L'angonìa der Zenatore

Giuseppe Gioachino Belli

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La famijja sur cannejjere L'anima bbona (1834)
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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L'ANGONÌA DER ZENATORE1

(1.)

     Che ffarà a Rroma er popolo romano
Adesso che jje more er Zenatore?2
Come faranno, adesso che llui more,
Li vassalli de Cori e Vvitorchiano?3

     Che ffarà adesso er povero sovrano
Der Vicario de Ddio nostro Siggnore,
Senza sta prima carica d’onore
Che lo vadi a sservì dda lavamano?4

     E ccome se farà ggiuveddì-grasso,
Che nun ce sarà ppiù cchi bbatti er Corzo
Fra le carrozze che jje dànno er passo?5

     Quieti pe’ ccarità, cchè, llui crepato,
Nun mancherà de scerto un antro torzo6
Da méttelo7 a la testa der Zenato.

9 gennaio 1834


Note

  1. L’agonia del Senatore.
  2. Il principe don Paluzzo Altieri.
  3. Vitorchiano, Cori... [Magliano e Barberano], sono quattro feudi del popolo romano in massa, rappresentato dalla Camera Capitolina.
  4. Vedi il sonetto... [Un sonetto che parli di questo servire da lavamano, salvo che non mi sia sfuggito nelle parecchie letture che ho fatto di tutti quanti, non c’è. Ce ne sono bensì alcuni, in cui, nelle note o nel testo, si lamenta in genere, o si mette in ridicolo, l’esautoramento del Senato Romano. Si veda, per esempio, Er presepio ecc., 27 dic. 32, nota 2; Una sciarabbottana, 6 genn. 33, nota 11; Er Zenato ecc.. 5 genn. 47. In realtà però la prerogativa più importante rimasta al Senatore può davvero dirsi che fosse quella di portare il boccale dell’acqua ne’ pontificali e in altre funzioni, per la lavanda delle mani del Papa, e di reggergli l’estremità della Falda, quanda mancava il Principe assistente al Soglio. (Cfr. Moroni, art. Senato Romano.) Lo stesso era degli altri municipi dello Stato pontificio, de’ quali il Pianciani scriveva: "Le gonfalonier jouit de certains privilèges, parmi lesquels nous pouvons citer celui de verser de l’eau sur les mains de l’évêque, quand la messe commence; les anciens ont le même privilège quand elle finit.„ Op. cit., vol. III, pag. 14.]
  5. Il primo giorno di carnevale e il giovedi-grasso, il Senatore, in forma publica, batte, come si dice, il Corso, passando col suo seguito di cocchi per mezzo alle due file di carrozze che lo percorrono.
  6. Un altro torzo. [Torso, torsolo. Cioè: "minchione.„] Prova superlativa della di lui dappocaggine e pusillanimità si ebbe nei torbidi civili del 1831, ai quali egli come primo magistrato del popolo e generalissimo della guardia urbana avrebbe potuto dare una direzione che ristaurasse in qualche modo il Senato dalle usurpazioni dei Papi. Il Senatore, al primo sospetto di movimenti popolari, si chiuse nel palazzo e ne fece puntellare i portoni.
  7. Da metterlo.

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LA MORTE DER ZENATORE.1

(2.)

     È mmorto er Zenatore: e ddrent’ar mese
Chi ddisce che ssii fatto Bbarberini,
Chi Ssantacrosce, chi Ssolòfro Orzini,2
Chi Ppatrizzi,3 e cchi er Prencipe Bborghese.4

     Ma er Papa, che ttiè in testa le protese
Che ccacciò ffòra er Prencipe Corzini,5
Ha ppavura che cquelli siggnorini
Rivojjino er commanno der paese.6

     Forzi,7 come una vorta era er custume,
Metterà in Campidojjo un zu’ nipote,8
Negozziante de paste e nnegrofume.9

     Dunque, si10 cquesto cqua ssa er zu’ dovere,11
Per entrà in grazzia ar zio uggni le ròte12
Ar cavajjer Ghitano er cammeriere.13

11 gennaio 1834


Note

  1. Accaduta la notte dal 9 al 10 gennaio 1834.
  2. Orsini, napolitano Principe di Solòfra e Duca di Gravina, che ai vantaggi di un sangue illustre unì l’altro splendore di 220.000 scudi di dote avuta dal suocero Duca Torlonia.
  3. Il Marchese Patrizi, figlio del già senatore di questo nome.
  4. Francesco Aldobrandini, secondogenito della famiglia Borghese, di cui ereditò il nome e le proprietà del fratello Camillo Borghese, morto senza prole del suo matrimonio con Paolina Bonaparte.
  5. Morto il senatore Giovanni Patrizi, il principe Tommaso Corsini fiorentino fu eletto a quella dignità e ne prese il solenne possesso con magnifica pompa. Ma per alcune male intelligenze sorte tra lui e la Romana Corte intorno alle giurisdizioni della carica, vi rinunziò, ed allora fu che gli venne sostituito Altieri.
  6. Rivogliano il comando, ecc. È noto come i Papi, specialmente da Niccolò III poi, si tolsero a poco a poco tutto il comando municipale, di che i Senatori erano investiti sulla città di Roma.
  7. Forse.
  8. Frequenti sono gli esempi di simili nomine di nipoti di Papi. L’ultimo si ebbe nel Rezzonico.
  9. Questa dicesi essere la professione della famiglia di Gregorio XVI in Belluno.
  10. Se.
  11. Il suo dovere.
  12. Unga le ruote: piaggi e regali.
  13. Gaetano Montani [sic], già barbiere del padre Mauro Cappellari, oggi Papa. Gaetano Montani, già barbiere del padre Mauro Cappellari, oggi Papa. ["Gaetano Moroni, che un tempo era stato barbiere del monaco e del cardinal Cappellari, ed era poi divenuto primo aiutante di camera del Papa, fu sempre l’uomo del cuor suo. Gregorio XVI lo insignì d’ordini cavallereschi, lo pose in condizione agiata ed invidiata, e tanto lo dilesse, che venne in voce e credito di favorito, e dispensò protezioni e favori non solo di Corte ma di Stato. Se ne mormorava grandemente, ma pur nullaostante il cavaliere Gaetano Moroni riceveva gli omaggi non di coloro soli che ivano a procaccio di grazie e di onori, ma eziandio dei cardinali e dei prelati: i letteratucci gli dedicavano sermoni e rime, e lo celebravano come uomo di molta dottrina, avvegnachè fosse autore, o come è più probabile, editore di un Dizionario Ecclesiastico, che per invito e raccomandazione della Corte e del Governo dovevano acquistare tutti i Municipi, tutti i dipendenti dalla Corte e dal Governo. A Gaetanino, come i Romani vezzeggiando lo appellavano, al fortunato ed astuto barbiere bruciava incenso la cortigiana turba de’ mozzorecchi, degli adulatori, de’ cupidi.„ (Farini, Op. e vol. cit., pag. 127-28). Come si vede, il Farini inclina a credere che il Dizionario Ecclesiastico non sia veramente opera del Moroni. Ma se è indubitabile che il favorito di Gregorio ebbe per quella compilazione aiuti da ogni parte, è anche indubitabile che egli se ne può chiamare autore, nel senso in cui si chiamano autori tanti altri abborracciatori di opere consimili. E chi anche oggi si maravigliasse che un barbiere potesse fare quel che fece il Moroni, consideri che abisso di spropositi di sostanza e di forma ci sia in quel Dizionario, il quale tuttavia riesce molto utile come indicazione di fonti; e consideri altresì che a quel tempo, in Roma, i barbieri facevano anche da flebotomi, ed erano tutti infarinati d’una certa coltura, sicchè il volgo, come attesta il Belli in più luoghi, li teneva addirittura per tanti Salomoni. — L’essere il Moroni chiamato sempre dai Romani Gaetanino, fece sì che il Belli ne ignorò per parecchi anni il vero cognome, e in molte note a’ sonetti lo chiamò Montani. In un sonetto però del 1° giugno 1835 lascia in bianco il cognome, e in un altro, del 4 agosto dello stesso anno, comincia a scriverlo correttamente. Si vedano, a questo proposito, le ultime righe della nota 8, a pag. 308 del vol. VI.]Fonte/commento: ec
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ER ZENATORE NOVO

(3.)

     Ôh, vvojjo dàvve1 una gran nova, vojjo:
Che ffinarmente er Papa stammatina
Ha ffatto senatore Garavina,2
E ttra ggiorni lo stalla3 in Campidojjo.

     E ggià in Cancellaria se stenne4 er fojjo
De privileggi in carta bbergamina,5
Ciovè cche aspetta6 a llui la cunculina7
Quanno fa ar Papa da assistent’ar zojjo.

     In quanto poi si8 ppijjerà ppossesso,
Questo dipennerà dda la saccoccia:9
Ché ggià, lo pijji o nno, ttant’è ll’istesso.

     Li riquisiti per entrà in funzione
So'10 una bbrava perucca11 in zu la coccia,
Un par de guanti bbianchi, e un bèr rubbone.12

16 gennaio 1834


Note

  1. Voglio darvi.
  2. Vedi la nota 2 del sonetto precedente.
  3. Lo installa.
  4. Si stende.
  5. In carta pergamena.
  6. Spetta.
  7. Vedi il Son....[No. Vedi la nota 4 del primo di questi quattro sonetti.]
  8. Se.
  9. Gravissime spese deve sostenere il Senatore novello, se vuol fare la solenne cavalcata e le altre cerimonie del possesso pubblico: le più cospicue tra le quali spese consistono nelle regalie ed altre mance d’uso. L’Altieri, e il più antico Patrizi ne restarono spaventati, e presero il possesso privato. [Altrettanto fece il Duca di Gravina.] Vedi la nota 5 del sonetto precedente.
  10. Sono.
  11. [Coccia: testa.] La parrucca senatoria incipriata, e con boccoli pendenti sulla schiena del gran magistrato.
  12. Rubone, nome della veste senatoria, tessuta in seta ed oro.
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LI DU' SENATORI

(4.)

     C’è un’antra nova. Doppo la quarella1
Der bastardo de casa Scesarini,2
Che sse vò ffà3 ppe fforza una sorella
Pe’ llevajje er casato4 e li quadrini,

     Mo a l’improviso scappa fora quella
Più strepitosa tra Ccorzini5 e Orzini,6
Pe’ vvede7 a cchi ha d’annà8 la tabbanella
De ganzo9 e ’r peruccone10 a ppennolini.

     Pe mmé nnun ce farebbe11 indifferenza12
Tra st’Orzini e Ccorzini. In concrusione,
Uno tiè un C de ppiù, ll’antro13 n’è ssenza.

     Defatti er liticasse14 un peruccone,
Che nnun ha ppiù ggnisuna incompitenza,15
Propio è una lite da C, o, co, ccojjone.

18 gennaio 1834


Note

  1. Dopo la querela.
  2. Lorenzo Cesarini, che disputa ad Anna Cesarini, e al figlio di lei... [don Giulio] Torlonia, il patrimonio de’ Duchi Sforza Cesarini. Attualmente si agita la causa avanti il Tribunale della Rota Romana, che favorisce il pretendente.[V. il sonetto: La Causa Scesarini, 18 nov. 34.]
  3. Si vuol fare.
  4. Per levarle il cognome.
  5. Vedi la nota 5 del sonetto... [secondo di questi quattro].
  6. Vedi la nota 2 del sonetto... [secondo di questi quattro], e il sonetto precedente a questo.
  7. Per vedere.
  8. Andare.
  9. Vedi la nota 12 del sonetto precedente.
  10. Vedi la nota 11 del sonetto medesimo.
  11. Per me non ci farei.
  12. Differenza.
  13. L’altro.
  14. Il litigarsi.
  15. Nessuna competenza.