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atto quarto. — sc. vii, viii. 191

D’ingannarmi mai più.
Volpino.                                        Misericordia,
Patron!
Crisobolo.               Ribaldo! Vieni anco tu, e pigliati
Li panni tuoi; vieni anco; perchè intendere
Io voglio appieno tutta questa pratica.


SCENA VIII.

FULCIO.


La cosa va mal per tutti, ma pessima-
mente va per Volpin, chè la mutabile
Fortuna ha posto ogni cosa in disordine;
La quale andata era un pezzo sì prospera,
Ed anderebbe ancora, se impeditola
E fatta ritornar alla contraria
Via non avesse la poca memoria
Di questo sciocco. Or che consiglio prendere
Altro debb’io, che confortar il giovene
Mio patron, che l’impresa lasci, e volgasi
Ad altro che gli sia di maggior utile
E di più onor? e se quel che desidera
Non può aver, quel che possa aver desideri?
Ma che farò per questo? Altra eloquenzia
Ci avría bisogno, altre ragion più valide,
Ch’io non ho in pronto, per tôrgli dall’animo
Sì salda impressïon, che confermato gli
Avevam poi Volpino ed io, mettendolo
In così certa speme e così prossima
D’ottener il suo intento. Or se in contrario
Gli persüado, che voglia desistere
Da questa impresa, sarà più pericolo
Che ’l miser si disperi, che rimedio
D’indurlo a cosa onesta e profittevole.
Appresso, se per qualche via non opero
Che possa al fin desiderato giungere,
Non mi serà vergogna, biasmo, infamia?
Non avrò nome di sciocco in perpetuo?
Parrà ch’ordir io non sappia una astuzia
Senza Volpino, e di quante successemi
Son per l’addietro, avrà Volpin la gloria,