fulcio.                                                     Voglioti
Far compagnia.
Volpino.                         Gli è meglio, ch’avrò spazio
Di conferir le cose nostre. Oh diavolo!
Fulcio.Ti rompa il collo! c’hai tu?
Volpino.                                              Oimè, oimè misero!
Son disfatto, son morto.
Fulcio.                                          C’hai tu, bestia?
Che t’accadde?
Volpino.                          Deh piglia il lume, Fulcio,
Ed accompagna questi gentiluomini.
Che maledetta sia la mia memoria!
Fulcio.Deh tenetevel pur voi stessi, e fatevi
Lume fra voi; perchè quanto accadutogli,
O bene o mal di nuovo sia, vô intendere.
Critone.Galanti servidor, cortesi gioveni
Amendue siete. Certo, se pericolo
Non ci fosse che i birri, ritrovandoci
Senza lume a quest’ora, ci pigliassino;
E domattina, senza pur intendere
Chi siamo, o darci tempo di ricorrere
Al signor per la grazia, ci facessino
Mostrar in su la corda il cul al popolo;
Per dio, poltroni indiscreti, v’avressimo
Lasciato il vostro torchio. Or su, facciamoci
Lume noi stessi, e facciam, come i poveri
Cavalier, che l’un l’altro s’accompagnano.
Fulcio.Che t’è di nuovo accaduto?
Volpino.                                              Oimè! il Trappola
È rimasto coi panni di Crisobolo
In dosso; ed io non ho avuto memoria,
Prima ch’intrasse mio patron, di correre
E farlo a un tratto dispogliar e rendergli
Il suo gabban, ch’è dentro alla mia camera.
Fulcio.O trascurato e dappoco uom! Va subito,
E fàllo in qualche lato almen nascondere,
Chè non lo vegga tuo patron.
Volpino.                                                  Mi dubito
Che sarò tardi; e ben son tardi a giungere

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Stato,16 chè già ne sento i gridi. Debbelo
Aver trovato. Eccolo fuor. Dio ajutami.


SCENA VII.

CRISOBOLO, VOLPINO, TRAPPOLA.


Crisobolo.Dove credi fuggir? Sta saldo; fermati,
Viso di ladroncello. Donde toltami
Hai questa veste?
Volpino.                              (Che farai più, misero
E sciagurato Volpin?)
Crisobolo.                                   Tu debbi essere
Quell’uom dabbene, che ancora involatami
La cassa avevi.
Volpino.                           (Oh potess’io accostarmigli
All’orecchio! )
Crisobolo.                      Non ti farò rispondere,
Ribaldo truffatore? Olà, ajutatemi,
Chè non mi fugga. Finge non intendermi
Questo ghiotton, nè vuol parlar. O mutolo
È costui certo, o che si finge d’essere.
Volpino.(Non si potéa a sì improvviso infortunio
Trovar miglior riparo. Or di soccorrerlo
È tempo.) C’hai tu a far, patron, col mutolo?
Crisobolo.Ho ritrovato costui che vestitosi
Ha, come vedi, i miei panni.
Volpino.                                                  Chi diavolo
Gli ha dato la tua veste, e chi condottolo,
Ha in casa?
Crisobolo.                    Nè gli posso far rispondere
Una parola.
Volpino.                    E come, se gli è mutolo,
Vuoi tu che ti risponda?
Crisobolo.                                        È costui mutolo?
Volpino.E che? non lo conosci tu?
Crisobolo.                                            Vedutolo
Non ho mai più.
Volpino.                            Tu non conosci il mutolo

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Il qual sta alla taverna della Scimia?
Crisobolo.Che taverna? che mutolo? che scimia
Vuoi ch’io conosca, manigoldo? Pajoti
Uomo che vada alle taverne?
Volpino.                                                  Veggolo
Vestito de’ tuoi panni.
Crisobolo.                                    E di che diavolo
Altro mi corruccio io?
Volpino.                                      Veggo che postosi
Ha il tuo cappello ancora.
Crisobolo.                                             Anzi che postosi
Dalla camicia ha sino alle pantoffole.17
Volpino.Per dio, sì, questa è la più strana pratica
Del mondo. Gli hai domandato chi datogli
Abbia così i tuoi panni?
Crisobolo.                                          Domandatogli
Ho pur troppo: ma che vuoi, se gli è mutolo,
Che mi risponda?
Volpino.                              Vedi che accennandoti
Te lo faccia saper.
Crisobolo.                                Io non so intendere
Chi non parla.
Volpino.                         Io sì ben.
Crisobolo.                                          Dunque l’interroga
Tu, che lo intendi.
Volpino.                                Io l’intendo benissimo,
Nè men ch’io faccia ogni altro.
Crisobolo.                                                    Tu domandagli
Dunque.
Volpino.              Chi t’ha dato cotesti? dicoti
Cotesti panni; cotesti, onde avuti li
Hai?
Crisobolo.          Vedi come ben fra lor ragionano
Con le mani, non meno che farebbono
Con lingua tutti gli altri! Dimmi, intendi tu
Ciò che vuol dir?
Volpino.                              M’accenna che pigliati li
Suoi stracci ha un qui di casa, e dato in cambio
Gli ha la tua veste e gli altri panni, e dettogli
Che qui l’aspetti fin che torni.

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Crisobolo.                                                    Accennagli,
Che ti faccia saper, se gli è possibile,
Chi sia questo di casa.
Volpino.                                        Sarà facile.
Crisobolo.Lo guaterei mill’anni nè comprendere
Cosa potrei che voglia dir, nè un minimo
Construtto trar ne potrei. Che significa
Quando lieva la mano, e va toccandosi
Il capo e il volto, e spesso il naso, e gonfia
La bocca?
Volpino.                Mostra che sia stato un picciolo,
Ch’abbia gran naso, il capo riccio, pallido
In viso, e parla alquanto in fretta.
Crisobolo.                                                            Pensomi
Che ’l Nebbia voglia dir. Ma che notizia
Può egli aver che parli in fretta? Un mutolo
Può dunque udir?
Volpino.                              Non parla in fretta; dicoti
Che partì in fretta. Senza fallo il Nebbia
Vuol dir: tu prima e meglio di me inteso lo
Hai.
Crisobolo.        C’ha voluto far quel sciocco a mettersi
Indosso i panni di costui?
Volpino.                                              M’immagino
Che, veduto mancar la cassa ed essere
Sua colpa, abbia pensato di fuggirsene;
E perchè lo potríano, nel conoscerlo,
Tenere ai passi, ch’abbia mutato abito.
Crisobolo.E perchè non più tosto dovea dargli li
Suoi panni il Nebbia, che li miei?
Volpino.                                                            Che diavolo
So io? Gli è qualche volta temerario.
Crisobolo.Or va; menalo in casa, e fagli mettere
Indosso qualche veste convenevole
A lui, chè non macchiasse la mia.
Volpino.                                                            Lasciane
A me la cura.
Crisobolo.                         Per dio, potrebbe essere
Anco altrimente: non è da passarsene
Così a chiusi occhi; e non si debbe credere
Però a Volpino ogni cosa, nè mettere
Ogni parola sua per evangelio.

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Volpino, non andar ancora, fermati
Un poco. Non disse il ruffian, che datagli
Avea la cassa un mercatante? E non ci lo
Dipinse (s’io non son senza memoria)
Ch’era vestito a questo modo proprio?
Volpino.Che? tu ti vuoi fondar su quel che dettoti
Abbia il ruffian?
Crisobolo.                           Nè te, Volpino, giudico
Miglior terreno, in ch’io mi fondi. Vogliola
Far altrimente. Gallo, Negro, Nespolo,
Tenetemi costui saldo, e legatelo.18
Volpino.Perchè?
Crisobolo.              Vô al capitano di giustizia
Mandarlo, per provar se buon rimedio
Fosse la fune a sanarlo del mutolo.
Volpino.Non so certo io, patrone, s’egli è mutolo?
Se pur vuoi meglio anco chiarirti, dammelo,
Ch’io ’l menerò al ruffiano, acciò vedendolo,
Dica se gli è il mercatante che data gli
Abbia la cassa: chi ’l può me’19 conoscere?
Crisobolo.Io voglio che la fune abbia a chiarirmene
Del capitano, e non altri. Spacciatevi:
S’altro non c’è da legarlo, portate la
Fune del pozzo. Questa è buona. Legali
Le mani dietro. Or, col malanno, levagli
Prima di dosso la mia veste.
Trappola.                                                  Scusami,
Volpino: finchè le parole andavano
E le minacce attorno, nè venivasi
A’ fatti, t’ho servito...
Volpino.                                    (Oimè, oimè, misero
Volpino! )
Trappola.                 Ma per te già non voglio essere
Nè storpiato nè morto.
Crisobolo.                                         Per dio, merita
Questa fune esser posta nel catalogo
De’ Santi, poi c’ha risanato un mutolo.
Crederesti, Volpino, che avvolgendola
Al collo a te, potesse far miracolo

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Di guarirti del ghiotto? Ora rispondimi
Tu; chi t’ha dato li miei panni?
Trappola.                                                       Dièmmeli
Tuo figliuolo.
Crisobolo.                      E Volpin no?20
Trappola.                                              Amendua erano
Insieme.
Crisobolo.               Ma a che effetto?
Trappola.                                             Mi mandarono
Così vestito a pigliar una femmina
Di casa d’un ruffiano.
Crisobolo.                                     Tu arrecastivi
La mia cassa?
Trappola.                         Una cassa essi mi dierono;
La qual mi feci portare, e lasciâvila
Pegno, come essi appunto mi commisero.
Crisobolo.A questo modo hai dunque avuto audacia,
Volpin, di porre, con tanto pericolo,
In casa, in mano, in potestà, in arbitrio
D’un ruffian fuggitivo, d’un uom perfido
Cotanta roba e di cotanto prezio?
Non è mancato già per te di mettermi
Al fondo, rubaldon! Così lodevoli
Costumi insegni, così gentil’opere,
A mio figliuolo, che raccomandatoti
Avevo? E appresso mi dileggi, e credere
Mi vuoi far tai sciocchezze, ch’omai gli asini
Le dovríano conoscer, non che gli uomini?
Non te ne vanterai, per dio. Levate la
Fune pur da colui tosto, e legatemi
Questo ribaldo.
Volpino.                           O patron, comandòmmelo
E mi sforzò tuo figliuolo. Lasciastimi
Perchè gli avessi a stare a ubbidïenzia,
E non perchè gli comandassi.
Crisobolo.                                                   Legalo
Ben forte. Se mi lascia anco Dio vivere
Fin a domani, io darò sì notabile
Esempio a gli altri, che non avranno animo

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D’ingannarmi mai più.
Volpino.                                        Misericordia,
Patron!
Crisobolo.               Ribaldo! Vieni anco tu, e pigliati
Li panni tuoi; vieni anco; perchè intendere
Io voglio appieno tutta questa pratica.


SCENA VIII.

FULCIO.


La cosa va mal per tutti, ma pessima-
mente va per Volpin, chè la mutabile
Fortuna ha posto ogni cosa in disordine;
La quale andata era un pezzo sì prospera,
Ed anderebbe ancora, se impeditola
E fatta ritornar alla contraria
Via non avesse la poca memoria
Di questo sciocco. Or che consiglio prendere
Altro debb’io, che confortar il giovene
Mio patron, che l’impresa lasci, e volgasi
Ad altro che gli sia di maggior utile
E di più onor? e se quel che desidera
Non può aver, quel che possa aver desideri?
Ma che farò per questo? Altra eloquenzia
Ci avría bisogno, altre ragion più valide,
Ch’io non ho in pronto, per tôrgli dall’animo
Sì salda impressïon, che confermato gli
Avevam poi Volpino ed io, mettendolo
In così certa speme e così prossima
D’ottener il suo intento. Or se in contrario
Gli persüado, che voglia desistere
Da questa impresa, sarà più pericolo
Che ’l miser si disperi, che rimedio
D’indurlo a cosa onesta e profittevole.
Appresso, se per qualche via non opero
Che possa al fin desiderato giungere,
Non mi serà vergogna, biasmo, infamia?
Non avrò nome di sciocco in perpetuo?
Parrà ch’ordir io non sappia una astuzia
Senza Volpino, e di quante successemi
Son per l’addietro, avrà Volpin la gloria,

[p. 192 modifica]

S’io manco in questa, ove io son solo. Guardimi
Dio, ch’io sia riputato mal discipulo
Di Volpino, e mi lasci tanto obbrobrio,
Tanta e sì brutta macchia in viso imprimere!
Che farò, dunque? — Che farò? Mettendomi
Per questa via..., saría molto difficile:
Che s’io vo per quest’altra..., è assai più facile,
Pur non è piana, e ci son molti scrupoli.
E per quest’altra...? È quasi la medesima.
Ma s’io fêssi così...? Sì ben; ma dubito
D’esser scoperto. Che sarà, coprendomi
In questo modo? È manco male. Or mettivi
Questa coda...; tanto è. Che fia, giungendoci
Questo uncino..., e poi questo...? Potrebbe essere
Assai buono; anzi tutto buono, anzi ottimo:
Sarà perfetto. Io l’ho trovato, vogliolo
Far a ogni modo, e non può non succedere.
L’ho conclusa; così far mi delibero:
E mostrerò ch’io non sono il discipulo,
Ma son maestro de’ maestri. Or muovomi
Contra questo ruffian con uno esercito
Di bugíe: voglio dargli il guasto, e mettere
A sacco. Così mi sii favorevole,
Fortuna, ch’io fo voto, riuscendomi
Questa impresa, di star tre dí continui
Imbriaco in tuo onor. Ecco, ch’uditomi
Hai, che ’l ruffian non vuol aspettar l’impeto
Mio, ma le porte apre e viensi a rendere.


SCENA IX.

LUCRAMO, FULCIO.


Lucramo.Quanto più differisco a lamentarmene,
Tanto più son le mie ragioni deboli.
Io volea pur Furbo meco; ma indugiasi
Tanto a tornar, che serà forza andarmene
Solo.
Fulcio.        Dio! ch’io ritrovi in casa Lucramo,
Per avvisarlo...
Lucramo.                            Chi è che là mi nomina?
Fulcio.Della rovina che lo viene a opprimere.

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Lucramo.Che dice?
Fulcio.                  Sì che almen non v’abbia a mettere
La vita.
Lucramo.               Oimè!
Fulcio.                           Benchè v’è più pericolo
Che sicurezza di salvarla. Vogliolo
Ogni modo avvisar.
Lucramo.                                   Non bussar, Fulcio,
Ch’io son qui, se di me tu cerchi.
Fulcio.                                                            O misero,
O infelice, o sciagurato Lucramo!
Che fai tu che non fuggi?
Lucramo.                                             Per che diavolo
Ho da fuggir?
Fulcio.                         O poverello! lievati,
Lievati di qui tosto; fuggi, asconditi.
Lucramo.Perchè vuoi tu ch’io fugga?
Fulcio.                                                  Sarai subito
Subito appeso, meschin, se ti trovano.
Fuggi; che tardi?
Lucramo.                               Chi mi farà appendere?21
Fulcio.Mio patron, il capitan di giustizia.
Fuggi, ti dico: ancor stai? fuggi, misero!
Lucramo.E che ho io fatto che le forche meriti?
Fulcio.Tu hai robato il tuo vicin Crisobolo.
Lucramo.Cotesto è falso.
Fulcio.                           Ed esso ritrovatoti
Con testimoni (e con che testimonii!)
Ha il furto in casa. Ed anco badi? Levati,
Lévati, e fuggi ratto, e fuggi subito.
Tu non ti muovi ancor?
Lucramo.                                          Se vorrà intendere
Il tuo patron la ragion mia...
Fulcio.                                                    Non perdere
Tempo, non star a dir parole, povero
Uomo che sei! lievati, va col diavolo;
Che non hai il bargel lontano quindici
Braccia, il qual ha commissïon di subito

[p. 194 modifica]

Impiccarti, ed ha seco il boja. Or vedi se
Hai tempo di cianciar! Fuggi, dileguati.
Lucramo.Ah, Fulcio, io mi ti raccomando, ajutami,
Consigliami. Sai ben s’io t’amo, e amatoti
Abbia sempre, dipoi che l’amicizia
Nostra si cominciò.
Fulcio.                                Per questo vengoti
Ad avvisar, e mi metto a pericolo
D’esserne castigato...
Lucramo.                                  Ti ringrazio.
Fulcio.Chè se ’l patron mio lo sapesse, dubito
Che mi faría teco impiccar. Ma lievati
Di qui, e non gracchiar più.
Lucramo.                                                  Ma la mia povera
Famiglia e le mie robe, ove rimangono?
Fulcio.Che famiglia, che robe! Meglio perdere
E ogni altra cosa tua, che te medesimo.
Fuggi: che tardi ancor?
Lucramo.                                          Ma dove, misero,
Posso io fuggir? dove mi debbo ascondere?
Fulcio.E che diavol so io? Ho fatto il debito
Mio un tratto: tuo sia il danno, se t’impiccano.
Io non vô già che teco mi ritrovino,
E m’impicchino appresso.
Lucramo.                                             Ah Fulcio, ah Fulcio!
Fulcio.Taci, non nominarmi, che possi essere
Squartato: che non t’oda alcuno, e accusimi
Al patron, ch’io sia corso ad avvisartene.
Lucramo.Io mi ti raccomando. Deh! di grazia,
Non mi lasciar.
Fulcio.                           Al boja raccomandati,
Non a me. Non vorrei per cento milia
Ducati, che ’l patron venisse a intendere
Ch’io t’avessi parlato.
Lucramo.                                        Ah, per Dio, ascoltami
Una parola.
Fulcio.                    Io non ti posso attendere;
Chè mi par di sentir di qua, e mi dubito
Che sia il bargello.
Lucramo.                                Io verrò teco.
Fulcio.                                                        Voltati
Altrove pur, che non vô che ti trovino

[p. 195 modifica]

Meco.
Lucramo.          Voglio venir.
Fulcio.                                Non far, non.
Lucramo.                                                      Piglia la
Via che vuoi, chè seguirti mi delibero.




Note

  1. Ovviato. Esempio notabile.
  2. Così le stampe più antiche; ed ha la forza di Fossino. Sembra che il Pezzana mutasse per la prima volta: avessesi.
  3. Similitudine tratta dagli arnesi occorrenti pel giuoco delle bagattelle, che più tardi fu detto dei bussolotti. E vedasi ancora il verso 3 della pagina seguente.
  4. Così, e meglio, l’ediz. del Giolito. In tutte le altre: trovar.
  5. Non mi tener più in agonía; detto metaforico che vale: non mi tener più in angustia, in dubbio. — (Tortoli.) — Ed è bel modo sin qui non registrato.
  6. Non bene, come a noi pare, le stampe antiche: La cosa.
  7. Lepre. Sono nella Crusca i derivati da questa forma, non però la forma stessa da cui derivano, se non con pronunzia e significazione affatto diversa.
  8. Cioè Ridotto nelle stanze più segrete della casa; significazione che crederebbesi modernissima, ove non la trovassimo così lampante in autore del cinquecento. Il Vocabolario non ne fece menzione.
  9. Tutti i commentatori pensarono che con queste parole volesse accennarsi a sollazzi osceni.
  10. Può rivedersi, anche a questo proposito, la Satira I, v. 70 a 93.
  11. Tutte le stampe attribuiscono a Crisobolo queste parole Avrem tempo a bastanza, che a noi sembrano natural conchiusione del discorso prima fatto da Volpino.
  12. Pigliare è qui usato ellitticamente per Pigliare, Afferrare con l’intelletto, Comprendere. Non raro nella lingua parlata d’Italia, ma nella scritta rarissimo.
  13. Forse il Pezzana (che altri seguirono), disgustato di tanti ïati, ebbe qui aggiunto pur.
  14. Come, intero, è nelle edizioni del Giolito, del Bortoli e nella procurata dal Barotti. Noi credemmo di assettare col troncamento la misura del verso, anzichè correggere arbitrariamente, come i moderni fecero, qual.
  15. Sì sì, è giunta de’ moderni per dare integrità a questo verso; che però meglio, al parer nostro, rassetterebbesi scrivendo:
                                                    Diman veder
                             Lucramo.                                 Ben mi vedrete ec.
  16. Così leggono il Barotti, il Pezzana ed il Molini. Nelle stampe più antiche, e meno chiaramente, per qualunque puntuazione si usi: Che tardi, e ben ch’io sarò stato a giungere Tardi.
  17. Ed. Giol.: pantufole.
  18. Ed. Giol., ma per errore: legatolo.
  19. La stessa: mei. Di che possono vedersi le Giunte Veronesi.
  20. Così le migliori edizioni; salvo che in taluna è scritto abbreviatamente Volp., in altre per intero Vulpino o Volpino, che farebbe il verso ridondante di una sillaba. I più moderni soppressero l’avverbio no.
  21. Così la stampa del Giolito. Le altre mutarono, cominciando dal Bortoli, preso, nel precedente verso, e qui prendere; senza por mente a quell’altro non lontano: «E che ho io fatto che le forche meriti?» e all’insistere di Fulcio per tutto il rimanente della scena.