La Cassaria (versi)/Atto terzo
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ATTO TERZO.
SCENA I.
VOLPINO, TRAPPOLA, EROFILO.
Volpino.Prima che tu ti parta da noi, mettiti
Molto ben quel ch’io t’ho detto, a memoria;
Chè tu sappi ove hai da condur la femmina,
E che non erri la casa. Vien, dicoti,
Per questa strada, finchè truovi un portico;
Passa quello, e la chiesa appresso, e volgiti
Al primo canto a man manca, indi numera
Fin al quinto uscio.
Trappola. Che accade che replichi
Tanto? Oggimai t’avrebbe inteso un asino.
Se pur vi par ch’io me ’l scordi, aspettatemi
Qui, e daròvvela in mano; e voi menatela
Dove volete.
Volpino. Ci potrebbe Lucramo
Vedere insieme, o altri, e riferirglielo:
Così per pura sciocchezza verrebbono
Nostre trame scoperte, e guasterebbesi
Il tutto.
Trappola. Dunque non dir più.
Volpino. È una picciola
Porta fatta di nuovo.
Trappola. Io l’ho in memoria.
Erofilo.La donna della casa...
Trappola. Io ’l so.
Volpino. Si nomina
Lena: all’incontro è uno sporto.
Trappola. M’infracidi.
Erofilo.Or non gli dar più tante ciance. Andiamolo
Pur noi ad aspettar: non è possibile
Ch’egli erri.
Volpino. Come tu sia giunto al volgere
Del canto, fa che ti sentiamo: zufola,1
Chè ti verremo incontro.
Trappola. Ho la bocca arida
Così di sete, che mi fia difficile
A zufolar.
Volpino. Avrai da bere in copia.
Trappola.Vorrei già aver bevuto.
Volpino. Meglio, sobrio,
Avrai teco il cervello. Or va, ricordati
Ch’a far non hai con un sciocco: governati
Sì, che giuntati non siam noi, credendoci
Di giuntar lui. La cassa gli apri, e mostragli
Li filati, e poi ben serra, e riportaci
La chiave; e sappi dirci in quale camera
L’avrà posta, ch’a un tratto io possa mettervi
Su le mani.
Trappola. Io t’ho inteso; non mi rompere
Il capo più. Se a cena così prodigo
Sarai nel darmi ber, com’ora chiacchiare,
La cosa anderà gaja.2
Erofilo. Orsù lasciamolo;
E se per noi c’è da far altro, facciasi.
SCENA II.
BRUSCO, TRAPPOLA.
Brusco.Spácciati tosto; non mi far più perdere
Tempo.
Trappola. Che fretta hai tu? chi ti sollicita?
Brusco.Ti par che senza me tutt’oggi debbano
Restar i buoi, che festuca non abbiano
Di fieno3 innanzi?
Trappola. Avranno agio di pascersi
Quanto la notte è lunga, a suo gran comodo.
Buoi saremo noi bene, e maggior bestie
De’ buoi, se per dar fieno a’ buoi lasciassimo
Questa cena, ove abbiamo a star in gaudio
Con damigelle, e in chiaranzana.
Brusco. Restavi
Pur tu, se vuoi; ch’io tosto che levatomi
Ho la cassa di collo, il collo rompere
Mi possa, s’io t’aspetto pur un attimo.
Trappola.Taci, ch’io sento aprir l’uscio; debb’essere
Questo il ruffian, chè di ribaldo ha l’aria.
SCENA III.
LUCRAMO, TRAPPOLA.
Lucramo.(Meglio m’è uscir di casa, che mi assordino
Queste cicale, che ’l capo mi rompano,
Che mi struggano, infracidino, uccidano.)
Trappola.Portano gli altri del loro esercizio
Sul petto il segno, e costui l’ha notabile
Sopra la faccia.
Lucramo. (Voi farete, femmine,
A modo mio, se vi crepasse l’anima,
Fin che starete meco.)
Trappola. Me lo mostrano
Le parole anco più.
Lucramo. (Quanta superbia,
Quanta insolenza han queste porche! Cercano
Sempre contesa e rissa; il loro studio
Tutto è di opporsi a gli tuoi desiderii;
Sempre braman rubarti, sempre pensano
D’usarti fraude e tradimento; l’animo
Lor tutto è di cacciarti in precipizio.)
Trappola.Costui, per quel ch’io sento, si dê accorgere
Che comprar voglio, chè cerca, lodandomi
Tanto le merci sue, pórmele in grazia.
Lucramo.(Se avesse un uom tutte le sceleraggini
Commesse che si possano commettere,
E che tenesse, com’io, in casa femmine,
E tollerar potessi la lor pratica
Senza venir ogni momento in collera,
In ira, in stizza, in odio, in rabbia, in furia;
Senza gridare e biastemare e mettere
Sozzopra il ciel, la terra, il mare e l’aria;
Meritería perdon, più che facessino
Mai con orazïon Santi nell’eremo,
Con discipline, digiuni e vigilie.)
Trappola.E s’elle duran teco, e non s’impiccano,
Più che di Job è la lor4 pazïenzia.
Lucramo.(Costui che viene in qua, pur or debb’essere
Di nave uscito, chè ’l facchino carico
Si mena dietro.)
Trappola. Secondo l’indizio
Ch’i’ n’ho, in questo contorno quest’uomo abita.
Ecco la casa grande, ecco la picciola
Strada; i duo sporti qui dietro rimangono.
Lucramo.Costui debbo cercar dove si mettere,
Senza ire all’oste: volentier starebbesi
A Francolin.5
Trappola. Ecco chi può informarmene.
Dimmi, uom dabben, perchè io son qui mal pratico...
Lucramo.E quanto tu ci debbi esser mal pratico!
Io non ho il nome c’hai detto, e non ebbelo
Mio padre mai, nè mai l’ebbe mio avolo,
Nè mai alcun del sangue mio.
Trappola. Perdonami
Se, per non saper più, t’ho fatto ingiuria:
Mi emenderò. Dimmi, uomo rio, di origine
Pessima... Ma, per dio, tu potresti essere
Colui ch’io cerco, o della sua progenie.
Lucramo.Chi cerchi tu?
Trappola. Cerco un ghiottone, un perfido,
Un barro, un giuntator, un ladro.
Lucramo. Fermati
Chè tu sei su la traccia. Il nome proprio?
Trappola.Il nome proprio? Ha nome... or ora avevolo
In bocca, e non so quel che divenutone
Sia.
Lucramo. L’averai sputato, o inghiottitolo.
Trappola.Sputato l’ho più tosto, chè sì fetido
Cibo mandar non potrei ne lo stomaco,
O saría forza vomitarlo subito.
Lucramo.Coglilo dunque della polve.
Trappola. Possoti
Con tante qualità costui dipingere,
Che far potremo senza il nome proprio.
Tuttavía grida, rinniega, biastemmia.
Lucramo.Chi si terrebbe, avendo in casa femmine
Com’io?
Trappola. Bugiardo, pergiuro.
Lucramo. Appartengono
Queste condizïoni al mio esercizio.
Trappola.E falsa le monete e tosa e sfogliale.
Lucramo.Pur che ci fosse il modo, il maggior utile
Non è di questo.
Trappola. È mariuolo, e taglia le
Borse.
Lucramo. Il saper giôcar di mano reputi
Poca virtude?
Trappola. Ruffiano.
Lucramo. È l’industria
Mia principal.
Trappola. Riportator, maledico,
Seminator di discordie e di scandali.
Lucramo.Non ti affaticar più; senza alcun dubbio
Tu di me cerchi. Ricordar proprio
Mio nome ti voglio anco; ho nome Lucramo.
Trappola.Lucramo, col malanno.
Lucramo. A te sol.
Trappola. Lucramo
Cerco appunto.
Lucramo. Io son quel che cerchi: or narrami
Che vuoi da me.
Trappola. Fa prima che si scarichi
Costui là in casa, e poi ti farò intendere
Quel ch’io voglio da te.
Lucramo. Va dentro; mettila
Dove ti pare. O femmine, ajutatelo
A scaricar.
Trappola. L’altr’ieri essendo a Napoli
Un signor delli grandi che vi sieno,
Sapendo ch’ero per venire a Sibari,
Mi diè commissïone che due giovani
Vedessi, le quali ode che per vendere
Tu tieni in casa; e quella ch’al giudizio
Mio fosse di miglior viso, volendola
Tu dar per prezzo onesto e convenevole,
Gli comperassi, e al nocchier che portatomi
Ha qui, la consegnassi. Il qual tornarsene
Vuol questa notte, contra quel che dettomi
Avea; e per questo mi coglie in disordine;
Ch’oggi ho fatto un mercato, il qual votatomi
Ha la borsa: ma ti darò in deposito,
Fin ch’io t’arreco il danaio (chè più termine
Non voglio di domani fin a vespero),
Tanto che paghería cinquanta femmine,
S’Elene fosson tutte o fosson Veneri.
Saldiam pur il mercato.
Lucramo. Ho già vendutole,
E n’ho l’arra, e domani tornar debbono
Col prezzo i compratori: pur...
Trappola. Intendoti:
Tu vuoi dir che i partiti entrar fan gli uomini
In galéa.6
Lucramo. Tu la intendi: gli è mio officio,
Senza rispetto, a chi mi dà più attendere.
Andiamo in casa.
Trappola. Non mi gravò spendere
Giammai, purchè le merci il pregio vagliano.
SCENA IV.
STAMMA, LUCRAMO.
Stamma.Che li calzari7 miei non rimanessino,
Padrone, in mano al ciabattajo, avendoci
Noi da partir sì per tempo. Ricordati,
Tosto che Furbo torni, di commettergli
O che li vada esso a pigliar, o díami
Cinque quattrini, chè tanto d’avermeli
Racconci domanda egli.
Lucramo. Non mi rompere
Il capo, bestia.
Stamma. Io son sempre una bestia
Ch’io gli domando. Non è verso i poveri
Servi un di lui più tenace: farebbeci
Morir di fame, se ’l timor di perderci
Non lo tenesse, o il non poter dell’opera
Nostra servirsi, quando infermi o deboli
Ci facesse il disagio. A noi poco utile
Ritorna che si sia fatta abbondanzia
Di grano o d’altre cose, chè ’l pan muffido,
Pien di loglio e di veccia e tutto semola
Ci fa mangiare; e cerca se v’è gocciola
Di vino tristo al mondo, se v’è putrido
Pesce, carnaccia che i beccari vendere
Non abbiano potuto, e per pochissimo
Prezzo le piglia l’avaraccio, e pasceci
Di tai carogne, che schivo ne avrebbono
I lupi e i corvi: e poi, non è un più prodigo
Di lui nel darci pugni e calci, e romperci
Col bastone le spalle, e farci livide
Con lo staffile, e spesso sangue piovere.
Misera me! quest’altre un dì pur sperano,
O mutando padrone o liberandosi,
Uscir di servitù di questo diavolo;
E puon sperar,8 ch’alle belle e alle giovani
Non manca, o tosto o tardi, mai ricapito:
Ma io, che nacqui brutta, ed invecchiatami
Son oggi mai, non spero, anco volendomi
Il padron dar in dono, non che vendere,
Che mai si trovi chi voglia levarmigli.
Che maledetta sia la mia disgrazia!
SCENA V.
BRUSCO.
Egli è entrato qua dentro in una chiacchiera,
Che non sarà sì tosto per concludere.
Io non lo voglio aspettar più, ed avvengami
Quel che si vuol. Io perderò il servizio
Che gli ho fatto, e lo perda: altri perdutone
Ho ancora: tanto è a fargli benefizio,
Quanto non fargli. Così aspetta merito
Da lui chi ’l serve, come chi l’ingiuria.
Quel che gli fa l’uom per bontà, si reputa
E crede che gli sia fatto per debito.
Perchè un poco egli sa leggere e scrivere,
E tener del pagare e del riscuotere
Il conto a libro; e per questo comunica
Spesso il patron con lui le sue occorrenzie;
È venuto sì altier, che gli par essere
Egli il patron, e si tien centomilia
Volte da più. Non gli possiamo vivere
Noi altri a lato: ci grida e ribuffaci,
E ci fa scorni o villaníe da asini.
Questa sera l’avrò all’orecchie; ed abbialo:
Gli saprò molto bene anche io rispondere;
Chè non saremo questa volta a Napoli,
Nè in casa del patron, per riverenzia
Del quale io tema, e mi stia cheto e tolleri.
Ma chi son questi compagnoni ch’escono
Di là? E che n’ho a far io? Sien chi si vogliano.
SCENA VI.
RICCIO, BRUNO, CORBO, NEBBIA, ROSSO.
Riccio.Gli è certo un gentil giovene Filostrato,
Umano e liberal.
Bruno. Questi son uomini
Da servir, li qual poco ti affaticano,
E ti dan da ber molto!
Nebbia. E che abbondanzia
Era di carne sopra quella tavola!
Corbo.Parliam del vino, che m’ha tocco l’anima.
Rosso.Mai non vidi il più chiaro, nè il più simile
Al topazio.
Corbo. Gustaste il più odorifero
O il più soave giammai?
Riccio. Non sentivi tu
Come piccava e la lingua mordevati?
Corbo.Dolci quei morsi! più che i baci vagliono
Di queste bocche vermiglie di mascare.
Rosso.N’avessi io questa notte nella camera
Una guastada!
Corbo. Io a capo il letto un’anfora!
Riccio.Avessi pur la botte al mio dominio!
Riccio.Venisse ogni dì pur voglia ad Erofilo
Di mandarci a servirlo!
Riccio. Sì, dovendoci
Sì ben trattar.
Corbo. Non so come si trovino
Gli altri: io, per me, mi trovo in tanto gaudio,
Che mi par non capir in me medesimo.
Rosso.Credo che ci troviamo tutti a un termine.
Nebbia.Così a un termine tutti ci trovassimo
Quando tornerà il vecchio! Concordatici
Al bere e al tracannar siamo benissimo;
Ma come il padron torna, restar dubito
Io sol che paghi lo scotto e smaltiscalo.
Corbo.Del mal, ch’ancor non hai, perchè vuoi metterti
Affanno, bestia? se non senti pungerti,
Non trar del cul. Che sai che possa nascere?
Nebbia.Io non son già nè profeta nè astrologo;
Ma come torni a casa, vedrai essere
Tutto successo quel ch’oggi dicevoti.
Corbo.Non son anche io nè profeta nè astrologo;
E pur ti voglio predir che mal esito
Avranno li tuoi fatti, quando Erofilo
Tu ti tenga nemico; e che, se seguiti
L’uso c’hai preso e non muti proposito,
Tu tel vedrai correr dietro continua-
mente con pugni e calci, e spesso romperti
Il viso e il capo, e con scabelli e trespoli
Farla tal volta, e con ciò che in quell’impeto
Gli verrà a mano; e temo che ti storpii
O cacci9 un occhio; e potría un giorno ucciderti.
Ma se talora lasciassi trascorrere
Qualche cosetta, per fargli servizio;
Il vecchio, più di lui discreto e savio,
Ti saría di lui ancora più placabile:
Sapría pur troppo, che a volerti mettere
Incontra a lui, che gli è figliuolo e giovene
Appetitoso, a cui più di girandola
Brilla il cervel, saresti pazzo. Parloti
Da amico.
Nebbia. Poi che mi dicesti il simile,
Oggi ci ho molto ben pensato; e all’ultimo
Concludo che tu mi di’ il vero, e voglioti
A ogni modo ubbidir.
Corbo. Ti sarà utile.
SCENA VII.
TRAPPOLA, CORBO, NEBBIA, ROSSO,
BRUNO, RICCIO.
Trappola.(Questo villano si è partito? Oh che asino,
Che gaglioffo indiscreto!)
Corbo. Vedi, Nebbia,
Vedi?
Nebbia. Veggo: non è quella la giovane
Che Erofilo ama?
Corbo. Mi par dessa.
Nebbia. Pajati
Dessa, perchè l’è dessa certo.
Trappola. (Andòssene
Senza far motto il gaglioffone.)
Nebbia. Debbela
Aver colui comperata.
Corbo. O prestatagli
L’ha il ruffian forse.
Nebbia. Se comincia a mettere
La botte a mano, senza molto spendere
Nostro patrone avrà da bere, e trarsene
Potrà la sete.
Rosso. Molto meglio trarlami
Potría il vin d’oggi.
Corbo. Ed a me ancor.
Trappola. (Si è subito
Fatto notte, e che io meni questa giovane
Solo, non è molto sicur.)
Bruno. Fermiamoci;
Vediamo ove la meni.
Corbo. Nascondetevi
Dietro a quel canto voi; noi ritraemoci
Sotto questo uscio, e come si discostano
Da quella porta, pian pian seguitiamoli,
Per saper ragguagliar del tutto Erofilo.
Trappola.(Poi ch’io mi trovo sol, mi pento d’essere
Entrato in ballo.)
Riccio. O sventurato Erofilo!
O come noi gli darem mal annunzio!
Corbo.Vogliam fare un bel tratto?
Nebbia. Che?
Corbo. Levarglila?
Trappola.(Pur bisogna ir innanzi, e far buon animo.)
Bruno.Cancaro a chi si pente.
Corbo. A me, pentendomi,
Venga.
Riccio. Venga a me ancora.
Corbo. Verrà al Nebbia,
Che non risponde.
Nebbia. Quando gli altri vogliano
Farlo, lo farò anch’io.
Corbo. Miglior principio
Di questo aver non puoi, per farti Erofilo
Amico.
Trappola. (Non ti affligger, bella giovane,
Chè tu non vai con nemici.)
Corbo. Lasciamola
Scostar un po’ dalla casa di Lucramo:
Poi siamo a’ fatti.
Nebbia. E se grida, e ci accorrano
Delle persone?
Corbo. Non potranno giugnere
A tempo; e trovi pochi che si vogliano
Muover la notte, quando rumor sentano
Di fuori.
Trappola. (Non guastar con queste lagrime
Così polite guance.)
Nebbia. Dove, tolta che
La sia, l’abbiam noi a condur? chè metterla
In casa non si può senza pericolo
Del patrone e di noi. Potría alcun facile-
mente vederla entrar, e farci mettere
Le mani addosso, e saría troppo indizio.10
Trappola.(Ti par sì duro il partirti da Sibari?)
Rosso.Dove si menerà dunque?
Corbo. Che diavolo
So io?
Nebbia. Fia dunque da non travagliarsene.
Corbo.Voi non farete ch’io voglia pentirmene,
E che per questo a venir m’abbia il cancaro.
Trappola.(Non pianger, non versar per questo lagrime,
Chè non andrai lontana molto.)
Corbo. Menisi
A casa di Galante, che di Erofilo
Non è più amico uomo di lui, ed abita,
Come sapete, in luogo solitario,
Lungo le mura.
Riccio. Dice bene; è comodo
Il luogo, e più la persona.
Corbo. Moviamoci,
Voi lo terrete a bada, e soneretelo
Con pugni e calci, se fa resistenzia:
Il Nebbia ed io menaremo la giovane.
Bruno.Non più parole: innanzi, valentuomini.
Trappola.(Oimè! chi son costoro che ci vengono
Dietro in tal fretta?)
Corbo. Mercadante, fermati:
Che roba è questa?
Trappola. Non accade intenderlo
A te, ch’i’ non te n’ho da pagar dazio.
Corbo.Tu non ne dêi nè bolletta nè polizza
Aver pigliata, e pensavi menarcela
Di contrabbando. S’hai bolletta, mostrala.
Trappola.Guardami a basso, e l’anello ritrovaci
Da bollar: che bolletta?
Corbo. Non trovandoti
Bolletta, cadi in frodo.
Trappola. Non si pigliano
Di simil cose bollette nè pagasi
Dazio, ove più del guadagno è la perdita.
Corbo.Perdita ben dicesti, chè perduta la
Hai per voler fraudar il dazio. Lasciala.
Trappola.A questo modo credete levarmela?
Corbo.Lasciala, ti dico io.
Bruno. Lasciala.
Riccio. Tagliagli,
Se non la lascia, il braccio.
Trappola. Si assassinano
Dunque così li forestieri in Sibari?
Nebbia.Eulalia, andiamo a trovar il tuo Erofilo.
Corbo.Cacciagli un occhio, se non tace.
Bruno. Spezzagli
Il capo.
Trappola. Ajuto ajuto; soccorretemi,
Cittadini.
Rosso. Che fate, che tagliatagli
Già non avete la lingua?
Bruno. Difendesi
Coi denti.
Rosso. Tien, finch’io piglio quel ciottolo,
E tutti ad un ad un, quanti n’ha, svellogli.
Trappola.A questa guisa, ribaldi, levatami
Avete la mia femmina?
Bruno. Lasciamolo
Gracchiare; andiamo.
Trappola. Che debb’io far, misero?
Io li vô seguitar, se mi dovessino
Uccider, per veder dove la menano.
Bruno.Dove vai tu? se non ti lievi subito
E pigli un’altra strada, più minuzzoti
Questa testaccia, che non si minuzzano11
Le rape quando si mettono a cuocere.
Se tu pretendi ragion nella femmina,
Tróvati innanzi al consultor del dazio.
Trappola.Son mal condotto; m’han tolto la femmina,
Gittato in terra e pel fango rivoltomi,
Tutti i capegli rabbuffati, e pestomi
Il viso e gli occhi, e appresso mi dileggiano.
SCENA VIII.
EROFILO, VOLPINO, TRAPPOLA.
Erofilo.Così venendo pian piano, condottici
Siam fin a casa, nè incontrato il Trappola
Abbiamo ancor, che ci meni la giovane.
Volpino.Non passiamo più innanzi, chè lasciandoci
Udir, potremmo far qualche disordine.
Trappola.(Con che fronte poss’io dove sia Erofilo
Comparir?)
Erofilo. Parmel veder; ma la giovane
Non c’è.
Trappola. (Che gli dirò che mi giustifichi?)
Volpino.Non ci veggo la cassa.
Trappola. (Che preambolo
Sarà il mio a dirgli che tolta me l’abbiano?)
Erofilo.Andiamo a ritrovarlo.
Trappola. (Come credere
Mi potrà che per forza, e non di propria
Volontade, abbia lasciato levarmila?)
Erofilo.E che! non hai possuto aver la giovane?
Volpino.Ove hai posto la cassa?
Trappola. Avea la giovane
Avuta e tolta di casa, e menavola.
Erofilo.Oimè!
Trappola. Come fui qui, da più di quindici
Persone, che tutte a ferro lucevano...
Erofilo.Vedi, se ci12 sarà inframmesso il diavolo!
Trappola.Fui circondato, che a doppio sonandomi,13
M’han tutto pesto, e levato la femmina.
Erofilo.Te l’hanno tolta?
Trappola. A tre colpi mi stesono
In terra tramortito, e me ne diedero
Cento e cent’altri appresso: alfin, credendosi
D’avermi morto, mi lasciaro.
Erofilo. Ed hannosi
Menata Eulalia?
Trappola. Nol so dir, ma credolo;
Ch’al levar ch’io mi feci...
Volpino. Consegnasti la
Cassa al ruffian?
Erofilo. Lascialo a me rispondere,
Che importa più.
Volpino. Pur importa più intendere
Della cassa, chè sei chiaro che toltagli
La giovane hanno.
Erofilo. Che cesso io lor correre
Dietro?
Trappola. La cassa ho consegnato a Lucramo.
Volpino.Ove ir vuoi tu? che pensi tu far?
Erofilo. Vogliola
O riavere o morire.
Volpino. Non correre
In tanta fretta, Erofilo: ricordati
Che noi siamo in pericolo di perdere
La cassa: attendi a quella, e poi...
Erofilo. Che attendere?
Che cassa? Più m’importa la mia Eulalia,
Che quanta roba è al mondo. Ove ti pensi tu
Ch’abbian presa la via?
Trappola. Di qua mi parveno
Andar.
Volpino. Non ir, patron, che non ti facciano
Qualche male.
Erofilo. E che peggio mi potríano
Far, se già m’han levato il côr e l’anima?
Volpino.Gli voglio ir dietro, e veder di rivolgerlo
A far quel che se non fa, s’ha da perdere
La cassa. Ma tu, Trappola, va; aspettami
Qui in casa nostra, chè con l’altre perdite
Non perdessi anco i panni di Crisobolo.
Entra presto, chè non ti vegga Lucramo
Meco, che di casa esce. Tu sii guardia,
Fin ch’io sia ritornato, della canova.
SCENA IX.
LUCRAMO, FURBO.
Lucramo.Non è fra quanti uccellatori uccellano
Di me il più avventuroso, che a’ duo piccioli
E magri uccelli, ch’ognora mi cantano
Intorno casa, avendo le mie panie
Poste, è venuta a volo ad invescarvisi
Una perdice; chè perdice nomino
Un certo mercatante più alla perdita
Disposto che al guadagno. Domandatomi
Ha ch’io gli venda una delle mie femmine;
Nè sol si è contentato senza replica
Prometter quanto ho saputo richiedergli,
Ma fin che porti i danari, lasciatomi
Ha pegno una sua cassa di finissimi
Filati d’oro piena, che più vagliono
Che non vaglion le mie nè quante femmine
Ruffian potrà mai comperar o vendere.
Questa è una occasïone che può occorrere
Raro; e s’io son sì sciocco, che fuggirmi la
Lasci, non so dove mai più incontrarmila.
S’io tardo che costui torni, e ripigli la
Cassa, mi pelo indarno il mento, e impiccomi:
Ma s’io la porto altrove meco, e vendola,
Mai più non sono alla mia vita povero.
Questa notte mi vô, se gli è possibile,
Partire, o tosto che le porte s’aprano
All’alba; crai non mi ci lascio cogliere.
Così la finzïon sarà pronostico
Stata del ver; e quel ch’era oggi fabula,
Convertita oggi ancor sarà in istoria.
Se ’l mercatante torna per riscuotere
La cassa poi, nè mi ci trovi, e vogliasi
Di me dolere, avrà torto, che dettogli
Ho prima tutte le convenïenze14
Mie, che sia entrato in casa mia: anzi detto le
Ha egli a me, ch’io son ghiottone e perfido,
Giuntator, ladro, barro e d’ogni vizio
Pieno. Se gli è paruto, conoscendomi,
Di pur fidarsi di me poi, solo imputi
Sè stesso. Ma ecco Furbo. Comperastimi
La fune? U’ sono i facchini che ammaglino
Le robe ch’io ti dissi?
Furbo. Ghisilastimi
Di berta ciffo?
Lucramo. Trucca, che al coriandolo
Moccato ho il vino; ho il fior in pugno, e calomi
S’io posso di Brunoro, e il mazzo compero.
Or ti canto in amaro.15 Fa che vengano
Due facchini. Hai tre grossi in mano; spendili
In buona corda da magliare, e portala:
Corri alla piazza, che fin che non suonano
Due ore, le botteghe non vi serrano.
Note
- ↑ Ediz. Giol.: ziffola; come appresso: ziffolar.
- ↑ Andare gajo, detto di cosa, per Andare a buon fine, Succedere felicemente, è frase fin qui non registrata.
- ↑ Festuca di fieno, è lo stesso che fil di fieno. — (Tortoli.)
- ↑ L’edizione del Bortoli, e quelle del Pezzana e del Molini, pongono: la di lor.
- ↑ Scherza sul nome di Francolino, villaggio sul Po e poco lontano da Ferrara; quasi volendo dire: starebbe franco, cioè senza pagare lo scotto.
- ↑ La forza di questo modo proverbiale, sembra essere: che i buoni partiti le offerte vantaggiose inducono gli uomini sino a farsi rematori sulle galée. Il Pezzana spiegò invece: «che i patti di maggior utile fanno mancar di fede, e traggono punizione addosso al mancatore.»
- ↑ Ediz. Giol.: calciari; e appresso: zabattaio, che il Pezzana mutò arbitrariamente in ciabattino.
- ↑ Leggiamo qui col Barotti, dove tutti gli altri hanno, meno a proposito: È buon sperar.
- ↑ Cacciar per Cavare, lombardismo e romanismo (quanto al presente uso) del basso popolo, trovasi tuttavolta adoperato dal Boccaccio. Vedi la Crusca.
- ↑ Abbiamo qui seguitata la stampa del Bortoli. In quella del Giolito si legge: Le mani addosso saria troppo inditio. I più moderni posero dopo addosso il punto virgolato, sopprimendo la congiunzione.
- ↑ Ed. Giol. e Bort.: minuccioti, e nel seguente verso: minucciano.
- ↑ Così l’edizione del Giolito: nelle altre se li, o se gli. In qualunque modo, a noi sembra da intendersi come vi si.
- ↑ Percotendomi a colpi raddoppiati. — (Pezzana.)
- ↑ Attributi, qualità, costumi; e non come fu spiegato nel Vocabolario di Bologna, che produsse questo esempio.
- ↑ È da credere che il Furbo interroghi Lucramo, circa l’esito delle donne, e che questi risponda d’aver già aggiustati i fichi nel cesto, e di volersene partire. — (Pezzana.)